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Citazione:
Icaro... |
ah... mitologia e simbolismo... realtà ed immaginazione che si fondono e si compenetrano... già, probabilmente avrei dovuto immaginarlo! :D
E quale versione, se è lecito? (@Guisgard :laughing_lol1: ...ti smescherano senza alcuna pietà queste dame, eh!!) |
http://www.theerrolflynnblog.com/Tin...juan-19481.jpg
DAME DI CAMELOT: "Prendete un altro pò di stufato, sir Guisgard! Ed anche questo pasticcio di carne e verdure vi piacerà! E non dimenticate il vostro vino preferito, sir! Come potete vedere... per noi non avete segreti!" GUISGARD: "Mie signore... di questo passo il vostro cavaliere non riuscirà più a mantenersi in forma! Ed allora addio eroiche e cortesi gesta!" Ok, torno serio... :smile_lol: Citazione:
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E non siete lieto di essere cosi tanto coccolato da tali "stupende" fanciulle?:D
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Ovvio, milady ;)
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IL CAVALIERE DI SEMIFONTE
IX La stanza era avvolta in una mite e serena penombra. Una candela, posta accanto al letto, diffondeva un lieve chiarore che rendeva più nitido il luogo che appariva attorno ad Icaro. “Siete stato fortunato” disse la donna avvicinandosi leggermente ad Icaro, mostrando così più chiaramente i tratti del suo volto “a sopravvivere alla furia del mare.” Era molto bella. I lineamenti apparivano morbidi e dolci, la pelle tinta da un vivace rossore e delicatamente vellutata. Gli occhi non erano molto grandi, ma avevano un taglio perfetto e deciso e donavano un’intensa espressività al suo sguardo. La fioca luce della candela si rifletteva incerta in quegli occhi, donando loro riflessi indefiniti, di un verde attraversato da un luminoso chiarore, quasi a confondersi con uno scintillante alone dorato. La bocca era piccola e ben fatta, né troppo sottile, né troppo carnosa, e le labbra sembravano vibrare delicate ad ogni sua parola. “Ricordate la tempesta?” Chiese poi fissando Icaro negli occhi. “La… la tempesta…” ripeté confuso Icaro. “Si, non sono rare in questo periodo dell’anno, ma non ricordavo di averne vista una così forte.” “Io…” accennò confuso il giovane. “Non sforzatevi ora.” Disse lei. “Ora riposate. Vedrete che presto tutto vi sarà più chiaro, anche i ricordi.” E detto questo, la misteriosa donna prese la candela con se e si diresse verso la porta della stanza. “Dove… dove sono…?” Chiese Icaro. “Al sicuro.” Rispose lei. Un attimo dopo soffiò sulla candela ed il buio scese totale nella stanza. Un momento dopo Icaro si riaddormentò. Risognò quel mare tumultuoso. Le lotte e le faide della sua città. I verdi colli e i maestosi cipressi della sua terra. Sognò i colori, i profumi ed i suoni della sua casa. Sua nonna ed i suoi amici. E sognò lei. Gaia gli appariva come un incanto. Ma era lontana. Sembrava irraggiungibile e sfuggente. Lui la chiamava, ma lei non si voltava. Lui la rincorreva, ma senza raggiungerla mai. Si svegliò di soprassalto. La luce penetrava da alcune piccole finestre e rendeva ora più chiara quella stanza ed il suo interno. Era arredata con gusto assai insolito. Mobili dal taglio esotico e dai variopinti colori lo circondavano, mentre sfarzosi e folcloristici arazzi animavano le pareti. Sui mobili apparivano vasellame, scrigni, ceri e bottiglie delle più varie e curiose forme. E nell’aria si respirava un ammaliante e delicato profumo che Icaro non seppe riconoscere. Mai infatti avevo sentito una simile essenza. Provò allora ad alzarsi, ma sentì le forze non sostenerlo in quel suo proposito. Il suo corpo era infatti indolenzito un po’dappertutto e la testa continua a girargli. Ad un tratto udì dei rumori giungere da fuori. Un attimo dopo la porta si aprì e di nuovo ricomparve ad Icaro quella misteriosa donna di prima. Era accompagnata da due giovani ancelle dalla pelle come l’ebano che conducevano due vassoi d’argento, ricolmi di cibi e bevante di ogni genere. La donna indicò alle ancelle di posare i vassoi su un grosso tavolo posto poco distante dal letto. Obbedito alla loro padrona, dopo averla salutata con un delicato e devoto inchino, lasciarono la stanza. “Vedo che avete ripreso conoscenza.” Cominciò a dire quella donna. “Ne sono lieta. E dopo aver mangiato qualcosa anche il colorito farà il suo ritorno sul vostro bel volto.” Icaro la guardava in silenzio e rapito dalla sua bellezza. Appariva, infatti, ancora più bella ora che il buio della notte aveva ceduto il posto alla luminosità del mattino. http://www.stardustmovies.com/galler...3%29Troy_4.jpg (Continua...) |
IL CAVALIERE DI SEMIFONTE
X La donna cominciò a riempire due piccoli calici con uno degli elisir portati dalle ancelle e si avvicinò al letto, porgendo ad Icaro quella colorata e profumata bevanda. “Vedrete che questo vi desterà dai postumi di ciò che accade nei giorni scorsi.” Disse lei. “Giorni scorsi?” Ripeté Icaro. “Ma da quanto sono qui?” “Le mie ancelle vi hanno ritrovato sulla spiaggia tre giorni fa.” Rispose lei, assaporando l’elisir che aveva nel calice. “Ho dormito per tre giorni interi?” Chiese lui stupito. “Tre giorni e tre notti.” Icaro si portò le mani sulla fronte massaggiandola. “Siete stato fortunato a sopravvivere a quella tempesta.” Aggiunse lei. “Gli altri membri della nave sono tutti morti.” “Tempesta?” Ripeté Icaro. “Si, ora ricordo… la tempesta, la nave…” La donna lo ascoltava, continuando a sorseggiare dal suo calice. “Che posto è questo?” “Siete sul monte Miseno.” Rispose lei. “Sulle coste campane.” “In Campania?” Domandò lui. “Quindi sono ancora in Italia…” “Si… nell’antica Magna Grecia…” “Chi siete voi?” Chiese Icaro. “E perché sono qui?” “Vi hanno raccolto le mi ancelle.” Rispose lei. “Le onde vi hanno condotto su queste coste.” “Chi siete voi?” Chiese di nuovo Icaro. La donna sorrise. “Potrei essere molte cose.” Icaro la fissò con attenzione. “Potrei essere ciò che pensate io sia…” continuò la donna “… o forse solo ciò che desiderate io possa essere… o magari sono solo un sogno, un’illusione…” “Tutto questo luogo mi sembra un’illusione…” disse Icaro. “Forse lo è…” “Qual è il vostro vero nome?” Chiese lui. “E perché mi avete curato?” “Avrei dovuto lasciarvi morire sulla spiaggia?” “E perché no…” sussurrò Icaro “… ormai non mi stupisce più nulla…” “Vi hanno fatto molto male, vero?” Chiese lei. “Si…” rispose lui con il capo chino “… ormai è come se fossi morto…” “Sciocchezze, siete vivo invece.” Disse lei. “Non disturbiamo il sonno dei morti.” “E perché?” Chiese Icaro. “Dovrei temerne l’ira o la vendetta?” La donna lo fissò sorridendo. “Sono stati i vivi a farmi del male, non i morti.” La donna si alzò e si affacciò ad una delle finestre. “Oggi è una giornata meravigliosa.” Disse guardando fuori. “Rimettetevi presto o vi perderete le meraviglie di questa stagione.” “Chi siete voi?” Le chiese di nuovo Icaro. La donna gli avvicinò. Aveva i lunghi capelli biondi tutti adagiati all’indietro, tenuti da un meraviglioso diadema alveolato, con pietre colorate e paste vitree di straordinario splendore. E quel viso sembrava ancora più bello. “Sono Raleria…” rispose lei “… e voi siete nel mio palazzo sul monte Miseno. Ed il vostro nome invece?” “Mia signora…” rispose Icaro “… io non ho più un nome. L’onta e l’infamia lo hanno coperto. Vi farei un torto se lo rivelassi ora.” “La giustizia degli uomini non è affar mio e non mi riguarda.” Disse lei. “Altrimenti anche io porterei danno e colpa sul mio nome.” “Chi siete veramente?” “Una donna.” “Solo una donna?” Domandò di nuovo Icaro. “Vi sembra poco?” “No, ma mi sembrate una donna molto particolare.” “Tutte le donne lo sono.” “Non come voi, vi assicuro.” “Eppure la creatura più vicina a Dio è una donna.” Disse lei. “Verissimo.” “Comprendete quindi che una donna è sempre un qualcosa di speciale.” “Vivete qui da sola?” Chiese lui. La donna sorrise. “Perché mi fate questa domanda?” “Ecco… per sapere di più di voi, immagino…” rispose Icaro vagamente imbarazzato. “Riposate e riappacificatevi con voi stesso.” Disse lei. “Così che possiate finalmente rivelarmi il vostro nome.” “Non sono stanco ora…” “Credete?” Domandò Raleria, cominciando poi a soffiare dolcemente verso Icaro. “Che strano… tutto d’un tratto… mi sento… ho… sonno…” Ed il giovane naufrago cadde addormentato su quel morbido giaciglio. http://www.teresaventrone.it/arte115_file/image001.jpg (Continua...) |
Molto bello Messere... il Monte Miseno e la sua leggenda... una misteriosa Dama che concede l'oblio... molto intrigante... :18015:
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Vi ringrazio, milady.
Non so se conoscete le terre descritte in questo ultimo capitolo, ma esse appaiono come un mondo incantato da una classicheggiante ed immutabile bellezza. E sono il degno scenario per avvolgere il favoloso palazzo di Raleria. |
Si Messere conosco quelle terre anche se non bene come avrei voluto...
Come mi avete cosigliato riporto qui il commento al vostro racconto... "Non sono completamente d'accordo con una tua frase... _“Mia signora…” rispose Icaro “… io non ho più un nome. L’onta e l’infamia lo hanno coperto. Vi farei un torto se lo rivelassi ora.”_ Il suo nome è stato ingiustamente coperto d'onta e d'infamia quindi rimane un nome di cui andare fieri... " Comunque nulla toglie alla bellezza della storia.... :18015: |
Citazione:
Icaro è stato colpito da un'ingiusta accusa e condannato pur senza avere colpa. Chi lo ha accusato e screditato pubblicamente (perchè l'ingiustizia si fa forte nell'essere spesso gridata ad alta voce) non si è curato di ascoltare la sua versione dei fatti. Tuttavia, il nostro eroe ben sa, ora che ne ha subito la furia, di quanto possa essere feroce l'ingiustizia umana. E chi è stato tanto ingiusto ed inclemente verso di lui, non avrà certo remore a screditare chi, come Raleria in questo caso, possa dargli soccorso ed ospitalità. Quindi, egli ora teme che la sua digrazia, per ingiusta che sia, possa recare danno anche a Raleria. Icaro fa parte di quella categoria di uomini, ahimè sempre numerosa in ogni epoca, accusata e screditata dalla vigliaccheria e dalla malafede dei propri simili. Ma uomini come lui, per fortuna, non perdono la nobiltà d'animo che li contraddistingue, rispetto alla miserevole indole dei propri calunniatori. |
IL CAVALIERE DI SEMIFONTE
XI Icaro si svegliò dolcemente e subito sentì il suo fisico rigenerato da quel sereno riposo. Si alzò e coprendosi con una bianca e profumata camicia di seta adagiata sul suo letto uscì dalla stanza. Attraverso un ampio corridoio illuminato da raffinate e sottili finestre che si aprivano lungo le pareti laterali, giunse su una magnifica terrazza animata dalle più incredibili e profumate varietà di fiori esistenti. Molte delle quali sconosciute al giovane. Appena lo videro, alcune ancelle si ritirarono ridendo in maniera fanciullesca. “Non badate a loro…” disse una voce proveniente dall’altra parte della terrazza “… in fondo sono giovani ed ingenue… e non hanno mai visto un uomo da vicino.” A parlare era Raleria, seduta su uno sfarzoso seggio, intenta a tessere una variopinta tela dal gusto orientale. “Quindi non vi sono altri uomini qui?” Chiese Icaro avvicinandosi alla donna. “Questo vi impaurisce?” Chiese lei. “Affatto.” Rispose lui. “Perché dovrebbe?” Il vento soffiava con mitezza, rendendo fresca e gradevole quella mattinata. La vista da quel terrazzo era meravigliosa. Lo sguardo poteva abbracciare una sterminata distesa blu che sembrava perdersi in un orizzonte senza fine. Da lontano si intravedevano lunghi e sfocati promontori che scendevano a picco sul mare ed il cielo sembrava or ora volersi unire a quello straordinario scenario. “Questo posto è un incanto.” Disse Icaro. “Si, gli antichi greci lo ritenevano uno dei posti più belli al mondo.” Rispose Raleria, sempre intenta a tessere la sua tela. “Monte di Miseno… non l’ho mai sentito nominare…” “Di dove siete originario?” Chiese Raleria. “Delle terre toscane.” “Conosco quei luoghi… sono straordinariamente belli…” “Si…” disse Icaro chinando il capo. “Da lì era salpata la vostra nave?” “Non era mia, milady.” “Eravate a bordo di quella però.” “Io non sono né un marinaio, né un mercante, mia signora.” “Infatti non mi sembrate tipo per simili mestieri.” “E non sono nemmeno un soldato.” “Perché mi dite tutto questo?” Chiese Raleria, senza smettere di tessera la sua tela. “Perché vi devo la vita e non voglio mentirvi o recarvi danno.” “Recarmi danno?” Ripeté la donna. “Non vedo come potreste.” “Celandovi la mia vera identità.” “E questo potrebbe nuocermi?” “Si…” rispose Icaro “… al vostro onore.” “L’onore…” ripeté la donna “… è un concetto molto astratto ed individuale, non trovate?” Icaro l’ascoltava in silenzio. “Per un cavaliere attaccare un nemico disarmato” continuò a dire lei “è un’onta, un’azione da vigliacchi. Mentre invece per un samurai giapponese è possibile uccidere un uomo disarmato mozzandogli il capo con un colpo solo. Questo salva loro l’onore. Come vedete, ai due estremi del mondo l’onore assume significato e valore diversissimi.” “Milady, chi siete veramente?” Chiese Icaro in qualche modo rapito dall’indole di quella donna. “Parlavamo di voi, se non erro…” “Si, scusatemi…” sussurrò Icaro col capo chino “… io sono… sono… un galeotto, un condannato, un esiliato dalla propria città…” “Si, lo so.” Disse lei alzandosi in piedi ad ammirare la sua tela. “Non trovate che sia splendida?” Chiese mostrando al giovane quella tela. “Lo sapevate già? Ma come?” “Avevate ancora i segni delle catene sui polsi e sulle caviglie quando le mie ancelle vi hanno raccolto.” Si avvicinò poi al bordo della terrazza e lasciò che il vento soffiasse tra i suoi biondi e morbidi capelli. Poi si voltò verso Icaro e lo inebriò col suo incantevole e caldo sorriso, che per un momento offuscò la straordinaria bellezza del paesaggio circostante. http://www.bananiele.it/corfu/corfu10.jpg (Continua...) |
Povero Icaro... sembra Ulisse sull'isola di Calipso. :smile:
Occorrerà anche a lui tanto tempo per partire? :rolleyes: |
IL CAVALIERE DI SEMIFONTE
XII Quella donna, i suoi occhi, il suo sorriso, la sua voce, i suoi modi. Aveva qualcosa. Un qualcosa di misterioso, che affascinava, attraeva. Quella donna possedeva una sensualità sconosciuta ad Icaro. Era così diversa da tutte le altre. “Quella è l’antica Cuma…” indicò Raleria “… secondo la tradizione lì approdarono i primi navigatori greci che raggiunsero l’Italia. Prima ancora della nascita di Roma.” Icaro ascoltava rapito quella donna e la sua melodiosa voce. “Ma prima ancora” continuò lei “giunsero sull’isola d’Ischia. E’ quella che vedete laggiù.” “E’ meravigliosa…” disse Icaro “… tutto questo luogo è magico.” Poi, indicando un’isoletta che sorgeva proprio tra la costa ed Ischia, Chiese: “E’ quella? Sembra una piccola striscia di terra in mezzo al mare.” “Quella è l’isola di Procida.” Rispose Raleria. “E’ sede di pescatori, nulla più.” “Vedo un isolotto tra quelle due isole…” “Si, ma è disabitato.” Rispose quasi con indifferenza Raleria. “Non vi è nulla lì.” “Avrà pure un nome quell’isolotto?” “Vivara…” rispose quasi con fastidio Raleria. E ritornò a sedersi, riprendendo a tessere la sua tela. Icaro fu molto colpito da quell’atteggiamento della donna. In un attimo sembrava aver mutato il suo umore. La sua solarità si era di colpo offuscata. “Ho detto qualcosa che non dovevo?” Chiese candidamente Icaro. “Affatto.” Rispose di getto la donna. “Non vedo cosa avreste potuto dire di male.” Icaro tornò a fissare il panorama. “Mi sento meglio…” prese a dire il giovane “… ho voglia di camminare. Vorrei uscire dal palazzo e visitare un po’ questi luoghi. Vi dispiace?” “E perché mai dovrebbe dispiacermi?” Chiese lei tornando a sorridere. “Del resto non sono Circe e voi non siete Ulisse.” “Allora verreste con me a passeggiare?” La donna lo fissò divertita. “Un posto come questo è sprecato se contemplato da lontano, non trovate?” “Massì…” rispose la donna “… perché no. Darò ordine alle mie ancelle di preparare la carrozza.” “Ma no, perché?” Ribatté Icaro. “E’ una giornata meravigliosa in una natura incanta. L’assaporeremo camminando tra le scogliere fiorite ed i promontori verdeggianti.” “Raramente esco senza la mia carrozza.” “E di cosa avete paura?” Chiese Icaro. “Ora siete con me.” E rise con fare sicuro di se. La donna gli sorrise. “E sia…” rispose riponendo in una cesta la sua tela “… oggi mi farete da cavaliere.” “Ne sarei onorato.” “Ma è scortesia per un cavaliere” disse la donna “celare il proprio nome ad una dama.” “Avete ragione” rispose Icaro “e benché per molti ora esso è sinonimo di tradimento e vergogna, non ve lo negherò… il mio nome è Icaro…” “Un bellissimo nome.” Rispose lei sorridendo. E poco dopo, i due lasciarono il palazzo. Vi era una stradina, contornata da lussureggianti piante che sembravano racchiuderla come a proteggerla dal resto del mondo. Quando l’ebbero imboccata, Icaro e Raleria si ritrovarono a scendere in una piccola ma boscosa insenatura che, attraverso un piccolo sentiero scavato nella roccia, permetteva di calarsi lungo i pendii del monte. Giunsero così presso una piccola grotta che dava con la sua apertura sul golfo. “Non credo potrò mai abituarmi allo splendore di questa terra.” Disse Icaro perdendosi ad ammirare lo scenario che li circondava. Ma, ad un tratto qualcosa attirò la sua attenzione. “Avete visto, laggiù?” Chiese indicando un punto lontano. “Verso quell’isolotto… Vivara! Guardate… non vedete nulla?” “Nulla.” Rispose freddamente lei. “Eppure… eppure mi è sembrato di vedere un riflesso proveniente da lì…” “E’ stato solo frutto della vostra immaginazione.” Rispose la donna. “Eppure sono sicuro di averlo visto…” “Forse un’illusione dovuta al Sole.” “Ed io giurerei di averlo visto davvero…” “Quel luogo è disabitato da tempo. Il caldo vi ha giocato un brutto scherzo.” Lo interruppe lei. “Ora, vi prego, torniamo al palazzo… mi sento stanca…” E i due ritornarono nella signorile dimora di Raleria. Ma quella passeggiata aveva lasciato una strana inquietudine nel cuore di Icaro. http://www.fenici.unibo.it/Doria1.jpg (Continua...) |
:neutral_think: sarò anche prevenuta, ma a me questa Raleria mica convince tanto... :rolleyes:
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IL CAVALIERE DI SEMIFONTE
XIII I giorni trascorrevano pigri e lenti, in quello straordinario scenario d’altri tempi. Icaro oziava tra il palazzo, il suo sfarzo e lunghe passeggiate tra verdeggianti giardini traboccanti di agrumi e fiori di esotici e vivaci colori. Quella nobiliare dimora aveva un’infinità di stanze che sembrava impossibile non solo visitarle tutte, ma anche solo contarle. I grandi cortili erano animati da classicheggianti fontane che generavano giochi d’acqua di strabiliante effetto e da marmoree statue, raffiguranti personaggi dell’antica mitologia greco romana. Icaro trascorreva così le sue lunghe giornate, abbandonandosi agli incanti di quel luogo e all’illusione di eterna serenità che sapeva emanare. In breve gran parte dei suoi sogni di un tempo sembravano essere svaniti. Pensava sempre più raramente a cosa avrebbe fatto domani o domani l’altro e non riusciva più ad immaginare la sua vita lontana da quel palazzo. In certi momenti, quando si fermava a guardarsi dentro, si sentiva spento, apatico, come se le avversità della vita l’avessero fiaccato. In altri momenti invece, quando si sentiva troppo stanco anche solo per pensare, tutto gli appariva superfluo. Del resto, si diceva, qui aveva tutto. Cibo, tranquillità, bellezza e sicurezza. Raleria, per misteriosa ed enigmatica che appariva, era una splendida padrona di casa, colta ed affascinante, e spesso accadeva che i due trascorressero diverso tempo sul la grande terrazza a leggere e commentare opere classiche di cui Icaro ne ignorava da sempre l’esistenza. Il giovane sentiva una strana attrazione per quella donna. La sua bellezza appariva agli occhi di Icaro variegata in mille e più sfaccettature. Era come se conoscesse quella donna da sempre. E benché ne fosse molto attratto, mai si era abbandonato ad un complimento ambiguo o ad un effimero corteggiamento. In realtà non conosceva neppure la stanza dove Raleria trascorreva la notte. E si chiedeva spesso se quella bellissima donna avesse o meno rapporti con altri uomini. Ma non diede mai sfogo a queste sue domande, che restarono sempre custodite nel suo cuore. Trascorse così un intero anno. Fino a quella mattina di Settembre. Icaro era sulla terrazza a fissare l’orizzonte lontano, quando di nuovo, ad un anno di distanza, rivide quel riflesso sull’isolotto di Vivara. In un primo momento ritenne quella cosa frutto di qualche gioco di luce, ma dopo alcuni istanti un secondo riflesso fu emanato dallo stesso punto. “Forse vi è qualcosa in quel punto…” pensò “… forse una roccia di granito o quarzo, resa liscia e levigata dal Sole.” Ma poi, fissando sempre quel punto dell’isolotto, si accorse che qualcosa stava prendendo fuoco. Una leggera ma chiara colonna di fumo cominciò a sollevarsi, sospinta dal vento. Icaro cercò di capire, ma l’isolotto era abbastanza distante per comprendere bene cosa stesse accadendo. Restò allora a fissare quel fumo lontano per tutto il pomeriggio, fino a sera, quando finalmente quel fuoco si spense. La sera a cena Icaro apparve silenzioso e visibilmente distratto. “Cosa avete?” Chiese Raleria. “Forse la cena non è di vostro gradimento? Mi sembrava di ricordare che il pesce vi piacesse molto.” “E’ squisito, mia signora…” “Allora cosa vi angustia?” Domandò lei. “Forse la nostalgia per la vostra lontana terra?” “Mi diceste, una volta…” prese a dire Icaro “… che l’isolotto di Vivara era disabitato…” “Infatti.” “Eppure oggi c’era qualcosa su quella terra.” Raleria smise di mangiare e fece cenno ad una delle ancelle di portare via il suo piatto. “La cosa ha qualche importanza per voi?” Chiese sorseggiando dal suo calice. “Mi incuriosiva, tutto qui.” “Si, è disabitata.” Aggiunse lei. “Però questo non impedisce a qualche pescatore o pirata di approdare di tanto in tanto. Lo trovate tanto strano?” “Affatto. Sarà come dite.” “Non vi piace più stare qui?” Chiese lei come vinta da una strana inquietudine. Icaro la fissò. “Al mondo c’è anche altro…” rispose. “Certo” disse lei “e voi ne avete avuto prova. Siete fuggito dalla morte ed avete trovato qui la vita.” “Milady, vorrei una barca per domani.” “Perché mai?” Chiese lei stupita e vagamente preoccupata. “Vorrei visitare Vivara.” “Non è un posto sicuro.” Disse lei. “Come detto è frequentata anche dai pirati. Se volete, potremmo visitare Procida o Ischia, luoghi decisamente più ospitali e piacevoli.” “Col vostro permesso, mia signora, vorrei visitare Vivara” Precisò con tono fermo Icaro. “E farlo da solo.” “Perché mai questa assurda volontà?” “Perché mi sento come se avessi dormito per un anno.” Rispose Icaro. “Voglio destarmi da quest’apatia.” Raleria lo fissò con attenzione. E qualcosa di misterioso attraversò i suoi occhi. http://4.bp.blogspot.com/_m4GIEmf-uW.../helentroy.jpg (Continua...) |
Citazione:
Vedremo se il nostro Icaro ci regalerà un ritorno degno dei mitici Nostoi greci :smile: |
@Guisgard
E' per l'appunto quel 'prima o poi', sir, che mi turba! ;) Comunque, aspetterò fiduciosa l'happy ending! :smile_lol: |
Milady, da esperto conoscitore di materia eroica (modestamente... ;)) posso dire riguardo alle perplessità che avete espresso, che solitamente gli eroi sono di due tipi:
1) Alla Perseo, cioè fedeli ed innamoratissimi della propria donna. 2) Alla Teseo, cioè farfalloni e dannaioli incalliti e senza speranza. |
:neutral_think: ...e il vostro Icaro a quale delle due categorie viene associato?
:rolleyes: No, via, scherzavo... era davvero una domanda retorica questa!! :D ;) Ripeto... attenderò con ansia l'happy ending in quel di Toscana, anche se temo sia ancora lontano!! :smile: |
Non è affatto una domanda retorica la vostra!
Vi dirò, solitamente gli eroi di cui amo narrare le gesta condividono in pieno i miei valori ed i miei ideali. E un giorno, prometto, rivelerò a quale eroica categoria appartengono :smile: Ora, perdonatemi, ma sono in partenza e devo ancora recarmi nella scuderia a dar da mangiare al mio fedele Pegaso... :smile_lol: ;) |
IL CAVALIERE DI SEMIFONTE
XIV “Mio caro giovane…” disse Raleria battendo le mani e chiamando le sue ancelle “… questa non è una prigione, né un limbo che vi tiene imprigionato… per quanto mi riguarda potete ripartire oggi stesso. Non mi dovete niente.” “Vi devo la vita, invece.” “Affatto.” Rispose lei, alzandosi ed uscendo in terrazza. “Perdonatemi se vi ho offesa, mia signora.” Disse Icaro raggiungendola. Lei chinò leggermente il capo, abbandonandosi per un momento al fresco e mite soffio del vento. “Siete infelice qui… lo sento…” sospirò lei. “Non ho più nulla da sognare o verso il quale sentire nostalgia, mia signora…” “Mi chiamate continuamente mia signora…” disse lei malinconica “… eppure non credo che la nostra età sia troppo diversa…” “Nulla io so di voi.” “Conoscete il mio nome ed abitate la mia casa.” “Basta un nome forse per comprendere l’animo di una persona?” “Si… in un nome c’è scritto anche questo…” “Raleria…” sussurrò Icaro “… chi siete veramente?” “Potrei essere tante cose… ma soprattutto una donna…” “Come può una donna vivere qui, da sola, come se fosse la regina di un mondo incantato?” “Una regina è tale se non ha accanto un re?” Chiese lei. “Non credo esista al mondo qualcuno che non brami esservi accanto.” “L’amore è un’arma a doppio taglio… me l’ha insegnato la vita…” “Io non conosco nulla della vostra vita.” “Mio padre era un gran signore e la mia stirpe discendeva dall’antico Esarcato bizantino che resse gran parte di questo paese dopo la guerra greca gotica.” Cominciò a dire Raleria. Icaro ascoltava con attenzione quella ragazza che sembrava, forse per la prima volta, abbandonare quella sua maschera eterea ed incantata. “Da secoli i miei discendenti abitano queste terre. Io sono l’ultima della mia dinastia… e vivo rinchiusa in questa prigione a causa di un antico voto…” “Che voto?” Chiese Icaro. “Domani potrete partire per Vivara.” Disse all’improvviso lei, cambiando repentinamente discorso. “Ho già dato ordine di preparare per voi una barca. Ora scusatemi, ho da fare.” E si ritirò. Icaro allora restò da solo in terrazza a fissare l’isolotto di Vivara, con una strana ansia nel cuore. La notte trascorse lunga e vagamente inquieta. Icaro nel letto era preda di una strana ansia. Continuava a pensare alle parole di Raleria, ai suoi occhi, al tremore della sua voce. Poco dopo l’alba, si alzò ed attese sulla terrazza che Raleria giungesse, come ogni mattina, per fare colazione insieme. Ma la donna non arrivò. Lo raggiunse invece un’ancella. “La vostra barca è pronta, mio signore.” Disse questa. “Dov’è milady?” chiese lui. “E’ uscita presto stamani.” Icaro allora raggiunse il piccolo molo del palazzo posto ai piedi del monte Miseno e prese posto sulla barca. “Salute, mio signore!” Si presentò un buffo ometto di mezz’età. “Sono Gastone, il barcaiolo. Al vostro servizio!” “Bene, Gastone… partiamo verso Vivara.” Ordinò Icaro. “Per mille fulmini!” Esclamò il barcaiolo. “Cosa ci andate a fare su quello scoglio abbandonato, se è lecito chiederlo, mio signore?” “Voglio vederne il territorio.” “Ah, capisco…” disse Gastone “… siete uno studioso, o uno di quei filosofi. E sia, partiamo.” Così la piccola imbarcazione prese il mare. Dolcemente il tenero ondeggiare dell’acqua, quasi cullandola, spinse verso Vivara la barca di Gastone. Grandi nuvole scure però solcavano lontane l’orizzonte, sospinte da un vento che pian piano, da mite alito divenne sempre più intenso. “Sembra voglia minacciare burrasca.” Disse Icaro fissando l’orizzonte. “Si, ma è ancora lontana.” Rispose Gastone. “E poi è sempre così…” “Sempre così cosa?” Chiese Icaro. “E’ sempre così quando qualcuno accenna ad avvicinarsi a quel posto.” “Vivara?” “Si, quello strano isolotto dimenticato da tutti.” Rispose Gastone. “Anche se talvolta, come voi ora, qualcuno sembra ricordarsi della sua esistenza.” E pian piano la barca si avvicinò alle coste di Vivara. Come un grande scoglio ricoperto da una lussureggiante e selvaggia vegetazione, l’isolotto cominciò a mostrare sempre più nitidamente le sue forme. Le nuvole intanto avevano coperto quasi tutto il cielo, mentre un inquieto vento soffiava tra le austere rocce di quello sperduto isolotto, generando un sibilo simile ad un sordo lamento. http://www.copia-di-arte.com/kunst/a...ninsel_ii_.jpg (Continua...) |
IL CAVALIERE DI SEMIFONTE
XV Vivara era battuta dal vento che continuava a gonfiare le grosse e scure nuvole, che da Occidente si affacciavano minacciose su un mondo che appariva, al loro passaggio, debole ed indifeso. In lontananza sordi boati già annunciavano l’imminente tempesta. “Per tutti i diavoli del Creato!” Eslamò Gastone. “Avrei giurato che la burrasca fosse molto più lontana e più debole! Invece sembra che le folgori abbiano una gran voglia di abbattersi sul mondo sottostante!” “Tranquillo, amico mio…” intervenne Icaro “… mi lascerai qui e passerai a riprendermi quando la burrasca te lo permetterà.” “E cosa farete da solo qui, mio signore?” Chiese stupito Gastone. “Io non ci lascerei nemmeno il demonio su questo scoglio! Forse anche l’Altissimo ha abbandonato questo luogo!” Icaro saltò giù dalla piccola barca e si incamminò verso le rocce che frastagliavano i pendii dell’isolotto. “Appena la furia della tempesta si sarà esaurita” prese a dire Icaro “tu tornerai a riprendimi.” E, arrampicatosi sugli scogli, già resi schiumosi dal vigore delle onde, svanì tra l’inquieta vegetazione di Vivara. Il vento soffiava con un vigore quasi sconosciuto al giovane. Eppure lui ben conosceva la foga del vento quando, battendo sui verdeggianti colli del suo Chianti, arrivava a piegare i fieri cipressi che come fedeli e secolari vassalli si chinavano al suo passaggio. Ma quel vento gli appariva diverso. Forse soffiava da un mondo lontano. Un mondo situato al di là di quell’orizzonte che a molti suoi simili appariva come una prigione. Ma ora anche Icaro sentiva l’ossessione di quella prigione. Una prigione da cui cercava in tutti i modi di fuggire, senza però trovare mai il varco che gli permettesse di lasciare quel mondo di pene, miserie ed ingiustizia. Ma cosa cercava Icaro su quell’isolotto? Un luogo desolato, abbandonato e forse maledetto. La sua caratteristica forma di mezzaluna rendeva facile al vento penetrare tra i suoi pendi e le sue scogliere, per poi però restare intrappolato, echeggiando sul suo stesso austero ed indomabile soffio. E cosi era anche per Icaro. Come il vento, infatti, il giovane era stato attratto da quell’enigmatica sporgenza sul mare, restando però di fatto rinchiuso nelle sue sbarre di pietra e vento. La tempesta avanzava e si faceva annunciare da boati e lampi che cominciavano ad illuminare un cielo divenuto in breve scurissimo. Cercò allora un rifugio. L’isolotto però non presentava costruzioni, nemmeno ruderi che testimoniassero un passato, anche lontano, di vita, né rifugi naturali. Intanto il vento aumentava e sembrava voler flagellare quel luogo dimenticato, mentre gli alberi come spaventati da quella primordiale forza parevano sul punto di essere spazzati via. Per un brevissimo momento un’accecante bagliore accese l’oscuro cielo, seguito da un devastante boato che terminò con una folgore che si abbatté su una rientranza alle pendici della vetta di Vivara. Ed in quell’attimo ad Icaro sembrò di aver visto qualcosa. Qualcosa celato tra la fitta e selvaggia vegetazione, resosi visibile per un infinitesimale attimo. Un infinitesimale attimo che però non sfuggì ad Icaro. Il giovane allora cominciò ad avanzare verso quel punto, che pure distava abbastanza da dove si trovava ora. Inoltre il vento soffiava in senso contrario, quasi ad ostacolare il suo cammino. Sordi lamenti sorgevano tra quella impaurita flora che sembrava come impazzita per l’arrivo imminente di una collera troppo grande ed inevitabile. E con la forza della disperazione, Icaro aprendosi un varco tra il folto fogliame, riuscì a raggiungere alla fine quella cosa mostratasi nel bagliore della tempesta. Era una piccola rientranza del pendio, circondata da sterpi e rovi che crescevano su rocce lisce e lucenti, tanto da riflettersi sotto i bagliori della burrasca. Icaro, per ripararsi dalla fitta pioggia che aveva iniziato a cadere con forza, entrò nella grotta. Subito notò qualcosa, di inaspettato. Un lieve bagliore, tremante ed incerto, che proveniva dal fondo della grotta. Il giovane, vinto l’iniziale timore, si avvicinò verso quella debole luce. Sul fondo la grotta girava a gomito, dando poi verso un ampio varco naturale, simile ad una grande sala scavata nelle viscere di quell’isola. E qui riconobbe la sagoma di un uomo, intento a scrivere, che gli dava le spalle, seduto ad un rozzo tavolo di duro legno. http://www.morpheusweb.it/html/varie...i/tempesta.jpg (Continua...) |
woow intrigante!!! :smile:
mi raccomando continuate per favore! :smile_wave_lady: |
Già,molto intrigante... Un'eremita per sua scelta? Un recluso per volontà altrui?... Grazie messere ora so dove vagheranno i miei sogni questa notte... Però vi aggiungerò almeno un piccolo pensiero per l'amore passato che il nostro Icaro sembra così facilmente aver dimenticato... :18015:
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questa storia è molto bella mi congratulo con il mio fidato e buon amico Guisgard che ce la proposta e messa qui a disposizione di tutti piu va avanti questa storia piu mi affascina :smile_clap:
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Citazione:
Credete davvero che quell'amore possa dissolversi come tutte le altre cose perdute da Icaro? Il tormento per ciò che si crede perduto divora il senno e spesso danna l'anima, mia signora. Ed io che, nel raccontare questa storia, ho conosciuto Icaro posso ben dire che nemmeno l'incanto senza tempo delle terre puteolane, con la loro bellezza e magia, può affievolire ciò che il nostro eroe si porta nel cuore, milady :smile: |
Citazione:
Comunque sia mi avete regalato uno splendido sogno e di questo vi ringrazio di cuore messere...:18015: |
Milady, il pensiero ed il ricordo di Gaia sono sempre con Icaro.
Leggete con attenzione e non avrete dubbi in merito :smile: Quanto all'amore, il sottoscritto ne conosce uno soltanto: è eterno, immutabile e capace delle più grandi meraviglie. E gli eroi di cui amo raccontare le gesta lo conoscono bene :smile: |
IL CAVALIERE DI SEMIFONTE
XVI Icaro osservava quell’anziana figura curva al suo rudimentale scrittoio. Sembrava assorto a tal punto da ciò che faceva, da non accorgersi del mondo circostante. Icaro lo osservò per diversi istanti, senza far scorgere la sua presenza. Mai, il giovane, si sarebbe aspettato che qualcuno potesse vivere su quell’isolotto, ritenuto da tutti disabitato ed inospitale. E da come appariva quella grotta dovevano essere ormai diversi anni che quell’uomo l’aveva scelta come sua dimora. Le pareti di pietra erano annerite dal fumo delle torce e delle candele. Grossi e rudimentali mobili, scavati nel legno, erano disposti tutt’intorno i muri di quell’ambiente e dato il numero e la forma erano sicuramente serviti anni per realizzarli e portarli in quella grotta. Inoltre teste di diversi animali impagliati si affacciavano attorno alla debole luce che illuminava quel posto. “Archimede pare sia morto così…” cominciò a dire all’improvviso quel l’uomo senza voltarsi verso Icaro “… intento nei suoi scritti, mentre un soldato romano lo trafisse incurante di chi aveva davanti. Tutto questo durante la presa di Siracusa da parte dei romani.” Icaro restò sorpreso e non capiva se quell’uomo si stesse riferendo a lui o semplicemente ragionava ad alta voce. Nell’incertezza il giovane restò in silenzio. “Ma io non sono Archimede” aggiunse quell’uomo voltandosi verso Icaro “e voi, evidentemente, non siete un soldato.” Icaro restò stupito a fissarlo. “Un soldato sa scivolare alle spalle del suo nemico” continuò quell’uomo ritornando ad occuparsi dei suoi scritti “senza farsi scoprire. Rallegratevi, amico mio, non conoscete l’arte di intimorire i vostri simili.” “Ecco io…” tentò di dire Icaro. “L’amore per il prossimo…” soggiunse il vecchio “… superba regola di vita cristiana… ma ho trascorso la vita tra i miei simili e non li ho amati per niente… forse non sono un vero cristiano.” “E’ vero, non sono un soldato e non so combattere, purtroppo…” disse Icaro. “Combattere?” Ripeté il vecchio. “E per cosa? Cosa val tanto la pena di combattere?” “Si combatte per tutto in questo mondo…” rispose Icaro “… per amore, per potere…” “E voi per cosa vorreste combattere?” “Per odio!” “Ne vale la pena?” “Certo…” rispose Icaro “… l’odio ha la stessa forza dell’amore… ed io ne ho tanto dentro.” “L’odio vi consumerà, amico mio.” “Forse è l’unica cosa che mi tiene ancora in vita, invece.” “Nulla che si alimenta d’odio può definirsi vivo.” Sentenziò il vecchio. “Io sono cristiano ed attendo le promesse del Signore.” “E credete Lui soddisferà il vostro odio?” Chiese il vecchio. “Ha promesso giustizia ed io solo quella chiedo.” “La giustizia di Dio o quella degli uomini?” “Conosco già quella degli uomini” rispose Icaro con un ghigno “e so già di cosa è capace.” “E credete invece di saper riconoscere quella di Dio?” “Certo… ed io solo quella invoco!” “Capisco.” “Nelle Beatitudini…” disse Icaro “… il Signore forse non loda chi ha sete di giustizia? E non promette loro di dissetarli?” “Cosa vi hanno fatto di così grave, amico mio?” Chiese il vecchio senza smettere di occuparsi dei suoi scritti. “Mi hanno tolto tutto.” Rispose Icaro. “L’affetto dei miei cari, la gioia della mia terra e l’amore della mia donna.” “Nella vita” disse il vecchio “ciò che è veramente nostro nessuno può portarcelo via, credetemi.” Icaro ascoltava in silenzio. “Se possedevate davvero tutte quelle cose” aggiunse il vecchio “allora non le avete perse.” “Non è così…” ribatté Icaro “… mi sono state portate via con inumana ferocia!” “I vostri cari potrebbero forse amarvi meno, pur ritenendovi un lestofante?” Domandò il vecchio. “O forse la vostra terra vi rinnegherà per questo, negando i vostri natali?” “No…” “Ecco, mio buon amico.” Sentenziò il vecchio. “Allora non avete perso niente di quelle cose. Il vostro nome nessuno potrà portarvelo via e con esso neppure i vostri natali potranno mai essere cancellati.” “Avevo anche una donna…” sussurrò Icaro “… che amavo più della mia stessa vita… e che continuo ad amare tutt’ora…” “L’amore, quello vero, non è soggetto al tempo, né alla lontananza.” Rispose il vecchio. “Ora nella mia città, il mio nome sarà coperto d’infamia… cosa penserà ella di me?” “Se ella vi amava davvero allora ha conosciuto il vostro cuore… e sa bene se in esso alberga il bene o il male.” E detto questo, il vecchio ripose con cura in uno scrigno ciò che aveva scritto e si alzò dal suo grezzo scrittoio. “Chi siete voi?” Chiese Icaro. Il vecchio si voltò e lo fissò con attenzione, come se volesse scrutare ogni angolo del cuore di quel giovane, mentre in lontananza si udivano i sordi boati della tempesta ormai giunta. http://ia.media-imdb.com/images/M/MV...485_SY606_.jpg (Continua...) |
Interessante incontro, direi... :neutral_think: Interessante davvero!
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IL CAVALIERE DI SEMIFONTE
XVII I lunghi capelli bianchi avvolgevano e contornavano il rugoso volto che aspro ed impenetrabile, nonostante il tempo, non nascondeva più di tanto una fierezza ed una nobiltà austera e purissima. L’espressione gravosa si lasciava tuttavia quasi svelare da uno sguardo che il tempo pareva aver ammansito. Il blu dei suoi occhi appariva mite ma non spento e la barba incolta, anch’essa bianchissima, donava serenità e pacatezza a quell’antico ritratto di misteriosa umanità. Di corporatura ben più robusta di quella di Icaro, la leggera curvatura delle spalle non celava quella tempra sicuramente vigorosa e forte in una lontana giovinezza. “Chi sono?” Ripeté il vecchio. “Già, chi sono, mi chiedete… ebbene sono un uomo non diverso da voi.” “Come fate a dirlo?” Chiese icaro. “Di me non sapete nulla.” “Ognuno di noi ha un proprio passato.” “Ma ciò non ci rende simili.” “Il passato genera spesso ricordi e rimpianti…” disse il vecchio “… come il presente vede fiorire angosce e timori.” “Vi sembro dunque inquieto?” Domandò Icaro. “Lo siete, mio giovane amico…” “Come fate a dirlo?” “Gli occhi… i vostri occhi…” “Cos’hanno i miei occhi?” “Sono tumultuosi ed indomiti…” rispose il vecchio “… proprio come quel mare che, distruggendo la vostra barca, vi spine quaggiù.” Icaro restò profondamente turbato da quelle parole. “Come sapete voi queste cose?” Chiese. “Solo uno straniero verrebbe su quest’isola… e l’unico straniero non può che essere colui che il mare risparmiò un anno fa, durante una furiosa tempesta.” “Ditemi… chi siete?” “A voi forse interessa chi fui… immagino… ebbene mi chiamavo Roberto d’Afraburgo e fui cavaliere sotto il re di Napoli Carlo d’Angiò.” “Un cavaliere…” sospirò Icaro “… siete un cavaliere…” “Lo fui, ragazzo mio. Lo fui, in un passato lontano.” “Come io fui un uomo libero e felice, in quello stesso lontano passato…” “E’ un peccato rimpiangere il passato alla vostra età…” disse Roberto “… un peccato…” “Ormai non ho più nulla, se non ricordi e rimpianti.” Il vecchio gli sorrise e lo invitò a sedersi alla sua tavola. Mangiarono a sazietà e bevvero del buon vino. Il resto della serata lo trascorsero accanto al fuoco. Icaro raccontò al vecchio cavaliere la sua vita, compresi i nefasti accadimenti che lo condussero alla rovina. Ed ogni parola fu accompagnata da amare lacrime. Il vecchio ascoltò tutto il suo racconto e consolò il suo giovane ospite. “Il Buon Dio non abbandona mai nessuno…” disse “… e nulla accade per caso in questo mondo.” “Perché io ho perduto la mia libertà e la mia felicità?” Chiese Icaro in lacrime. “Perché a me?” “Amico mio…” rispose Ruggero “… non ho le risposte a ciò che mi chiedete… e nessuno a questo mondo credo le abbia…” “Ora vivo in un luogo splendido, che pare un’anticipazione del Paradiso…” riprese a dire Icaro “… ma la magia del mare non riesce a farmi dimenticare l’incanto delle mie verdi colline, l’austera regalità dei cipressi e l’infinito cielo che illumina la mia terra natia…” “Nessuna terra potrebbe offuscare il ricordo di quella che ci ha dato i natali.” “Eppure io vivo oggi in un incanto senza fine, grazie alla nobile generosità di un’aristocratica dama…” “Di chi parlate?” Chiese Roberto. “Di Lady Raleria…” rispose Icaro “… la nobildonna che mi ha accolto nel suo splendido palazzo sul monte Miseno.” Roberto sorrise lievemente. “Conoscete forse quella donna?” Domandò Icaro. “Si e molto bene…” rispose Roberto “… anch’ella, come voi, sembra voler fuggire le gioie che questo mondo può ancora dare…” E versò dell’altro vino nelle loro coppe ormai vuote. http://www.mediasoft.it/dante/graphics/pur01.jpg (Continua...) |
Messere, questa volta mi avete affascinata.... è bellissimo... mi inchino a voi... :18015:
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Troppo gentile, milady, come sempre.
Riferirò alla musa :smile: |
Non vi inganni, messere, il mio silenzio su questa storia...
se non ho ancora scritto, è stato soltanto perchè sto prendendo tempo per leggere questa narrazione con la calma e l'attenzione che essa merita! Tuttavia una affermazione posso già farla: dopo aver tanto apprezzato la versatilità della vostra penna nel gdr, sir Guisgard, non mi aspettavo niente di meno da questo racconto! Ed al punto in cui sono giunta posso dire che le mie aspettative sono state più che soddisfatte! :smile_clap: Mi affretto adesso a completare questa lettura, per poter commentare il racconto anch'io insieme alle altre dame e agli altri cavalieri! :smile: |
Sono lunsigato dalle vostre parole, milady!
Spero che il continuo di questo racconta possa esser degno del vostro giudizio. Attenderò sempre con ansia i vostri commenti, amica mia :smile: |
Un altro racconto interrotto? Peccato...
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Milady, io non interrompo mai definitivamente i miei racconti: attendo solo il ritorno della mia musa, senza la quale sono perduto :smile:
Le avventure di Icaro ritorneranno molto presto :smile_lol: |
Citazione:
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Finalmente ho avuto il tempo di leggere ogni capitolo con calma, dunque, come promesso, ecco la mia risposta :smile:
Prego, messere, mettetevi comodo... come dite? Se è una cosa lunga? Be' mi sono dovuta mettere al passo con gli altri fedeli lettori dunque... sì, sedete comodamente e sorseggiate la vostra bevanda... io ho buttato giù qua e la una serie di osservazioni... come direbbe Cyrano, ve le lancio ciuffo per ciuffo senza farne un mazzo! :p I Icaro e Gaia… nomen omen? Mi auguro che la sua fine sia diversa da quella del suo più famoso predecessore, ma devo ammettere che il solo leggerne il nome me l’ha fatto immaginare come un uomo il cui spirito possiede delle ali, tese e spiegate nell’atto di spiccare il volo. “Lei lo fissava senza dire nulla, affascinata com’era dalla passione e dai sogni del suo amato.” "I suoi sogni in piena luce Fanno evaporare i soli…" III “E’ curioso…” “Cosa è curioso?” Chiese Ubaldo. “Il metro che utilizzate per definire chi è uomo da chi invece non lo è.” E già… ci sarebbe proprio da discorrere su questo punto… quale sia il metro per distinguere chi è uomo da chi non lo è… quale sia il metro del mondo, il metro condiviso da tutti perché è più facile muoversi in una società popolata di etichette e corrette definizioni… oppure… oppure scegliere di essere liberi, rispondendo esclusivamente alla propria coscienza e alla forma che abbiamo dato al nostro ideale. V “Nulla è peggiore che ricordare la gioia quando si è nella pena. I ricordi, le sensazioni, l’eco di un passato ormai svanito allora ti assalgono. Ti travolgono, come il mare tempestoso fa con il naufrago, scuotendolo in balia delle sue onde e della furia dei venti. Ma la furia degli uomini è forse anche peggiore.” Eppure, mio signore, il nostro Icaro dovrebbe ricordare, nei vagabondaggi del suo pensiero, di quale fosse l’ultimo dono lasciato dagli dei sul fondo del vaso di Pandora… “L’uomo non ha il dono della compassione e della misericordia per i suoi simili.” Quanto è dura questa frase, ed insieme quanto è vera! Lo sapevano i latini, homo homini lupus… ed è triste pensare che, pur essendo quasi pari a dei all’interno del piano della creazione, siamo al contempo la specie che ha saputo elaborare le peggiori forme di tortura e perpetrare le più basse forme di ingiustizia contro i propri simili. “Il demone della follia” Di tutti i demoni, il più seducente… il decreto divino condanna inesorabilmente coloro che scelgono di abbracciare la morte… il dubbio amletico ferma la mano dell’uomo sulle soglie di quel mondo che non conosciamo… allora il demone della follia comincia a danzare… il consolante sonno della mente, il silenzio dell’oblio, anestetizzante come la morte in mare. VII Non posso citare nulla, perché dovrei, ad onor del vero, citare tutto… una poesia… un intero poema della disperazione, dei sogni infranti e dei sogni rubati, l’anima che vola via ed insieme la vita, la vita che non si vuole mai abbandonare… possente, infine, il clima biblico della fine… l’orrore del Leviatano, poi la mano di Dio… tu che abiti al riparo del Signore e che dimori alla sua ombra, dì al Signore “Mio rifugio, mia roccia in cui confido…” X Nausicaa? Uhmmm… a primo acchitto, per la prossimità geografica e per la pericolosità intrinseca che emana questa donna mi balena più in mente il nome di una certa Circe… XI ““Per un cavaliere attaccare un nemico disarmato” continuò a dire lei “è un’onta, un’azione da vigliacchi. Mentre invece per un samurai giapponese è possibile uccidere un uomo disarmato mozzandogli il capo con un colpo solo. Questo salva loro l’onore. Come vedete, ai due estremi del mondo l’onore assume significato e valore diversissimi.” Mi spiegherete un giorno della vostra passione per l’Oriente? E quanta consapevolezza avete dell’affilata Spada Taia? XII “Quella donna, i suoi occhi, il suo sorriso, la sua voce, i suoi modi. Aveva qualcosa. Un qualcosa di misterioso, che affascinava, attraeva. Quella donna possedeva una sensualità sconosciuta ad Icaro. Era così diversa da tutte le altre.” Uhmmm… non vorrei essere nei panni di Icaro… esistono alle volte seduzioni che vanno oltre ogni nostra fantasia, accordi inaspettati di anime che entrano in risonanza, al di là della ragionevolezza e della costanza delle nostre intime scelte… XIII “In certi momenti, quando si fermava a guardarsi dentro, si sentiva spento, apatico, come se le avversità della vita l’avessero fiaccato. In altri momenti invece, quando si sentiva troppo stanco anche solo per pensare, tutto gli appariva superfluo.” "Recentemente, sebbene io non ne conosca il perché, ho perso ogni gusto per il divertimenti, ho smesso l’esercizio – il mondo intero mi appare sterile e vuoto. Questo splendido baldacchino che noi chiamiamo cielo – il maestoso tetto decorato di raggio di sole dorati – perché per me non è niente più che aria densa di esalazioni?" ““Non vi piace più stare qui?” Chiese lei come vinta da una strana inquietudine. Icaro la fissò. “Al mondo c’è anche altro…” rispose.” Eccolo, è lui… Ulisse!... “Venite, amici, che non è tardi per scoprire un mondo nuovo…” XIV ““Che voto?” Chiese Icaro.” :neutral_think: Già… che voto? :confused: XV Tutto il pathos di questo arrivo è stato un climax ascendente perfetto, la giusta guida per condurci, al culmine dell’emozione, a scoprire, insieme ad Icaro, la sorprendente immagine finale. Lavoro magnifico. :smile_clap: XVI “Archimede pare sia morto così…” cominciò a dire all’improvviso quel l’uomo senza voltarsi verso Icaro “… intento nei suoi scritti, mentre un soldato romano lo trafisse incurante di chi aveva davanti. Tutto questo durante la presa di Siracusa da parte dei romani.” “Ma io non sono Archimede” aggiunse quell’uomo voltandosi verso Icaro “e voi, evidentemente, non siete un soldato.” “Un soldato sa scivolare alle spalle del suo nemico” Che uomo interessante… sono già rapita! XVII Dall’immagine che avete scelto, sembrate suggerire che il nostro indomito viaggiatore e novello Dante abbia alfine trovato il suo Virgilio… … signore, vengo al dunque e concluso, dopo tante parole: questo racconto si apre come un fiore, disvelando piano piano le suggestioni di antichi segreti e di nuove speranze. Quando la Musa busserà di nuovo alla vostra porta, vi prego di accoglierla con la grazia che merita, e di avere la bontà di continuare insieme a noi questo viaggio. :smile_wave_lady: |
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