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Fermento e chiacchiericcio distolsero Lady Dafne dai suoi tristi pensieri.
Quasi senza accorgersene uscì dalla sua casa e si incamminò verso la via principale dove un corteo di cavalieri con i loro cavalli iniziava a sfilare. "Il Duca!" pensò "forse è a lui che devo chiedere che fine ha fatto mio marito, tutti gli altri mi dicono che è morto. Non è vero! Il mio Friederich sarà sicuramente con il Duca!". E intanto Dafne cercò di farsi largo tra la folla per aggrapparsi a quell'ultima speranza! |
"Dite ai vostri uomini di abbassare le armi... son pur solo una donzella..." sussurrai ironica, scostando gentilmente la punta delle alabarde con la mano nuda e muovendo qualche passo verso il Lord.
Una volta in prossimità mi inchinai e lo guardai fisso negli occhi, cercando di leggervi dentro. Colsi del turbamento, chiaramente avevo interrotto un incontro importante. "Milord, sono Melisendra, l'incantatrice. Le lunghe peripezie che mi hanno condotto a Camelot sembrano intrecciarsi con le vostre attuali disavventure. Ebbene, mio signore, giacchè non amo girare troppo intorno alle questioni vi dirò che nulla so delle vostre scaramucce territoriali e degli intrighi politici che gravano su Capomazda, ma sono intreressata a un uomo... il cavaliere che cavalca con lo stendardo del gufo nero... ho ragione di credere che davvero si siano spalancati i cancelli dell'Aldilà, poichè ero convinta che non fosse più su questa terra da diverso tempo... qualunque cosa lo abbia tenuto in vita grava su di voi come una minaccia." Fissai bene lo sguardo nei suoi occhi... non batteva ciglio. Continuai. "So molto bene che le creature della mia specie non brillano per credibilità... siamo un genere raro... e so che oltre ogni dubbio le voci sulle mie origini mi precedono... è vero: sono frutto delle arti oscure, ma ho rinnegato quella strada e vivo secondo le regole degli uomini." Potevo sentire la tensione crescere a quelle parole e lo sguardo del chierico scrutarmi di sottecchi. Avanzai ancora di qualche passo e gli girai intorno... dacchè ricordavo il mio vecchio signore mi aveva sempre messa in guardia dai chierici... ero incuriosita di averne uno così in prossimità, ma rivolsi nuovamente il mio sguardo al nobile signore che mi stava innanzi. "Vengo al vostro cospetto, Lord Astalate, per offrirvi i miei servigi...poiché io conosco bene l'animo oscuro di Le Gouf e l'incanto della sua armatura, oso sperare che non sprecherete tale opportunità per timore di fidarvi di me." Mi fermai di fronte al suo sguardo concentrato. Mi stava studiando, almeno tanto quanto io avevo studiato lui. Gli sorrisi e mi inchinai nuovamente. |
Quando giunsi nell’ampio cortile del palazzo, nonostante il fremito che mi scuoteva l’anima, non potei non notare subito l’ansioso fermento che dominava la scena...
I cavalieri, con in testa il capitano Monteguard, si stavano schierando in fretta proprio di fronte all’ingresso. Decine di paggi erano stati fatti sistemare a destra e a sinistra dell’alto e pesante portone del palazzo, oltre il quale potevo gettare appena un occhio alla strada cittadina, già gremita di persone. Io presi lentamente a scendere l’ampia scala, unico accesso dal cortile ai piani superiori, studiando con attenzione ognuno dei volti che i miei occhi incrociavano... c’era aspettativa in molti visi, apprensione in alcuni e timore in altri, ma in tutti mi parve di leggere una vivace curiosità. Mi chiesi cosa avessero potuto vedere nel mio, se qualcuno avesse voluto osservarlo anche solo per un attimo... eppure, forse, il mio viso in quel momento sarebbe stato il più difficile da decifrare! Scesi, dunque, tutta la scala e solo alla fine mi fermai, immobile, in piedi sull’ultimo gradino... Pascal, che mi aveva seguita fino lì, si acquattò al mio fianco e prese a mugolare sommessamente con uno strano verso, un ringhio quasi, simile ad un risentito brontolio... “Basta, Pascal!” mormorai, in un sussurro appena percettibile “Smettila!” Mi strinsi, allora, nello scialle e rimasi in attesa, con gli occhi fissi sul portone dal quale da un momento all’altro il nuovo duca doveva entrare... E di momento in momento il cuore prese a battermi sempre più forte, tanto che temevo quasi quei cavalieri potessero udirlo. |
La carrozza correva rapida attraverso la vasta campagna, resa luminosa dalla pioggia caduta per tutto il giorno.
Una leggera foschia, come un delicato velo, pareva levarsi piano piano da quel verdeggiante manto, mentre un intenso profumo di campo invadeva l’aria. “La morte di lord Rauger ha gettato tutto il ducato nel caos.” Disse Izar. “Già e quel traditore di Cimarow ha subito approfittato della situazione!” Gli fece eco il fedele August. L’uomo che stava seduto di fronte ai due ascoltava quasi svogliato le loro parole. “Milord, ora tutto dipende da voi!” Esclamò Izar. “Il popolo ha bisogno di una guida e solo voi potete sostenere le grandi prove che ci attendono!” “Vedremo…” mormorò quasi con indifferenza l’uomo. “Ma, piuttosto… cosa cerca lord Cimarow? Terre? Denaro? Potere?” “Vuole Capomazda, milord!” Rispose August. “Sa che dopo la morte del duca il ducato è debole!” “Non sapevo che possedesse armate in grado di attaccare le terre del suo signore.” “Quel dannato dispone di una forza bellica davvero temibile, milord!” “August, vuoi dirmi che altri baroni si sono uniti a lui?” Chiese l’uomo. “No, nessuno ha osato mettersi contro di noi…” rispose August “… non ancora almeno…” “Allora da dove deriva questa sua forza?” “Quel maledetto ha assoldato dei mercenari… la Legione degli Imperiali!” “Mai sentiti…” “Sembra siano dei guerrieri formidabili.” “Appena giunti a Capomazda” intervenne ad interromperli Izar il filosofo “ci sarà subito la vostra nomina, mio signore… è inutile attendere ancora… la presenza di un nuovo Arciduca farà di certo comprendere alle armate di Cimarow che il nostro ducato è tutt’altro che in ginocchio!” “E… le ricchezze di Capomazda?” Chiese all’improvviso l’uomo. “Quelle appartengono alla stirpe” rispose Izar “e quindi a voi, che siete l’ultimo dei Taddei, milord.” “Chi le custodisce?” “Sono sotto il controllo dell’abate Ravus, il confessore di vostro zio. L’intero tesoro della stirpe è conservato nella Cappella della Santa Vergine.” L’uomo sorrise compiaciuto. “Eccoci giunti, milord.” Disse August. La carrozza così fu fatta entrare nel palazzo. Ad attenderla vi erano i cavalieri con il loro capitano, Monteguard, alcuni baroni, servi e servitori, lady Actea de Taddei ed ovviamente lady Talia. E quando la porta della carrozza si aprì le trombe squillarono e un araldo cominciò a recitare: “Il figlio del vento… il magnifico, il magnanimo, il migliore! Il prediletto del Cielo… il campione della Cristianità e vassallo della Chiesa! Il prescelto di San Michele… il primo cavaliere del regno, l’eroico!” Allora tutti i cavalieri, al segnale di Monteguard, alzarono le lance. “Sua eccellenza… lord Icarius de Taddei, signore delle terre e delle genti di Capomazda!” Annunciò l’araldo. E dalla carrozza scese l’erede del ducato che dal freddo azzurro dei suoi occhi lanciò uno sguardo indecifrabile su tutti loro. http://download.minitokyo.net/Final....ore.318956.jpg |
Nello stesso istante, nel castello di sir Astalate era avvenuto qualcosa di strano.
Tutti restarono turbati dalle parole della misteriosa Melisendra. “Un’incantatrice? Che cosa significa questo? Potrebbe essere una spia, milord!” Disse Ravus. “Aspettate, monsignore…” cercando di calmarlo Astalate “… il Cavaliere del Gufo? Ho sentito parlare di un formidabile combattente, bardato di nero e con l’effige di un gufo… ma perché venite a dirci queste cose? Cosa centra quel misterioso cavaliere con i disordini accaduti a Capomazda? E voi chi siete veramente?” |
Sospirai.
"Chi sono non posso dirvelo, poiché non ricordo nulla della mia vita prima della cattura e della lunga prigionia. Prigionia durante la quale mi macchiai di azioni che vorrei non aver commesso, al servizio di un mago, ma non posso cancellare il passato, dunque cerco la redenzione, riparando ai miei errori." Un velo di tristezza mi fece tremare la voce. "Vissi abbastanza a lungo tra coloro che si dilettano di oscuri artifici e inganni da conoscerne le mosse... Non vi domandate per quale motivo un drappello di cavalieri ha fatto strage dei vostri soldati senza colpo ferire? Da quel che ricordo il Cavaliere del Gufo aveva scoperto un metallo incantato che non si scalfisce... non con la spada, nemmeno con arti magiche... il mio padrone, preoccupato che il Cavaliere potesse rivoltarglisi contro, mi ingiunse di usare le mie arti e ucciderlo. E così feci... la mia vita o la sua... non ebbi scelta, non ebbi mai scelta... lo lasciai esanime, dopo avergli rubato l'ultimo respiro, nelle sale del suo maniero. Ancora non so spiegarmi come possa essere sopravvissuto, ma così è stato." Ricordai di averlo sentito aggrapparsi a me, lottare disperatamente per la vita, mentre il suo respiro si faceva più debole contro la mia bocca. Ero quasi certa di essere stata letale. "Non posso dirvi altro, milord, so solo che se le voci sono vere e questo medesimo uomo è ora a capo dei mercenari, allora vi trovate di fronte un temibile avversario... affrontarlo in campo aperto vi varrà solo un'altra strage di uomini." Il chierico mi guardava con diffidenza. "Non posso convincervi che non sono una spia se non affidandovi queste informazioni...e vi posso dire che i vostri nemici sarebbero lieti di uccidermi o, che io possa piuttosto morire, rimandarmi in catene dal mio padrone." Prospettiva davvero esaltante, ma in quel momento la mia vita era nelle loro mani. Non avrei avuto le forze necessarie per oppormi a una cattura. Non mi restava altro che attendere la risposta del Lord. |
“Cos’altro dobbiamo udire da questa donna?” Disse Ravus. “Se non è una spia è una strega! E sono certo che è stato il nostro nemico ad averla inviata a noi!”
Astalate rifletteva in silenzio. “Milord, fate qualcosa!” Lo esortò il chierico. “Come siete a conoscenza di fatti che riguardano la guerra di Capomazda?” Chiese Astalate a Melisendra. “E chi è questo vostro padrone?” “Ella ne è l’amante, milord!” Intervenne Ravus. “E sarà sicuramente una relazione sacrilega e perversa! Imprigionatela o sarà la nostra rovina, temo!” “Non siate impulsivo, monsignore… è vero, molte cose appaiono strane anche a me… ma vi è del buono in ciò che dice questa donna…” |
"Stai zitto!" Lo richiamò l'altro. "Come al solito parli troppo!"
Istintivamente, Morrigan inarcò il sopracciglio e lanciò uno sguardo penetrante all'uomo che era stato zittito... uhmm... interessante... questa faccenda sembra fin troppo intrigante... maledetta curiosità... "Ah, Morrigan! Ricordatelo sempre... la curiosità uccise il gatto!" La bambina sgranò i grandi occhi ambrati e lo fissò dal basso. "E che importanza ha?" rispose con uno sguardo caparbio "In fondo era solo un gatto!" L'uomo sorrise gentilmente di fronte al labbro imbronciato della bambina, che lo guardava assai contrariata di essere stata sorpresa in quella marachella. Di certo si aspettava di essere sgridata per essere andata di nascosto nell'antica biblioteca. Il suo precettore le aveva proibito di andare a giocare in quel luogo. Ma inaspettatamente non giunse dall'alto alcuna punizione. L'uomo si chinò garbatamente e la prese tra le sue braccia, sollevandola come se fosse stata una bambola. "Dimmi, su... cos'è che stavi cercando?" La bambina lo fissò un istante, come indecisa se fidarsi o meno di quella proposta così amichevole. "Cercavo quel libro con tante figure... quello che guardavi l'altra sera vicino al camino" L'uomo sorrise. "E' questo che volevi vedere? Andiamo, lo guarderemo insieme!" La condusse con sè vicino allo scrittoio, la mise a sedere sulle sue gambe e con una mano prese a sfogliare il grande libro. "Guarda, Morrigan..." Con la mano le indicava il grande stemma, pieno di colori e ornato di rampanti creature fantastiche. "Questo è il simbolo della nostra famiglia, e questo..." proseguì voltando la pesante pagina di pergamena "questo è il nostro ducato, che si estende da questa collina fin qui, sul mare" Con l'indice scorreva carezzando i colori, la terra bruciata, il verde, l'azzurro. La piccola Morrigan lo seguiva rapita da quei tratti. Nella sua mente quel semplice disegno diventava lo sfondo di una favola, o lo scenario per una delle sue storie fantastiche. "Quando avrò un cavallo, lo attraverserò tutto in un minuto!" esclamò infine, soddisfatta della propria trovata. L'uomo rise, divertito. "Ti occorrerà un cavallo alato, come quello di Perseo!" Lei lo fissò serissima, con quella profonda caparbietà che mostrano spesso i bambini. "Perchè, non posso averlo anche io un Pegaso?" Lui non rispose, guardandola stranito, che se in quell'espressione avesse colto qualcosa di familiare, qualcosa di tenero e doloroso al contempo. E Morrigan, cogliendo istintivamente quello sguardo, non attese nemmeno la sua replica e concluse: "Zio Morven, io posso avere tutto quello che voglio!" Quell'immagine le passò per la testa come un lampo. Poi qualcosa la riscosse e la riportò indietro. Da un arazzo polveroso una figura si era mostrata e ora si stava facendo avanti, scoprendo il capo. Morrigan la fissò, quasi non provò stupore. Non si era sbagliata. Era lei, quella sagoma che aveva intravisto alla locanda. Suoi erano quegli occhi che l'avevano seguita, avrebbe saputo riconoscerli senza esitazione. La scrutò a lungo, senza parlare, adesso ancor più incuriosita dalla stranezza e dalla novità di quella situazione. E senza dir nulla rimase in tutto quel tempo che la donna si rivolse loro. Non conosceva con esattazza i fatti di cui ella parlava, anche se le parve di provare familiarità verso quei nomi che l'altra stava pronunciando. Samsagra mandò un debole bagliore, che solo lei riuscì a cogliere, mentre la sala si riempiva del racconto di quella donna. A quel segnale, Morrigan tese ancor più l'orecchio a quella narrazione... che dici, Samsagra? Credi che lei potrebbe condurci a... ma no, sarebbe assurdo! Il mare è pieno di pesci! Ma mentre ancora ragionava, al suo orecchio giunsero le vive proteste del chierico che aveva scortato: “Ella ne è l’amante, milord! E sarà sicuramente una relazione sacrilega e perversa! Imprigionatela o sarà la nostra rovina, temo!” “Non siate impulsivo, monsignore… "rispose il noible che chiamavano Astalate "è vero, molte cose appaiono strane anche a me… ma vi è del buono in ciò che dice questa donna…” Non ci pensò su un istante di più. Si mosse dal gruppo e si fece avanti, mettendosi davanti a quella donna a fronteggiare tutti gli altri. allargando appena le braccia quasi a farle da scudo. "Questa donna è con me" disse a quel punto, interrompendo il discorrere dei due uomini e attirandone l'attenzione "E' la mia compagna di viaggio, e posso garantire sulla sincerità delle sue parole. Ascoltate ciò che ha da dirvi, oppure lasciatela andare in pace" |
Il duca era giunto a Capomazda e le campane della Cappella della Santa Vergine, dove i Taddei venivano da secoli elevati al rango di Arciduchi, accompagnarono il suo ingresso, sancendo la solennità di quel momento.
Il popolo, dall’esterno del palazzo, esultava e salutava colui che credeva essere il proprio liberatore. L’intervento Divino chiamato dalle preghiere della gente del ducato. Le guardia ducale, l’elite della cavalleria capomazdese, da sempre investita del compito di proteggere la nobile stirpe dei Taddei, salutò il suo signore alzando verso il cielo le armi. Un attimo dopo, il capitano Monteguard, sciolse le fila dei suoi cavalieri ed ogni soldato tornò al proprio posto. “Ora le cose dovrebbero cambiare…” mormorò Pasuan. “Cosa intendi dire?” Chiese Finiwell. “Ti riferisci alla guerra contro Cimarow ed i suoi tirapiedi?” “Certo, a cos’altro sennò!” “Credi che l’arrivo del duca intimidirà quel traditore?” “No, questo no.” Rispose Pasuan. “Ormai hanno conquistato diverse terre e ritirarsi ora sarebbe impensabile. Anche perché, dopo ciò che ha fatto, Cimarow non potrebbe mai ottenere il perdono del duca.” “Allora cosa diavolo dovrebbe cambiare?” Domandò Finiwell. “Possibile che debba spiegarti tutto io!” Esclamò spazientito Pasuan. “Il popolo è stanco e molti baroni sfiduciati. E non è facile combattere quando non si sa per chi farlo. Ora invece che uno dei Taddei è di nuovo a Capomazda la guerra ha uno scopo.” “Sai cosa ti dico? Che non vedo l’ora di incontrare Cimarow sul campo di battaglia! Scommetti che lo infilzerò io?” “Ci sto!” Rispose Pasuan. “Il solito mese di paga?” “Stavolta scommetterei ben tre mesi di paga!” Rilanciò Finiwell. “Dopotutto ci stiamo giocando il fondoschiena di un nobile barone, qual è il nostro Cimarow! Ed io ho una gran voglia di lucidarmi gli stivali sui suoi titolati calzoni!” E rise forte. Poi, fissando Cavaliere25: “Ora cerchiamo di movimentare un po’ la situazione! Ehi, tu!” Chiamando proprio il giovane aspirante cavaliere. “Dico a te, vieni qui!” |
sentendomi chiamare mi voltai verso la voce e mi avvicinai e dissi mi avete chiamato signore? domandai gentilmente e aspettai che quel cavaliere mi rispose chissà cosa dovrò fare pensai dentro di me
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"Molto bene, ragazzo!" Disse Finiwell sorridendo. "Vedo che la prima lezione l'hai superata alla grande! Infatti devi sempre correre quando ti chiama un cavaliere! Dico bene, Pasuan?"
"Il Cielo parla per bocca tua, amico mio." Rispose distrattamente questi. "Infatti!" Riprese Finiwell. "Continua così e diventerai un valoroso cavaliere, ragazzo mio. Ora ascolta, saggerò subito le tue qualità. La vedi quella porta in fondo al cortile? Bene, raggiungila ed entra dentro. Vedrai che appena sarai entrato dopo pochi minuti ti raggiungerà un grassoccio individuo. E' il maniscalco e ti darà la spada che gli ho fatto riparare. Poi la porterai a me ed io ti offrirò da bere! Vai, ragazzo mio!" |
Le parole del chierico mi esasperarono... perchè era sempre così difficile farsi ascoltare? Durante le mie peregrinazioni di terra in terra, ogni volta lo stesso problema... "incantatrice?" ed ecco, qualcuno pronto a oliare i ceppi, torce e forconi come se fioccassero. Esasperante... ero stanca di fuggire, di muovermi come un'ombra, nella speranza di passare inosservata.
In quella sala solo una persona mi guardava con particolare interesse e nessun timore. Mi sorpresi molto quando la donna, Morrigan, avanzò fiera nella mia direzione e...mettendosi tra me e le guardie, come a fare da scudo, disse: Citazione:
Lord Astalate attendeva una risposta. Il suo sguardo penetrante lo esigeva. "Milord... credetemi o no, ma non ho mai visto il volto del mio rapitore. Un incantesimo lo celava ai miei occhi. Fu astuto nel celare la sua identità, nemmeno i suoi alleati conoscevano il suo viso..." Presi fiato. "Non so cosa accade a Capomazda, ma conosco alcune tessere del mosaico che hanno composto questi singolari avvenimenti... e quello che ne ho dedotto mi è parso sufficiente da condurmi al vostro cospetto, seppure non nel modo più convenzionale." Mi rivolsi alla figura femminile che si era frapposta tra me e gli astanti: " E voi, signora, pensateci bene prima di prendere le mie parti... la verità giunge alle nostre orecchie solo se vogliamo udirla, non biasimate i vostri compagni per la diffidenza che provano nei miei confronti... perfino io, udendo una simile storia, sarei scettico nell'accettarla." Pensai alla mia libertà... gettata nuovamente alle ortiche per inseguire e affrontare il Cavaliere del Gufo. Tutto dipendeva da come si sarebbero messe le cose adesso. |
Guardai il cavaliere e dissi va bene signore come voi desiderate e mi avviai dal maniscalco dopo neache un po arrivai davanti alla porta entrai e dissi permesso ce nessuno? mi guardai intorno per perlustrare il negozio e mi avvicinai lentamente al bancone e aspettai che qualcuno mi rispose
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Passarono pochissimi istanti dall'ingresso di Cavaliere25 in quella stanza, quando qualcuno, accorgendosi di lui, spuntò dal corridoio adiacente e lo prese per la giubba.
"E tu chi diavolo sei?" Urlò. "Chi ti ha dato il permesso di entrare negli alloggi dei cavalieri? Non sai che solo ad un cavaliere, oltre che al duca e al capitano Monteguard, è permesso entrare qui? Ora fila via oppure assaggerai il gatto a nove code! Fila via!" E lo buttò fuori, facendolo ruzzolare nel cortile. E la prima cosa che Cavaliere25 udì furono le risate di Finiwell e Pasuan. "Non c'è che dire!" Ridendo Finiwell. "I pivelli rotolano sempre benissimo! Non trovi arguti i miei scherzi, vecchio mio?" "Fra tutti i cavalieri, amico mio, la tua arguzia è leggendaria." Rispose Pasuan tornando a stendersi sulla panca e godendosi la lieve brezza che soffiava su Capomazda. |
Intanto, la folla era ancora fuori le mura del palazzo ducale, con la speranza di vedere il duca.
E tra la ressa generale, Dafne cercava di farsi spazio fino ad arrivare quasi alla monumentale Porta dei Leoni, l’accesso per il palazzo, quando qualcuno le si avvicinò. “Come state, damigella? Vi ricordate di me? Sono Wiako, il vostro vicino di casa! Spero stiate bene! Come mai qui? Ah, non ditemelo… siete in cerca di altre notizie su vostro marito, vero? E magari sperate che sua signoria possa aiutarvi? Ho indovinato, vero? Aspettate…” Si guardò allora intorno, per poi fare segno a due individui che subito gli si avvicinarono. “Amici…” disse loro “… la nostra damigella deve assolutamente entrare nel palazzo… come fare?” “Beh, da qui è impossibile…” rispose uno dei due “… ma io conosco uno dei cavalieri e posso facilmente farvi entrare…” “Davvero? Ottimo!” Esclamò Wiako. “Seguitemi, conosco un’altra entrata. Accessibile solo per i cavalieri.” “Bene, allora facci strada!” Disse Wiako. “Venite con noi, damigella.” |
Nel frattempo, al castello di lord Astalate, Melisendra si era finalmente mostrata, suscitando reazioni contrastanti.
“Milord…” disse Ravus ad Astalate “… Capomazda è un feudo ecclesiastico e tutte le sue leggi, tradizioni ed usanze sono intrise del fervore religioso del suo popolo! Il potere degli Arciduchi è dunque legittimato dalla Fede! Come potrebbe allora questa peccatrice portare aiuto a quella terra consacrata, se tutto in lei grida al peccato!” “Monsignore…” rispose Astalate “… io ho il compito di mandare forze e aiuti a Capomazda. Non sono un uomo di Chiesa, ma mi insegnate che nulla accade senza il volere di Dio! E se questa donna può aiutarmi nel compito di salvare il ducato, allora vorrà dire che è stata la Volontà Divina ad averla inviata.” “E se così non fosse?” Urlò Ravus. Astalate lo fissò. “Non abbiamo molta scelta.” Rispose dopo alcuni istanti. “Se restiamo con le mani in mano, presto il ducato sarà perduto. E se alla fine sarà stato a causa di Cimarow o del demonio, la cosa non farà poi molta differenza. Non trovate?” “Ascoltatemi…” rivolgendosi poi a Melisendra “… se ciò che affermate è vero, le vostre parole dovrebbero essere ascoltate a Capomazda… siete disposta a recarvi laggiù per informare di tutto ciò che sapete il duca ed i suoi cavalieri?” Si voltò poi verso Morrigan: “E magari anche voi potreste unirvi a noi. Sembrate una valente spadaccina e lo sa il Cielo quanto servano nuove lame in questo momento a Capomazda. Del resto, se non erro, avete detto di essere insieme a lei, giusto?” “Spero caldamente che non ci si debba pentire di tutto ciò.” Mormorò Ravus. “Ci sarete voi a vigilare, monsignore.” “Contateci, milord!” Esclamò Ravus. “Nulla mi sfuggirà!” Aggiunse lanciando una sospettosa occhiata a Melisendra. “Allora, se non ci sono impedimenti, vorrei che partiste subito alla volta di Capomazda. Non abbiamo molto tempo.” Disse Astalate, visibilmente inquieto. |
La grande sala era illuminata a giorno, mentre la musica scivolava tra dame riccamente abbigliate e aristocratici compiaciuti di se stessi.
L’atmosfera era distesa, frivola e lieta, come se già la guerra con Capomazda fosse terminata e vinta. “Milord, le Cinque Vie sono praticamente sotto il nostro controllo e una volta bloccata anche la stretta di Saggesia, i Taddei si ritroveranno in una morsa che li stritolerà!” “Ben detto, sir Litler!” “Amici miei…” prendendo la parola lord Cimarow e zittendo i suoi cavalieri “… condurre una guerra non è diverso da altre forme d’arte… un nemico piegato ma ancora in forze sarà presto pronto a riprendere in mano le armi… no, amici miei, per condurre una guerra occorre pazienza… in eguale misura del coraggio e della strategia…” “Avete udito?” Domandò sir Litler. “Pare che a Capomazda sia giunto l’ultimo discendente dei Taddei per prendere il potere.” “Amici miei…” mormorò con un sorriso Cimarow “… lo renderemo di fatto l’ultimo dei Taddei!” “Dov’è l’ospite d’onore, milord?” Chiese una delle dame. “L’uomo a cui dobbiamo una vittoria incredibile, forse determinante per la vittoria finale!” “Eccolo che viene…” disse sir Nyclos, fratello di lord Cimarow “… il campione dei campioni!” E, tra l’entusiasmo dei presenti, accompagnato da alcuni dei suoi fidati cavalieri, sir Gouf comparve nella sala. “Sir Gouf!” Lo salutò eccitato Cimarow. “Tutti vi attendevano!” “I miei omaggi, milord.” Con un inchino il cavaliere. “Cavaliere…” disse una dama palesemente emozionata “… ditemi… non avete mai paura nel bel mezzo delle battaglie?” “La paura giunge prima… prima della battaglia, mia signora…” rispose Gouf “… si pensano tante cose prima dello scontro… ma poi, quando tutto comincia, non si pensa più a nulla… soltanto al proprio nemico… almeno così dice chi ha provato paura prima di combattere.” Tutti risero di gusto. “Chi è stato il vostro maestro, cavaliere?” Domandò un’altra delle dame presenti. “Sarà certamente stato qualche straordinario condottiero, vero?” “La vita, milady…” rispose Gouf “… la vita è la migliore e unica maestra…” “Come siete enigmatico, mio signore.” Replicò la dama. “Nemmeno sull’amore volete essere franco? Ci sarà pure una dama a cui avete donato il vostro cuore…” “La Cavalleria è la mia unica compagna, milady. E' un’amante indulgente ma gelosa e solamente ad essa ho consacrato la mia intera esistenza.” In quel momento un’altra dama entrò nella sala e Gouf la notò subito. “Godetevi questa festa e la venerazione che tutti hanno per voi, cavaliere.” Disse Cimarow. “Lo meritate.” “Quando avremo definitivamente vinto, milord.” Rispose il Cavaliere del Gufo. “Vogliate scusarmi.” E si avvicinò alla dama appena giunta. “Aitly…” “Gouf…” rispose la donna “… non immaginavo ci fosse tanta gente a questa festa…” “Sono tutti lupi famelici pronti a spartirsi l’agnello…” disse Gouf “… Capomazda è una miniera d’oro e sono tutti convinti che Cimarow sarà il prossimo signore di queste terre.” “Non sono a mio agio con questo vestito… erano anni che non mettevo un vestito come questo…” “Sei una donna” rispose Gouf “è normale che tu ti vesta così in simili occasioni.” “Non so… dove stai andando?” Chiese vedendolo andare verso l’uscita. “Domani all’alba guiderò un drappello in ricognizione nella stretta di Saggesia, il nostro prossimo obiettivo. E poi trovo inutile questa serata. Festeggiare ora che non abbiamo ancora vinto nulla mi sembra totalmente inutile. Vado a dare le ultime disposizioni ai miei.” “E io?” “Goditi la festa…” rispose lui “… non abbiamo molte occasioni per distrarci… Aitly…” aggiunse senza però voltarsi “… sei molto bella con quel vestito.” Ed andò via. La donna restò nella sala ancora un pò, per poi tornare nella sua stanza poco prima della fine della festa. Ma prima passò nella sala delle armi, avvicinandosi alla corazza nera di Gouf. “Quanto ti amo, mio bel signore…” sospirò baciando il suo elmo “… ti prego… fai in modo di capirlo…” http://www.gametab.it/media/2009/05/...asy-xiii-1.jpg |
Mi rialzai da terra e dissi dentro di me maledetto te la farò pagare per questo poi girandomi verso i cavalieri dissi e voi che avete da ridere lo sapevate che finiva cosi vero? dissi innervosito mentre mi pulivo la giubba dalla polvere di terra ora che vi siete divertiti alle mie spalle che altro devo fare? e rimasi fermo con lo sguardo fisso e arrabbiato.
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"Wiako ringrazio voi e i vostri amici per questo aiuto che mi date. Vi seguirò... Vedrete: mio marito non è morto, io avrò ragione! Scoprirò dov'è e convincerò il Duca ad andare a prenderlo!".
Appena finii di dire queste parole ebbi la sensazione che non mi credessero. Wiako era una persona buona! Mi aveva aiutata tante volte nelle piccole faccende domestiche quando mio marito era lontano. Poi lanciai uno sguardo ai due che lo accompagnavano: avevano qualcosa che mi sembrava particolare, forse erano solo le paranoie di una povera vedova incinta! |
Un sorriso distese il mio volto, adombrato dall'ostinazione del chierico, che pareva alquanto testardo e sicuro del fatto suo.
"Vi ringrazio, mio signore... sono disposta a partire immediatamente per Capomazda... ho solo una cosa da chiedervi... io... ecco, vi consiglierei di mantenere il segreto sulla mia presenza laggiù, se il nemico ne venisse a conoscenza perderemmo un vantaggio e potrebbe reagire in chissà quale maniera..." Mi rivolsi al chierico, imbronciato. "Monsignore, non vi crucciate troppo..." E gli sorrisi. Chiaramente lo avrei messo a disagio, ma che ci potevo fare? La mia indole dispettosa... |
All'udire quelle parole, Morrigan rimase un istante stupita, come sospesa... non era quello che aveva pensato, non era nei suoi progetti, e quell'invito, per farla breve, la coglieva del tutto impreparata.
Aveva lasciato la sua casa per compiere una missione ben precisa, e credeva che nulla al mondo l'avrebbe mai potuta distorgliere dal perseguire i suoi intenti. Eppure, da quando era giunta a Camelot, molti segni si erano susseguiti, tanti da obbligarla a riflettere, a cominciare a pensare che forse qualcosa o qualcuno stesse cercando di attirare la sua attenzione, di mostrarle una direzione... alle volte il destino non segue i percorsi che noi immaginiamo... alle volte ciò che attendiamo arriva solo dopo un lungo, tortuoso peregrinare... e i miracoli accadono proprio nell'istante in cui smettiamo di invocarli! In quel momento decise quindi di abbandonare ogni pensiero, ogni se e ogni ma... decise di seguire gli istinti del cuore e non le logiche della mente. Guardò lord Astalate e gli sorrise lievemente. "Lo sono," rispose "e non rimangerò quello che ho detto, signore... e verrò anche con voi a Capomazda... tuttavia ricordatevi che la mia spada non serve nessuno, se non se stessa, Dio e la mia causa!" Poi si voltò appena, e lanciò a Melisendra uno sguardo complice, uno sguardo di simpatia. "Io non faccio mai nulla che non voglia davvero fare... e vi credo... credo che tutto sia possibile, perchè ci sono più cose in questo mondo di quante non ce ne sappiano insegnare i nostri libri e la nostra scienza" |
Nelle terre di Sygma non si imparava a cavalcare per necessità o per piacere, nelle terre di Sygma cavalcare era un’arte; in passato nelle nostre terre erano stati allevati i cavalli più forti e più veloci, e i cavalieri più valorosi e abili erano da qui originari.
Il tempo aveva ormai indebolito in nostro dominio, i nostri confini si erano ristretti e la popolazione era diminuita... eppure nessun abitante di Sygma aveva perduto il suo amore per i cavalli e per l’arte di montarli. Quel giorno ero uscita da sola... mi piaceva cavalcare sola, senza il fastidioso seguito del mio maestro o di qualche noioso lacché di mio padre, mi piaceva galoppare finché mi andava, saltare se volevo e fermarmi quando lo ritenevo opportuno. E quel giorno feci esattamente ciò che desideravo... così quando rientrai a palazzo ero stanca e accaldata, ma felice. “Milady...” la voce sovreccitata del vecchio servo dei miei genitori mi raggiunse appena misi piede nel cortile “Milady... dove eravate? Vi ho cercata dappertutto!” Mi voltai e gli sorrisi incuriosita. “Milady, vostro padre ha espresso il desiderio di vedervi. Immediatamente!” Il mio sorriso si allargò leggermente... lo rassicurai, così, che avrei immediatamente seguito l’ordine e mi precipitai su per la scala, diretta verso la sala in cui mio padre era solito dare udienza. “Talia... entra!” disse mio padre, non appena ebbi bussato alla porta. “Volevi vedermi, padre?” domandai, appena incuriosita, facendo qualche passo nella stanza. Lui annuì, alzando gli occhi dallo spesso foglio di pergamena che teneva tra le mani e posandoli su di me. Io avanzai ancora e mi sedetti di fronte a lui. “Mi ha scritto l’arciduca di Capomazda...” esclamò lui ad un tratto “Un uomo saggio, in verità!” Questa volta fui io ad annuire... ero sorpresa, infatti, poiché davvero pochi erano gli uomini che mio padre stimava, e inoltre continuavo a non capire per quale motivo mi avesse fatta chiamare... E fu allora che lo notai. Un ritratto era posato di traverso sul tavolo tra me e mio padre, vi posai gli occhi e lo scrutai per un istante... poi, quasi senza accorgermene, mi protesi e lo presi tra le mani, osservandolo con più attenzione... era il ritratto di un giovane uomo dall’aria fiera e spavalda, i cui occhi chiari mi fissavano con irriverente sfrontatezza. “Chi è?” domandai, quasi a voce bassa, mentre un brivido inconsulto mi percorreva la schiena e il mio cuore accelerava vertiginosamente il battito. “E’ il nipote dell’arciduca di Capomazda!” rispose, con un tono che in quel momento non colsi e che forse non sarei comunque riuscita ad interpretare nella giusta maniera... Per un tempo indefinito rimasi con quel ritratto tra le mani, fissando quell’immagine con una strana sensazione che mi pervadeva... Infine, ridestandomi da quella sorta di sogno ad occhi aperti, notai che mio padre ancora mi fissava... “E’ meglio che vada!” dissi allora, balzando in piedi, agitata e dimentica che era stato lui a farmi chiamare... “Sei di fretta?” chiese, in tono sornione. “Ho la mia lezione tra poco...” mi giustificai. “Capisco... dunque, non vuoi neanche dirmi come lo hai trovato? Se è di tuo gradimento?” Per un istante rimasi immobile con gli occhi sgranati per la sorpresa... la ginocchia mi tremarono e il cuore perse alcuni battiti: “Come?” balbettai. I suoi occhi sul mio volto sorrisero per un attimo, in un’espressione che mi parve tra il divertito e il compiaciuto... poi in fretta li riabbassò sulla pergamena che teneva in mano... “Il nuovo cavallo delle nostre scuderie, dicevo!” soggiunse in tono forzatamente noncurante, accennando appena al mio abbigliamento “Sei uscita con quello, dico bene?” Quel pensiero mi attraversò la mente in un lampo quando Icarius scese dalla carrozza e quegli occhi cristallini tornarono ad incrociare i miei... era stata la prima volta che avevo visto quegli occhi e quel volto, quella, e mai l’avrei dimenticata. Per un istante rimasi immobile, con gli occhi fissi nei suoi... quegli occhi che riuscivano sempre a causarmi un tumulto di sensazioni... Poi, lentamente, li abbassai in un leggero inchino. |
Astalate fissò Melisendra.
"Si, comprendo..." disse "... non temete, della vostra identità sono a conoscenza solo l'abate Ravus, i suoi fidati accompagnatori e la nostra dama guerriera." Indicando Morrigan. E, rivolgendosi a quest'ultima, continuò: "La vostra spada serve Dio? Bene, è ciò che ci vuole! A Capomzda pare voglia giungere il demonio in persona..." "Ben detto, milord..." mormorò Ravus. Poi lanciò un'occhiata di sopportazione a Melisendra. "Allora è deciso! Partirete nel pomeriggio! Faccio preparare una carrozza con dei buoni cavalli! Se vi occorre qualcosa, non abbiate timore a chiedere!" |
Icarius cominciò ad avanzare tra i servitori, che inchinandosi lo salutavano, ed il resto della corte che gli rendeva omaggio.
“Sono lieto di rivedervi, mio signore!” Andandogli incontro Perecour, il guardiacaccia. “Siete mancato a questo ducato come la spada nel bel mezzo di una battaglia al cavaliere!” “Amico mio!” Esclamò Icarius cominciando finalmente a sorridere. “Hai ragione! Mi mancano le nostre battute di caccia! Dimmi, hai poi trovato un drago da stanare?” “Non ancora, ma per il divertimento del mio padrone lo scoverò!” Ridendo sonoramente il guardiacaccia. “E lo bastonerò ben bene così da permettervi di dargli il colpo di grazia!” “Nel frattempo ci contenteremo di lupi, orsi e qualche cinghiale, amico mio!” Poi, avvicinandosi a Monteguard: “Come state, capitano?” “Bene, mio signore.” Rispose Monteguard. “Sono lieto di rivedervi… Capomazda ha bisogno di voi.” “Si, ma non parlatemi di guerre e battaglie, capitano. Non il giorno del mio ritorno.” Monteguard accennò un inchino e restò in silenzio. “Sorella!” Avvicinandosi Icarius ad Actea. “Come stai? Sai, mi sono mancate le nostre passeggiate a cavallo. Credo che dovremmo riprendere questa vecchia abitudine. I pochi ricordi felici che ho di questo posto sono legati proprio alle nostre cavalcate.” Poi il suo sguardo cadde su Talia. Mostrò un inchino sarcastico ed un sorrisoirriverente. “Mia cara!” Esclamò. “Devo dire che sei una delle poche persone capaci ancora di sorprendermi! Ti credevo ormai lontana, ritornata tra le tue verdeggianti colline, tra le viti e i cipressi. Invece ti ritrovo ancora tra noi. Ma tu, rammento, quando prendi un impegno lo porti fino in fondo. Ah, vorrei avere io la tua fermezza! Ma per questo l’Arciduca ti amava tanto. Forse avresti dovuto sposare lui, sai!” Poi voltandosi verso tutti: “Ora perdonatemi, miei diletti… ma sono terribilmente stanco… mio zio pare mi abbia lasciato in eredità una guerra… dunque mi perdonerete se mi ritirerò per riposare…” “Sua signoria, a Dio piacendo, si occuperà di tutte le sue funzioni domani, davanti all’assemblea dei baroni!” Annunciò Izar. Un attimo dopo Icarius entrò nel palazzo ducale. |
"Avete la mia parola che non ve ne pentirete", dissi, con un piccolo inchino.
"Tutto ciò che desidero l'ho richiesto, consideratemi pronta a partire, milord". Mi rivolsi alla donna guerriera, Morrigan, che sempre più mi incuriosiva per la singolarità del suo fiero temperamento:"Le vostre parole mi fanno sperare che saremo una buona compagnia l'una per l'altra. Avrei piacere di cavalcare al vostro fianco... così lasceremo al buon chierico l'agio di una confortevole carrozza tutta per sè..." Sorrisi benevola verso l'uomo, certa che tutto sommato avrebbe gradito l'idea di non dover sopportare la mia presenza in uno spazio tanto angusto. |
Nel frattempo, dall'altra parte del cortile, Cavaliere25, furioso, si scuoteva la polvere di dosso.
Le sonore risate di Finiwell e Pasuan ancora echeggiavano nella sua mente, quando proprio il primo dei due si avvicinò all'aspirante cavaliere. "Non prendertela, amico mio!" Disse Finiwell. "E benvenuto tra noi! Devi sapere che chiunque entri nei cadetti deve sottostare a queste bravate! E tu ti sei guadagnato il diritto di essere uno di noi! Anzi, da oggi ti darò la possibilità di carpire qualcuno dei miei celebri segreti. E vedrai che diventerai il migliore di tutti! Dopo di me, ovviamente!" Rise di gusto ed aggiunse: "Ora vieni che ti offro da bere! Sei anche tu dei nostri, Pasuan?" "No, l'aria è dolce oggi e preferisco fare quattro passi." Rispose questi. Allora Finiwell e Cavaliere25 andarono a bere da soli. |
A quelle parole Morrigan non si risparmiò di ridere apertamente... certo, per una frazione di secondo le passò per la testa che suo zio non avrebbe mai approvato quell'ilarità, ma lo sguardo del vecchio Ravus di fronte a Melisendra era irresistibile.
"Mi sembra un'ottima idea, signora..." rispose. Poi, rivolta a tutto il gruppo: "Non ho che da prendere il mio cavallo, lasciato alla locanda qui vicino. Poi sono pronta a seguirvi. Ditemi il luogo convenuto per la partenza e la ci ritroveremo!" |
Sollevai di nuovo lo sguardo e trovai i suoi occhi nei miei... tanto vicini come non accadeva da tempo. Questo causò in me una curiosa sensazione, un indefinito turbamento seguito da un leggero fremito che mi scosse tutta.
Nonostante ciò sorrisi sarcastica alle sue parole provocatorie: "Sorprenderti, mio signore? Ah, si dice che non sia cosa semplice... dunque non posso che compiacermene!" lo scrutai per un istante, poi soggiunsi più piano "Quanto agli impegni... beh, uno di noi due doveva pur essere in grado di prenderne, no? E dato che questo, si dice, non sia mai stato il tuo forte..." Gli sorrisi, mi inchinai appena e poi, mentre lui si voltava verso i suoi, io presi lentamente a salire la scala, seguita subito da Pascal, che per tutto il tempo aveva continuato a soffiare arrabbiato verso i nuovi venuti. |
Ravus sbuffò e si segnò tre volte.
"Potete anche galoppare l'Ippogrifo o il mitico Pegaso! Vi terrò comunque d'occhio! Questo è certo!" Disse rivolgendosi a Melisendra. "Bene, allora è deciso!" Esclamò Astalate. "Prendete pure i vostri cavalli" fissando Morrigan e Melisendra "e ci ritroveremo davanti a questo castello nel pomeriggio." E all'ora stabilita tutto era pronto per la partenza verso Capomazda. |
Nel palazzo subito le ancelle si avvicinarono al futuro Arciduca.
“Mio signore, finalmente!” Esclamò una. “Oh, quanto tempo!” Le fece eco un’altra. “Sapete… questo inverno è stato molto freddo… soprattutto la notte!” E tutte risero. “Eh, amiche mie…” sospirò Icarius “… le notti però si preannunciano fredde anche per questa Primavera!” Gettando uno sguardo su sua moglie che saliva le scale. “E cosa suggerite, mio signore?” Domandò maliziosa l’ancella. “Beh, dovendo decidermi a prendere qualcuno dei miei impegni sul serio…” rispose sarcastico “… da buon signore penserò io al vostro problema…” E, fissando Talia, tutte le ancelle risero maliziose. Poi, congedatosi dai presenti, Icarius salì le scale, raggiungendo sua moglie. “Sono ammesso nel santuario?” Chiese con tono sarcastico. “O forse la mia presenza non è ben accetta.” Sorrise e lanciò uno strano sguardo su Pascal che lo fissava. “Sai, ricordo benissimo la nostra ultima discussione, avvenuta proprio in questa stanza…” continuò “… mi dicesti… si, mi dicesti che non avevi più intenzione di passare i tuoi giorni a litigare… men che con me, specificasti…” sorrise ed aggiunse “… ma, tranquilla… non ti disturberò di certo… e non c’è bisogno che tu ti chiuda dentro… non prenderò con la forza ciò che posso trovare comunque ad ogni angolo di strada…” Si avvicinò poi alla porta per uscire, quando si arrestò di colpo. “Perché se volessi entrare” disse senza voltarsi “non sarebbe certo una porta chiusa a fermarmi!” E tirò un calcio, sfondando la porta e facendo saltare giù dal letto Pascal. Un attimo dopo uscì dalla stanza. |
Avevo allacciato bene le bisacce alla sella, curando di portare con me solo l'indispensabile, che poi era tutto ciò che possedevo. Saldato il mio conto alla taverna e trovato un paio di stretti calzoni da equitazione, mi ero arrangiata al meglio per celare il mio aspetto, avvolgendomi nel mio scuro mantello. La mezza tunica stretta dal corsetto nero rendeva il mio abbigliamento accettabile per una donna.
Chiusi bene il mantello e attesi di fronte al palazzo. Non vedevo l'ora di giungere a Capomazda, dove avrei potuto finalmente rendermi utile... un piano già aveva preso forma nella mia mente. Avrei dovuto accertarmi della presenza del Cavaliere del Gufo... e trovare il modo di avvicinarmi il più possibile. Avrei poi trovato il modo di intrufolarmi nella tana del nemico. Nonostante tutto quello che ci aveva portati, quella tragica notte, a quel macabro epilogo, ero quasi certa che Gouf non mi avrebbe uccisa...Quando gli confessai ogni cosa, poco prima dell'inevitabile, non oppose resistenza, come inspiegabilmente rassegnato. Ero assorta in quei lontani ricordi, cercando di venirne a capo, mentre il sole pomeridiano brillava nel cielo. Presto saremmo partiti. |
Il Sole cominciava a volgere verso Occidente, proiettando lunghe ombre sulla campagna.
Il Cielo, pian piano, si tingeva di un tenero alone purpureo e le grandi nuvole che muovevano da ponente si gonfiavano riflettendo nel cielo i colori di quel pomeriggio di inizio Primavera. Il carro con l’abate Ravus si mise in marcia verso Capomazda, seguito da Morrigan e Melisendra sui loro cavalli. E poco dopo che erano penetrati nelle campagne del ducato dei Taddei, avvistarono qualcosa in lontana. Avanzarono con prudenza e finalmente riconobbero la figura che proseguiva solitaria sulla strada. Era un cavaliere senza cavallo che portava con sé la sua sella… http://www.reelcriticreviews.com/rev...omofheaven.jpg |
La singolare visione di quel cavaliere recante con sé una sella aveva un che di mistico. La carrozza sobbalzava e cigolava da far pietà, tanto che ogni volta che la guardavo non potevo non sorridere pensando al suo scorbutico contenuto, il quale probabilmente doveva soffrire dei frequenti scossoni.
Il cavallo scartò di lato e si imbizzarrì, spaventato da un rumore proveniente dalla macchia, un animale selvatico probabilmente. "Buono, dolcezza!" Strinsi le briglie, il cappuccio mi scivolò dal capo. Il cavallo si fermò proprio dopo aver agitato i suoi zoccoli poco distanti da quella nobile figura. "Perdonate, messere", mi scusai, mentre mi affrettavo a coprirmi nuovamente il capo. Percepivo un'energia emanare da quell'uomo. Mi era tornato l'appetito. A quel punto mi domandai come avrei fatto a sfamarmi nei giorni seguenti, sotto la supervisione di Ravus. Quel dubbio mi turbò, tanto che pure il mio cavallo prese a sbuffare nervoso. |
Guardai Finiwell e dissi grazie amico mio accetto ben volentieri una birra ma vorrei farvi una domanda ora che sono uno dei vostri che compiti avrò da compiere domandai e aspettai che mi rispondesse sorridendogli mentre ci camminavamo verso la taverna
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Sussultai violentemente quando sfondò la porta ma, a parte ciò, non mossi un solo muscolo.
Solo quando lo sentii oltrepassare la soglia, chiusi gli occhi... “Sei sempre lo stesso!” mormorai tristemente. E tuttavia non sapevo per certo cosa questo significasse per me... non sapevo esattamente cosa mai mi ero attesa da quel ritorno... era soltanto uno sciocco e tronfio pallone gonfiato che mai, fin dal nostro primo incontro, si era interessato a me... ma allora, mi chiesi, che cosa ci facevo ancora lì? E perché mi sentivo tanto male? “Hey, Talia!” la voce mi raggiunse portata dal forte vento che tirava sulla cima di quella collina “Ho ricevuto il tuo messaggio... cosa c’è?” Mi voltai e lo guardai, mentre a rapidi passi giungeva di fronte a me. Sorrisi: lui era sempre stato il mio migliore amico, forse l’unico vero amico che avevo mai avuto... e forse non solo quello! Era il figlio del guardiacaccia di mio padre e lo conoscevo da tutta la vita... avevamo giocato insieme da piccoli, insieme avevamo inventato avventure di ogni tipo, insieme cavalcavamo fino al fiume nelle giornate più calde per andare ad immergere i piedi nell’acqua, insieme rubavamo biscotti e piccoli dolci dalla cucina del palazzo, era stato lui ad insegnarmi a costruire trappole per catturare piccoli animali e io lo avevo aiutato ad imparare a leggere... Quel giorno, vedendolo arrivare quasi di corsa in cima alla ‘nostra’ collina, ogni singolo momento trascorso con lui riaffiorò alla mia mente... “Allora, che succede?” domandò di nuovo “Non ho molto tempo, purtroppo: se si accorgono che mi sono allontanato per sgattaiolare quassù mi ammazzano!” Dovevo dirglielo... sapevo che dovevo farlo, gli avevo lasciato quel biglietto apposta... eppure non potevo... non ci riuscivo! “Hey, ma stai bene?” mi domandò allora lui, notando la mia espressione, con quel suo tipico modo di corrugare la fronte quando era preoccupato. Annuii piano... poi inspirai e, cercando di apparire naturale, dissi: “Dopodomani parto!” Lui mi osservò per un istante, senza capire... “Parti?” chiese “Per dove?” “Per Capomazda!” risposi “Mi sposo!” I suoi occhi si allargarono impercettibilmente nel momento in cui la sua testa registrò l’informazione, poi le sue iridi scure si incupirono ancora di più: “Oh...” disse “Capisco!” “Volevo dirtelo di persona!” spiegai “Non volevo che tu lo sapessi da qualcun altro!” Lui annuì: “Quando l’hai saputo?” “Adesso! Questa mattina è giunto un funzionario del duca, ha parlato con mio padre e poi...” “Dopodomani, eh! E perché tutta questa fretta?” domandò... ostentava calma e ragionevolezza ma il suo tono era duro e spiccio, e io lo conoscevo troppo bene per non sapere cosa questo significasse... “Non so perché hanno fretta!” dissi “Però, ascolta...” “No!” mi interruppe “Ascoltami tu: è una follia questa, e lo sai! Non lo conosci nemmeno, quello, come fai a sapere che lo vuoi sposare?” Mi irrigidii: “Non è per questo che sono qui!” ribattei. “No, certo, non è per questo. Ma mi ascolterai lo stesso... perché è ridicolo quello che vogliono convincerti a fare! Quel ritratto... lo so, ti sei innamorata di quel ritratto! Non è così? Ma chi diavolo è il tizio nel ritratto? Lo conosci? Ti ha mai portata al fiume, quello? Ti ha mai raccontato le storie più bizzarre solo per farti ridere? Lui... lui sa qual è il tuo colore preferito? E sa che... non so... che odi la pasta di mandorle, per esempio? E hai mai riso con lui tanto da avere male alle pancia? No, mai! Mai!” “Smettila!” sbottai. “La smetto, certo! Questo è tutto quello che sai dire... Ma rispondimi: lui sa tutte queste cose? Lui ti conosce così?” Non gridava... ma il suo tono duro mi feriva più che se mi avesse schiaffeggiata... “No...” urlai infine, arrabbiata “Niente di tutto questo... e lo sai bene! Lo sai che io... lo sai che queste cose io le ho fatte con te!” Rimase per un istante in silenzio, come preso in contropiede... “E’ vero!” riprese poi, abbassando lo sguardo “Le hai fatte con me! ...E lui non ti merita!” soggiunse. “Non puoi saperlo, questo!” ribattei. “Lo so, invece! Perché se io fossi stato al suo posto sarei venuto a prenderti personalmente e non avrei mandato qualche inutile funzionario, come se tu fossi un pacco di nessun valore! Tu detesti essere trattata così!” “Ma tu non sei lui!” mormorai. Non rispose subito e quando lo fece la sua voce era ruvida: “No, è vero, non lo sono! Non sono un duca, io. Né un marchese, né un barone, né possiedo nessun altra inutilissima carica nobiliare! Però...” Si avvicinò e mi prese per le spalle... e per un istante fui certa che stesse per fare qualcosa che mai prima aveva osato. Eravamo vicini, troppo vicini... e i suoi occhi bruciavano come mai prima... Poi, lentamente, il abbassò e lasciò scivolare via le mani... “Ti auguro ogni bene, milady!” disse, quasi contro voglia “Sono certo che il tuo duca sarà l’uomo meraviglioso che tu sogni e che sarai sempre felice...” Si voltò, poi, e riprese a scendere la china... ma dopo pochi passi si fermò e, senza voltarsi, soggiunse: “E se non sarà cosi... beh, allora, almeno, qualche volta penserai a me!” Per un istante indugiai su quel ricordo mentre udivo i passi di mio marito allontanarsi secchi e imperiosi nel corridoio... Eppure, nonostante tutto, non riuscivo ancora a pentirmi della scelta che mi aveva portata lì. Nonostante tutto, sentivo che da nessun altra parte volevo stare se non il più vicino possibile a quell’uomo, pur tanto freddo e insensibile. Sospirai e mi chinai per prendere tra le braccia Pascal, che continuava a soffiare furioso verso la porta spalancata... “Non essere arrabbiato con lui!” gli sussurrai, carezzandolo piano “Ti prego... non esserlo! Fallo per me!” Mi avvicinai poi alla porta e, nonostante le sue condizioni attualmente precarie, riuscii ad accostarla un poco... “Domattina la faremo aggiustare!” minimizzai, rivolgendomi al gatto che mi stava fissando quasi volesse sottolineare ciò che era appena accaduto. |
Il cammino procedeva tranquillo... troppo tranquillo... ed era un male... quando c'è troppa calma, c'è anche troppo tempo per pensare... troppo tempo per ricordare...
"Andrò a cercarlo in capo al mondo!" "Io ti voglio qui, a Cassis!" Morrigan fissò gli occhi scuri di suo zio. Possibile che non comprendesse, che non condividesse? Era cresciuta con lui, come fosse stata sua figlia. Morven possedeva la chiave dei suoi pensieri, e lei di quelli di lui. Perchè erano stati più che un padre e una figlia. Non possedendo direttamente e naturalmente questo legame, erano riusciti ad essere anche amici e consiglieri l'uno dell'altra. "Zio, tu parli come se non comprendessi... quell'uomo ha ucciso mia madre!" A quelle parole, Morven impallì. Aveva appena 36 anni a quell'epoca. Era ancora un uomo nel fiore della vita. Bello, energico, pieno di tutte quelle doti che avevano fatto di lui un duca amato dalle sue genti e temuto dai suoi nemici, e governava le terre di Cassis, le terre dei suoi padri, ormai da quasi vent'anni, con mano ferma e giusta insieme. Eppure bastarono quelle poche parole, lanciate da una fanciulla con asprezza, per alterare i lineamenti del suo viso. Divenne cupo, e qualche ruga apparve vicino agli occhi. In quell'istante parve quasi più vecchio, come segnato da un profondo dolore. Guardò la nipote che lo fronteggiava con sguardo implacabile. "Morrigan, lo sai che tua madre non è stata uccisa..." Non terminò la frase. Morrigan lo sapeva. Quello era il solo cruccio che suo zio avesse mai avuto in tutti quegli anni. Il pensiero di sua sorella, Lady Zulora, che una mattina, all'alba, si era trafitta il cuore con un pugnale. Non aveva potuto nemmeno darle la sepoltura che avrebbe voluto, ma doveva piangerla nella terra sconsacrata destinata a tutti coloro che avevano posto fine alla propria vita in modo tanto violento. Una colpa di cui si era fatto responsabile e che non riusciva ad espiare. Ma Morrigan non la vedeva così. Non erano le preghiere che avrebbero dato pace all'anima di sua madre, secondo lei. Solo la vendetta, pensava... solo la vendetta... "Zio, quell'uomo ha contribuito alla sua caduta in maniera irreparabile... ed io per forza devo andare!" Tra loro trascorse un lungo silenzio. Morven si era rivolto verso la grande finestra che dava sulla corte. Non la guardava. "Potrebbe essere già morto, per quel che ne sappiamo...", mormorò. "Se è morto, la vista della sua tomba sarà la giusta ricompensa per il mio viaggio" "Potresti non tornare..." Morrigan chinò piano le lunghe ciglia nere. "In tal caso, ricordatemi nelle vostre preghiere..." "Una terra senza eredi è una terra senza futuro, Morrigan... io ti prego di non commettere lo stesso errore che io feci quando avevo la tua età" Morrigan rimase un istante, pensosa. "Allora cercherò di imparare dal mio viaggio quanto tu stesso imparasti dal tuo" Non c'era più altro che potessero dirsi. Si guardarono negli occhi, e si erano compresi... La mano di Morrigan, istintivamente, scivolò al suo fianco, alla ricerca di qualcosa, qualcosa di familiare. Ma in quell'istante il suo cavallo ebbe uno scarto e si fermò, sbalzandola fuori dai suoi ricordi. Tornò vigile, cercò con lo sguardo Melisendra e vide che la sua cavalcatura si era imbizzarrita. La strana donna aveva ripreso subito il controllo dell'animale, ma in quel balzo le si era scoperto il capo e l'incantatrice si era affrattata a ricoprirsi. Il motivo di tanto tramestio era un uomo, che era apparso all'improvviso sul loro cammino. Era senza cavallo e portava con sè la sua sella. Era senza ombra di dubbio una visione piuttosto bizzarra, e Morrigan lo fissò immediatamente con curiosità. Il suo aspetto era fiero e nobile, sembrava senza dubbio un cavaliere... ma che ci faceva in quelle terre, che si dicevano infestate di malvagità, senza nemmeno una cavalcatura? Morrigan si avvicinò allo sconosciuto con circospezione, studiandolo con i suoi grandi occhi ambrati. "Ehi, voi!" lo apostrofò con voce lievemente divertita "Avete bisogno di aiuto, messere, o avete soltanto perso una scommessa?" |
Il Sole era già alto su Capomazda e diffondeva il suo tepore dopo l’umidità della notte appena trascorsa.
La Stanza del Catai era la sala più lontana, posta nell’ala orientale del palazzo. Sorgeva dietro il bastione del maschio, risultando così l’ultima delle stanze ad essere illuminata dal Sole. Veniva così chiamata perché era arredata da monili ed oggetti di gusto esotico. “Ah… che delizioso profumo di vaniglia…” risvegliandosi Icarius “… chi di voi ha usato questa essenza?” Le due ancelle abbracciate a lui nel letto risero di gusto. “Non era la vostra essenza preferita?” Chiese una di loro. “Si e chi fra voi l’ha usata?” “Beh… mio signore…” rispose maliziosa lei “… sta a voi scoprirlo…” Nel frattempo, nella Sala dei Migliori, i baroni attendevano impazienti. “Perché sua grazia tarda tanto?” Chiese uno di loro. “Era molto stanco del viaggio, miei signori.” Rispose Izar, tentando di tenerli a bada. “Vedrete che presto sarà qui.” “Il ducato cade a pezzi e lui dorme ancora?” Urlò un altro dei nobili. “Aveva ragione lord Rauger! Quell’uomo dei Taddei non ha nulla!” Gli fece eco un altro dei baroni. “Ricordatevi che parlate del futuro Arciduca!” Li riprese Izar. “Sarà Arciduca fino a quando lo chiameremo tale!” Urlò ser Gwinet de Cerraw. “E come intendete invece chiamarmi, amico mio?” Domandò Icarius giunto all’improvviso. Tutti si inchinarono. “Milord, è un momento difficile per il ducato e…” prese a dire Izar. “Se tra voi vi è qualcuno capace di salvare Capomazda, allora si faccia avanti!” Esclamò Icarius interrompendo il suo fidato consigliere. Tutti restarono in silenzio. “Bene, allora possiamo proseguire secondo le vecchie gerarchie.” Sentenziò l’ultimo dei Taddei. Izar allora cominciò ad illustrare la situazione sui confini del ducato e di come le armate di Cimarow stessero prendendo sempre più terreno. Poi tutti i baroni, a turno, riportarono gli ultimi avvenimenti accaduti presso le loro terre. “Cosa proponete, milord?” Domandò alla fine Izar. Icarius restò in silenzio. “Ci riuniremo dopo la mia nomina ad Arciduca…” rispose dopo una lunga riflessione. L’assemblea allora fu sciolta e molti dei baroni, segretamente, celavano diversi malumori. “E’ uno sciocco…” mormorò ad altri ser Gwinet “… non ha nulla di suo zio… e credo ci porterà alla rovina…” “Osate ribellarvi al nostro signore?” Domandò turbato uno dei baroni. “Dico solo ciò che tutti vedono…” rispose Gwinet, per poi, come gli altri, ritornare alle proprie terre. Così solo Icarius e Izar restarono nella sala. “Si salverà il ducato, milord…” mormorò Izar “… dobbiamo salvarlo!” “Ci credete davvero?” Chiese Icarius fissandolo. Il filosofo chinò il capo senza rispondere nulla. |
Nel frattempo la carrozza correva rapida nella campagna, con i suoi passeggeri impazienti di giungere a Capomazda.
Poi quella figura. Avanzava solitaria nella campagna. La spada e una sella sembravano i suoi unici bagagli. Poco dopo la carrozza, insieme alle amazzoni Morrigan e Melisendra, raggiunse quel misterioso cavaliere. Appena questi vide la carrozza e le due dame a cavallo fece un cenno con la mano. “E’ proprio vero…” disse “… nella vita quando si chiude una porta, poi, prima o poi si apre sempre un portone! Ho perso il mio cavallo, ma vedo che ora ne ritrovo due! E della miglior specie, oserei dire!” Ridendo di gusto. Poi si inchino e salutò tutti loro. “Cosa vi è accaduto, messere?” Chiese Ravus. “Vi occorre aiuto?” “Il mio cavallo si è azzoppato e sono stato costretto ad abbatterlo…” rispose il cavaliere “… stavo cercando di raggiungere il villaggio o borgo più vicino. Sapete quanto dista?” “Il centro abitato più vicino è il ducato di Capomzada. Se volete vi ci porteremo noi. Siamo diretti là.” “Allora quel portone che si sta aprendo è davvero molto grande!” Esclamò il cavaliere saltando sulla carrozza. “Vi sono debitore, monsignore!” Poi, rivolgendosi a Morrigan: “E comunque, milady, non scommetterei mai il mio cavallo! Nasconditi una moneta nello stivale ed un’altra sotto la sella, mi diceva mio nonno… se incontrerai una donna almeno non resterai del tutto al verde! Eh, uomo saggio mio nonno!” E rise forte. |
Morrigan sorrise a quell'uscita... uhmmm, finalmente un uomo con un po' di spirito!, pensò... con l'abbate Ravus non c'era davvero molto di che ridere!
Soprattutto da quando era stato obbligato a portare Melisendra con sè. "Già... " rispose a quel cavaliere, rivolgendogli un lieve cenno del capo "davvero saggio vostro nonno... anche se scommetto che vedendo questa scena resterebbe alquanto stupito!" Quindi girò altrove il capo, come se ormai seguisse il suo pensiero e non fosse più interessata a lui. "Eh, il mondo è andato fuori di sesto... gli uomini in carrozza e le donne a cavallo..." |
“Sei entrato nei cadetti” disse Finiwell a Cavaliere25 “e ti aspetta l’addestramento degli apprendisti, ragazzo mio. Da domani dovrai lavorare duro. Solo così potrai diventare un vero cavaliere! Comunque, tu potrai sempre contare sul miglior maestro possibile… me!”
I due poi raggiunsero la locanda per bere. “Amici miei!” Rivolgendosi ai presenti. “Vi invito tutti a brindare e bere alla salute ed alla carriera del mio amico! A proposito…” fissando l’apprendista cavaliere “… qual è il tuo nome?” |
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