Camelot, la patria della cavalleria

Camelot, la patria della cavalleria (http://www.camelot-irc.org/forum/index.php)
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-   -   Ardea de'Taddei (http://www.camelot-irc.org/forum/showthread.php?t=803)

zaffiro 19-09-2009 11.57.58

Messere,quanta premura nel vostro mettermi in guardia.Sebbene sia vano il timore di poter suscitare invidia in divinità alcuna per mancanza di ogni presupposto,vi dico che temo gli Dei esattamente quanto ne ebbe timore la fanciulla Psyche,che,pur avendo ricevuto ordine da un Dio,non ebbe pudore di trasgredirlo per contemplare il suo sposo mentre giaceva in sonno,e quale fu la ricompensa a tale trasgressione..stupore per gli occhi e per la mente.
Sarei ben felice di recare arti divinitorie quali il giovane Marsia,seppur reo di suscitare invidie tra i suoi superbi,e ritengo che vinse comunque,seppur in sorte ebbe la scarificazione del suo stesso corpo,talvolta gli Dei osano farsi beffa degli uomini per puro capriccio,ma non vince chi bara,mai,seppur consegua indiscutibile vittoria.E neppure di questo ho motivo alcuno di preoccupazione,non serbo arte,nè maestria,nè mi apparterranno.
Quanto a Medea,sono una donna,non mi permetterei mai di giudicare una mia simile,seppur una maga,che ha nutrito amore,anche se l'epiligo fu l'infelicità per l'amato e se stessa,macchiandosi del delitto più infame.

Ma,quanto al vostro desiderio di volerci dedicare scritti degni di un grande poeta,sappiate che non sono gli scritti che fanno grande un uomo,nè l'emulo di grandi maestri,quanto il suo pensiero originale e,abbiate fede in me,smuove le membra più una sola parola pronunciata a lingua incerta ma originata dal cuore di quanto non faccia un elegante e raffinato poema di mirabile fattura.
Tutto quanto chiediamo,è emozionarci con semplici parole,null'altro di quanto non stiate già facendo.

elisabeth 20-09-2009 23.17.02

Carissimo Sir Guisgard, vorrei leggere la fine del racconto prima di divenire una vecchia dama.........sapete la vista..........siate clemente....sono curiosa.....

Guisgard 21-09-2009 00.05.36

Per Lady Zaffiro: Sentirvi parlare mi fa capire cosa provò Ulisse nell'udire l'inebriante canto delle sirene.
Tuttavia, per quanto simili al fresco e delicato nettare del Parnaso, le vostre parole non mi faranno ricredere su quanto mi mostra invece la mia immaginazione di voi ;)

Per Lady Elisabeth: Non temete milady; il mio cantastorie mi parla spesso delle "isole felici", ideale dimora dove la giovinezza è eterna. Ma non credo che la mia musa voglia spingerci a tanto pur di farci conoscere la conclusione delle vicende di Ardea :smile:

Guisgard 21-09-2009 03.35.43

ARDEA DE' TADDEI

X


"Ma si, ce n'è, mammina, se permetti,
ce n'è mammina, cavalier son detti.
E io, mammina, voglio andar con loro,
e aver vesti di ferro e sproni d'oro."
(Breus, II, 9)


“Allora?” iniziò a parlare il duca. “Ti ricordi di me?”
“Si…si, milord.” Rispose con un filo di voce Ardea. “Come avrei potuto dimenticarvi.”
“E come mi trovi?”
“Il vostro volto è uguale a quella sera e qualche filo d’argento nei capelli e nella barba vi rende ancor più nobile e gentile.”
“Del resto il tempo passa per tutti.”
“Si, verissimo, milord.”
“Ma tu non puoi saperlo” disse con tono severo il duca “sei ancora troppo giovane.”
“Quindi…non mi trovi cambiato, a quanto dici.” Continuò il duca dopo un attimo di silenzio.
“Affatto, mio signore.” Ma mentre diede questa risposta, lo sguardo di Ardea cadde sul bastone che il duca aveva accanto a se.
“Dici il vero?” Tuonò il duca. “Oppure appartieni alla categoria di coloro troppo educati e timorosi per essere sinceri?”
“Dico sempre il vero, milord.” Rispose pronto Ardea.
“Perché fissavi allora il mio bastone?”
“In vero” rispose con pudore il giovane “mi chiedevo cosa mai vi fosse capitato.”
“Una vecchia ferita mal curata. Allora?” Chiese, cambiando discorso, ancora il duca. “Sei felice di venire a stare qui al castello?”
“E’ per me una gioia immensa! Mio signore, io non so come ringraziarvi, né mai potrei sdebitarmi!”
“Il Cielo non ha voluto concedermi la gioia di avere dei figli. Ma quello che tu facesti quella notte per me va oltre la pietà di un figlio.”
Poi, rivolgendosi ai suoi servitori, comandò:
“Accompagnate il ragazzo nella sua stanza e fatelo riposare. Il viaggio è stato lungo.”
Il ragazzo salutò i presenti e seguì i servi verso la stanza che il duca aveva fatto preparare per lui.
Rimasto solo con l’abate e Vico d’Antò, il duca chiese:
“Allora, cosa ne pensate del ragazzo?”
“Milord, devo essere sincero” rispose Vico “credo che il ragazzo abbia doti non comuni.”
“Lo penso anche io.” Rispose il duca.
“Nel suo sguardo” continuò Vico “ho scorto un ardore ed una nobiltà raramente visti in altri occhi. Credo sarà un grande cavaliere.”
“E’ quello il mio intento.” Intervenne ancora il duca. “E voi, eccellenza, condividete il parere di ser Vico?”
“Pienamente, milord!” Rispose Petrillus. “Conversando con i suoi nonni, ho saputo che il giovane è animato da alti valori religiosi e questo rende ancor più eccellente il suo animo.”
“Ser Vico” disse il duca con il suo solito tono “ovviamente mi affiancherete nel compito di educare il giovane alle regole della cavalleria. Nelle mie condizioni non posso più eccellere negli esercizi fisici.”
Vico rispose con un profondo inchino.
Nella sua stanza intanto, Ardea riposò pochissimo, eccitato com’era dalla sua nuova vita.
Non che la sua stanza fosse inospitale.
Era invece riccamente arredata, abbellita da splenditi teli raffiguranti scene di tornei cavallereschi e di caccia. Dalla stanza poi, attraverso una finestra, si poteva ammirare l’affascinante spettacolo della brughiera afragolignonese.
Ma, come detto, il giovane aveva l’argento vivo fin dentro il cuore e di riposare non ne sentiva alcun bisogno.
Chiese così di essere condotto ancora dal duca, dal quale per troppo tempo ne fu separato.
I due trovarono, nell’uno e nell’altro, reciproca compagnia e l’austero cuore del duca conobbe in quel ragazzo un motivo di gioia ed affetto.
Il momento della timidezza e del pudore passò presto, come se ci fosse davvero un filo, di fatale origine, che univa quei due animi. Giorno dopo giorno e poi mese dopo mese, Ardea sentiva sempre più il castello come la sua nuova casa e il duca come suo vero padre.
Così, con la tenera severità di un padre e la giusta intransigenza del maestro, il duca Taddeo iniziò ad impartire le supreme regole della cavalleria, insieme a quelle non meno nobili della cortesia, a quel giovane che ormai amava come un figlio.
Ed Ardea, con il suo affetto ed i suoi insegnamenti, crebbe forte nel fisico e saldo nello spirito.
http://imagecache5.art.com/p/LRG/15/...r-lancelot.jpg

(Continua...)

Vivian 21-09-2009 17.26.31

Sir Guisgard, noto che tra le dame di Camelot la vostra attenzione è assai ambita. Vorrei aggiungere, e qui perdonate la mia malizia, che sapete molto bene come accendere gli animi delle fanciulle che vi si avvicinano ;). Come amica vi consiglio però di stare molto attento a distribuire in giuste dosi la vostra galanteria o rischiate di perdere il vostro seguito di ascoltatrici fedeli.
Penso che la vostra abilità nel comporre versi e narrare storie avvincenti sia, almeno in parte, dettata dalla quantità e, soprattutto, dalla qualità delle muse che vi ispirano. Con tanta bellissima "concorrenza" non posso che essere lieta della vostra promessa.
Ma continuate col vostro racconto, vi prego, ora sono doppiamente curiosa di conoscere quale sarà il destino del nostro Ardea.

zaffiro 21-09-2009 22.41.29

Nessuna "concorrenza",milady.La bellezza è uno stato di pensieri che a me non appartiene in alcun modo da molto tempo,oramai.E quanto più inquieti e turbati sono i pensieri,tanto più i lineamenti del volto deformati,lo sguardo appannato e la pelle solcata.

A voi ,messere,dico che nulla rende più libero l'uomo se non la piena facoltà della sua immaginazione,non c'è verità che possa contenerla,neppure se vi mostrassi l'evidenza,nessuno può,in vece nostra,quanto noi stessi possiamo a noi stessi servendoci di perdurate fantasie,perdonate il gioco di parole.
Ritornando in tema,la tendenza alla perfezione cui viene proiettato il vostro Ardea,il coraggio delle scelte sostenute,talvolta con dolore,ma mai dettate da rimpianti,sono incitamento ed insegnamento a nutrire i sogni ed ad investire nelle responsabilità che si vanno assumendo sebbene non si perda la salda connessione con la dimensione reale,quanto di più auspicabile a chi ha abbandonato l'ingenuità propria solo della fanciullezza.Fortunati quanti sapranno credere in un destino,molto plasmato a quattro mani,come ha saputo crederci il vostro giovane ed audace personaggio per mano vostra.

Guisgard 22-09-2009 02.32.25

Per Lady Vivian: Milady, voi mi lusingate. Se davvero sapessi accendere gli animi di tutte voi, allora sarei di certo infinitamente più ricco del leggendario Conte di Montecristo, poichè questo dono rappresenta da sempre il sogno più ambito di ogni mortale.
Non temete, mia diletta amica, in voi non c'è malizia e permettetemi di dedicarvi un pensiero dell'immortale Lord Byron, proprio inerente all'ambito tesoro di cui parlavo:
"Il cuore di un uomo può conquistare il mondo intero, ma solo il cuore di una donna può conquistare quello di un uomo."
E chi conquisterà il vostro cuore, milady, troverà un tesoro inestimabile, capace di acquistare la merce più rara e preziosa: la felicità. Quella vera ;)

Per Lady Zaffiro: Come sempre accade, le vostre parole ed i vostri pensieri mi ammaliano.
Voi lodate la mia immaginazione ed io vi ringrazio. Ma possiamo davvero dire dove arriva e termina la fantasia di un uomo?
Si dice che il grande artista Fidia immaginò da sè la dea Atena prima di scolpirla nella sua più famosa immagine.
Ma la sua perfezione e la sua bellezza spinsero molti uomini a credere che davvero Fidia avesse visto, forse in sogno, la mitica dea.
Tornando al nostro Ardea, egli deve seguire un destino in parte già scritto, ma come tutti noi, ad un certo punto, viene posto davanti a delle scelte.
E da queste scelte dipenderà tutta la sua vita.
Gli antichi greci affermavano che l'essere aristocratico non era un privilegio ma un onere. Apparire quindi migliore dei propri simili non può limitarsi all'effimera vanagloria, ma deve essere il mezzo attraverso il quale si compiono imprese immortali.
Vedremo se Ardea sarà degno di tutto ciò :smile:

Vivian 22-09-2009 14.34.04

Citazione:

Originalmente inviato da zaffiro (Messaggio 10400)
Nessuna "concorrenza",milady.La bellezza è uno stato di pensieri che a me non appartiene in alcun modo da molto tempo,oramai.E quanto più inquieti e turbati sono i pensieri,tanto più i lineamenti del volto deformati,lo sguardo appannato e la pelle solcata.

Milady, il mio era un commento scherzoso rivolto al nostro sir Guisgard. La bellezza vi appartiene Lady Zaffiro, io posso immaginarvi. Vi vedo mentre state seduta a scrivere le meravigliose parole che solo voi, in tutta Camelot, sapete rendere tanto profonde e delicate. Ogni imperfezione del vostro volto vi rende assolutamente unica, i vostri occhi brillano di una luce simile a quella delle creature celestiali e la vostra pelle, pur solcata dai turbamenti e dai pensieri inquieti, è morbida al tatto. Siete affascinante, rassicurante, un bellissimo frutto maturo e succoso su un albero di frutti ancora un pò acerbi.


@Sir Guisgard: Siete troppo modesto, ma vi assicuro che voi sapete trovare sempre le giuste parole per attirare l'attenzione di una dama.
Riguardo al mio cuore posso dirvi che esso non è poi così prezioso come dite, ma sicuramente non opporrò alcuna resistenza nel donarlo interamente a colui che saprà apprezzarlo nella sua semplicità.

Guisgard 23-09-2009 02.35.36

ARDEA DE' TADDEI

XI

“_Perché domandi del mio re?_ Chiese Ruko.
_Perché il fato mi ha imposto di seguirlo!_
Rispose Icaro.”
(L’Imp, libro I)


Gli allenamenti per irrobustire il corpo erano duri, quanto i sacrifici che Ardea doveva affrontare per temprare il suo spirito.
“Cavalieri è un modo di essere, non di vivere!” Gli ripeteva costantemente suo padre. “Devi saper rinunciare a tutto, fosse anche al mondo intero! Un giorno la cavalleria potrebbe chiederti la vita e tu devi essere pronto a concedergliela!”
Così Ardea, in anni di infaticabili lezioni, atte ha mutarlo in un nuovo essere, un cavaliere appunto, apprese l’uso di ogni sorta di arma, la dimestichezza con le lingue della nobiltà, l’afronormanno, il latino ed il greco e non da ultime le regole della cortesia.
Elegante nella figura, snella ed asciutta, gradevole nei lineamenti e dal regale portamento, Ardea era giunto così alle soglie dell’età adulta.
Il coraggio e la generosità non gli facevano difetto, come del resto la nobiltà d’animo e la Fede nel Signore.
I lunghi capelli bruni, la pelle bianca e gli occhi chiari, caratterizzavano il suo bell’aspetto, tipico della nobiltà afragolignonese.
E nel vederlo, suo padre sentiva forte nel cuore un misto di gioia, orgoglio ed amore.
“Sarà il più grande cavaliere mai nato.” Pensava spesso. “E da lui sorgerà una grande stirpe, che darà nuovo lustro al regno e forza alla Chiesa!”
Nei momenti di riposo dai duri allenamenti, Taddeo ed Ardea viaggiavano spesso tra il castello ed alcuni possedimenti del ducato.
E così vassalli e sudditi avevano iniziato ad ammirare ed amare il giovane figlio del duca, bello e virtuoso, sicuro vanto della futura cavalleria.
Ma più di ogni altro luogo, Ardea amava passeggiare con suo padre nelle sale e nelle torri del castello.
Ed in questo vi era un luogo, che sin dalla prima volta aveva suscitato la curiosità nel cuore di Ardea.
Era la cappella del castello.
Qui ogni giorno padre e figlio prendevano messa e, dopo essersi confessati, partecipavano al banchetto eucaristico.
L’abside con il Cristo Benedicente dominava l’intera navatella, mentre sui lati si trovavano due dipinti, uno con la Santa Vergine ed il bambino, l’altro con i tre Arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele.
Ma ciò che incuriosiva Ardea era una piccola ara in pietra, posta davanti all’altare, con incise scene del Vecchio Testamento lungo il bordo e immagini della vita di Cristo sulla lastra, sempre in pietra, che la copriva.
Ardea aveva provato a chiedere al duca cosa contenesse quell’arca, ma Taddeo aveva risposto in modo molto vago.
“Contiene un oggetto appartenente da anni alla nostra stirpe.”
Di più Ardea non osò chiedere, forgiato com’era alle gentili regole della cortesia.
Una sera di fine estate, il duca volle avere ospiti ser Vico d’Antò e l’abate Petrillus alla sua tavola.
Aveva fatto cacciare dai suoi servitori cervi, lepri e cinghiali, che avrebbero imbandito la sua tavola con la più fresca frutta di stagione e i dolciumi più deliziosi. Il tutto innaffiato da buon vino di vecchia data e pregiata fama.
“Signori” esordì durante la cena il duca Taddeo “stasera è una serata particolare. Ecco perché ho voluto circondarmi di tanta nobile e gentile compagnia.”
“Cosa ricorre stasera, milord?” Chiese Vico.
“Un momento doloroso quanto improrogabile, amici miei!” Rispose con tono grave il duca.
“Un evento spiacevole, vostra grazia?” Chiese preoccupato l’abate.
“Cosa è accaduto, padre?” Chiese Ardea.
“Figlio mio” iniziò a dire il duca “sai quanto mi sei caro e sai che darei la vita per te.”
“E’ lo stesso per me, padre mio.”
“Ma arriva, nella vita di un padre, il momento in cui dovrà vedere suo figlio partire.”
“Io non vado in nessun luogo, padre mio. Non senza di voi.”
“Figlio mio, io avevo un impegno con il Cielo…renderti un cavaliere. E credo di aver ben svolto tale missione. Ora però, non avendo più nulla da insegnarti, resta l’ultimo atto da compiere. E solo dopo questo potrai definirti un vero cavaliere.”
“Che atto?” Chiese il giovane.
“La tua investitura a cavaliere, figlio mio. E quella spetta al re ed a lui solo.”
“L’investitura…” Sussurrò Ardea.
“Si. Fra tre giorni partirai per la corte, dove sarai ricevuto dalla nobiltà e dal re in persona. Mostra il tuo valore ed egli ti proclamerà cavaliere. Ed allora potrai tornare da me, figlio mio.”
Quelle parole echeggiarono a lungo nella mente e nel cuore del giovane.
Il re, la corte e l’investitura a cavaliere: Ardea capì che il suo destino stava per compiersi.
http://www.sapere.it/tca/minisite/sc...mgs/Caccia.jpg

(Continua...)

Vivian 23-09-2009 10.16.20

Ardea parte e diventa cavaliere!
:yar:Sono commossa...

llamrei 23-09-2009 13.53.53

:smile_lol: Mie care amiche,
chiedo scusa ma parto da dove ho, ahimè, lasciato. Ho avuto problemi con questo "mezzo" di informazione e ora sto cercando di rimettermi alla pari con i vostri interventi e con la narrazione della storia.
Mi ha fatto molto sorridere l'arguzia di lady Vivian nello descrivere il nostro buon trovatore sir Guisgard. Geniale interpretazione milady.:D Sir Guisgard: non me ne vogliate. Voi ben sapete che le dame sono attratte dall'intelligenza del cavaliere -e a Sir Guisgard non manca di certo questo particolare- nonchè dalla capacità di relazione -neppure questa, di certo-.
Ora sta a voi, mio caro Amico, a saper usare la giusta misura per ciascuna in quanto, come voi ben sapete, noi dame...sappiamo contare molto molto bene :D

Guisgard 24-09-2009 02.43.20

Lady Ilamrei, nessuna delle virtù di voi dame può essere ignota o sconosciuta.
Ognuna di voi meriterebbe un racconto in cui essere la protagonista e la principale eroina.
Racconti esotici, avventurosi, in terre lontane e misteriose, avvolte da atmosfere incantate, ricche di fascino e senza tempo.
E un giorno forse, grazie all'aiuto di una generosa musa scesa dal Parnaso nel mio palazzo per ispirarmi, riuscirò in questa impresa.
Per ora, nel continuare a raccontarvi del valoroso Ardea, troverò, tra le sue gesta, i suoi sogni ed i suoi sospiri, un dono da dedicare ad ognuna di voi :smile:
http://www.baltimoresun.com/media/ph...1/44653465.jpg

elisabeth 24-09-2009 13.42.41

Vi vedo Sir Guisgard, lo sguardo perso nel vuoto, nella mente una melodia conciliante, mentre dalla vostra penna volatile gocce di inchiostro macchiano la sfrigolante pergamena.....lo scrittoio e' posto d'avanti alla finestra, e la leggera brezza fa' tremolare la fiamma della candela......nulla vi distrae, troppo assorto a scrivere la storia di un giovane cavaliere........vi esorto Sir a proseguire, e' talmente bella che si vorrebbe leggere tutta d'un fiato........

Guisgard 24-09-2009 19.25.45

Milady, le vostre parole hanno per me lo stesso effetto di quelle di una musa.
Cos'altro è in fondo l'ispirazione per chi scrive, se non lo slancio che, sollecitato da un qualcosa di straordinario, viene dal cuore e permette di dar vita a ciò che è racchiuso in fondo al nostro animo.
http://hearteng.110mb.com/shakespear...ph-fiennes.jpg

Guisgard 25-09-2009 02.22.58

ARDEA DE' TADDEI

XII

“Io la vidi quella spada e nulla
di mortale possedeva, se non il
dono di rendere un mortale un
eroe.”
(Inni Eroici, II, III)


Quella notizia ovviamente scosse gli invitati alla cena.
Sul cuore di Ardea scese un velo di intensa quanto prevedibile tristezza, nonostante diventare cavaliere era da sempre il suo sogno più grande.
Ma l’idea di separarsi, anche se per un tempo limitato, da suo padre, lo rendeva malinconico ed inquieto.
Il duca, accortosi che l’atmosfera non era più gaia a tavola, chiamò a gran voce i musici.
“Avanti” ordinò il duca a questi “ fateci sentire qualche audace verso di qualche nobile impresa, sfaccendati che non siete altro!”
E subito nella sala musica e rime si diffusero liete, alleggerendo, per quanto possibile, la tristezza dei presenti.
Alla fine della cena però avvenne una singolare scena.
Tre servitori, senza essere chiamati, passarono in processione, portando ciascuno un misterioso oggetto.
Il primo aveva con se un candelabro d’oro sul quale ardeva una candela rossa; il secondo invece recava con se un grosso gufo reale impagliato con le ali spiegate; il terzo infine reggeva su un cuscino purpureo, bordato da drappi dorati, una magnifica e pesante spada, riccamente adornata di luccicanti pietre preziose.
Nessuno dei presenti sembrò dar peso a quelle singolare scena. Nessuno tranne Ardea.
Il giovane restò molto stupito da quella processione, ma ancor più lo fu del silenzio del duca e dei suoi ospiti.
Allora, vinto dalla curiosità, Ardea decise di chiedere cosa rappresentasse quella scena appena svoltasi nella sala.
“Padre mio” esordì, ardendo di viva curiosità “quale significato è celato in quella processione fatta dai servi?”
Il duca, ad udire quelle parole, lanciò uno rapido sguardo ai due nobili ospiti seduti a quella tavola, per poi continuare a mangiare come se niente fosse.
Anche gli ospiti, alla domanda posta dal giovane, scambiarono un fugace sguardo con il duca.
Poi, anch’essi con tutta la naturalezza del mondo, ripresero a mangiare.
“Uno degli oggetti che hai veduto” inizio a dire il duca senza smettere di mangiare e senza sollevare lo sguardo dal piatto e dalla sua coppa “è contenuto nell’arca di pietra custodita nella cappella del castello.”
“In effetti ognuno di quegli oggetti poteva essere contenuto nell’arca della cappella.” Pensò Ardea.
“Secondo te di quale si tratta?” Chiese il duca, con un tono di singolare non curanza.
“In verità non saprei.” Rispose Ardea.
In quel preciso momento di nuovo i servi passarono in processione con quei misteriosi oggetti, per poi sparire in una delle porte della sala.
Ardea restò sempre più confuso e stupito da quella scena.
E dopo un po’, ancora quei servi comparvero nella sala, recando stavolta con loro proprio l’arca della cappella.
Poi, giunti davanti ad una pedana rialzata, vi posarono sopra l’arca e si ritirarono.
“Sono anni” iniziò a dire il duca “che quell’arca ti incuriosisce. Ogni giorno passi presso la cappella chiedendoti cosa contenga. Stasera, ti è concesso saperlo.”
“Cosa devo fare, padre?”
“Avvicinati, aprila e guardaci dentro.” Disse con un tono deciso il duca, guardando fisso il giovane negli occhi. “Altro non puoi fare se davvero vuoi scoprire cosa contiene.”
Ardea non se lo fece ripetere due volte e si avvicinò all’arca per svelare quel mistero che lo ossessionava da anni.
Sollevò così il solido e pesante coperchio di pietra e guardò dentro il misterioso contenitore.
E con suo grande stupore trovò custodita in quell’arca la splendida e massiccia spada vista nella mistica processione avvenuta pochi momenti prima.
“Prendila e portala qui!” Ordinò il duca.
Il primo pensiero di Ardea fu quello di non riuscire a sollevarla. La spada infatti era massiccia e poderosa, tanto da sembrare pesante quanto un macigno.
Tuttavia Ardea, che non era tra quelli che lasciano intentato un proposito, afferrò la superba arma e la sollevò di colpo.
Incredibilmente, quella spada, a tenerla fra le mani, sembrava leggera come l’aria.
Passato qualche attimo ad ammirarne la mirabile fattura, Ardea portò la spada al duca.
“Hai osservato con che maestria” disse il duca, tenendo fra le mani la spada “è stata costruita questa straordinaria arma?”
Infatti quella spada era, non solo superba e magnifica come arma, ma stupendamente intarsiata di gemme e pietre preziose.
L’elsa era rivestita da fili dorati che l’avvolgevano fino al pomo, il quale era stato ricavato da un grande diamante.
“Ogni parte di questa spada ha un suo significato.” Disse il duca ad Ardea.
La lunga lama d’acciaio vedeva poi incisa alla sua base una scritta in latino antico.
Ardea, che durante il suo apprendistato presso il duca aveva potuto imparare tale lingua, riuscì subito a decifrarla:

“Sono Parusia la magnifica, forgiata dal fuoco dei cieli
e temprata dai venti dell’empireo. Temi dunque la mia lama,
bagnata nel sangue maledetto degli angeli ribelli.”

“Parusia…” Disse Ardea dopo aver letto quella scritta.
“Si, Parusia è il nome di questa favolosa spada.” Intervenne il duca. “Essa fu forgiata nei cieli ed utilizzata dagli angeli buoni per scacciare dalla Divina Dimora gli angeli ribelli. E quando cadde sulla terra, fu custodita dalla nostra nobile stirpe.”
“Una spada che ha dunque origine divina!” Rispose Ardea.
“Si. E chi la impugna non può conoscere sconfitta. Scruta bene il suo aspetto e leggerai la storia della nostra razza. Questa rubino rappresenta l’origine divina dei nostri antenati. Questo smeraldo invece simboleggia la nostra devozione all’Onnipotente. Queste paste vitree colorate evocano poi ciascuna le imprese che svolsero i membri della nostra stirpe. Questo disco di giada invece è il simbolo della nostra alleanza con la Chiesa di Roma.” Spiegò il duca.
Poi, alzatosi da tavola, ripose Parusia nell’arca e richiuse il pesante contenitore.
“Quando tornerai da me, con il titolo di cavaliere, Parasia sarà tua, figlio mio.”
Quella notte Ardea ripensò e sognò, come in una mistica visione, quella meravigliosa spada, come glorioso presagio della sua futura fama di cavaliere.
http://www.hermetics.org/stavish/ima...Sword_1893.jpg

(Continua...)

Guisgard 28-09-2009 00.02.39

ARDEA DE' TADDEI

XIII

“Assaporo la tenera terra della
mia casa. Stringo le redini, monto
la sella e sistemo le staffe, ma come
è dolorosa la partenza!”
(Racc Pesc, III, 7)


Il terzo giorno dopo quella sera, fu quello del doloro saluto.
L’autunno aveva già soffiato con il suo alito sulle Cinque Vie e quella mattina il cielo appariva colmo di alte e dense nuvole.
Un freddo vento secco, come sorto dall’inquieta terra, attraversava in lungo e in largo la verde brughiera, come a voler far sfiorire in anticipo i fiori sopravvissuti alla calda stagione.
“Meglio mettersi in viaggio presto” disse il duca scrutando il cielo grigio “il tempo non promette niente di buono, oggi.”
Ardea controllava la sella, il suo equipaggiamento e le cose che aveva con se. Ripetè questa operazione due, tre, forse quattro volte, sempre con il medesimo esito.
“Gli stallieri sanno fare bene il loro lavoro, non credi?” Esclamò il duca osservando suo figlio.
“E’ così.” Rispose Ardea senza voltarsi.
“Quindi è inutile che controlli ancora il tuo cavallo.”
Ma le raccomandazioni del duca erano inutili.
Ardea infatti cercava di distrarsi in ogni modo, pur di rinviare anche solo per qualche altro istante il momento del saluto.
Ma anche questo, come tutte le cose necessarie, arrivò e chiese udienza.
“E’ tutto pronto, milord” disse Vico d’Antò, che avrebbe accompagnato Ardea fino alla capitale, al duca.
“E’ l’ora, ragazzo mio.” Disse il duca, mostrando forse per la prima volta incertezza nella sua voce orgogliosa.
Ardea sentì una morsa stringergli lo stomaco e poi il cuore. I suoi occhi si inumidirono e una profonda tristezza scese nel suo animo.
“Padre mio” disse stringendo forte il duca “abbiate cura di voi!”
“Quando tornerai” rispose il duca commosso “mi troverai qui ad aspettarti.”
“Che Dio vi assista!” Disse Ardea piangendo.
“Che Dio ti benedica!” Rispose il duca con la voce rotta.
Vico osservava con rispetto quella pietosa scena. In tanti anni mai aveva visto il duca commuoversi. Anzi, in realtà, era sempre stato convinto che quell’uomo non fosse capace di piangere.
In molte battaglie era stato al suo fianco e l’aveva visto sfidare nemici di ogni genere; da folli e visionari eretici, schiavi del demone dell'illusione, ad orde di selvaggi pagani, fino a cimentarsi con più avversari alla volta. Mai la paura aveva albergato nei suoi occhi durante battaglie e duelli, come ignota era anche la pietà al suo cuore davanti a traditori e malvagi cospiratori.
Con i suoi occhi, Vico, aveva visto una volta il duca ferito sul campo di battaglia, con una punta di lancia piantata in una gamba, senza però indietreggiare davanti ai nemici.
Quell’uomo, era convinto Vico, avrebbe dato la caccia anche al demonio. E fino all’Inferno!
Eppure oggi, quello stesso uomo, campione di incredibili avventure e vittorie, era la, davanti ai suoi occhi, a commuoversi per la partenza di un ragazzo che egli amava come un figlio.
Il suo cuore sanguinava ed i suoi occhi si inumidivano durante quel triste e sentito congedo.
E per pudore e rispetto verso quell’uomo che ammirava più di ogni altro, Vico si allontanò,lasciandolo solo nelle braccia di chi più gli era caro.
“E sia. Ora basta però!” Disse il duca, dopo alcuni istanti passati a stringere a se il caro figlio, con il tono di chi voleva apparire più duro di quanto in realtà non fosse. “Abbiamo già troppo rinviato questa partenza! Come ho detto, il tempo volge al peggio e non è saggio attraversare la brughiera durante una tempesta. Vico, dove siete?” Chiamò poi il suo più fedele cavaliere. “Non vorrete certo far ritardare ulteriormente la partenza, spero!”
“Eccomi, milord!” Rispose prontamente il cavaliere. “Tutti gli uomini sono pronti.”
La brigata, composta da Vico, Ardea e undici uomini, tra paggi e guardie ducali, dopo un ultimo saluto, partì dal castello delle Cinque Vie.
Ardea in cuor suo non sapeva quanto tempo sarebbe trascorso prima del suo ritorno a casa.
Egli in quel momento non aveva più certezze né sapeva cosa l’attendeva. Sarebbe stato degno e capace di essere nominato cavaliere dal re? Sarebbe riuscito a mostrare il suo vero valore alla corte di Afragolignone?
Ma ora il ragazzo non aveva nessuna risposta a queste domande.
L’unica cosa che sentiva era un sordo dolore nel profondo del suo cuore.
http://www.libercogitatio.org/wp-con...toria/enea.jpg

(Continua...)

llamrei 29-09-2009 21.53.00

........partire con la tristezza nel cuore....credo sia una cosa dolorosissima.....chissà se riuscirà a trovare una risposta alle sue domande....Vi riuscirà, Guisgard?

Guisgard 30-09-2009 01.38.49

Citazione:

Originalmente inviato da llamrei (Messaggio 10658)
........partire con la tristezza nel cuore....credo sia una cosa dolorosissima.....chissà se riuscirà a trovare una risposta alle sue domande....Vi riuscirà, Guisgard?

Milady, ciò che mi domandate è custodito nelle parole della musa, che ci svelerà ciò che nemmeno lo scorrere del tempo ha potuto inaridire :smile:

Guisgard 30-09-2009 02.15.04

ARDEA DE' TADDEI

XIV

“Capomazda, santuario del
divino Arcangelo Michele,
bellicosa dimora di uomini e
cavalli che gioiscono al ferro.”
(Inni Eroici, III, XIII)



Il vento, che era aumentato di intensità, soffiava con vigore nella vasta campagna, spazzando via le foglie e piegando le cime degli alberi, che sotto quei fieri aliti sembravano come inchinarsi davanti alle indomite e selvagge forze della natura.
L’aria, resa asciutta dal forte vento, mostrava con chiarezza il paesaggio circostante.
Alte ed azzurre montagne si ergevano lungo l’orizzonte infinito, a fare da cornice a quell’irrequieto scenario.
Le nuvole, alte e grige, attraversavano veloci il cielo, come l’impetuoso corso di un fiume in piena.
Di tanto in tanto, cercando qualche spiraglio in quel chiuso cielo, i raggi del sole parevano voler squarciare il manto di nuvole, ma l’impetuosa massa grigia chiudeva inesorabile ogni varco.
La compagnia percorreva quell’agitato scenario in un profondo silenzio, rotto di tanto in tanto dal motteggiare di qualcuna delle guardie oppure da uno dei paggi con la musica del proprio strumento.
Del resto a tenere banco vi era il forte ed incessante sibilo del vento, che a tratti sembrava portare con se i lamenti di persone lontane.
Verso il primo pomeriggio, la compagnia avvistò le torri della capitale.
Queste si ergevano alte e maestose verso il grigio cielo, dominando l’intera campagna circostante.
“Ecco” disse Vico ad Ardea “quella è Afragolignone!”
Il ragazzo restò colpito e meravigliato da quella superba visione.
Mai infatti aveva visto una grande città in vita sue ed oggi, non solo questo era avvenuto ma aveva avuto anche il privilegio di vedere la grande capitale del regno, dove aveva sede la corte e dove le più importanti decisioni venivano prese.
Disseminata di torri alte e slanciate, bianche cupole di maestose chiese e un’infinità di case, grandi e piccole, rozze e lussuose, la splendida città gettava ovunque le sue braccia nella verde e lussureggiante campagna che la ospitava.
Man mano che la compagnia si avvicinava alle imprendibili mura che racchiudevano Afragolignone, si udivano sempre più i suoni che da essa si diffondevano.
Ma a coprirli tutti vi erano i rintocchi di diverse campane, che quasi annunciavano una nuova era per la città, mentre ad Ardea questo sembrò una sorta di saluto che Afragolignone gli porgeva.
In breve la compagnia, raggiunta una delle porte della città, la Porta Verde, si trovò all’interno della capitale.
Mai Ardea aveva visto una simile moltitudine di genti.
Queste affollavano ogni strada ed ogni angolo della grande città. Un pullulare incessante e chiassoso diffondeva ovunque la vitalità che emanava quell’immenso agglomerato urbano.
La compagnia seguendo la strada principale, tagliò in due la città e giunse nella sua parte più alta, detta acropoli, dalla quale sorgeva e dominava il palazzo reale.
L’immensa e sfarzosa struttura era circondata da guardie, a piedi ed a cavallo, e da ben tredici torri pentagonali che notte e giorno osservavano e scrutavano tutti coloro che entravano ed uscivano da quell’edificio.
Un ‘infinità di stendardi sventolavano al vento, dalle torri, dal camminamento delle mura, dalle finestre e dalle lunghe aste che sporgevano dal palazzo.
Vico d’Antò si fece riconoscere ed annunciare da uno dei capitani della guardia reale e subito l’intera compagnia fu fatta entrare nel palazzo.
Ed poco dopo, Vico ed Ardea, furono ricevuti nella grande sala del trono.
Qui vi erano i più importanti e nobili baroni del regno e tutti resero omaggio a Vico, in quanto rappresentante del duca Taddeo d’Altavilla.
E ad un certo punto il lieto brusio diffuso nella sala cessò all’istante. Una grande porta si aprì ed un araldo annunciò l’ingresso del re.
Tutti salutarono il grande sovrano, ma questi, avvertito dell’arrivo di una compagnia dalle Cinque Vie, volle subito ricevere gli uomini che la componevano.
Vico rese omaggio al re, portò i saluti del suo padrone e le scuse per la sua assenza, dovuta a circostanze non dipendenti dalla sua volontà.
Mostrò poi alcuni doni che il duca aveva inviato al sovrano ed infine presentò Ardea all’intera corte.
“Costui è il figlio del duca, maestà!” Disse Vico. “Ed è volontà del mio padrone e vostro servitore, che il giovane renda omaggio al suo re ed all’intera corte del reame.”
“Non sapevamo che il duca avesse un figlio.” Rispose il re. “Conducetelo al nostro cospetto.”
Vico fece un cenno ad Ardea e questi si inchinò davanti al trono.
“Tuo padre è il nostro più valente cavaliere. Tu gli somigli, ragazzo?”
“Maestà, si dice che il sangue sia ereditario e trasmetta le virtù da padre a figlio. Ma il nome di mio padre è tanto grande che, in casa sua, anche i servi sono virtuosi. Quanto a me, sarei soddisfatto se un giorno si potesse dire che il mio valore sia stato la metà di quello di mio padre.”
Il re lodò le parole del giovane e tutti restarono meravigliati dalla sua nobiltà d’animo.
Ed una gran gioia sorse in quel momento nel cuore di Ardea.
http://www.esoterya.com/wp-content/u.../03/avalon.jpg


(Continua...)

Guisgard 02-10-2009 00.43.42

ARDEA DE' TADDEI

XV

“Una bufera si può prevenire
scrutando il cielo ad Occidente,
come dalla tempesta vi si trova
riparo in un capanno. Ma dall’ardore
di un giovane cuore non vi è scampo.”
(Il Predicatore, IV, 7)


In breve Ardea, con la sua nobiltà e le sue virtù, conquistò tutta la corte.
Il re vedeva in quel giovane un valente rampollo di quella grande nobiltà che reggeva le sorti di Afragolignone.
Ardea eccelleva in diverse arti, come la musica, la poesia e la pittura. Conosceva inoltre i grandi classici antichi, sia i trattati scientifici, sia quelli letterari.
Il suo lignaggio sembrava non avere pari, anche in mezzo alla più antica nobiltà esistente.
Anche negli esercizi fisici teneva testa ai migliori giovani del reame.
E diverse dame a corte lodavano la bellezza del suo aspetto.
Ardea scriveva spessissimo a suo padre, raccontandogli le sue giornate a corte e quanto tutti ne lodavano il carattere.
Tuttavia un assillo aveva nel cuore: si chiedeva spesso quando il re, che pure ne decantava continuamente il valore, l’avesse investito a cavaliere.
Scrisse di questo anche a suo padre, ricevendo come risposta un invito alla calma e a non farsi vincere dall’ardore.
Ma il giovane era impetuoso e bramava quell’investitura.
Anche perché si avvicinava una ricorrenza molto particolare: il grande torneo di Capo degli Orafi, che con la sua conclusione sanciva l’iniziò delle festività per il Santo Natale.
I migliori cavalieri avrebbero partecipato a quell’evento e solo chi trionfava in quel torneo poteva dirsi il migliore fra tutti.
Ardea desiderava ardentemente parteciparvi, ma non essendo cavaliere ciò era impossibile.
Aveva manifestato la sua impazienza anche a Vico d’Antò, ma questi, come suo padre, gli aveva consigliato di attendere con umiltà.
Ma Ardea riteneva ingiusto tutto ciò.
Si sentiva il migliore fra i cavalieri presenti e voleva dimostrare il suo valore davanti al re.
Ma spesso la foga e l’ardore, se mal gestiti, possono nuocere all’animo ardimentoso di un giovane.
Un pensiero si impossessò di Ardea e giorno dopo giorno, seppur ardito, egli lo sosteneva e nutriva, come il contadino fa con la giovane ed acerba vigna, sperando che un giorno possa ricambiarlo con i suoi frutti.
E in suo aiuto sarebbe corso un giovane che Ardea aveva conosciuto proprio a corte: Biago, il figlio del maniscalco del re.
Il ragazzo aveva ereditato il talento di suo padre e sapeva costruire armi e corazze con tale maestria che il suo stesso genitore spesso usava i suoi lavori per soddisfare i clienti.
Ardea, che aveva sin dal suo arrivo a corte stretto amicizia con Biago, decise di chiedere aiuto al suo amico.
Così, in un soleggiato pomeriggio di inizio Novembre, mentre si trovavano a passeggio nel bosco, Ardea iniziò a dire:
“Ormai il torneo è alle porte.”
“Già. E anche quest’anno sarà grandioso. Credimi, vedremo il meglio della cavalleria!” Rispose Biago.
“Darei qualsiasi cosa per parteciparvi!”
“Non essere impaziente” rispose Biago “presto, con il tuo valore, sarai cavaliere e potrai mostrare a tutti la tua abilità. Anzi, sono pronto a scommettere che già il prossimo anno, a Dio piacendo, vi potrai partecipare.”
“Ma io mi sento pronto ora!” Replicò impaziente Ardea.
“Spetta a sua maestà decidere quando sarai pronto.”
“Il re è troppo impegnato con la conduzione del regno. Non segue costantemente ciò che accade a corte. Io meriterei già di essere cavaliere!”
“Amico mio, io ti ammiro più di ogni altro. Vorrei emularti e assomigliare anche soltanto un po’ a te. Ma queste tue parole tradiscono ciò che pensa probabilmente il re.”
“Cioè?” Chiese Ardea.
“Che sei ancora acerbo e troppo irruento!”
Ardea fece qualche passo, alzando lo sguardo verso il cielo e sentendo la brezza accarezzargli il volto.
“Biago, amico mio” disse senza voltarsi verso l’amico “sono anni che mi sottopongo ad allenamenti durissimi ed a privazioni impensabili. Ho accettato tutto per un unico e solo ideale…la cavalleria! Mi sento pronto e non voglio attendere oltre!”
“Capisco cosa provi” rispose Biago “ma…”
“Non credo tu possa capirlo, Biago!” Lo interruppe bruscamente Ardea.
“Credi?” Rispose Biago. “Perché? Perché sono il figlio di un semplice maniscalco? Perché non sarò mai un cavaliere? O forse solo perché non ho il sangue blu come te?”
Ardea lo prese per un braccio e lo fissò diritto negli occhi con un ardore che quasi intimorì Biago.
“Credi questo di me?” Disse con un espressione di chi si sente colpito fin dentro il cuore. “Se lo credi davvero, allora va via, poiché io non posso insegnarti nulla allora!”
Biago, che si era subito pentito di ciò che aveva appena detto, rispose:
“Scusami, non volevo…”
“Il mio spirito non è diverso dal tuo” riprese a dire Ardea “ed il mio cuore ospita i tuoi stessi sentimenti e stati d’animo. Credi che la nobiltà venga dal sangue? Sei davvero convinto che possa esistere a questo mondo qualcosa di più puro, sacro e nobile di ciò che sinceramente pulsa dal cuore di un uomo? Se davvero pensi che il divenire cavaliere sia per me solamente un privilegio proveniente dal mio lignaggio, allora non indugiare oltre in mia compagnia, poiché sarei incapace di insegnarti qualsiasi cosa.”
Biago, mortificato, gli diede una pacca sulla spalla e lo scosse, come a voler fargli scivolare da dosso quel brutto momento.
“Come ti ho detto” gli disse “sono convinto che tu sia il più degno di tutti a divenire cavaliere. E so per certo che, quando lo sarai diventato, nessuno ti sarà pari.”
“Credi davvero in me?”
“Si, più di qualsiasi altro!”
“Allora aiutami!”
“E come? Io non posso esserti di nessun aiuto in questo!”
“Biago” disse Ardea fissandolo negli occhi “procurami un’armatura e delle armi!”
“Tu sei folle!”
“No, solo impaziente!”
“Non è l’equipaggiamento che fa il cavaliere!”
“Infatti. Ed io, pur non avendo nulla, mi sento tale!”
“Anche se sarai armato, non potresti comunque partecipare al torneo!”
“Si, invece.” Rispose convinto Ardea. “Tu procurami quanto ti ho chiesto ed io mi guadagnerò l’investitura!”
“Sei pazzo!”
“Achille non andò contro gli dei pur di vendicare l’amico Patroclo? E Ser Galeotto non rischiò forse tutto per aiutare il suo amico Lancillotto?”
“No, ti prego” intervenne Biago “non confondermi con le tue storie!”
“Aiutami e sarai partecipe delle mie gesta!”
“Il re sarà molto contrariato.”
“Egli è un grande uomo!” Rispose lesto Ardea. “Vedrai che saprà riconoscere la nostra audacia!”
Detto questo, Ardea, sorrise al suo amico e questi lo fissò con occhi incerti.
Poi una stretta di mano, sancì quell’ardito patto tra i due giovani.
http://www.thecinemasource.com/movie...mes_Franco.jpg


(Continua...)

llamrei 02-10-2009 14.51.32

Citazione:

Originalmente inviato da Guisgard (Messaggio 10690)
“ Credi che la nobiltà venga dal sangue? Sei davvero convinto che possa esistere a questo mondo qualcosa di più puro, sacro e nobile di ciò che sinceramente pulsa dal cuore di un uomo? Se davvero pensi che il divenire cavaliere sia per me solamente un privilegio proveniente dal mio lignaggio, allora non indugiare oltre in mia compagnia, poiché sarei incapace di insegnarti qualsiasi cosa.”


Dopo un pensiero cosi profondo.... Ardea dovrebbe essere insignito del titolo di Cavaliere all'instante!;) Sono impanziente quanto lui!

Guisgard: qualche altro capitolo di questa storia?;) suvvia, non lasciateci in sospeso a lungo

Guisgard 03-10-2009 00.39.54

Milady, ho piacere nel trovarvi attenta e compiaciuta lettrice delle avventure del nostro Ardea :smile:
Fate bene a lodare la sua nobiltà d'animo.
Da questa, come dalla sua Fede e dal suo valore, dovrà trarre la forza per superare le imprese che lo attendono :Swords-Shield-KI-ic

Guisgard 05-10-2009 00.29.26

ARDEA DE' TADDEI

XVI

“Gli araldi smettono di cavalcare in su e in giù,
e ora squillano alte le trombe e le chiarine.
Altro non c’è da dire, ma a ovest ed est vanno
le lance tristemente in resta, affonda nel fianco
l’aguzzo sperone.”
(I racconti di Canterbury, “Il racconto del Cavaliere”)


Madonna Amicizia è liberale, si sa, non facendo distinzione tra il censo, il sangue e le ricchezze degli uomini.
Essa dispensa i suoi favori non curandosi delle idee e delle miserie umane, che spesso appaiono come le cose più innaturali del mondo.
I suoi prediletti, in nome suo, farebbero di tutto, anche a costo dei propri interessi.
Si dice che i più alti privilegi di messer Amore siano per pochi fortunati, mentre i servigi di madonna Amicizia sono invece donati a tutti coloro muniti di animo generoso.
Così Biago, nonostante l’audacia dell’idea di Ardea, decise di affiancarlo in quella che a molti sarebbe parsa come follia.
Approfittando dell’assenza di suo padre, impegnato per alcuni lavori in un borgo vicino, Biago raccolse quanto poteva nella bottega paterna per esaudire le richieste del suo ardimentoso amico.
“Il talento di un cavaliere sta nel suo animo” ripeteva fra se “ma anche ser Lancillotto senza una buona spada ed una forte corazza perirebbe in battaglia.”
E questi pensieri chiariscono perfettamente al lettore in quale modo il nostro Biago si sentisse parte in causa in questa impresa.
Il ragazzo così, raccogliendo materiale vario nella bottega di suo padre, iniziò a lavorare sulle armi per Ardea.
Mancava poco al torneo ormai ed il giovane maniscalco lavorò notte e giorno pur di terminare il tutto per l’inizio di quell’atteso evento.
Con tutta la sua maestria ed arte, Biago forgiò la dura ma leggera lega aversese, conosciuta dai migliori artigiani d’armi, per realizzare una corazza impenetrabile.
Con ferro e ottone plasmò un superbo scudo, alla maniera dei fabbri longobardi del sannio, veri artisti in questo genere di opere.
E con acciaio purissimo, arricchito da ferro e stagno, realizzò una scintillante spada, che diffondeva ovunque il suo splendore.
Rivestì infine un duro legno di quercia con ferro e bronzo, per ottenere una lancia che guidasse adeguatamente il suo amico nel difficile torneo.
Così, alla vigilia del torneo tutta l’attrezzatura per Ardea era pronta.
“Amico mio” disse Ardea “non dimenticherò ciò che hai fatto per me oggi.”
“Fatti onore e guadagnati la tua investitura.” Rispose Biago.
Un tenero e sentito abbracciò sancì quel momento di forte amicizia.
Venne così il giorno dell’ambito torneo di Capo degli Orafi.
La celebrazione di una solenne messa e una processione sancirono l’apertura dell’evento.
Al cospetto del re e della più alta nobiltà del regno si presentarono i migliori cavalieri, non solo delle terre afragolignonesi, ma anche di diversi reami vicini.
Lucenti elmi piumati e scintillanti aste facevano superba mostra di quei valenti campioni di cavalleria, mentre al vento diffondevano il loro splendore variopinti stendardi, aristocratici simboli degli ardimentosi cavalieri.
I paggi sventolavano i loro colorati vessilli e bellissime dame prendevano posto sulle vaste tribune che circondavano il campo in cui si sarebbe svolta l’attesa giostra.
I suoni dei corni salivano fino in cielo, accompagnando con il loro suono l’attesa della folla per quei giochi.
Ed ecco passare in rassegna i migliori cavalieri.
Memmo detto il Mussuto, Ghinetto il Cerrano, Saltore il Sommese, Vico d’Antò ed il grande favorito Cesco della Salice.
Ma molti altri audaci e nobili tentarono quest’impresa, per un totale di centosettanta cavalieri.
I marescialli di campo raccolsero i nominativi di tutti i partecipanti e si apprestavano a chiudere le liste, quando un nitrito destò l’attenzione del pubblico e dei partecipanti.
Un cavaliere, con un’armatura cromata e arricchita da bagliori violacei, stava ritto e fiero sul suo cavallo. A scortarlo vi era uno scudiero che portava il capo coperto da un nero cappuccio.
“Qual è il vostro nome, cavaliere?” Chiese uno dei marescialli di campo.
“Il mio padrone” disse prendendo la parola la scudiero “ha fatto voto di tacere il suo nome al torneo. Egli lo rivelerà soltanto alla fine dei giochi.”
A queste parole un brusio si levò dalle tribune ed anche sul palco reale molti restarono sorpresi dalla volontà di quel misterioso cavaliere.
Questi intanto aveva già preso posto e si accingeva a buttarsi nella mischia, mentre gli altri partecipanti ne scrutavano con attenzione il misterioso aspetto.
http://mmimagessmall.moviemail-onlin...-x-26550_1.jpg

(Continua...)

Vivian 05-10-2009 09.49.03

Ecco che finalmente lo spirito impetuoso dell'Ardea che avevamo conosciuto all'inizio del racconto torna a galla...mi stavo un pò preoccupando: era diventato un fanciullo troppo diligente! ;)

Continuate sir Guisgard, ora più che mai desidero sapere quali saranno le conseguenze del comportamento del nostro protagonista.

Guisgard 05-10-2009 18.06.52

Milady, dovete sapere che gli uomini nelle cui venne scorre sangue normanno, non restano mai diligenti per troppo tempo.
Sono impetuosi, audaci, temerari e valorosi: un pò guasconi insomma.
Amano l'avventura e le belle donne, come odiano la falsità e le regole troppo rigide.
Incotrarne uno è come conoscere un Cyranò col volto di Cristiano, o un Paride con l'animo di un Cuor di Leone.
Sarebbero i perfetti modelli per un'opera di Apollonio Rodio, di Chretien de Troyes, o di Shakespeare.
Per la loro la vita è come un grande libro: e il nostro Ardea, come tutti loro, è un perfetto eroe da romanzo ;)
E vi posso assicurare che egli è felice di sapervi lettrice tanto appassionata delle sue avventure :smile:

Guisgard 07-10-2009 01.41.14

ARDEA DE' TADDEI

XVII

“Tieni la lancia alta, come lo sguardo,
senza abbassarli mai. Se ciò accadesse
il tuo avversario farebbe scempio di te.”
(Il buono e il cattivo amministratore, IV, 29)



I corni iniziarono a suonare e con essi le trombe ed i tamburi.
L’applauso e le urla di gioia del pubblico segnarono l’ingresso nell’arena dei contendenti.
I marescialli di campo diedero il segnale ed i giochi furono aperti.
I migliori cavalieri della zona si ritrovarono così a giostrare tra loro, per dimostrare chi fra essi poteva dirsi il migliore.
In breve si alzò e si diffuse una tal quantità di polvere nell’aria, sotto il poderoso galoppo dei fieri cavalli, sui quali montavano gli audaci pretendenti, che dalle tribune fu quasi impossibile distinguere i vincitori dagli sconfitti.
Le lunghe e forti lance si spezzavano e si frantumavano contro i solidi scudi, mentre più di un eroe si ritrovò disarcionato e nella polvere.
Più di uno dei robusti e superbi cavalli presenti fu ferito o azzoppato e diversi furono i cavalieri impossibilitati a continuare o usciti mutilati dalla contesa.
L’ardore infatti era forte, come la posta in palio: essere riconosciuto il migliore fra i cavalieri.
I più famosi ed attesi dei presenti rispettarono i pronostici e superarono con successo la prima parte del torneo.
Chi invece stupì, perché sconosciuto e quindi inatteso, fu il cavaliere senza nome che, dal colore dell’armatura e per facilitare il lettore, chiameremo cavaliere Violaceo.
Egli infatti disarcionò gli avversari che la sorte gli aveva imposto e nessuno scudo fu in grado di resistere all’impatto dei suoi attacchi.
Con abilità, sicurezza ed eleganza portava i suoi attacchi, che per velocità e precisione non sembravano aver avversari.
“Per Belzebù” gridò il re “chi sarà mai quel cavaliere?”
“Nasconde il suo nome ma non il suo valore, a quanto pare.” Rispose uno dei suoi dignitari.
“Siamo curiosi di vederlo contro i favoriti!” Aggiunse il re.
“E non dovrete attendere più di tanto, maestà!” Rispose un dei baroni. “La sorte gli ha riservato ser Vico D’Antò!”
Tutti erano trepidanti per quello scontro.
Ser Vico era tra i migliori del reame e partiva con i favori del pronostico.
In un momento ambedue gli sfidanti lanciarono i cavalli l’uno contro l’altro. Il galoppo era poderoso e maestoso e la polvere sollevata alta e densa.
L’incedere era deciso e l’impatto ormai imminente. Alto lo scudo e tesa la lancia portavano entrambi i cavalieri.
In quel momento le urla e gli incitamenti della folla cessarono di colpo. Un boato segnò lo scontro tra i due.
Entrambe le lance si frantumarono come creta e gli scudi si deformarono sotto il duro impatto.
Il cavaliere Violaceo restò saldo in sella, sebbene lo scontro l’aveva leggermente intontito.
Ser Vico invece era nella polvere, disarcionato dal preciso colpo del suo avversario.
La caduta però gli fu fatale per l’esito dello scontro. Infatti, cadendo, un braccio gli si era rotto sotto il peso della corazza, dovendosi quindi dichiarare sconfitto.
Il pubblico salutò con festa la vittoria di quel suo nuovo beniamino.
Questo scontro sancì la fine del primo giorno del torneo.
Rientrato nella sua tenda, il cavaliere Violaceo, aiutato dal suo scudiero, si spogliò della corazza e delle armi e potè riposarsi.
“Mi sento le ossa a pezzi!” Disse Ardea.
“Sei ferito?” Chiese preoccupato Biago.
“Nemmeno un graffio! E’ solo stanchezza, domani sarò come un grillo!”
“Domani sarà la giornata più difficile!” Disse Biago. “Dovrai affrontare i vincitori della giornata di oggi.”
“Battere ser Vico non è stato facile!” Disse Ardea lavandosi il viso. “Il suo colpo mi ha scosso così tanto che sento ancora il ferro della mia corazza vibrare.”
“Era tra i favoriti e l’hai sconfitto!” Esclamò eccitato Biago. “Sei stato grande!”
“Anche se il difficile comincia ora.” Aggiunse poi con una leggera preoccupazione.
“Tranquillo, non temo nessuno dei miei avversari!”
“Forse dovresti…”
“Ora mangiamo, così che potremmo riposarci per domani.” Esclamò Ardea.
E finito di cenare, i due si stesero ciascuno sul proprio giaciglio: su un piccolo letto Ardea e su una panca Biago, che mise prudentemente di traverso sull’entrata per sbarrare il passaggio nella tenda.
http://www.br3nn0s.org/albertodagius...edio/joust.jpg


(Continua...)

Guisgard 09-10-2009 01.02.25

ARDEA DE' TADDEI

XVIII

“Questo cavaliere, che non portava
alcun emblema sullo scudo, aveva
mostrato fino ad allora ben poco
interesse per le sorti dello scontro,
limitandosi a sconfiggere con apparente
facilità coloro che lo assalivano, ma senza
approfittare del vantaggio e senza attaccare
a sua volta alcun avversario.”
(Ivanhoe, XII)


Il giorno seguente ripartì il torneo, tra l’esultanza della folla in attesa di vedere i migliori contendersi l’ambito premio.
E di nuovo quella possente danza di cavalieri e destrieri, ferro ed acciaio, polvere e bagliori si aprì per la gioia dei presenti.
I migliori erano in campo e gli scontri furono tutti di grandissima qualità.
Di nuovo le lance scalfirono gli scudi e le corazze vibrarono sotto i duri colpi.
E fra tutti i cavalieri, due furono i più apprezzati: ser Cesco della Salice e il misterioso cavaliere violaceo.
E furono proprio costoro che, dopo aver sconfitto tutti i loro avversari, si guadagnarono l’onore di scontrarsi nel duello finale.
E questo scontro si sarebbe tenuto nel terzo ed ultimo giorno del torneo.
Così Ardea e Biago, al sicuro nella loro tenda, impossibilitati ad uscire per poter celare le loro identità, si ristorarono e riposarono per la sfida del giorno seguente.
Ovviamente Ardea, nelle vesti del cavaliere violaceo, fu costretto a declinare l’invito del re per cenare con i nobili ed i due sfidanti rimasti.
“Singolare personaggio” disse il re a tavola “questo misterioso cavaliere violaceo che declina il nostro invito.”
“Sarà forse uno sfigurato o un deforme” iniziò a dire uno dei presenti alla nobile cena “costretto a nascondere non solo il nome ma anche il volto?”
“Sarebbe una disdetta” aggiunse un altro degli invitati “se tanto valore ed abilità fossero racchiusi in un corpo storpio.”
“Sciocchezze!” Intervenne il re. “E’sano e forte! Altro che storpio! Altrimenti non avrebbe disarcionato tanti forti avversari.”
“Ma chi sarà mai?” Chiese uno dei baroni.
“Voi l’avete incontrato, messere” chiese il re a Vico d’Antò “che idea vi siete fatto?”
“Se devo essere sincero” rispose Vico “la sua tecnica non mi è nuova. Ha uno stile versatile ed efficace. Sa sempre come e dove colpire.”
“Non vi è nuova tale tecnica?” Chiese il re.
“Affatto, maestà. L’ho vista utilizzata solo da un altro cavaliere. E con i medesimi risultati.”
“Chi?” Chiese il re.
“Il duca Taddeo d’Altavilla!”
“Credete quindi possa essere lui?” Chiese meravigliato ma nello stesso tempo esaltato il re.
“Impossibile, sire!” Sentenziò Vico. “Il duca ha un malanno fisico che lo renderebbe impossibilitato a cavalcare anche solo con passo svelto il suo cavallo.”
“Inoltre” continuò Vico “il duca è più alto e robusto del nostro misterioso ed abile cavaliere violaceo!”
“Comunque” intervenne nel discorso Cesco della Salice, fino ad allora in silenzio “fosse anche il diavolo in persona io domani lo batterò!”
“Non siate troppo sicuro di voi, messere.” Disse divertito il re.
“E perché non dovrei esserlo?”
“Quel cavaliere è abile e veloce. Sbagliereste a sottovalutarlo.” Intervenne Vico.
“Messere” gli rispose Cesco “Non vorrei apparirvi irriguardoso, ma partirei sconfitto già da ora se accettassi i consigli di chi è stato appena sconfitto dallo stesso avversario verso il quale vuol mettermi in guardia!”
Vico sentì forte la collera salirgli fino al volto, ma per via del braccio rotto e del rispetto alla nobile compagnia, decise di ignorare l’arroganza di Cesco.
“I miei non erano consigli” gli rispose “ma considerazioni. Del resto voi sapete come comportarvi nell’arena.”
“Brindiamo ai presenti” Intervenne il re alzando la coppa “ed anche al misterioso cavaliere violaceo! Che possa regalarci, con l’aiuto di messer Cesco, un’avvincente scontro per domani!”
Tutti parteciparono al brindisi, compreso messer Cesco che, attraverso il riflessi ottonati della sua coppa, guardava con disprezzo ser Vico.
Questi per un attimo rispose con lo sguardo agli occhi infuocati dell’arrogante cavaliere. Poi, alzatosi, chiese un altro brindisi:
“Al migliore, che possa trionfare domani! Che il valore possa soggiogare l’arroganza!”
Tutti risposero a quell’invito, tranne Cesco che accostò le labbra alla coppa, fingendo solamente di bere.
http://www.ciaranhinds.eu/image14/ivanhoe/iv7.jpg

(Continua...)

llamrei 09-10-2009 13.52.22

....qualcosa mi dice che domani tiferò il Cavalier Violaceo....anzi, di più, domani mi vestirò color porpora;)

Guisgard 10-10-2009 01.53.32

Lady Ilamrei, il celebre poeta Esiodo scriveva che "un eroe è spinto a combattere per molte cause. Ma niente da più forza e fama che combattere per due begli occhi."
Sono sicuro che il nostro cavalier Violaceo, sapendovi sua sostenitrice, raddoppierà le sue forze, pur di vincere e ben figurare ai vostri occhi ;)

llamrei 10-10-2009 12.52.21

E' un Onore per me poter sostenere codesto Cavaliere;)

Guisgard 12-10-2009 01.56.34

ARDEA DE' TADDEI

XIX

“Vuoi davvero conoscere il
mio volto? Ebbene sappi che
non differisce dal tuo. Per ideali
e valori siamo assai simili. Nel mio
volto mireresti la grandezza di
questa tua città.”
(L’Imp, libro I)


Il terzo ed ultimo giorno del torneo tutto era pronto per il gran finale.
Una folla ancora più numerosa delle giornate precedenti aveva preso posto nelle alte tribune e tutti attendevano trepidanti l’inizio dell’ultimo scontro.
Cesco della Salice, in groppa al suo stallone caivanese e bardato della sua lucente corazza, era sceso nell’arena e scalpitante attendeva il suo avversario.
Ad un tratto ci fù il boato del pubblico ed il cavaliere detto violaceo apparve nella lizza.
Il piumato elmo, sotto i raggi del Sole, emanava forti bagliori, mentre i riflessi della sua splendida corazza diffondevano ovunque un intenso alone.
I marescialli di campo fecero i controlli di rito e subito dopo diedero il via alla giostra.
In un attimo i due sauri che conducevano i valenti sfidanti si lanciarono, in una nuvola di polvere, l’uno contro l’altro.
La terra e le impalcature delle tribune tremavano ed oscillavano sotto l’incedere di quelle possenti cavalcate.
La terra che separava i due contendenti fù in breve divorata dal quel terrificante galoppo, mentre i cavalieri tenevano ben tese le lunghe lance in attesa del fatale impatto e gli scudi alti per proteggersi dal forte scontro.
L’impatto fù immane e un forte boato si diffuse nell’aria.
Le lance andarono in mille pezzi contro i pesanti scudi, i quali però non tennero quei duri colpi.
Così lo scudo di Cesco fu perforato e si lacerò in due, mentre quello del cavaliere misterioso, sotto il colpo subito, si accartocciò attorno a ciò che restava della lancia del suo avversario.
Ma l’effetto di quell’impatto non fu nocivo solo alle armi, ma anche a chi le impugnava.
Infatti entrambi i cavalieri furono disarcionati.
Tutti i presenti balzarono in piedi.
In un attimo e con agilità i due però furono subito in piedi e raccolsero le armi che ciascuno degli scudieri condusse loro.
Cesco fendeva l’aria con una solida scure, mentre il suo avversario brandiva un’agile spada.
Con rapido scatto Cesco raggiunse il suo nemico e lo colpì con tale forza che quasi la spada del cavaliere violaceo, usata di piatto per parare il colpo, si incrinò.
Ancora Cesco tirò uno, due, tre, quattro colpi all’avversario che, sotto la forza del rivale, indietreggiava con difficoltà.
Allora, facendo leva sulla sua velocità, il cavaliere violaceo schivò l’ennesimo attacco e con rapido movimento raggirò Cesco, trovandosi alle sue spalle.
Menò allora un fendente contro il suo elmo prima e sulla sua spalla sinistra poi, facendo barcollare l’avversario.
Questi si chinò nella polvere come intontito, mentre il cavaliere misterioso gli fu sopra intimandogli:
“Ti ritieni sconfitto cavaliere? Ti ritieni sconfitto?”
Cesco in un primo momento non rispose nulla.
Ancora l’avversario gridò:
“Ti ritieni sconfitto cavaliere?”
“Si” rispose finalmente Cesco, mentre la testa gli sanguinava abbondantemente “sono alla tua mercè!”
Ci fu allora il tripudio del pubblico che esultante salutò il vincitore.
Il cavaliere violaceo allora avanzò verso il palco reale e salutò con un inchino.
Tutti erano rimasti colpiti dal valore e dall’abilità di quel misterioso cavaliere. Ed ora ne invocavano ad alta voce il nome.
Ma, coperto dalle urla della folla, rapido come un serpente, Cesco si rialzò dalla polvere nella quale l’aveva gettato il suo avversario e impugnando la sua scure si avventò contro di lui.
E tra i canti e il tripudio generale, come un eco, il cavaliere udì la voce del suo scudiero.
“Attento!”
Ma non fece in tempo a voltarsi che Cesco lo colpì con forza sull’elmo spaccandoglielo in due.
Quell’attacco fu tanto forte quanto subdolo e gettò a terra il cavaliere senza nome.
Cesco allora, gonfio d’ira, gli si gettò sopra per finirlo, ma il cavaliere violaceo ebbe il tempo di raccogliere la sua spada e trafiggergli un costato.
Cesco cadde così, ferito, di nuovo nella polvere. E questa volta non si sarebbe rialzato con le sue gambe.
Il pubblico salutò con un boato, dopo lo spavento, la grandezza di quel cavaliere, ma l’attenzione generale si posò presto sul suo volto ormai scoperto.
E tra lo stupore, la meraviglia e l’esaltazione generale fu svelata l’identità di quello straordinario cavaliere.
http://www.victorarte.it/rame/g_rame/giostramediev.jpg


(Continua...)

llamrei 12-10-2009 21.06.46

...svelato.:confused_nervous_sh Ha vinto:smile_clap:

Guisgard 14-10-2009 01.32.22

ARDEA DE' TADDEI

XX

"Molto egli oprò co l'senno e con la mano,
molto soffrì nel glorioso acquisto;
e in van l'Inferno vi si oppose, e in vano
s'armò d'Asia e di Libia il popolo misto."

(La Gerusalemme Liberata, I, 3)


I lunghi capelli bruni sudati, il bel volto provato per la fatica, lo sguardo stanco ma fiero ed orgoglioso.
Stava la, davanti a tutti, con la spada ancora in pugno, ansimando per lo sforzo ma con la consapevolezza di aver mostrato il suo valore.
Mentre il pubblico a gran voce acclamava:
“Violaceo! Violaceo!”
Il re e tutti i nobili che occupavano la tribuna reale, saltarono in piedi davanti a quel volto.
Ma prima che qualcuno potesse dire qualcosa, Ardea si avvicinò al nobile palco e si inginocchiò.
“Mio re” cominciò a dire “e voi tutti, nobili baroni e graziose dame. Perdonate la mia audacia e la mia imprudenza, ma la volontà di mostrare il mio valore e la mia fedeltà al re ha reso impaziente ogni proposito imposto dal protocollo e dalle gerarchie.”
“Fai silenzio!” Lo interruppe adirato il re. “Ciò che hai fatto oggi è contrario ad ogni regola nobiliare e cavalleresca!”
Ardea chinò il capo in segno di rispetto e mortificazione.
“Hai ingannato questa nobile compagnia e questo prestigioso torneo!” Continuò il re. “Ti sei spacciato per cavaliere quando invece fino a ieri eri un poco più di un valletto! Ti sei confrontato con i migliori con l’inganno e la menzogna! Se non fossi il figlio di colui a cui dobbiamo gran parte del benessere di questo paese, saresti già stato bannato da queste terre! Ora prendi la tua roba e lascia il palazzo!”
Un silenzio tanto profondo quanto irreale, nell’arena, aveva ascoltato le parole del re ed a quella dura sentenza si levò un mormorio generale.
“Sire” disse Ardea prendendo la parola “la vostra sentenza, benché dura, accetterò senza esitare. Ma sappiate che non ritengo disonorevole il mio operato. Volevo mostrarvi il mio valore per donarvi i miei servigi. Il giovane falco non si lascia forse andare quando già tende fiero le fresche ali? Ecco, mio signore, io ero pronto a spiccare il balzo verso la cavalleria!”
Il re non commentò quelle parole e fece cenno ai marescialli di campo di condurre via quel giovane troppo ardito.
Poi uno dei baroni, prendendo la parola, disse:
“Sire, data l’inevitabile squalifica del vincitore, occorre ora proclamarne un altro.”
“Concordo, maestà” intervenne uno dei dignitari di corte “ma chi? Cesco della Salice si è macchiato di fellonia con il suo gesto verso il cavaliere che l’ha vinto!”
“Allora decideremo con calma!” Rispose il re. “Per ora ritiriamoci.”
Intanto Ardea e Biago, nella loro tenda erano intenti a raccogliere le proprie cose e lasciare i padiglioni che ospitavano i partecipanti al torneo.
“Cosa farai ora?” Chiese Biago.
“Tornerò a casa da mio padre.” Rispose Ardea, mentre raccoglieva le sue cose.
“E la cavalleria?”
Ardea non rispose nulla e continuò a prepararsi.
Poi, dopo alcuni istanti, chiese:
“E tuo padre invece che dirà a te?”
“Mi punirà severamente!” Rispose con fare guascone Biago.
“Scusami, amico mio.” Disse Ardea con lo sguardo mesto.
Biago l’abbracciò forte.
“Sei un grande cavaliere! Sono certo che troverai una nobile spada che ti investirà di tale onore!”
“Credimi” gli rispose Ardea “la tua amicizia non la baratterei neanche per l’armatura di un Orlando o di un Tristano!”
Poi per un momento ripensò a suo padre ed al gran dispiacere che il suo gesto avventato gli avrebbe procurato.
Allora, nel suo cuore, insieme alla tristezza, scese anche un sordo dolore.
http://img124.imageshack.us/img124/1742/kingdom4ee6.png

(Continua...)

llamrei 14-10-2009 13.38.54

..............dopo tutto questo? Ha dimostrato di essere il più forte, il più valoroso......davanti a tutti.....non può mollare tutto....deve continuare a seguire il suo sogno...e suo padre ne andrebbe fiero....e poi...mi sono comperata e ho indossato un bellissimo abito color porpora per l'occasione....

Guisgard 14-10-2009 13.45.47

Ehm, milady...gli uomini come il nostro Ardea sono troppo sensibili al fascino femminile...e voi con quell'abito color porpora siete troppo sensuale...
Così rischiate di distrarre il nostro eroe...:o

llamrei 14-10-2009 13.55.13

......come volete, caro amico. Mi ricompongo...però, vi prego, continuate...

Guisgard 15-10-2009 02.29.06

ARDEA DE' TADDEI

XXI

“Credi a me e non dubitare delle mie
parole quando ti dico che ogni regno
ha un suo Santo, un suo re ed un suo eroe.
Come ogni uomo non possiede altro che una
donna, un nemico e la propria Fede.”
(Antico Lai)


Intanto, nella sala del trono, il re, alcuni baroni ed i marescialli di campo decidevano sull’esito del torneo.
“In realtà” disse uno dei baroni “nessuno degli sconfitti potrebbe vantar pretese sulla vittoria finale!”
“Concordo!” aggiunse uno dei marescialli di campo.
“Ma il torneo non può chiudersi senza un vincitore!” Intervenne il re.
“In realtà, vostra maestà sa bene che il campo ha espresso il suo verdetto…”
“Cosa intendete dire, ser Torio?” Chiese stupito il re. “Sapete bene che il risultato della giostra è viziato!”
“Maestà” aggiunse il nobile barone “viziato si, ma nella forma, non nella sostanza.”
Il re lo guardò con aria turbata.
Ma sapeva bene di avere davanti uno dei più nobili e saggi baroni del reame.
Infatti, Ser Torio delle Taverne da sempre aveva svolto, in modo onorevole e brillante, il ruolo di consigliere della corona.
La sua parola aveva a corte un peso ed un valore superiore a tutti gli altri ministri del re.
E quelle parole, dette proprio da quell’uomo, suonavano pesanti alle orecchie del re.
“Ritenete quindi” chiese questi “che il premio debba andare a quell’irriverente ragazzo?”
“Non irriverente, mio signore” rispose ser Torio “ma direi audace ed ardimentoso!”
“Ha partecipato con l’inganno alla giostra!”
“Perché mai, mio signore?”
“E ce lo domandate?” Chiese contrariato il re. “Si è spacciato per cavaliere, mentre invece non lo era!”
“Maestà, io in realtà ho visto solo forti cavalieri contendersi il premio.” Rispose ser Torio. “Quindi non comprendo il vostro disappunto.”
“Vi fate beffe di noi?” Sbottò il re. “Nessuno ha proclamato cavaliere quel ragazzo!”
“Sire, cosa fa di un uomo un cavaliere?” Chiese ser Torio. “Non è forse la forza? Ed il valore? Non sono il coraggio e l’audacia le sue virtù?”
“Anche la lealtà!” Lo interruppe il re. “Ed invece quel ragazzo si è infiltrato nei ranghi con l’inganno!”
“L’inganno è fratello alla menzogna e questa del tradimento è la compagna!” Rispose ser Torio. “In quel ragazzo invece ho scorto solo arguzia ed una notevole forza di volontà!”
“Con voi è impossibile discutere!” Tagliò corto il re. “Avete in simpatia quel ragazzo e ne prendete con ardore le difese!”
“Mio signore” rispose con tono pacato e rispettoso il nobile barone “ho simpatia per chi è ardimentoso e coraggioso. Chi non teme di affermare se stesso ed i suoi ideali. Chi conosce il proprio valore e su questo tutto punta. Queste sono le virtù che vorrei vedere nei nostri cavalieri!”
Il re si lasciò cadere sul trono e fissò a lungo il suo consigliere.
“Ma possiamo davvero fidarci di un simile suddito?” Chiese con tono infastidito. “Un suddito che pur di riuscire, è pronto ad andare contro ogni regola e norma?”
“Vostra maestà ben ricorda il padre di quel ragazzo.”
“Il duca Taddeo? Certo, ma cosa centra ora?” Chiese il re. “ Siamo sicuri che, quando verrà a saperlo, resterà molto contrariato dal comportamento di suo figlio!”
“Vostra maestà sta parlando proprio del duca Taddeo?” Chiese con un leggero sorriso ser Tonio. “Quello stesso cavaliere che disubbidì agli ordini ricevuti, durante la battaglia del Passo dei Meli, assediando di sua spontanea volontà, con un i suoi fedelissimi, la fortezza Bottegale dove erano rintanate le milizie di vostro cugino l’usurpatore? Quel impavido guerriero che, nonostante tutti fossero contrari, voi compreso, attaccò e sbaragliò la retroguardia del traditore sulla via di San Marco?”
Il re non rispose.
“Maestà, furono proprio quelle azioni che ci permisero di sconfiggere vostro cugino ed i suoi soldati.” Continuò ser Tonio. “Così era il duca Taddeo. E così sembra essere anche il suo degno figlio.”
“Ser Tonio” Rispose a testa bassa il re “che il diavolo vi porti!”
Poi chiamò a se i marescialli di campo e diede loro delle precise istruzioni.
Ardea intanto era a discutere con ser Vico d’Antò, che lo rimproverava per la sua sconsideratezza.
“L’obbedienza è una delle regole fondamentali della cavalleria!” Diceva il cavaliere al ragazzo. “Il rispetto delle gerarchie è una norma sacra per un cavaliere!”
“Milord” rispose sconsolato il ragazzo “mi sentivo e mi sento tutt’ora pronto per essere un cavaliere. La mia unica colpa è quella di aver desiderato troppo quell’investitura. Tuttavia, in cuor mio, credo di essermela guadagnata.”
Ma i loro discorsi vennero all’improvviso interrotti dall’arrivo dei marescialli di campo, che recavano ordini del re.
“Ardea d’Altavilla” cominciò a dire uno di loro “il re vi comanda di recarvi alla cappella di palazzo e lì prendere la santa messa, per poi rinchiudervi fino all’indomani nella vostra stanza.”
Anche se incuriosito da quegli ordini, Ardea, salutato ser Vico, si recò alla cappella secondo la volontà del re, dove avrebbe assistito alla santa messa prima di raggiungere la sua stanza per trascorrervi una notte che si preannunciava lunga ed inquieta.
http://media-2.web.britannica.com/eb...4-AEFF7055.jpg


(Continua...)

llamrei 15-10-2009 10.54.11

La veglia prima dell'investitura.....è così vero?:o

Guisgard 15-10-2009 19.18.48

Come potrei non rispondere a ciò che domanda una lettrice tanto appassionata come voi, lady Llamrei?
Ma meglio di me saprà fare la musa.
La invoco quindi affinchè, visitandomi stanotte, possa raccontarmi il seguito di questa storia...
http://www.visions.it/Foto/Esiodo.jpg

Guisgard 16-10-2009 01.55.13

ARDEA DE' TADDEI

XXII

“Questo potere ti viene dato
dal Cielo, attraverso le mie mani.
Ti sarò per questo sempre signore
e duce. Ricordalo, Lorenzo.”
(Il buono e il cattivo amministratore, I, 28)


Celebrata la santa messa, Ardea raggiunse la sua stanza e lì vi trascorse la notte.
Dormì pochissimo ed una marea di pensieri, dubbi e timori invasero la sua mente ed il suo cuore.
La notte era illuminata dalla pallida Luna piena, solo di tanto in tanto attraversata dalle alte nuvole che sotto la sua luce si gonfiavano e si illuminavano, assomigliando ad irrequiete onde di un mare infinito.
I suoni e gli echi di quella notte penetrarono nella stanza, aumentando l’inquietudine del giovane.
Dopo aver cercato invano di domare quei pensieri, vinto, decise di arrendersi al loro corso.
E l’unico conforto per il suo stato d’animo afflitto lo trovò nella preghiera.
Così fino all’alba pregò con una intensità ed una pietà mai avute prima.
Il canto del gallo lo destò dalle sue orazioni e i primi raggi del giorno nascente iniziarono a squarciare il buio di quella stanza.
Dopo un po’, un rumore di passi attirò la sua attenzione.
Nella stanza entrarono alcuni paggi e portarono un nuovo abito ad Ardea.
“Il re vi attende.” Gli annunciò uno di loro.
Condotto nella sala del trono, Ardea fu subito colpito della presenza di tanti baroni e dame. Era presente anche ser Vico, mentre il re, sul suo regale seggio, conversava con ser Torio delle Taverne.
Ma appena il giovane giunse al suo cospetto, il re iniziò a fissare il ragazzo, che per la soggezione abbassò lo sguardo e si inchinò a terra.
“Come è trascorsa la notte?” Chiese il re.
“Pensierosa, mio sovrano.”
Il re fece allora cenno ad Ardea di avvicinarsi. E quando gli fu davanti, il sovrano lo colpì sulla guancia sinistra.
“Questo è l’ultimo colpo che ricevi senza reagire!” Disse il re. “Ora inchinati.”
Allora battè con la sua spada su ciascuna delle spalle del ragazzo, pronunciando la solenne formula:
“In nome di San Giorgio e San Michele noi vi armiamo cavaliere!”
In quel momento si alzò spontaneo nella sala un vigoroso e lungo applauso ed Ardea credette di sognare.
“Mio signore e mio re…” Disse con un filo di voce.
“Ardea de Taddei” Disse il re “oggi siete un nuovo cavaliere del reame. Ricordate che i vostri compiti sono quelli di difendere la Fede e la Chiesa, il regno ed il vostro re, i deboli e gli oppressi!”
Poi baciò sulla guancia il nuovo cavaliere e invitò tutti i presenti a salutarlo ed omaggiarlo.
La giornata fu gioiosa e lunga, con ricchi pranzi accompagnati da musica, canti e balli.
Essendosi ora tutto risolto e regolato, fu possibile concludere il torneo di Capo degli Orafi con la solenne premiazione del vincitore.
Tutti poterono così lodare il valore di quel cavaliere che ora aveva finalmente un nome.
Il vessillo raffigurante il gufo e la rosa, simbolo del casato del duca Taddeo d’Altavilla, fu issato sulla torre più alta del palazzo e tutte le campane della città suonarono a festa.
Inoltre i nobili della corte recarono doni, ricchi e sfarzosi, al cospetto del nuovo cavaliere, omaggiando così il suo nobile lignaggio.
Quando la giornata fu conclusa, Ardea potè riposarsi, anche se la forte eccitazione per quell’incredibile dono della sorte gli impedì di dormire.
Ma anche se fosse stato stanco e senza forze, non avrebbe potuto comunque chiudere occhio. Non prima di aver scritto una lettera a suo padre, per raccontargli di essere finalmente diventato cavaliere.
http://6.media.tumblr.com/tumblr_kon...01u8o1_400.jpg

(Continua...)


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