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Il chierico ascoltò in silenzio le parole di Altea.
“Non vi ingannate, milady…” disse Fin Amor “… in questo palazzo e in tutta Tylesia dominano sentimenti ed emozioni cupe… tristezza, rimpianto, nostalgia e rassegnazione…” fissò poi il cancello d’oro, chiuso con il lucchetto di diamante, che si trovava poco distante da loro “… questo palazzo possiede in realtà un giardino ed è quello…” indicando con un cenno il meraviglioso cancello “… e lì ci sono fiori meravigliosi, degni di tal nome… e non solo…” tornò ad accarezzare la sua lira “… lady Isolde? Io non la conosco, milady… vedete, non mi occupo troppo di giudicare gli uomini… amo più guardare ai loro cuori… in essi, milady, troverete sempre la verità…” |
Parsifal, fissando il fiume, si era accorto di quel relitto.
Si avvicinò allora alla sponda del Calars per vedere se ci fossero dei superstiti. Ad un tratto scorse qualcosa aggrappato al legno: era un uomo. Sembrava privo di conoscenza, con le mani appoggiate a ciò che restava di quell’imbarcazione. Poi il relitto passò sotto l'alone della Luna e permise all'apprendista di Redentos di riconoscerne meglio i tratti. Sembrava un monaco. |
Padre Nicola fissò Cavaliere25.
“Ti dona il saio!” Esclamò. “Forse dovresti farci un pensierino e diventare monaco!” Rise. “La vocazione è un dono e nessuno potrà mai appropriarsene. Se è nel tuo destino, accadrà come la cosa più naturale di questo mondo.” Ritornando al suo solito tono severo ed austero. Prese allora la scatola. “Questa scatola contiene qualcosa di speciale…” mostrandola al boscaiolo “… qualcosa di preziosissimo… inestimabile…” aprì la scatola. Al suo interno era conservata una pietra. Appariva come una comunissima pietra, di quelle che si vedono ovunque. Ma c’era qualcosa impresso sulla sua superficie. Una macchia rossa. Nella scatola poi c’era anche una piccola targhetta con inciso qualcosa in latino. “Questa pietra” disse padre Nicola a Cavaliere25 “è una Reliquia giunta dalla Terrasanta… è una delle pietre con cui fu lapidato Santo Stefano, il Primo Martire…” fissò il boscaiolo “… i due monaci di cui parli avevano portato con loro questa Reliquia…” http://2.bp.blogspot.com/-O1zeH8BjH-...BS.Stefano.jpg |
Ascoltai silenziosamente le parole del chierico, egli diceva sempre la verità, pensai fosse stata una fortuna conoscerlo in quel palazzo. "Dunque..dietro a quel cancello vi si nasconde un giardino..misterioso, e come mai non è aperto?Perchè rinchiudere tale bellezza?? Avete ragione..saper leggere nel cuore delle persone è una dote di pochi, spero di riuscirci come ne siete capaci voi, ora se permettete rientro in palazzo, fa piuttosto freddo".
Mi congedai dal Cappellano promettendogli che presto ci saremmo visti, entrai a palazzo, vidi in un salone del gran fermento e ivi notai Elisabeth vestita in modo meraviglioso col suo cavaliere, era bellissima e raggiante ed ero felice per lei, ma preferii tornare nella mia camera. Non trovavo ancora un senso al mio essere in quel posto d'incanto, non avevo nulla da festeggiare...pensai. |
Gridai per la sopresa.
"Cosa?" Domandai confusa. Mi voltai nuovamente verso la superficie dell'acqua, ma ormai non c'erano più. "No, non volevo scappare, cavaliere." Lo rassicurai. "Io... mi sono sporta troppo... credevo di aver visto qualcosa..." Uno scintillio attirò nuovamente il mio sguardo. Continuavano a seguirci. Mi sedetti su una piccola panca liscia, su cui era stata abbandonata una rete da pesca. Giocai con le sue maglie fitte. "Forse non lo sapete, ma lungo questo fiume ci sono delle meravigliose grotte ricoperte di cristalli, al loro interno la luce si riflette con una meravigliosa tonalità azzurra. Un azzurro luminoso... è molto diverso dal Blu profondo a cui appartengo..." Sospirai. "Mi sono sempre domandata cosa ci fosse oltre quelle grotte, risalendo il fiume... ma mi era vietato oltrepassarle. Così io spesso vivevo lì e quello era il mio baluardo, da cui potevo guardare l'orizzonte e sperare che qualcosa mi portasse via da lì..." Alzai lo sguardo sul cavaliere. "A quanto pare i nostri desideri sono più potenti di quel che pensiamo... E noi ci stiamo dirigendo proprio laggiù. Verso il pericolo. Almeno questo è ciò che ho sempre saputo." |
" Illusione....manipolazione....Scienza, una rosa bianca....Reas se non credete alla Magia finisce che vi sparisco sotto il naso....facciamo cosi' voi tenete comunque quella rosa...male non vi fara' e se qualcuno vi chiedera'....dite che e' apparsa sulla vostra giacca senza che ve ne siete accorto....."...mi prese per mano ed andammo verso i saloni....immensi , affreschi ai soffitti .....e quadri alle pareti, tappeti di seta coprivano marmi rosa.....ero tranquilla accanto a Reas....anche senon ero in vena di feste e festini avrei vcoluto accanto a me Altea e avrei voluto avere del tempo per parlare con Daniel, ma una strada misteriosa mi stava portando in bocca ai lupi......Shoyo e Kojo erano presenti nelle loro bellissime divise, sfoggiai il mio piu' bel sorriso guardando el loro facce tra lo stupito e il sospettoso...io una perfetta sconosciuta......temuta come spia al braccio del capitano delle guardie reali.......potevo vedere correre i loro pensieri.....torbidi come le acque dell'inferno......." Credo che stasera saremo una coppia molto osservata.....un comandante che porta a spasso una spia.....vi rovinerete la carriera.......che ne dite forse la grande guerriera e il suo compagno voglio fare quattro chiacchiere tra amici...".....e tutto questo lo sussurrai all'orecchio dei Reas cosi' come e' solito fare una dama in confidenza con il suo accompagnatore.......
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La selva...
Sterminata e verdeggiante, intrisa di mille colori e profumi, mentre le forme degli alberi sembravano mutare sull’orizzonte sterminato... “Daniel...” una voce di ragazza “... Daniel… li senti? Io si... sono ovunque, ci circondano... devi ribattezzarmi... devi farlo... altrimenti sarò inservibile... Daniel... il battistero della cattedrale...” “Giada!” Chiamò un cavaliere dal superbo aspetto. Daniel lo riconobbe: era quello raffigurato sul sarcofago. E quella voce svanì in un eco infinitesimale che si disperse nel cuore di Daniel. Mi risvegliai.. Giada.. Chi era?.. <<Nigros.. Chi è Giada?>> Mi avvicinai di nuovo alla spada.. Mi attirava.. dovevo prenderla.. Ma non adesso.. |
Reas prese sottobraccio Elisabeth e si diressero verso la grande tavola al centro.
“Non ditemi che voi credete alla magia, milady?” Sorridente Reas. “Sapete perché la civiltà di Tylesia è la più evoluta al mondo? Perché abbiamo vinto ogni superstizione e ogni sciocco legame con il passato. Concetti come magia, stregoneria, fortuna e sfortuna, ma anche fatalità, caso o destino non dimorano più nei nostri libri e ai nostri figli insegniamo a credere alle uniche cose che possono nutrire l’animo umano… la Fede Religiosa e le scienze. Questa consapevolezza è il nostro più grande traguardo. Ed è per questo che siamo in guerra… i nostri nemici vogliono sottrarci il simbolo della nostra felicità e prosperità.” I due attraversarono la sala sotto gli occhi ammirati di molti dei presenti. Gli ospiti, infatti, avevano cominciato a riempire quell’ambiente. “Si, dite il vero, milady…” continuò Reas “… stasera saremo molto osservati e perché no, anche chiacchierati. Del resto un ufficiale reale e una bella donna, se visti insieme, fanno sempre effetto. Quanto ai nostri amici sir Kojo e lady Shoyo, beh, suggerirei di ignorarli.” E fece l’occhiolino ad Elisabeth. |
Intanto, negli appartamenti reali, qualcuno si agitava nel sonno.
“Perché hai deciso di risalire il Calars?” Domandò Destesya, mentre gli accarezzava i capelli. “Perché ero in cerca di un tesoro...” rispose lui, cullandosi stando con la testa sulle ginocchia di lei. “E…” sussurrò lei “… dimmi… l’hai trovato poi quel tesoro?” “Come fai?” Chiese lui fissandola. “A fare cosa?” “Come fai a racchiudere tutto il mondo nei tuoi occhi?” “Chissà a quante avrai detto queste cose…” arrossendo lei e poi voltandosi a guardare il cielo. “Se fossi un poeta, è vero…” prendendo la sua mano “… l’avrei fatto…ma sono solo un innamorato…” “Sciocco…” “Sono sciocco perché amo, mia bella principessa?” “Sei sciocco e basta…” “Uno sciocco innamorato…” fece lui. “Smettila...” “E’ un ordine, maestà?” “Sei uomo da sottostare agli ordini che ti vengono dati?” “Si, sei tu ad imporli...” Lei non rispose nulla. “Obbedirei ad ogni tuo ordine...” continuò lui “… a tutti tranne uno...” “Quale?” “Quello di non amarti più...” alzandosi lui e avvicinandosi al volto di lei “... è questo che volevi ordinarmi?” “Vorrei…” rattristandosi lei “... a volte vorrei... vorrei non essere più principessa ed erede al trono... una follia... si, è una follia pensare a questo... ma per seguire una follia bisogna essere pazzi...” “Io lo sono?” “Cosa?” Fissandolo lei. “Pazzo.” Rispose lui. “Sono abbastanza pazzo?” “Credo di si…” accennando un leggero sorriso lei “... si, credo proprio tu lo sia…” “Allora farò una follia...” sorridendo lui. “Ma tu non sei principe di nessun regno...” scuotendo il capo lei, ma visibilmente divertita dalle sue parole “… tu sei libero…” “Io non sono libero...” sospirò lui, per poi avvicinarsi ancor più a lei “… ma farò la follia… di portarti via!” E la prese in braccio, cominciando poi a volteggiare sul prato. “La senti, principessa? La senti la musica? Io si e voglio ballare!” “Sei pazzo!” Ridendo lei. “Pazzo! Pazzo! Pazzo!” E ballarono fino al crepuscolo. Il sognò finì in quel ballo e lei, come ogni volta, si svegliò in lacrime. Restò per alcuni istanti a fissare l’etereo pallore della Luna da una delle finestre. Qualcuno bussò. “E’ ormai buio, maestà.” Restando sulla porta l’ancella. “Dovete prepararvi, tutti attendono voi.” “Ho…” con la voce rotta la regina “… ho dormito molto?” “Per tutto il pomeriggio, maestà.” “Preparate l’abito per la cena…” L’ancella annuì. Dopo un po’ la regina uscì dai suoi alloggi. La sala si riempì e tutti ormai attendevano solo la regina. Infatti, un attimo prima, era giunta anche Isolde. Ad un tratto apparve anche Altea. Ma la ragazza lasciò subito la sala. E quando fu nel corridoio, si ritrovò davanti la regina accompagnata dai suoi ministri. Aveva un volto triste ed uno sguardo cupo. E Altea, fissandola, si accorse che gli occhi della sovrana erano rossi come quelli di chi aveva appena smesso di piangere. In quegli occhi, la regina, aveva ancora impresso l’incanto di quel ricordo divenuto sogno. http://www.grouchoreviews.com/content/films/4025/1.jpg |
Fyellon restò a fissare e ad ascoltare Melisendra.
Guardò poi le acque del Calars e la vegetazione che circondava quel luogo. “Si, lo penso anche io…” mormorò “... i nostri desideri sono potenti… sono la cosa più potente che esista al mondo… forse sono lo slancio che ci permette di vivere…” allora si sedette accanto a lei “… davvero sono così belle quelle grotte? Allora desiderate di vederle e di esplorarle. Desideratelo con tutta voi stessa e sono sicuro che accadrà.” Continuava a fissarla. Era giovane, Melisendra. Poco più che fanciulla. Di lei, lui ignorava tutto. Quel viaggio appariva sempre più misterioso. Come la sua meta. “Dove siete diretta?” Domandò alla ragazza. “Dal vostro padrone? Vi attende forse alla fine di questo viaggio?” Esitò per un momento. “In voi scorgo una sorta di tenue rassegnazione, intrisa di un’enigmatica malinconia…voi non siete felice.” |
Quel nome.
Chantal aveva pronunciato, quasi racchiuso in un sospiro, il suo nome. Vayvet allora, all’improvviso, le prese la mano. Era fredda e sudata la mano del fuggitivo. “Il mio nome…” mormorò “… sono due anni che non sento pronunciarlo da una voce femminile… quasi ne avevo dimenticato il suono… per un po’ ho odiato il mio nome, sapete?” Il suo respiro cominciava ad ammansirsi e l’agitazione, pian piano, abbandonava il volto del fuggiasco. “Poi, col tempo, mi è diventato indifferente…” strinse, per un attimo, la mano della ragazza, quasi a farle male “… voi tremate… perché? Vi faccio davvero così tanta paura? Eppure vi siete avvicinata a me così tanto da rischiare quasi la vita… sapete che quando un reietto, un rinnegato, un fuggiasco come me sogna è pericoloso? Potrebbe sognare i suoi carnefici e scambiarvi per essi, finendo così per sgozzarvi… o sognare gli spiriti di coloro a cui ha tolto la vita e perdere il senno… vi sta così a cuore la mia ferita, milady? Ebbene, sappiate che essa è niente, in confronto ad un’altra ben peggiore che porto dentro… una ferita dalla quale non guarirò mai…” lasciò la mano di Chantal. |
Nigros rimise la spada accanto al sarcofago.
“Giada hai detto?” Voltandosi verso Daniel. “Come conosci questo nome? Dimmi la verità… chi è stato a dirtelo?” Fissò allora il sarcofago. “Non puoi conoscerlo…” mormorò “… e nessuno ormai rammenta più gli antichi miti di queste terre… la Ragione ha vinto su tutto… non c’è più posto per gli echi del passato… per questo siamo più deboli…” tornò a fissare Daniel “… Giada è la spada che hai impugnato poco fa… è la formidabile spada del Cavaliere verde, uno degli antichi guardiani di Tylesia…” |
"Non lo so..." Mormorai. "Non so nulla nemmeno di me stessa..."
Presi la sopravveste e il velo che avevo abbandonato e li indossai. "Non dovrei essere qui... avrei dovuto obbedire... non oltrepassare le grotte... celarmi alla vista e... non provare questa marea di sentimenti... è così difficile! Sento ora malinconia, ora gioia... a volte il pensiero mi culla nella nostalgia e poi mi inganna con la speranza per il futuro." Mi sentivo in balia di una corrente così forte quale non avevo mai affrontato. "Ho sempre pensato che non ci fosse altro al di fuori della quiete dell'acqua che scorre tra queste rive... Ma ora..." guardai verso l'orizzonte sfuocato "Mi domando cosa ci sia laggiù... questa eterna domanda che mi tormenta, forse avrà una risposta... e forse solo così avrò pace." Feci per risalire verso il ponte. "Heyto dice che il mio futuro sarà quello di attraversare l'Inferno... per tornare al mio Paradiso..." Scrollai lievemente le spalle, un po' per la brezza e un po' per il disappunto. "Non so cosa sia l'Inferno o il Paradiso." |
Guisgard se ne stava sul letto, con un braccio davanti agli occhi e l’altra mano sul fianco ancora indolenzito.
“Dovevi essere qui?” Mormorò con tono che voleva essere distaccato. “E perché mai? I tuoi fratelli sono altrove, al Casale o dal vescovo… o magari chissà in quale altro posto… si, dovresti essere altrove, a preoccuparti per loro… tu tieni a loro e devi proteggerli… anche quando sono dei vili e sporchi assassini…” Sheylon fissava Guisgard e Talia. “E poi, se sono andato via” continuò “vuol dire che quel posto proprio non fa per me… detesto il Casale… mi ha causato solo problemi…” lasciò cadere il braccio, liberando finalmente lo sguardo che per un attimo si posò su Talia “… anzi, forse la parola giusta è odio… odio tutto ciò che c’è laggiù… vuoi condannarmi per questo? Infondo, meglio odiare che provare indifferenza… meglio fissare con rabbia qualcuno, che lanciargli un’occhiata di noncuranza… forse ti vergognavi di me… si, avere un fratello che gioca d’azzardo e che va a donne non è cosa degna di una…” si voltò verso la finestra “… una futura sacerdotessa…” tornò a guardare il soffitto e i suoi occhi erano attraversati da una luce indefinita e apparivano più lucidi “… pagare una donna ha i suoi vantaggi, sai? Non pretende altro da ciò che si è pattuito… e può fingere per te qualsiasi cosa… può così essere una regina, una cortigiana o anche una monaca se vuoi…” la guardò, i suoi occhi erano ora carichi di rabbia “… e se la paghi bene puoi chiamarla come desideri… allora puoi fare l’amore davvero con chi vuoi… e farlo molte volte, per tutta la notte…” Un’enigmatica smorfia attraversò il suo volto e guardando la benda che Talia aveva appena strizzato, con un gesto allontanò la mano di lei. “Sto bene, non mi servono la tua pietà e i tuoi sensi di colpa…” tentò allora di alzarsi, ma un capogiro lo fece ricadere nel letto “… maledetti zingari…” tenendosi il capo e il fianco sinistro “… sanno picchiare forte…” Sheylon si abbandonò ad un grugnito. http://ecologia.guidone.it/wp-conten...-tigre-170.jpg |
Fyellon si alzò anch’egli.
“Il Paradiso e l’Inferno” disse a Melisendra “sono solo condizioni in cui vogliono rinchiudersi gli uomini. Nessuno è destinato ad attraversare inferni… la felicità non esige dolore… e tu non sei tenuta ad obbedire a nessuno se non vuoi…” Il cavaliere avvertì quasi l’impulso di toccarla e trattenerla. “Io non so cosa ci sia oltre questo fiume” continuò “o alla fine di questo viaggio. Forse la felicità, o forse una nuova terra da cui fuggire… tu puoi scoprirlo se vuoi… ma fallo da donna libera, senza padroni a cui obbedire… forse esiste davvero un Paradiso oltre queste acque… e magari attende proprio te…” fissò le acque che cominciava a schiarirsi per l’albeggiare “… ho una sorella… anch’ella è stata destinata a privazioni e infelicità… sempre in nome di un ipotetico Paradiso… ho conosciuto tanti uomini e tutti invocavano un loro Paradiso, chiamato con nomi sempre diversi… ma per accedervi era sempre richiesto un prezzo troppo alto, fatto di pene, mancanze e sofferenze… ed io sono stanco del dolore… e tu, Melisendra? Tu non brami essere felice?” |
Meditai su quelle parole.
"Ho dato la mia parola..." La mia mano si mosse a stringere la veste sopra il petto. "E poi... non mi lasceranno libera proprio adesso... prima che il sacrificio sia compiuto..." Salii con circospezione sul ponte e iniziai a camminare nervosamente accanto alla balaustra, da cui potevo osservare il paesaggio. "Siete gentile, cavaliere... nessuno lo è mai stato senza voler ottenere qualcosa da me. Per questo vi consiglio cautela a bordo di questa nave... Heyto farà tutto ciò che è in suo potere per difendere la sua missione... e il potere è una cosa che non manca a lui e al mio padrone..." |
Recandomi verso la stanza feci un incontro inaspettato...la Regina...mi inchinai leggermente e la guardai, rimassi scossa...ella aveva pianto, si notavano i suoi occhi e la sua tristezza "Maestà, i miei omaggi...perdonate la mia irruenza di prima per essermene andata cosi, ma volevo andare in quel bellissimo giardino dove ci sono dei fiori bellissimi. E se vorrete perdonarmi, vorrei recarmi nelle mie stanze, non ho molto interesse alla festa di stasera...penso capirete". La guardai, il cuore batteva forte, come avrebbe reagito...la Regina è sola e triste e non può manifestare se stessa per il rango sociale che possiede, pensai.
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chi lo sa cosa mi riserverà la vita dissi sorridendo poi continuai a dire è una bella reliquia guardandola bene sapete mi sono affezionato a voi signore siete come un padre e anche se mi riprendete ogni tanto lo accetto perche so che lo fate per insegnarmi qualcosa e rimasi in silenzio
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antichi cavalieri di Tylesia? Instintivamente presi di nuovo la spada in mano pregando di sentire ancora quella voce..
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Il volto di Fyellon mutò in una smorfia indecifrabile.
“Sacrificio?” Ripeté. Salì anch’egli sul ponte e raggiunse Melisendra. “Siete dunque imprigionata su questa nave!” Esclamò. “Di quale sacrificio parlavate?” Ma proprio in quel momento, dall’altra parte del ponte apparve Heyto. Al suo fianco stava il capitano della nave. “Melisendra, c’è un vento freddo sul ponte.” Chiamò Heyto. “Vieni, meglio rientrare nella tua cabina.” Si accostò poi al volto del capitano, come a volergli parlare sottovoce. “Quel cavaliere…” mormorò “… avevate assicurato circa la sua presenza a bordo… a me invece sempre un po’ troppo interessato a Melisendra… non credo che il padrone comprenderà… anzi, ne sarà molto turbato…” “Ci penserò io, signore.” Annuendo il capitano. |
La regina fissò Altea.
Fu un attimo. Un respiro quasi impercettibile, come a volersi racchiudere nelle sue emozioni. “Giardino?” Ripeté. “Nessuno può accedere al giardino del palazzo. Soprattutto gli stranieri.” Continuò a guardarla, per poi scuotere leggermente il capo. “Ah, comprendiamo… forse voi parlavate del nostro parco… come mai non siete attratta dalla festa di stasera? Non amate la mondanità? Curioso per una giovane donna… o forse siete una religiosa?” |
Restai assolutamente immobile mentre parlava, fissandolo... i miei occhi, di un colore indefinito come le mille e più sensazioni che li attraversavano, non si staccarono da lui neanche per un istante... lo osservai tentare di alzarsi e ricadere rovinosamente sul letto, e tuttavia rimasi immobile.
Quando infine tacque, un denso silenzio calò nella stanza. “Bene...” dissi dopo qualche minuto, sollevando appena un sopracciglio ma senza smettere di osservarlo “Hai finito? Hai finito di dire stupidaggini? Hai finito di compiangerti? Hai finito di comportarti come un bambino? Già... questo mi sembri adesso: un bambino testardo e ostinato. Vorrei che la smettessi... e che ti comportassi da uomo, tanto per cambiare!” Di scatto mi alzai dal letto e feci qualche passo verso la finestra, come tentando di raccogliere le idee... poi tornai a guardarlo. “Tu dici di odiare il Casale e tutti noi... ma non è quello il punto, e lo sai! ...Ma tu davvero pensi di essere il solo a soffrire per la morte del Maestro?” domandai, gettandogli in faccia uno sguardo penetrante “Credi di essere il solo ad essere arrabbiato e confuso, a sentirti in colpa, a rimpiangere di non esserci stato? Beh, ti do una notizia: non è così! Ognuno dei tuoi fratelli si sente esattamente come te! Esattamente! ...E poi ci sono io! Io... che ero lì quando è successo, ero nel giardino, e non ho fatto niente. Io che avrei dovuto capirlo, avvertire le vibrazioni sbagliate dell’anima di Fyellon, dato che si supponeva fosse questo il mio compito, e non ne sono stata capace! ...Vuoi scambiare i tuoi sensi di colpa con i miei, Guisgard? Vuoi farlo? Con me che...” esitai, la mia voce tramava violentemente ormai ed i miei occhi erano lucidi “Con me che, senza più il Maestro, non so più che cosa sono! Non so più che senso dare a tutto questo!” Abbassai gli occhi un momento, poi li rialzai su di lui... e mi sforzai di sorridere, ma ciò che ne risultò fu soltanto un sorriso quanto mai privo di allegria, un sorriso tetro... “Io... io sono stata ceduta dai miei genitori per un voto! Capisci? Uno stupidissimo, inutile voto! Hanno dato via me, tutta la mia vita, in cambio della salvezza delle loro terre... anche se io non volevo! Io...” la mia voce si abbassò vertiginosamente e calde lacrime presero a rigarmi le guance “Io volevo solo essere... normale! Io voglio essere normale! Tu non sai che cosa significhi sentirsi in trappola... ogni giorno. Vivere dentro una gabbia dorata e sentirsi soffocare ogni volta che qualcuno accenna al futuro. Mi dimenticavo di tutto questo solo quando tu mi portavi via...” per un istante un debole e fuggevole sorriso mi sfiorò le labbra tra le lacrime, mentre mille antichissimi ricordi mi attraversavano la mente “Ti ricordi? Correvamo fino a non avere più forze e poi tu inventavi mille storie... storie meravigliose e sempre diverse, descrivevi luoghi lontani... e allora io mi dimenticavo di tutto il resto. Ed ero felice! Ma neanche quello è durato... perché tu te ne sei andato, ed io mi sono ritrovata di nuovo nella mia gabbia. Da sola!” respiravo a fatica ormai, tremavo “Il Maestro era la mia ancora... lui era così sicuro... lui sapeva quello che dovevo fare, e così... così io mi sono illusa che se avessi fatto finta, se mi fossi sforzata di essere ciò che lui vedeva in me... allora prima o poi, magari, avrei trovato un posto per me... un posto nel mondo deve anche io avrei potuto avere un senso, significare qualcosa per qualcuno... Ma ora il Maestro non c’è più. Se n’è andato... proprio come tutte le persone che io ho amato: i miei genitori, lui... tu! Ed io non troverò più quel posto... mai più!” Un denso silenzio accolse le mie parole... Non avevo mai parlato con nessuno di quelle cose, di quella nera paura, di tutta quella rabbia che avevo dentro... e mi sentii svuotata. Gli voltai le spalle ed osservai per un istante il buio infittirsi fuori dalla finestra... mi sentivo gli occhi rossi e bagnati di pianto, ma non mi importava. “Non è mia intenzione rovinare la tua vita, comunque...” mormorai dopo un lunghissimo momento “E ti prometto che domani mattina me ne andrò, se questo è ciò che desideri! Ma ora, ti prego...” in fretta mi asciugai gli occhi, ma non trovai il coraggio di tornare a guardarlo, così rimasi immobile “Ti prego... permettimi di prendermi cura di quei lividi, o domani faticherai anche a camminare!” |
“E fai bene, ragazzo!” Disse padre Nicola a Cavaliere25. “Esistono tre gradi di rapporto al mondo… il re e il suo vassallo… il padre e il figlio… il maestro e il suo discepolo… ricordalo.”
Prese una borsa ed un mantello. “Ora uscirò per raccogliere alcune erbe.” Fece il frate. “Bada tu alla casa e metti legna sul fuoco, in modo che non si spenga.” Padre Nicola allora uscì. Ma rimasto solo Cavaliere25, dopo circa un’ora, qualcuno bussò alla porta. “Aprite, in nome del Cielo!” Disse una voce da fuori. “Aprite, vi supplico! Aprite o perderò mia moglie!” |
"Arrivo, Heyto" Raccolsi lievemente le gonne e mi affrettai a abbidire, ma prima mii voltai nuovamente verso il cavaliere. "Siate accorto... non mettere a rischio voi stesso per un destino sul quale non avete alcun potere..."
Raggiunsi Heyto e il capitano. "Credo che quel cavaliere sia turbato dal misterioso destino di questo viaggio almeno quanto me..." Guardai Heyto cercando un po' di comprensione. "Sono molto ansiosa di sapere dove giungeremo con la vostra nave, Capitano..." Prima di seguire Heyto nelle cabine gli domandai "Ma... forse voi potreste dirmi fin dove ci spingeremo... e cosa ci attende una volta giunti a destinazione..." Mi avvicinai a lui, aspettandomi una risposta sincera. Speravo. "Vi prego, Capitano... voi sapete dove siamo diretti?" |
Guisgard, alle prime parole di Talia, aveva cercato di zittirla.
Come se temesse di ascoltarla. Aveva cercato di impedirle di continuare, ma lei era come un fiume in piena. E poi la sua voce, i suoi occhi. Tremava mentre parlava ed il suo sguardo si arrossiva, luccicando tra le prime calde e vermiglie lacrime. Le sue parole gli facevano male. E ancor più le sue lacrime. “Chi è il prossimo?” Gridò Guisgard nell’emporio. “Ancora uno di quei dannati orfani!” Con disprezzo uno dei ragazzi del paese. “E’ comodo battersi cinque contro uno, vero?” Ringhiò Guisgard. “Mio fratello era da solo… vedetevela con me, vigliacchi… vi aspetto uno alla volta!” I ragazzi avevano infatti malmenato Hug, uno dei figli del maestro. “Diamogli una lezione, ragazzi!” E circondarono Guisgard. Lui era testardo e a nulla erano servite le raccomandazioni del maestro sul fatto di non mettersi nei guai. I due, infatti, avevano accompagnato Talia in paese per acquistare delle spezie, ma poi si ritrovarono coinvolti in una rissa. “Avanti, maledetti!” Aspettandoli Guisgard. Era deciso. “Addosso al trovatello!” Gridarono i ragazzi. “Guisgard, vieni subito via!” Gridò all’improvviso una ragazza appena entrata. Lui si fermò, lasciando sorpresi anche i ragazzi che volevano menarlo. “Tu e Hug” senza voltarsi verso Talia “tornate al casale. Io vi raggiungo dopo.” “Tu verrai con noi!” Decisa Talia. “Altrimenti nessuno tornerà al Casale!” “Io non accetto ordini, capito!” Voltandosi verso di lei. “Io faccio quello che mi pare!” Ma, guardandola, si accorse delle sue lacrime. “Torniamo al casale, Guisgard.” Senza distogliere i suoi occhi lucidi da lui. “Riportami a casa.” “Hanno detto che siamo trovatelli…” mormorò lui “… a me non importa, ma hanno fatto piangere te…” “Tu mi fai piangere…” sospirò lei “… e ora, ti prego, voglio tornare a casa…” “Avanti, gradasso! Ti fai comandare da una ragazza?” Guisgard strinse i pugni per la rabbia, ma non rispose nulla. Un attimo dopo i tre lasciarono l’emporio. Lui odiava vederla piangere. Ma restò infine ad ascoltare ogni sua parola. Poi le si avvicinò per medicarlo. Lui restò col capo chinato sul cuscino senza dire o fare nulla. “Tu non hai colpe…” mormorò, rompendo finalmente il suo silenzio “… no, il maestro non è morto a causa tua… e…” fissandola negli occhi “… tu non sei sola, Talia… non lo sarai mai…” la fissò. Fissò il suo volto, poi i lunghi capelli, le bianche mani. Cominciò allora a sfiorarle i capelli. “Perché non mi guardavi quando sei entrata?” Mormorò, mentre la debole luce dell’unica candela accanto al letto si rifletteva nei suoi occhi chiari. “Perché? Ti vergognavi? Perché ero con quella zingara? Era una donna… come te, Talia…” la sua mano cominciò ad accarezzare quella della ragazza “… o perché sei mia… mia sorella io non posso guardarti? Sei… sei bella, sai? Forse troppo bella… tanto bella da odiare…” i suoi occhi iniziarono a socchiudersi. Il vino e le troppe emozioni cominciavano a dare i loro effetti. “La testa…” continuò lui “… mi fa male… come… come quella volta… ricordi? Quando caddi dall’albero…” la sua mano sfiorò, come una leggera carezza, la gamba di lei “… sai… il nome di quella donna… l’avrei chiamata… come…” e cadde addormentato. http://www.wagneropera.net/Images/DV...nFilm545-1.jpg |
La sua voce si era fatta via via sempre più calda, mentre parlava... poi incerta, quasi tremante...
Io ero tornata a sedermi sul bordo del letto ed avevo iniziato a tamponare i lividi con le bende bagnate nell’acqua gelida... La sua mano, che prima aveva sfiorato i miei capelli, era poi scesa a cercare la mia... avevo allora alzato gli occhi nei suoi... erano ancora vagamente rossi ed intensamente lucidi i miei occhi... mentre i suoi, chiarissimi, brillavano nella debole luce della candela. Citazione:
“Già...” sussurrai “Quando cadesti dall’albero... cadesti solo per prendermi quella mela... quella rossa, quella più alta... tanto alta da essere quasi irraggiungibile...” Sospirai... perdendomi, per un istante, in quel ricordo... “Sei sempre stato così testardo!” sussurrai ancora, sfiorandogli i capelli “Così ostinato...” Di nuovo sorrisi, poi mi chinai e gli detti un leggero bacio. “Dormi, mio intrepido cavaliere... e che i tuoi sogni possano essere meravigliosi!” |
Guisgard si addormentò.
Si addormentò col volto di Talia racchiuso nell’ultimo bagliore che i suoi occhi avevano raccolto. L’immagine di lei si spense, pian piano, come quando il crepuscolo dei sogni giunge a ricoprire il mondo reale per sostituirlo con il mondo che ognuno di noi ricerca, per accendersi poi nei suoi sogni. Sognò molte cose. Sognò Il Casale degli Aceri e il bosco di Suessyon. Sognò le colline e il mare, le foreste e i monti. Sognò isole lontane, perse nella foschia e alla deriva lungo un orizzonte fiabesco. Sognò questo e molto altro ancora. E in ogni sogno c’era lei. “Maestro, dov’è Talia?” “Non puoi vederla, Guisgard…” “Perché?” “Nessuno può vederla, ormai…” “Io la vedrò!” Il maestro lo fissò. “Dimmi dove si trova?” Il maestro allora si voltò verso un cancello. Era d’oro ed un lucchetto scintillante c’era a tenerlo chiuso. Guisgard tentò di avvicinarsi, ma il maestro lo fermò. “Non riuscirai ad aprirlo…nessuno può riuscirci...” Ma il cavaliere tentò lo stesso di aprirlo. Ma tutto sembrava inutile. Ad un tratto si udirono dei cavalli. “Sono giunti... sono venuti per prendere Talia e portarla via…” “Portarla via? Dove, maestro?” Guisgard guardò il maestro ma al suo posto vi era una tomba. Si voltò allora verso il rumore di quei cavalli e non vide più nessuno. Allora cominciò a chiamare il nome di lei. Ed un doloroso senso di solitudine lo prese. “Talia!” Saltando su Guisgard ed afferrando la mano di lei che era ancora accanto al letto. “Talia, non andare via!” I suoi occhi erano grandi ed arrossati, mentre il respiro rotto ed irregolare. Restò a fissarla per alcuni istanti che parvero infiniti. La sua mano era fredda e stringeva con forza il polso di lei. |
Daniel sembrava meravigliato da ciò che Nigros aveva raccontato.
Quel sarcofago e la misteriosa spada che aveva accanto. Il ragazzo impugnò di nuovo quella superba arma, sperando in una nuova visione. Ma Nigros gli tolse subito la spada dalle mani. “Non è un giocattolo!” Risentito l’uomo. “C’è gente che è morta per custodirla!” Seguì un lungo momento di silenzio. “Vieni, usciamo da qui…” fece Nigros. E si avviò verso la porta di quella misteriosa stanza. |
Il capitano fissò Melisendra.
“Siamo diretti verso una città assediata da un nemico inclemente e invincibile…” “Capitano!” Lo interruppe Heyto. “Se non sbaglio avete una nave da governare!” Il capitano annuì. “E vi ricordo di risolvere quella certa questione…” continuò il musico “… altrimenti ci penserò io a farlo.” “Non temete, signore.” Annuendo nuovamente il capitano. “I miei rispetti, milady.” Salutando Melisendra, per poi allontanarsi. Heyto allora prese per mano Melisendra. “Vieni, l’aria è troppo fredda” mormorò “e tu sei vestita con abiti troppo leggeri. Ho fatto preparare un bagno caldo per te.” Il capitano, raggiunta poco dopo la sala del timone, diede indicazione ai marinai per proseguire. “Domani, a Dio piacendo, sarà Venerdì…” disse ai suoi uomini “… il Calars allora ci permetterà di raggiungere le sue sorgenti… e finalmente anche quest’altro viaggio di morte sarà terminato…” “Viaggio di morte?” Entrando Fyellon. “Insomma, cosa sta succedendo? Cosa nasconde questa nave?” “Vi avevo detto di starne fuori!” Voltandosi il capitano. “Mi avevate dato la vostra parola d’onore!” |
" Voi pensate che la magia non esista ?... allora voi sarete un bel sogno...perche' vi accorgerete che io vivo in un mondo di favole.......il mio vestito era l'opera di fate e folletti.....e la gente che ci guarda e' affascinata dal fatto che sono una perfetta sconosciuta al braccio del comandante delle guardie......e' curiosa la gente e' curiosa....ricordate una cosa Reas...la religione e la scienza, non sempre vanno a braccetto, eppure per voi e la vostra gente e' motivo di vita, ma la vita e' fatta di altro.....e non per questo ci si deve sentire eretici, e comunque avete ragione....vediamo di vivere al meglio questa serata, anche se respiro un'aria un po' pesante...."...e cosi' un po' altera al braccio di reas...mi sentii trasportata nel tempo...mi rividi al braccio del mio amato, camminare per i sentieri erbosi tra alberi secolari......non c'erano barriere tra di noi, tutto sembrava completarsi al meglio, il dono dei nostri figli fu' una gioia immensa......una fitta al cuore mi riscosse dai pensieri, era ancora pesante poter solo pensare di essere stata vilmente abbandonata.......forse l'Amore riusciva a prendere altri corsi...........guardai Reas e lo seguii docilmente quella sera si sarebbero aperte le danze
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Elisabeth, al braccio di Reas, attraversò la sala, tra i tanti occhi che li seguivano.
Ad un tratto, però, si udirono delle grida. Tutti allora corsero verso le finestre. Una delle torri era in fiamme. “Allarme!” Gridarono i soldati. “Siamo attaccati!” Il panico scese nella sala. “Maledizione!” Fece Reas. “Restate qui, milady!” Fissando Elisabeth. Un attimo dopo corse fuori. Dalle finestre si vedeva la torre avvolta da grosse fiamme, mentre parti della muratura crollavano miseramente. “Non erano mai giunti ad attaccare direttamente Tylesia!” Urlò qualcuno dei presenti. “Le nostre mura non li fermeranno!” “Presto, raggiungiamo gli altri!” Disse Kojo a Shoyo. “E bisogna avvertire subito lord Goxyo!” “Con questo trambusto” fece la donna guerriera “sarà già al corrente di tutto!” “Hai scelto la città sbagliata in cui vivere…” mormorò Isolde avvicinandosi ad Elisabeth “… o forse quella giusta in cui morire…” |
Ero rimasta sveglia ad osservarlo mentre dormiva.
Mi era mancato così tanto in tutti quegli anni, ed avevo così paura di perderlo di nuovo... Avevo paura... paura al solo pensiero che avrei potuto non vederlo più, per chissà quanto tempo. E così ero rimasta lì, immobile ed in silenzio, osservandolo dormire... “Talia...” “Maestro!” mormorai, voltandomi di scatto vero la porta. L’uomo, che aveva fatto capolino nella stanza, entrò silenziosamente e si richiuse la porta alle spalle... “Talia... ma che cosa ci fai qui?” Io tornai a guardare il ragazzino steso nel letto di fronte a me e sospirai... era pallido e sembrava dormire... “Non credo che stia molto bene, Maestro!” mormorai, avvilita “Oggi ha dormito per quasi tutto il giorno!” Il Maestro si avvicinò e lo osservò per un istante, poi toccò la sua fronte con le mano e i suoi occhi parvero rabbuiarsi... “Ha ancora la febbre alta... domani mattina torneremo da padre Anselmo e ci faremo preparare un altro po’ di quel rimedio!” sentenziò “Vieni, ora! E’ tempo che tu vada a dormire!” “No!” ribattei, accomodandomi meglio dalla sedia “Io credo che starò qui ancora un po’!” L’uomo mi fissò per appena un istante, come se volesse studiarmi, infine annuì ed uscì in silenzio. “Oh, andiamo, Guisgard...” mormorai, una volta rimasta sola con lui “Andiamo, svegliati... Ti prego! Ti prego, svegliati!” Citazione:
“Guisgard!” esclamai, stringendo a mia volta la sua mano incredibilmente fredda “Calmati... va tutto bene!” Lentamente spostai la mano sulla sua spalla e lo spinsi di nuovo indietro, facendolo di nuovo sdraiare sul cuscino... “E’ stato solo un sogno!” mormorai, con voce dolce e rassicurante “Niente di più. E’ tutto a posto! Va tutto bene... non vado da nessuna parte, se non vuoi! Da nessuna parte, te lo prometto!” |
La Regina in uno sguardo fulmineo mi rivolse la parola, ora sembrava come in preda a un misto di gelosia e angoscia..."Maestà, io non comprendo la diversità tra un giardino e un parco, non conosco bene questo palazzo...so che è un posto dove regna la quiete con tanti bei fiori...e vi è un bellissimo cancello dorato, che cela delle meraviglie a mio parere". La fissai un attimo, ella mi guardava negli occhi.."Maesta, ho bisogno di stare tranquilla, sono venuta fin qui perchè attirata dalle parole di uno sconosciuto che prometteva che qui avremmo trovato cose straordinarie, ho fatto un lungo viaggio, ho perso una persona cara...e mi chiedete se voglio festeggiare?"
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Seguii Nigroso fuori.. Ma non mi sarei arreso.. Sarei tornato.. Contattai Elisabeth e le dissi:
"Dove sei? Devo parlarti.." |
"Heyto..." richiamai la sua attenzione mentre, nascosta da una tenda, illanguidivo dentro a una vasca d'acqua fumante. "Non mi avevi detto che saremmo giunti in una città..." meditai "Non ho mai visto una città..."
Sciacquai i capelli e mi sedetti nuovamente nella tinozza piena di acqua profumata. Scostai un poco il telo, temendo che Heyto se ne fosse andato o non mi stesse ascoltando. "Coraggio... dimmi di più..." Mi alzai e uscii dalla vasca. Mi avvolsi in un telo e oltrepassai la tenda. "E non ti preoccupare per quel cavaliere..." |
VII Quadro: La Compagnia del Tulipano Imperiale
("Grazie all'esempio di questi infelici immortali, i Luggnaggiani non temono la morte.") (Jonathan Swift, "I viaggi di Gulliver") Il fiero e severo sguardo della regina si fissò, per alcuni istanti, su Altea. “Ogni giardino” disse “cela meraviglie.” Poi, d’un tratto, il suo voltò sembrò come ammansirsi e un bagliore di luminosa carità, per un attimo, attraverso la sua eterea bellezza. “Avete perso una persona cara? Allora possiamo comprendervi… gli uomini spesso non condividono lo stesso ceto, la stessa lingua o la medesima Fede… ma l’umana condizione è uguale per tutti, così che nobili e villani, Cristiani e infedeli vivono le stesse pene e miserie… si, possiamo comprendervi. Ma badate, milady, che la solitudine non è un rimedio al dolore. Anzi, spesso è un lento veleno che rende sterili il cuore e lo spirito. Non appartatevi. Piuttosto, condividete ogni momento con gli altri… vedrete che il vostro animo sentirà meno le pene.” Ma proprio in quel momento giunsero anche nel corridoio le grida che annunciavano un attacco. “Cosa accade?” Domandò la regina ad un soldato che correva nel corridoi. “Siamo sotto attacco, mia regina! La torre Est è in fiamme!” Ad un tratto, alla regina si avvicinò Shoyo accompagnata da due dei suoi cavalieri. “Vostra maestà non è al sicuro qui.” Disse la donna guerriera. “Vi prego di seguirci. Penseremo noi cavalieri del Giglio Imperiale alla vostra sicurezza.” “Lady Shoyo…” fissandola la regina “… io resterò qui nella mia corte. E da qui governerò e difenderò Tylesia e il suo popolo.” “E’ lord Guxyo che ci ha inviati per trarvi al sicuro, maestà.” “Avvertite lord Guxyo” replicò la regina “che sono ancora io la regnante qui e spettano a me le decisioni ultime.” http://static.actustar.com/img/photo...zabeth_ier.jpg |
Melisendra era immersa nella calda e profumata acqua della tinozza, mentre Heyto stava dall’altra parte, separato dalla ragazza da due grossi teli opachi.
Restò lì tutto il tempo, in silenzio, facendo vibrare, di tanto in tanto, le corde della sua cetra. Melisendra poi, terminato il suo bagno, si presentò a lui avvolta in un lungo telo. “Infatti non mi preoccupo di quel cavaliere…” disse quasi con non curanza Heyto “… e neanche tu dovresti… ormai la mezzanotte è passata e oggi è Venerdì… questo viaggio è prossimo così a giungere al termine… probabilmente, domattina, al tuo risveglio non sarà più su questa nave quel cavaliere…” posò su un tavolino la sua cetra “… si, alle sorgenti del Calars sorge una città… ma non pensarci, Melisendra… noi ci fermeremo molto prima di raggiungerla…” si alzò, avvicinandosi ad una delle finestrelle che davano sull’acqua. L’aria era chiara e infinite stelle scintillavano nel cielo. Non vi erano altre luci, perché ovunque dominava quella fitta vegetazione. Ad un tratto un marinaio bussò alla porta della cabina. “Perdonatemi, signore…” “Cosa succede?” Chiese Heyto. “Mi manda il capitano.” Rispose il marinaio. “Tra poco avverrà il rito del maialino. Se volete assistere, allora vi prego di seguirmi sul ponte.” “In verità non so…” fece Heyto voltandosi poi verso Melisendra “… è tardi e fuori è freddo… e in tutta sincerità non so se valga la pena tornare sul ponte per assistere ad una cerimonia fatta di superstizione e spreco…” |
Nigros portò così via Daniel da quella stanza.
Il medico si assicurò di chiudere bene la porta, custodendo poi la chiave in una tasca. E all’apprendista mago non sfuggì quel gesto: ora sapeva dove l’uomo l’aveva conservata. “Vieni con me…” disse poi al ragazzo. Lo portò allora in una sorta di stanza sotterranea, simile ad un laboratorio di alchimia. Pozioni, filtri e soluzioni colorate bollivano in fiale, boccette e ampolle di varie forme e dimensioni. “Ecco, questo è un po’ il mio regno…” orgoglioso il dottore “… qui mi estraneo dal mondo e ne ricerco i segreti.” Oggetti strani, sconosciuti e inquietanti si trovavano in quel luogo. Animali mummificati, pelli di vari rettili inchiodate alle pareti, corni e ossi di belve sconosciute e persino quattro teschi umani. Simboli e segni di enigmatico significato erano incisi su pergamene e copertine di codici. “Questo è il covo del mio sapere, ragazzo mio…” mostrando quelle cose a Daniel “… avanti, non essere timido… chiedi pure ciò che vuoi… cosa vuoi sapere? Dei miti antichi? Dei popoli d’Asia? O delle diverse religioni che sono diffuse al mondo? Sai che in Oriente gli uomini possono attraversare corpi solidi? E anche piegare oggetti di metallo?” Rise. “Il sapere è tutto, ragazzo mio… vivere in un luogo ed ignorarne le fattezze, la storia e i suoi significati nascosti, beh, è come non vivere affatto!” |
Guisgard si era svegliato di soprassalto a causa di quell’inquieto sogno.
E svegliandosi aveva preso la mano di Talia, stringendola poi a sé. Il volto della ragazza e il suono della sua voce rassicurarono, pian piano, il cavaliere. Il suo respirò, un pò alla volta, tornò normale e anche il sudore smise di rigare la sua fronte. Stese di nuovo la testa sul cuscino e accennò un lieve sorriso alla ragazza. Ma non lasciò la sua mano. La teneva stretta sul petto e Talia poteva avvertire il battito del suo cuore. “Ho sognato tanti luoghi…” mormorò chiudendo gli occhi “… i luoghi della nostra infanzia… e quelli di cui ci parlavano i bardi e i cantastorie durante le feste e le fiere in paese… si confondevano gli uni con gli altri… ma noi attraversavamo quei luoghi come se ne fossimo il re e la regina…” aprì per un momento gli occhi e la guardò “… ricordo una poesia udita in una di quelle feste… recitava che se si desidera a tal punto di vedere qualcosa, essa allora ci apparirà in sogno… vorrei fare ancora di quei sogni… ma solo sogni belli… mi dai il permesso di sognarti?” Sorrise e chiuse di nuovo gli occhi. “Se mi dirai di si, sono sicuro che ci ritroveremo nei miei sogni… Talia…” Poi, dopo un pò, Guisgard si riaddormentò. Talia restò così accanto a lui per quasi tutta la notte, fino a quando verso l’alba, stanca, il sonno la prese. Sheylon alzò il capo e li vide entrambi addormentati. Si avvicinò allora ai piedi del letto e si accovacciò a terra come a voler vegliare sul loro sonno. |
"Io... io vorrei assistervi", dichiarai.
Avevo indossato un abito blu notte e mi ero spazzolata i capelli, che mi ricadevano sulle spalle come un manto. "Si tratta di un... sacrificio? E' così?" domandai. Senza aspettare risposta presi uno scialle e seguii il marinaio. Sapevo che Heyto non me lo avrebbe impedito. DI cosa avrebbe dovuto preoccuparsi? Non potevo scappare da quella nave. "E' una notte troppo bella per dormire..." Mormorai, guardando il cielo stellato. |
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