![]() |
Chantal sembrava assente, vittima com’era del suo rimorso.
Vayvet allora le si avvicinò e la schiaffeggiò. “Morte chiama morte.” Disse alla ragazza. “O loro, o io e i miei compagni. Capite? Questo mondo non è perfetto e non lo sarà mai. Ci sarà sempre chi piangerà e chi invece riderà. Ora, se non volete altro sangue sulla coscienza, fate come vi ho ordinato.” Fissò la governante. “Una di voi verrà con noi, l’altra resterà qui. Così sarò certo che non correrà ad avvertire le guardie. Avanti, decidete…” rivolgendosi nuovamente a Chantal “… voi o la vostra governante?” Un attimo dopo, Haro e Monty ritornarono. “I cadaveri di quei maledetti sono ben nascosti, capo.” Spiegò Haro. “Attendiamo solo i tuoi ordini per partire.” |
Citazione:
“Non so dov’è...” mormorai “E non so che cosa gli stia passando per la mente! Però... Tu non dovresti dire questo, sai Nestos? Tu gli vuoi bene... dovresti fidarti di lui!” Appena un momento di silenzio, poi però sospirai e gli carezzai appena una spalla... “Ora andiamo... ci sono molte cose da fare e poco tempo per farle!” In fretta mi diressi verso una piccola stanza, alla quale si accedeva da un alta porta di legno massiccio alla sinistra della scala... la stanza ospitava un grande tavolo ed alcuni scaffali, nei quali il Maestro conservava carte e codici. Subito mi accomodai al tavolo, scelsi tre fogli bianchi, una penna e dell’inchiostro... poi iniziai a scrivere. Scrissi senza sosta per molti minuti, scrissi uno dopo l’altro tutti e tre i fogli... scrissi tre lettere. La prima lettera la scrissi al Vescovo. Una lettera piena di gratitudine, nella quale lo ringraziavo per essersi offerto di accogliere i miei fratelli nella sua Guardia ed invocavo su di lui le benedizioni del Cielo. La seconda lettera la scrissi per padre Anselmo. Padre Anselmo, del vicino convento dei frati, era un uomo buono. Era stato, da sempre, il confessore del Maestro ed anche il mio, era uno di quegli uomini che sapevano capire le persone e star loro vicine. A padre Anselmo scrissi una lunga lettera nella quale lo pregavo di stare vicino a Nestos e a chi, tra i miei fratelli, avesse deciso di non arruolarsi nella Guardia Vescovile. Lo pregai di accoglierli e dare loro fiducia, lo pregai di prendersi cura del Casale e dei nostri ricordi... almeno fino al mio ritorno. L’ultima lettera, infine, la scrissi a Guisgard. Erano soltanto poche righe... lentamente sollevai il foglio e la rilessi: ‘Mio carissimo Guisgard, se ti scrivo è per chiederti perdono. Perdono, per tutte le volte che ti ho ferito o deluso... per tutte le volte che sono stata testarda, impulsiva, sciocca. E per tutte le volte che ancora lo sarò. Ti chiedo perdono, se mai non dovessi avere la possibilità di farlo personalmente. Ho, infatti, deciso di partire. Lo farò immediatamente, subito dopo aver sistemato le ultime, poche faccende che qui mi competono. Parto in cerca di Fyellon... sì, avevi ragione: nonostante tutto gli voglio ancora un po’ di bene. Dopotutto lui è mio fratello, che persona sarei se non gliene volessi più? Non è, però, per questo che ho deciso di cercarlo... no, io voglio trovarlo e convincerlo a denunciare il suo gesto al Vescovo. Solo così, penso, la sua anima potrà trovare un po’ di pace... e forse, un giorno, anche la mia. E, ciò che più è per me importante, solo così io credo che potrò impedire a te di trovarlo e di compiere un gesto irreparabile. Non posso, infatti, permettere che tu comprometta la tua anima per qualcosa di cui io ed io sola ho colpa... perché se la tua anima morisse, Guisgard, io morirei con lei. Perdonami dunque. E perdona questo sentimento folle che mi ha sempre tenuta legata a te e che il maestro trovava tanto sconveniente. Perdonami, se puoi. Tua per sempre, Talia’ Posai il foglio sul tavolo e sospirai... poi, scrissi su tutti e tre i destinatari, li sigillai e mi alzai in piedi. Salii nella mia stanza e mi cambiai d’abito, togliendo quello leggero e dai colori vivaci che indossavo e scegliendone invece uno dai colori più tenui e di stoffa più spessa. Quando, poi, tornai in giardino i miei fratelli erano ancora lì... Sorrisi loro. “Queste sono per voi...” dissi, porgendo le tre lettere “Quelli di voi che si recheranno dal Vescovo gli porteranno la prima lettera e tutta la mia riconoscenza. Chi, invece, ha deciso di non andare...” proseguii verso i miei fratelli più giovani “Consegnerà questa a Padre Anselmo, che saprà cosa fare!” Feci una breve pausa, cercando con gli occhi Nestos... “L’ultima...” dissi quando lo trovai “Vorrei che tu la consegnassi a Guisgard per me!” Il mio sguardo li abbracciò tutti per un istante, con infinito affetto... “E’ stato bello crescere con voi!” dissi “E’ stato bello potervi chiamale ‘fratelli’... ed io vi porterò tutti nel mio cuore, per sempre! Ora però devo andare... vado...” esitai, ma una mezza verità era sempre meglio di una bugia “Vado a cercare Fyellon! Ci sono cose che vanno dette, cose che deve affrontare!” Di nuovo sorrisi... “Sono fiera di voi... vi prego, fate in modo che lo sia sempre!” Li abbracciai ad uno ad uno, rassicurai coloro che mi parvero più preoccupati... infine mi voltai e mi diressi verso la stalla. “Sheylon!” mormorai, bloccandomi all’istante. La tigre era ancora lì, mezzo passo dietro di me... gli sorrisi, poi mi inginocchiai e lo abbracciai... “E’ stato bello conoscerti, Sheylon... bellissimo!” dissi, accarezzandolo. Un altro breve, doloroso attimo... ma mi feci coraggio: nella stalla Luthien mi aspettava, dovevo partire subito. |
Talia era decisa.
Voleva cercare quel suo fratello smarritosi. Era pronta a partire, a lasciare il Casale degli Aceri. E dopo aver salutato Sheylon, si diresse verso la stalla per sellare la sua amata Luthien. Ma, voltandosi, Talia si accorse che Sheylon la seguiva come un’ombra. Ed entrando nella stalla, i cavalli furono spaventati dalla presenza del superbo felino. Sheylon, infatti, si era accucciato sulla soglia, quasi a voler sorvegliare la ragazza. All’improvviso si presentò Nestor e cominciò a gesticolare (La spada del maestro… resterà qui ora che tutti andranno via? Portala con te e donala a Fyellon… credo sia giusto così…) http://2.bp.blogspot.com/--3yU8CtAWq...adyhawke-1.jpg |
Heyto mi aveva aiutato a indossare correttamente il mio velo, dopo essere scesi dalla carrozza. Non avevo rivisto il padrone, così avevo incessantemente chiesto a Heyto dove fosse lui, che disponeva della mia sorte. Un'altra domanda che continuavo a porgli era... per il bene di chi? Chi avrebbe tratto vantaggio dal mio sacrificio? Sapendolo, forse, sarei andata incontro a quel passo col cuore più leggero. Mi venne in mente il sorriso dolce e immobile a pelo dell'acqua sul volto del mio suonatore.
Heyto parlava col capitano della nave, quella buffa costruzione galleggiante che amavo guardare, durante la mia vita acquatica, ormai tanto tanto tempo fa. Mi incamminai sul ponte, rifiutando di rimanere rinchiusa in cabina, dove mi sentivo soffocare, ma continuai a indossare il velo, seguendo le istruzioni del mio accompagnatore. Le voci di Heyto e del capitano si confusero col rumore delle vele mosse dal vento e le grida di qualche marinaio. Guardai con curiosità verso le persone affaccendate lungo i moli del porto. Tutta quella gente e quella vitalità mi sopraffecero e quasi mi sentii felice di essere lì. Sentii Heyto rivolgersi con tono seccato al suo interlocutore, che si affrettò a giustificarsi, ma li lasciai alle loro parole. Passeggiai lungo il ponte superiore, tenendo ben fermo il velo davanti al viso. Avrei voluto correre e vedere ogni cosa, danzare, quasi. Ma rimasi composta a osservare i marinai indaffarati. Poi guardai verso prua. Là, ci saremmo diretti proprio oltre quello che la mia vista poteva scorgere. Un colpo di vento mi strappò il velo di mano, tanto ero assorta. Lo vidi volare via, leggero e libero. Con una fitta di dispiacere pensai che era libero nell'aria come io non sarei più stata. |
“Sheylon!”
Mi voltai di scatto, sorpresa dal nervosismo dei cavalli... “Sheylon... che cosa fai qui? E’ da Guisgard che devi andare... io sto partendo, sai?” dissi, avvicinandomi a lui e carezzandogli la testa. Ma la tigre non parve darmi ascolto... al contrario, si accucciò sulla soglia, come a volermi aspettare... “Sei testardo, eh!” mormorai allora, vagamente divertita “Non mi sorprende che tu e lui andiate tanto d’accordo!” Fu in quel momento che entrò Nestos... Citazione:
Rimasi per un momento in silenzio, riflettendo... “Nestos...” ripresi poi a dire “Vi è una chiave che chiude un vano segreto proprio sotto l’altare. Il Maestro me ne parlò una volta, mi disse che custodiva quella chiave in un cofanetto di alabastro nella sua stanza... va’ a prenderla e nascondi la spada in quel vano, poi riponi di nuovo la chiave!” Tacqui, osservandolo... ma poi, in fretta, mi avvicinai a lui e lo abbracciai... “Mi mancherai, Nestos! Mi mancherai tanto! Ma non temere...” tornando a guardarlo “Tornerò! Tornerò, te lo prometto! Tornerò e recupereremo insieme quella spada... e quel giorno, forse, sapremo anche a chi spetta!” Gli sorrisi... poi, allontanandomi da lui, mi diressi verso Luthien... “Ci aspetta una lunga cavalcata, mia piccola amica... molto più lunga del solito, temo!” Salii in sella, dunque... e fu allora che vidi che anche Sheylon si era alzato in piedi... Gli sorrisi, scossi appena la redini e partii. |
Talia si lanciò al galoppo verso il bosco e subito Sheylon la seguì.
La ragazza, come Angelica spaventata, indifferente ai sogni dei paladini Cristiani e alle brame dei campioni dell’Islam, si addentrava nel bosco, tra fiori e frutti che nel crepuscolo sembravano murare forma e profumi. Il bosco un momento sembrava aprirsi e un attimo dopo richiudersi, come a volerla rapire e tenerla prigioniera. Talia, così, in sella a Luthien, attraversò prima l’imbrunire, poi il crepuscolo, giungendo infine nel seno della sera. Avvistò allora il paesino di Suessyon, tutto arroccato attorno al castello del baronale, nel quale aveva prestato servizio suo fratello Fyellon. |
Melisendra restò a fissare il suo velo volare via.
Ma, ad un tratto, qualcuno afferrò quel velo. “Il vento…” sussurrò il cavaliere “… sarebbe bello se potessimo seguirlo…” fissò quel velo e poi si avvicinò a Melisendra “… resto spesso a fissare il vento… sentirlo sul mio volto, carpirne il profumo… si, il profumo…” sorrise “… il vento porta con sé il profumo delle terre che attraversa…” guardò il cielo e sorrise “… e forse questo vento ci sta narrando del luogo che presto visiteremo…” le restituì il velo “… il mio nome è Fyellon… e il vostro?” |
Raggiunsi Suessyon che già stava diventando buio... c’ero stata soltanto una volta, molto molto tempo prima, con il Maestro...
Di quel breve antico viaggio, tuttavia, conservavo soltanto ricordi frammentari. Mi addentrai, dunque, con circospezione tra le stradine strette e tortuose che, snodandosi tra mille e più incroci, salivano gradualmente verso la parte alta dell’agglomerato, là dove si trovava quell’antico ed imponente edificio. Luthien procedeva con passo regolare al moderato trotto, Sheylon ci seguiva a breve distanza... io chiusi gli occhi e respirai il vento, chiedendomi se davvero di lì a poco avrei incontrato Fyellon... chiedendomi dove fosse Guisgard in quel momento e se avesse letto la mia lettera... ma il futuro restò oscuro per la mia mente confusa... tentai di indagarlo, di concentrarmi con la speranza che nuove immagini venissero mandate a me, nuovi indizi... ma non avvenne. Sospirai. Riaprii gli occhi e vidi che eravamo giunti in una piccola piazza dalla forma irregolare, di fronte a me la strada procedeva in salita per un breve tratto, per poi aprirsi su di un imponente portone ligneo decorato da borchie in ferro lucido, sorvegliato da due guardie. Lentamente mi voltai e osservai Sheylon per un momento... che fare? |
Sheylon si fermò accanto a Luthien, che tradiva nervosismo nel vedere quella tigre.
Talia era così giunta nel centro abitato di Suessyon. Ad un tratto Sheylon saltò su. Fissava una delle stradine cittadine. Restò così per alcuni istanti, per poi voltarsi verso Talia. La fissò diritta negli occhi e un attimo dopo si lanciò rapida in quella stradina. |
Scrutai il nuovo venuto rimanendo in silenzio. Era molto affascinante. I suoi tratti virili e il suono della sua voce mi fecero arrossire le guance. Non avevo mai visto molti uomini e non erano molti quelli che avevano colpito i miei occhi con la loro bellezza. Avevo spiato molti mortali, mentre attraversavano le acque del fiume, ridendo del loro singolare aspetto insieme alle mie sorelle, ma non avevo mai parlato con nessuno di loro.
Presi il velo, sfiorando per un attimo la sua mano con la punta delle mie dita. "Il vento racconta molte cose e non sa trattenere segreti. E' un buon amico... proprio perchè non sa mentire. Tuttavia non può rispondere alla domanda che gli pongo..." Scesi i gradini, mentre il vento imperterrito gonfiava le mie vesti a giocava con i miei capelli. "Melisendra... è il mio nome" risposi sorridendo. Sistemai il velo nuovamente sul mio capo. "O almeno mi chiamano così il giovane Heyto e il mio signore." Abbassai un attimo lo sguardo sui pesanti bracciali che ornavano i miei polsi, ogni singolo accessorio, scintillante e pregiato, mi ricordava che non appartenevo a me stessa. Ma avevo fatto una promessa a quel mio strano padrone e l'avrei rispettata. Avrei seguito il mio destino, come avevo sempre fatto, accettandolo. Sollevai lo sguardo su Fyellon e gli domandai: "Forse voi sapete dirmi dove è diretta questa nave... penso che siate certamente più informato di me. Io non so nulla di questo mondo. Conosco solo la foce del fiume, laggiù verso sud, e il grande giardino del mio signore." Giocai nervosamente con i bracciali, che tintinnarono. "Allora... dove siamo diretti?" |
La reazione di Sheylon mi sorprese... non si era mai comportato in quel modo!
Mi aveva guardata un attimo, come a voler dire qualcosa, poi era scattato verso una di quelle stradine... "Sheylon!" esclamai "Sheylon, aspetta!" Subito scossi le briglie... "Vai, Luthien!" ingiunsi "Vai! Presto!" Ci lanciammo così al galoppo, inseguendo Sheylon per le stradine strette e tortuose... il cuore mi martellava nel petto... una sorta di nuova, inebriante eccitazione si era impadronita di me... Poi d'un tratto Sheylon si fermò, ed anche noi ci arrestammo. |
All'affermazione di Reas....mi sentii triste...." Perdonatemi Reas ma non ho l'abitudine di parlare male di qualcuno ....e se ho parlato di Isolde e' perche' ne ho dei buoni motivi.......comunque non ne parlero' alla Regina...vi assicuro che la verita' verra' fuori senza che nessuno di noi ne forzi gli eventi......adesso possiamo seguirvi.....andiamo dalla regina e che il suo cuore sia pronto ad ascoltarci.."....e sosi' fu....ma qualcuno era in udienza prima di noi....dovevamo aspettare.....giocavo con uan foglia del mio vestito e......avvertii la presenza di Daniel...dalla Regina c'era Daniel...." Reas...ascoltate li' c'e' mio figlio...mio figlio sta parlando con la Regina ...io devo vederlo....vi prego fate in modo che io possa vederlo...."....presi entrambi le sue mani e le strinsi tra le mie.....avevo tanta di quella voglia che lui potesse avvertire la mia disperazione.....avevo voglia che qualcuno comprendesse la mia disperazione........Altea era l'unica che mi aveva compresa senza alcuna spiegazione.......
|
Vidi Elisabeth in quel gesto improvviso, prendere la mano a Reas, rimasi stupita, la vedevo diversa e ne ero felice di questo..lei si fidava di lui, e lui sapeva darle quella sicurezza per lottare. Stavo aspettando impazientemente, a quanto pare Daniel era dalla Regina, si diceva, cosi a lievi passi mi allontanai e riuscii a scendere nel giardino. Camminavo con il vento che impetuoso mi inebriava del profumo di quei fiori, delle spezie ed essenze che vidi in quel bazar...come avrei voluto andarci, libera e percepire ciò che mi dava il profumo del bergamotto, della Rosa d'Oriente..e mentre pensavo a tutto questo per magia mi apparì..eccola, un bellissimo albero di Camelie, presi una e ne assaporai il profumo, era la prima volta che potevo toccarla con mano. Ma ad un tratto la mia attenzione fu destata da quel cancello in oro...mi avvicinai, con la mia Camelia in mano, e guardai il chiavistello di diamante..."Ma dove mai porterà questo posto".
|
Spiegò Haro. “Attendiamo solo i tuoi ordini per partire.”
Occorse del tempo a Chantal per riprendersi.Il fuggiasco era stato crudo,e la ragazza comprese che non fosse un uomo da mediazione,ma aveva la tempra del leader,così non lo osteggiò.Infine, non ne aveva la forza nè si sentiva dello stato d'animo di reagire o giudicare ed aventualmente giustificare le sue o le altrui responsabilità. Vayvet stabilì di partire coi favori della notte,questo lo avrebbe esposto di meno alle forze delle milizie,permettendogli di guadagnare un vantaggio sulle guardie del Castaldato. Tutto il giorno trascorse in religioso silenzio. Chantal e la governante erano rimaste l'una accanto all'altra,e sebbene la questione sollevata da Vayvet avesse turbato le due donne,alcuna delle due,fino all'ultimo momento,si espose sulla propria decisione.In realtà Chantal conosceva già quale sarebbe stata la sua decisione,ma aveva preferito che il giorno scorresse senza l'agitazione dei fatti prestabiliti. Dal canto suo,la governante confidava nel Cielo,impegnando il suo tempo nella recita delle preghiere. I fuggiaschi,invece,si erano divisi,come già s'era verificato nella notte precedente,Haro e Monty sorvegliavano la casa da fuori,Vayvet,invece,tentò di riposarsi,sebbene non avesse ceduto un solo momento alla sua inclinazione di scrutare con sospetto quella ragazza che,visibilmente scossa,cercasse di mantenere un contegno ed una calma che lo destabilizzavano. Calata la notte Vayvent si replicò,domandando alle due donne di comunicargli chi li avrebbe seguiti. Avanti, decidete…” rivolgendosi nuovamente a Chantal “… voi o la vostra governante?” "Io"rispose la ragazza con fermezza,"Io verrò con voi."Ribadì col cuore che le balzava in gola. La governante fu colta da un improvviso sussulto,si precipitò verso la ragazza e la abbracciò,in lacrime e cercando di convincerla che la cosa giusta da fare fosse che lei prendesse il posto di Chantal,essendo,a suo dire,più anziana e meno esposta agli interessi di quegli uomini privi di scrupoli e ignari delle buone maniere. Ma Chantal la tranquillizzò e trovò anche la forza di sorriderle amorevolmente,spiegandole che confidava in Vayvet,essendosi dimostrato comunque ragionevole e benevolo con lei. Infine,Chantal raccomandò alla governante,non appena fosse sorto il nuovo giorno,di cercare suo padre,trattenuto,sperava la ragazza,da qualche imprevisto o urgenza,e rasserenarlo sul suo ritorno che,le promise,sarebbe avvenuto presto. Nel buio appena infranto dai pallidi raggi della Luna,Vayvet guidò i suoi e la ragazza nelle scuderie, Furono prelevati quattro cavallitra ,quelli già ferrati per il viaggio non più intrapreso. A Chantal fu concesso di montare il suo,e questo la rassicurava e la faceva sentire meno sola ed abbandonata. Il suo cavallo,un maschio Holsteiner dal manto bianco e lucente che in quella notte nerissima brillava come una muminosa stella dalla luce azzurrina,nitriva per la diffidenza verso gli estranei,ma Chantal riuscì comunque a rassicurarlo carrezzandogli il muso ripetutamente e sussurrandogli qualcosa all'orecchio. Ma anche Chantal era agitata e turbata,e il suo compagno lo percepiva al tatto.Del resto,la conosceva da tempo. Vayvent trovò allora il modo di rincuorare e tranquillizzare la ragazza,domandandole,accennando un impercettibile sorriso,se,come s'era ostinata a fare col suo,avrebbe celato a lui anche il nome del cavallo. Chantal gli sorrise leggermente di rimando,scuotendo la testa,quasi un poco divertita dall'idea di beffarsi di lui,e,ancora una volta non rispose. Vayvent non insistette oltre,comprendendo che fosse già traumatizzante per la ragazza tutta quella circostanza. Lasciarono il viale della casa adagio,poi a ritmo più sostenuto presero a galoppare verso Nord,imboccando la vallata del Calars. Monty e Haro li anticipavano,quasi come due sentinelle. Vayvet e Chantal cavalcavano uno di fianco all'altra,pochi passi indietro. Vayvent,di tanto in tanto,si percuoteva il petto tentando di tenere la mano salda sulla ferita,probabilmente gli doleva,sebbene volesse mostrarsi forte e duro. E alternava a quell'azione il massaggiarsi il collo,anche egli era stanco e provato,i suoi muscoli tradivano rididità e turgidità dovuta a mancato riposo. Non si vedeva molto nel buio,l'unica luce era il luminoso astro del cielo che in quella vallata del Calars, umida e velata di foschia,non si mostrava nitido ma contornato da un alone che conferiva a quella Luna quasi piena un'insolita magia. Chantal fu attraversata da una moltitudine di pensieri che si susseguivano e la tormentavano.Non sapeva a cosa andasse incontro,non aveva avuto notizia alcuna del padre,viaggiava verso l'ignoto con dei fuggiaschi ricercati e,a quell'ora,sarebbe dovuta essere in viaggio verso Pierre. Il freddo della notte la faceva tremare,si avvolse nella cappa,cercando di tenere al caldo anche le mani che stringevano le redini,il cappuccio tendeva a scivolarle al trotto e sospinto dal venticello notturno che le accarezzava il volto e le soffiava nell'anima e nei pensieri reconditi e malinconici ricordi,ed ella era costretta ad accomodarselo ripetutamente. E la nostalgia di casa e dei suoi affetti l'assalì improvvisamente,tanto che la ragazza seguiva quegli uomini quasi fosse assente da quei luoghi attraversati e lontana da quegli uomini. Si levò,poi,un aromatico profumo di muschio che le fece comprendere d'essere prossimi al lago. Quel profumo era a lei inconfondibile,una sola volta lo aveva sentito,ma le era rimasto impresso nei ricordi e nei sensi. Ripensò a quando lo avevano prediletto come sosta nel loro viaggio verso sud quel lago dalle acque lucenti come il cielo che incontra la giada,si ricordò della lettera di Pierre che solo il giorno prima stringeva al petto ed annusava caldamente,e ricordò di come suo padre avesse acconsentito al viaggio mai intrapreso e che lei tanto desiderava compiere. E poi,le fiere notturne,presago di pericolo ed inquietudini,o forse,solo amplificatori delle sue angosce. Chantal cercò di respirare quel profumo e scacciare i suoi timori,ma fu solo più inquieta,allora ruppe il suo silenzio e volgendosi verso Vayvet domandò:"Da chi fuggite?Solo dalle guardie del Castaldato?" |
Reas restò colpito da quel gesto di Elisabeth.
“Va bene, milady…” sussurrò il capitano alla donna “… vi condurrò davanti alla regina e potrete vedere vostro figlio…” Reas allora fece cenno al servitore di farli entrare. Il suo ruolo a corte gli consentiva di vedere la regina molto più spesso di quanto fosse normalmente consentito agli altri cortigiani. Reas ed Elisabeth si presentarono così davanti alla regina. Nella sala vi erano anche il medico Nigros e Daniel. “Presumo che sia importante” disse la regina “il motivo che vi ha spinto a chiedere udienza, capitano…” “Perdonatemi, maestà.” Chinandosi Reas. “Volevo parlarvi dei visitatori giunti a Tylesia…” “Si, stavo giusto parlando con il dottor Nigros” fece la regina “e di uno dei nuovi arrivati…” fissò Elisabeth “…. voi vi sarete fatto un’idea sul loro conto, immagino…” domandò al capitano. “Si, maestà.” Annuì Reas. “Ed è positivo… se così non fosse, non mi sarei permesso di condurre a voi lady Elisabeth…” |
Altea si era allontanata da Reas e da Elisabeth.
Passeggiò nel parco, fino ad avvicinarsi nuovamente al bellissimo cancello d’oro chiuso con quel lucchetto di diamante. Restò a fissarlo, in balia dei suoi pensieri. “A chi appartiene davvero quel meraviglioso fiore? Chi lo custodirà sopra ogni cosa in fondo al cuore! Dimmi, mia musa, tal meraviglia come si conserva? C’è chi lo guarda, chi lo possiede e chi lo preserva! Come potrò chiamarlo mai in quel mistico verziere? Battezzalo come il tuo sogno più grande, cavaliere!” E finito di recitare quei versi, il cantastorie si avvicinò ad Altea. “Salute a voi, bella dama!” Con un inchino. “Non temete il freddo voi? O bastano i vostri sogni a riscaldarvi?” |
Fyellon ascoltava con un sorriso le parole di Melisendra.
La ragazza parlava e gesticolava con un candore non comune. “A dire il vero” voltandosi verso l’orizzonte che sembrava inghiottire le acque del Calars “non conosco la meta di questo viaggio… anzi, ad essere completamente sincerò vi dirò che ho fatto di tutto per non saperlo… cerco una terra tanto remota da far perdere ogni mio ricordo in coloro che ho conosciuto… una terra che mi accolga per quello che sono… un esule… un esule da tutto ciò che ho cercato di conquistare e che invece mi è stato sottratto…” il suo sguardo si perse, per un momento, tra la vegetazione che cresceva sulle sponde del fiume e che i densi vapori che nascevano da questo rendevano sfocata ed incantata “… voi avete parlato del vostro padrone… siete dunque una schiava?” |
I cavalli procedevano nella foresta e tutto intorno ai quattro fuggitivi, man mano che l’imbrunire avanzava, assumeva forme inquietanti e sconosciute.
“Da cosa fuggiamo?” Ripeté Vayvet senza però fissare Chantal. “Forse dal mondo… un mondo che non ci ha mai accettati veramente…” strinse la mano contro la ferita, come a voler attutire gli scossoni provocati dall’andatura del suo cavallo “… come voi, del resto… neanche voi ci accettate, visto che mi avete negato anche il vostro nome…” accennò un sorriso “… ma lo comprendo… io vi ho negato la libertà… così saremo pari…” Monty rise forte. “Una volta in salvo” rivolgendosi a Vayvet “cosa ne faremo di lei, capo?” Fissò Haro e rise forte. “Seguiremo le regole, no? Le regole che abbiamo sempre rispettato… la tireremo a sorte per vedere chi la possiederà per primo!” “Vedremo…” mormorò Vayvet. “Ma come, capo?” Stupito Monty. “Abbiamo sempre fatto cosi!” “Hai già fatto un sacco di idiozie.” Fece Vayvet. “Ora smettila di seccarmi.” Monty scosse il capo. Ad un tratto Vayvet aumentò il passo e raggiunse una radura irregolare. “Passeremo qui la notte.” Voltandosi verso gli altri, che erano rimasti più indietro di qualche passo. “Non temere piccola…” mormorò Monty avvicinandosi a Chantal “… presto io e te ci divertiremo non poco… e vedrai che quando avrò finito con te, perderai quell’aspetto da brava ragazza che ti hanno cucito addosso…” Giunti anche i tre nella radura, il gruppo si apprestò a trascorrere lì la notte. Haro accese un piccolo fuoco, giusto per scaldarsi, mentre Monty raccolse qualche frutto per la cena. “Haro…” fece Vayvet “… farai tu il primo turno di guardia… poi toccherà a Monty…” Poco dopo, i due fuggiaschi si addormentarono, mentre Haro si sistemò presso una roccia e cominciò il suo turno di guardia. |
Sheylon, col suo passo felpato e la sua agilità, correva in quelle stradine.
Due passanti si ritrovarono davanti il grosso felino e restarono impietriti, increduli, credendolo una visione frutto della notte imminente. Incurante, la tigre proseguì la sua corsa, mentre alle sue spalle Talia in sella a Luthien cercava di stare dietro a quel superbo animale. Sheylon alla fine arrestò la sua corsa davanti ad una locanda, dalla quale provenivano grida, risate e musica. Il Felino fissò la porta del locale, per poi correre verso una delle finestre che davano al suo interno. Un capannello di gente circondava un tavolo, sul quale c’erano dei bicchieri e diversi pugnali. “Avanti, cavaliere…” alzandosi uno zingaro “… vediamo quanto vi assisterà ancora la vostra fortuna!” Buttò giù tutto d’un sorso l’ennesimo bicchiere e prese poi uno dei pugnali sul tavolo. Mirò contro la parete, sulla quale era stato dipinto uno scudo, per poi lanciare il pugnale proprio al centro del disegno. “Centro anche stavolta!” Gridò. “E ora a voi e alla vostra fortuna!” Il cavaliere lo fissò ed abbozzò un sorriso. Si alzò e per un attimo barcollò, come se tutto attorno a lui girasse senza sosta. Respirò forte e svuotò un altro bicchiere. Scosse poi il capo come a volersi destare. Prese il pugnale e lo baciò, per poi lanciarlo, un attimo dopo, verso lo scudo dipinto alla parete. Il suo pugnale si conficcò proprio al centro, facendo cadere quello lanciato precedentemente dallo zingaro. Tutti allora urlano di gioia e applaudirono quel colpo lanciato da Guisgard. Questi, visibilmente brillo, si lasciò cadere su una panca alle sue spalle, ridendo all’esaltazione di chi lo circondava. “E’ stata solo fortuna!” Esclamò lo zingaro. “Bevi e non pensarci, Djan!” Disse uno dei presenti. “Fortuna?” Avvicinandosi al cavaliere una zingara. “Spero di no, messere!” “Perché, dolce amica?” Ridendo Guisgard. “Perché, come si dice…” con fare malizioso lei “… sfortunato al gioco, fortunato in amore… e tu hai vinto una notte d’amore, messere! Ed io sono il tuo premio per quel magnifico centro!” “Già, godetevi la vostra dannata fortuna, cavaliere!” Con rabbia Djan lo zingaro. “Come ti chiami, angelo?” Chiese Guisgard alla donna. “Oh, stanotte sarai tu a scegliere il mio nome, messere…” E tutti risero di gusto. http://images.moviepostershop.com/ca...1020512653.jpg |
Guardavo attraverso quel cancello ma davanti a me non riuscivo a scorgere nulla, tenevo stretta quella Rosa d'Oriente quando udii proferire delle parole..
“A chi appartiene davvero quel meraviglioso fiore? Chi lo custodirà sopra ogni cosa in fondo al cuore! Dimmi, mia musa, tal meraviglia come si conserva? C’è chi lo guarda, chi lo possiede e chi lo preserva! Come potrò chiamarlo mai in quel mistico verziere? Battezzalo come il tuo sogno più grande, cavaliere!” Mi voltai di scatto..un cantastorie?? Sorrisi e mi avvicinai a lui. "I miei omaggi, molto belli questi versi, a chi sono dedicati? alla Regina? è un indovinello per entrare dentro un Regno magico oltre quel cancello?? Non stavo sognando mio cantastorie, in questo posto freddo è difficile sognare ma voi mi avete fatto sorridere e io vi dono in cambio questo"...e allungai la mia mano per dargli quel fiore. |
Guardai la bambina e dissi no non vi libero mi spiace dentro di me sentivo male vedendo quella scena ma dovevo essere forte poi guardai il clerico e dissi riusciremo a salvare questa bambina dal quel mostro che se impossessato? domandai e aspettai
|
Giungemmo alle porte del villaggio e ci dirigemmo verso una donna che vendeva prodotti agricoli..... il Maestro Redentos chiese se vi era qualcuno che potesse venderci una barca o accompagnarci, ma non ottenemmo granchè. Finchè la Provvidenza ci indicò un uomo ed una banvhina dove era ormeggiata la barca. Sarebbe stata la nostra occasione per intraprendere questa ricerca ed il viaggio che ci avrebbe portato nel magico Calars.
"Speriamo che faremo presto" dissi tra me e me. "Chissà, il destino che aveva in serbo per noi". |
Ero un po' delusa. Chinai il capo.
"A quanto pare nessuno lo sa... e chi lo sa non vuole dirmelo..." lanciai un'occhiata a Heyto, ancora sul ponte. "Schiava?" Riflettei un attimo "Sì, suppongo sia ciò che sono... Si comprano... gli schiavi si comprano... e Heyto mi ha comprata al mercato di questo porto per il suo padrone, che ora è anche il mio." Il vento si era levato di nuovo e soffiava come a volerci sospingere verso l'ignoto che attendeva entrambi. "Forse è il mio destino... Non si combatte il destino, lo si accetta. Ma in questo io non sono mai stata brava... Immagino di potermi definire esule anch'io. Esule da un luogo che non vedrò mai più finchè respiro." Feci un cenno a Heyto, che mi osservava dal ponte superiore. |
Smontai da cavallo e mi avvicinai a Sheylon...
“Beh, si può sapere che cosa ti è preso? Che cosa ci sarà mai qui che...” Ma il resto della frate mi morì in gola quando fui sufficientemente vicina alla finestra per poter vedere all’interno della taverna... “Oh...” Per molti minuti rimasi lì, immobile, come pietrificata... i miei occhi seguivano i movimenti di quella gente quasi meccanicamente, quasi contro la mia volontà. “E’ per questo dunque, Sheylon, che mi hai fatta venire qui?” mormorai infine, la voce bassa e vagamente roca, come se riuscisse molto a fatica ad uscirmi di gola “Perché potessi godere di questo spettacolo?” In fretta distolsi lo sguardo... mi dava fastidio guardare, mi faceva male... Squallido... sì, pensai che quella fosse la definizione più corretta per la scena cui avevo appena, involontariamente, assistito: era squallida! Mille sensazioni si agitavano in me... rabbia, dolore, delusione, tristezza, un vago senso di solitudine... in preda a ciò mi diressi verso la porta ed afferrai con decisione la maniglia... Per un attimo rimasi lì... in piedi di fronte alla porta, tentando con tutta me stessa di trovare il coraggio per spingerla... eppure la mano mi tremava tanto e tanto convulsamente che anche solo scostarla risultava un’impresa. “Al diavolo!” sbottai alla fine, voltando le spalle al battente e chiudendo gli occhi... un momento... Ma subito un nitrito di Luthien e un basso e sordo brontolio di Sheylon mi indussero a tornare tra loro, proprio mentre una potente raffica di vento ci investiva... “E va bene!” sospirai “Va bene! In fondo non credo che il signore di questo posto ci concederà udienza prima di domani mattina, vero?” Stringendo i pugni per farmi coraggio, dunque, tornai a fronteggiare la bassa porta della locanda... poi, senza pensarci troppo, afferrai la maniglia e la spalancai... Il potente vento che si era alzato fece dunque irruzione nella piccola stanza rettangolare: lambì il mio corpo, gonfiando lo spesso mantello che mi scivolava dalle spalle e facendomi volare i capelli, e poi rotolò all’interno portando con sé nuvole di polvere, foglie secche e quant’altro. Io rimasi sulla soglia per un istante, muovendo gli occhi tra le persone che si trovavano lì, indugiando un istante su Guisgard ma evitando accuratamente di guardare la donna appesa al suo collo, infine mossi qualche passo immediatamente seguita da Sheylon. “Noi vorremmo una stanza dove poterci riposare...” dissi con voce carezzevole e suadente all’uomo dietro al bancone quando lo raggiunsi, accennando appena alla tigre “Almeno fino a domani mattina! E vi sarei grata, signore, se fosse lontana dalla confusione! Oh...” soggiunsi, sempre con il medesimo tono “Qui fuori c’è il mio cavallo... non sareste magari così gentile da offrire un ricovero anche a lei?” |
Il cantastorie sorrise ad Altea.
“Questo fiore è per me?” Guardando il bel fiore nella mano della ragazza. “Oh, ma non dovreste privarvene, milady… vedete…” strimpellando la sua lira “… secondo una leggenda longobarda, i sogni, quando giungono nel mondo mortale, assumono l’immagine di un fiore… siete giovane e bella e a mio dire dovreste donarlo ad un bel messere, capace di conquistare il vostro cuore con gesta degne del suo dolce e cortese battito.” Di nuovo mostrò un lieve e delicato inchino. “I miei versi? Erano solo dedicati al vostro sguardo che fissava oltre quel cancello. Però forse, chissà, potrebbero anche celare la chiave per quel mondo di cui accennavate… dite che fa freddo? Si, ma non abbastanza da rendere i sospiri di una donna insensibili al cuore del proprio cavaliere… permettete che mi presenti a voi, milady… sono Fin Roma il Cappellano!” http://3.bp.blogspot.com/-re9UQanE3A...600/rupert.jpg |
Ritrassi subito la mano che porgeva la Camelia, e guardaii il cancello. Rimasi impietrita..cosa mai stava dicendo questo cantastorie? Lo fissai per un attimo in silenzio, non sapendo se fidarmene o meno, visto le persone che ivi vivevano..."I miei omaggi messer Fyn Roma, io mi chiamo..Altea. Ahimè avete letto male sia nel mio cuore che nei miei pensieri, poichè i miei sospiri non erano per nessun cavaliere...triste vero per un narratore di amori come voi?" dissi con sospiro forzato.
|
Padre Nicola continuò a recitare il rituale dell’esorcismo.
Fissò poi Cavaliere25 con i suoi occhi penetranti e fece un leggero cenno, come a volergli dire di continuare a vegliare. Poi si avvicinò alla bambina e la segnò tre volte con l’Acqua Santa. A quel tocco, la bambina urlò e si dimenò fino a sfinirsi. Ma con le ultime forze rimaste, rivolgendosi a Cavaliere25, mormorò: “Non rivedrai mai più i tuoi amici frati… non costruirete nessuna chiesa perchè questo luogo è mio… anzi, non uscirai mai più da questa selva…” “In nome di Gesù Cristo e del suo Preziosissimo Sangue” gridò padre Nicola “abbandona questa bambina, demone! E’ Lui che lo comanda!” E toccò la piccola col suo Crocifisso benedetto. Poi, sfinito, il chierico si appoggiò al muro. Ad un tratto la bambina cominciò a vomitare, per poi cadere con la testa all’indietro sul letto. Padre Nicola allora aprì la porta e fece cenno ai genitori di entrare. E nel vedere la piccola corsero ad abbracciarla. “Padre…” in lacrime il papà della piccola “… grazie…” “Ringraziate Dio.” Fece il chierico. Uscì allora all’aperto per riprendersi dalla fatica. Si lavò il viso nella piccola fontana davanti alla casa e poi fissò Cavaliere25. “Sei stato bravo, ragazzo…” mormorò per poi sorridergli. |
Redentos, Parsifal e il nano Avid, come indicato loro dalla donna, raggiunsero la casa del venditore di barche.
“Salute a voi, buon uomo…” disse il cavaliere al vecchio Maroc “… ci occorre una delle vostre barche.” “Le do solo in noleggio, milord.” “Io voglio acquistarla.” “Impossibile, non mi priverò di nessuna delle mie barche.” “Vedete…” spiegò Redentos “… stiamo per cominciare un viaggio del quale io e i miei compagni ignoriamo ogni cosa… non voglio dunque recarvi danno…” “Un viaggio verso l’ignoto?” Fissandolo Maroc. “Forse.” “Allora non se ne parla.” “Pagherò il doppio del valore per averne una.” “Neanche per il triplo.” Scuotendo il capo il venditore. “Vi prego, ci serve una barca…” “Cercatela altrove.” “Non vi sono altre barche nei paraggi…” fece Redentos “… cercarla renderebbe ancora più lunga la nostra ricerca…” “Conoscete almeno il nome della vostra meta?” “Tylesia…” Maroc restò turbato. “Non accetterò soldi…” disse ai tre “… ma vi darò la barca…” “Davvero? E il vostro guadagno?” “Mi porterete una cosa” rispose Maroc “quando ritornerete.” “Forse non ritorneremo…” fissandolo il cavaliere. “Se tornerete, mi porterete ciò che chiedo…” “Cosa?” Domandò Redentos. “Qualcosa di quel luogo…” rispose Maroc “… sceglierete voi cosa…” “Si, avete la mia parola.” Annuendo Redentos. |
Fyellon ascoltò ogni parola di Melisendra.
“Il destino, damigella…” fissandola “… il destino… non esiste, nulla è scritto… siamo noi gli artefici delle nostre fortune o delle nostre miserie… e mi rifiuto di credere che una ragazza giovane e bella come voi, sia vittima della volontà di pochi… e che chiami poi tutto questo col nome di destino…” lasciò poi che il vento spettinasse i suoi capelli biondi “… quindi, se ho ben compreso, chi vi ha acquista si trova a bordo, vero?” In quel momento, incuriosito da quella conversazione, ai due si avvicinò Heyto. “Melisendra, non stare troppo sul ponte…” disse alla ragazza “… l’aria è fredda.” Fissò poi Fyellon. “Siete il passeggero imbarcato all’ultimo momento, cavaliere?” “Si, messere.” Rispose Fyellon. “Vedete, credo sia spiacevole tutto ciò…” fece Heyto “… la nave è stata prenotata tutta dal mio signore… egli non ammette estranei nei suoi affari… il capitano ci aveva assicurato sulla vostra cortese discrezione, ma vedo che la situazione è ben diversa.” “Stavo solo scambiando qualche parola con lady Melisendra.” Replicò Fyellon. “Non immaginavo che ciò recasse disturbo a qualcuno…” “Potrebbe, cavaliere.” Fissandolo Heyto. “Forse dovrebbe decidere lady Melisendra con chi trascorrere il suo tempo, messere.” “Ella appartiene al mio signore.” Rispose Heyto. “Come questo viaggio… e voi siete ospite su questa barca.” “Ho pagato il biglietto, messere.” Mostrando il biglietto a Heyto. “E solo quello avete acquistato, cavaliere.” Replicò questi. “Vieni, Melisendra, rientriamo nelle nostre cabine.” Rivolgendosi poi alla ragazza. |
Fin sorrise a quelle parole di Altea.
“C’è sempre una storia d’amore” disse “da narrare a questo mondo. Grazie a Dio.” Accarezzò la sua lira. “Vi rivelerò un segreto… mi annoiavo e rattristavo prima del vostro arrivo, milady… qui, purtroppo, nessuno parla d’Amore, sapete? E capirete che per me è un dramma, visto che mi guadagno da vivere con i versi e le rime di codesto sublime sentimento… e così, non posso fare altro che strimpellare alla Luna ed esercitare le mie funzioni di chierico… anzi, vi consiglio di non dire ad alcuno di aver parlato con me… pare che la mia presenza in questo posto non sia molto gradita… probabilmente mi sopportano solo perché sono un chierico!” E rise di gusto. |
Talia, come accompagnata dal vento, entrò nella locanda.
Nel vederla tutti restarono meravigliati. Ma, un attimo dopo, i loro sguardi tradirono turbamento e spavento. La ragazza, infatti, era accompagnata dalla fedele tigre, un animale che quasi tutti i presenti non avevano mai neanche visto in un libro. “Ma quel…” mormorò il locandiere fissando Sheylon “… quell’animale… non sarà pericoloso?” “Io ne vidi uno, una volta!” Fece uno degli zingari. “Si, in un circo! E ricordo che il padrone affermava che occorrono trenta chili di carne al giorno per sfamare una bestia simile!” “Secondo me arriva a mangiarsi anche un uomo intero!” Aggiunse un altro dei presenti. Il locandiere, allora, senza mai perdere di vista la tigre, fece cenno ad uno dei suoi figlioli di andare a prendere il cavallo della ragazza e portarlo nella stalla. “Però la stanza va pagata prima…” rivolgendosi di nuovo a Talia “… e viene il doppio, a causa di quel vostro animale…” indicando Sheylon. “Allora, hai deciso come chiamarmi stanotte, cavaliere?” Fece la zingara buttando le braccia al collo di Guisgard. “Talia!” Saltando su il cavaliere. “Talia…” sorridendo la donna “… e sia, mi chiamerai così quando troverai piacere nel farmi tua per tutta la notte…” “Ehm…” balbettò Guisgard “… magari un’altra volta, angelo…” e si diresse poi verso Talia, barcollando e urtando molti dei presenti. "Ehi, mi lasci così, cavaliere?" Gridò la zingara. “Ehi, il vino ti rende focoso, eh?” Urlò divertito uno di quelli a Guisgard. “Una non ti basta! Vuoi anche la biondina!” E tutti risero. “Attento alla tigre che si porta dietro!” Gridò un altro. E di nuovo si udirono le grasse risate dei presenti. Alla fine Guisgard riuscì ad arrivare al bancone, dove Talia stava parlando con il locandiere. “Ma perché continuate a girare tutti?” Scuotendo la testa, come a volersi liberare dai capogiri. “Perché avete annaffiato la vostra gola” rispose il locandiere “con tre grosse giare del vino della casa!” Guisgard zittì con un cenno infastidito il locandiere e poi tornò a fissare Talia. “Cosa diamine ci fai qui?” Rivolgendosi a lei. “Dovresti essere al Casale a quest’ora…” “Eh, amico mio…” avvicinandosi lo zingaro col quale aveva gareggiato e dandogli una pacca sulla spalla “… si vede che si annoiava la tua amica da sola!” E scoppiò a ridere. Ma, con un pugno rapido e improvviso, Guisgard lo colpì facendolo cadere pesantemente su di un tavolo, che lo zingaro frantumò. A quel punto scoppiò una rissa generale. |
Ascolta attentamente le parole di quel messere, facendo girellare quella Camelia tra le mie mani "Perdonatemi...padre...se mi sono rivolta in questo modo a voi, soprattutto per le funzioni che espletate. Avete ragione, in questo palazzo e in questa città si respira solo l' Odore dell' Odio, sapete che sono qui come prigioniera? E non capisco il motivo, anzi in questo momento dovrei essere con i miei compagni davanti alla Regina per cercare di avvisarla che la sua donna cavaliere vorrebbe farci fuori". Presi un attimo di respiro e mi sedetti su una panchina, gli sorrisi, quell'uomo mi era simpatico "Messer Fyn, o Padre Fyn...io vi lascerò parlare dell' Amore finchè le stelle brilleranno e la vostra Musa in Cielo rischiarerà la notte, senza di voi i sogni non esisterebbero. Non preoccupatevi, serberò la nostra promessa, non dirò nulla di voi, e mi auguro ancora di trovarvi in questo giardino, ma ora devo andare a cercare i miei compagni...ne va della nostra vita". Con un cenno della testa mi accomiatai e salii le scale di alabrastro e ambra cesellata che portavano alla porta d'ingresso al castello, a passi veloci mi recai vicino al Salone Reale, ma Elisabeth era già entrata e cosi chiesi a una guardia vicino se potesse farmi la cortesia di entrare.
|
La sala del trono era magnifica.. Mi inchinai e dissi..
<<Sono Daniel vostra maestà..>> E iniziai a raccontare la mia storia proprio com l'avevo raccontata al medico senza bugie.. Alla fine mi sentivo di nuovo svuotato e mentre aspettavo dissi a Elisabeth: "è il momento.." |
Trattammo l'acquisto con il venditore di barche ma sembrava un'impresa molto complessa, era testardo e contrariato all'idea di venderci la barca, mi chiesi il perchè... anzi avrebbe guadagnato pure un bel gruzzolo.
In attesa di ordini presi il mio diario e decisi di imprimere su una delle sue pagine il fiume che ci avrebbe condotto al sacro luogo. Improvvisamente, l'uomo decise di affidarcela senza aver alcun compenso.... rimasi perplesso ma alla fine sentì nominare Tylesia....sicuramente ne sapeva qualcosa...ero pronto a chiedergli cosa sapesse ma avanzò una richiesta, quest'uomo voleva come compenso un oggetto speciale. Cosa poteva mai desiderare un barcaiolo? Questo ci avrebbe riscattato dal debito,salimmo in barca.... Il viaggio stava per cominciare. |
Grazie dissi guardando il prete voi come state vi vedo sfinito dovete riposarvi non è stato facile quello che avete fatto e gli sorrisi poi dissi ma quello che a detto il demone su i miei amici frati e sulla chiesa cosa devo pensare dissi guardandolo con un aria pensierosa
|
Reas senti' qualcosa che lo indusse a non dubitare delle mie parole, lasciai le sue mani, quando mi accorsi che Altea aveva preferito allontanarsi.....sembrava che ognuno di noi stesse cercando la strada giusta per riuscire ad uscire indenni da quella storia......Reas decise cosi' di condurmi al cosptetto di sua maesta'....entrai lentamente restando sempre dietro di lui......mentre i miei occhi cercarono quelli di Daniel e vidi che none ra solo.....c'era il cerusico con lui.....Daniel.....l'istinto materno era quello di prenderlo tra le braccia....ma vidi Reas spostarsi e lasciarmi spazio rimanendo visibile agli occhi della Regina......si, pensai, Daniel hai ragione, dobbiamo dire chi siamo, ma di Isolde ne parleremo quando sara' il momento....... feci un inchino e presi la parola" Vi ringrazio Vostra Maesta' per avermi dato udienza nonostante foste gia' impegnata, ma Danil e' mio figlio e sapendo che lui era qui ho chiesto al vostro Capitano di anticipare la nostra udienza,sentivo l'urgenza di sapere come stava.......sono Lady Elisabeth figlia di Cherys principessa delle acque......e come sua figlia ora sono Regina dei boschi.......vi sembrera' assurdo da parte mia ...dirvi quello che magari dovrei tacere.....ma alle volte l'istinto e' piu' forte della ragione......Voi non mi conoscete e chiedere al vostro istinto di fidarsi sarebbe azzardato, ma se voi riusciste a guardarmi negli occhi...forse potreste comprendere le mie paure......tra le mura di questo castello...tra i giardini di questa citta'....tra i fiori che voi stessa amate guardare......si insinua una serpe, che non ammette errore che non ascolta giustizia e' infido e biforcuto........e' viscido e strisciante, sembra alle volte di strana natura, impalpabile al tocco fetido all'olfatto.....se siamo qua e' la natura stessa che ci ha voluto......e' lei che ci ha spinto nella vostra terra....il destino degli uomini e' fatto di libero arbitrio.........il mio no ".......mi avvicinai cosi' a Daniel e gli poggiai il mio braccio sulle sue spalle e la mia energia passo' tra le sue stanche....membra
|
Avevo assistito a quello scambio di battute ed ero rimasta in silenzio, trattenendo il velo al suo posto sul mio capo.
"Heyto..." mormorai "Ti prego, non succede nulla di male." Mi guardai attorno, mentre il vento soffiava con insolita tranquillità. Aveva quasi smesso di soffiare. Che intendesse non favorire le vele della nostra nave? "Preferirei restare sul ponte... dove l'aria è migliore..." ma chinai il capo "Ma verrò con te... credo che ci siano domande alle quali forse mi risponderai, una volta salpati..." Gli ricordai la nostra conversazione precedente, quando aveva magistralmente eluso le mie incalzanti domande su quale fosse il mio destino e chi ne fosse la causa. "Sir Fyellon, io abbraccio la mia sorte quale che sia... sono lieta che voi pensiate altrimenti." Prima di seguire Heyto passai di fianco al cavaliere e, in un soffio, gli dissi: "Buon viaggio, cavaliere..." Con un turbine di veli leggeri, che mi si incollavano addosso ad ogni movimento, scesi verso le cabine. |
La regina annuì a Daniel.
“Comprendiamo ciò che avete provato…” disse “… ma, in tutta sincerità, possiamo anche capire, seppur sforzandoci, le ragioni che hanno spinto i cavalieri di lady Shoyo a quel gesto estremo. Però, da ciò che vediamo, la vostra mano sembra essere ricresciuta. E se per certo i lumi della ragione ben ci istruiscono circa l’inesistenza di arti oscure, quali la magia e la negromanzia, allora dobbiamo per forza di cose ritenere miracolosa la ricrescita della vostra mano.” “Perdonate, maestà…” facendo un passo avanti Nigros “… la mano che vedete è, ahimé, finta. Essa è di cera, anche se in tutto e per tutto simile ad una vera.” “La vostra abilità e le vostre conoscenze” fece la regina “sanno sempre sorprenderci, dottor Nigros.” “Ho cercato di fare il possibile per questo ragazzo.” Mostrando un inchino questi. “E’ in gamba e dai nobili sentimenti. Ed è per questo che vi chiedo la grazia di poterlo avere come assistente.” “Gode già della vostra fiducia, dunque?” “Si, maestà.” “E sia.” Annuì la regina. “Ma dovrà prima superare un periodo di prova. Al termine del quale, se la vostra opinione su di lui resterà questa, potrà essere ufficialmente vostro apprendista e assistente.” “Vi ringrazio, maestà.” La regina si voltò poi verso Elisabeth ed ascoltò anche le sue parole. “Una serpe in seno dite…” fissandola “… sapete che questi sospetti sono molti gravi? Tylesia ed il suo popolo hanno dei nemici… nemici terribili, ma fuori le sue mura. Le vostre insinuazioni sulla nostra corte sono inaccettabili.” In quel momento Reas, avvertito dal servitore, fece entrare Altea e la condusse al cospetto della regina. “Questa è lady Altea, maestà.” Presentando la ragazza alla sovrana. Ma proprio in quell’istante qualcuno entrò nella sala del trono. “Venite pure avanti, lady Isolde.” Disse la regina alla donna appena entrata. http://m.onet.pl/_m/1a6bb3b85d3407d6...29b98,12,1.jpg |
Presa una delle barche del vecchio Maroc, Redentos, Parsifal e Avid partirono.
Ma prima, il barcaiolo aveva dato loro una cartina. Era molto antica e su di essa era tracciato qualcosa di misterioso e preziosissimo: il corso del Calars, fino alle sue sorgenti. E proprio nelle sorgenti del fiume, la cartina segnava l’ubicazione della favolosa Tylesia. Navigarono così seguendo il corso di quel caldo fiume. Man mano che avanzavano, la vegetazione che circondava il Calars mutava sensibilmente. Le piante e gli alberi, compresi i loro frutti, apparivano più rigogliosi e maturi di come normalmente erano abituati a vederli i tre viaggiatori. Una selva lussureggiante cominciò a farsi strada e ad avvolgere tutto. “Sono i caldi vapori del Calars” spiegò Avid il nano “che rendono così il paesaggio circostante. D’ora in poi assisteremo a degli spettacoli naturali molto diversi da quelli che siamo abituati a vedere.” La barca proseguì ed in breve raggiunse le pareti di roccia dove era naufragato il Carrozzone di Goz. Attraversarono così la lunga gola rocciosa, fino ad arrivare presso un vasto canale. Qui la corrente del Calars cominciava ad aumentare d’intensità. “Partendo il Venerdì” disse il nano (infatti il viaggio dei tre era cominciato tre giorni fa) “abbiamo approfittato della clemenza del Calars. Ma ormai un nuovo giorno sta sorgendo, essendo prossima la mezzanotte, dunque proseguire oltre sarebbe un suicidio.” Redentos consultò la cartina e annuì. “Si, meglio raggiungere una delle sponde del fiume” mormorò “e scendere a terra. Proseguiremo a piedi. I cavalli hanno riposato abbastanza a bordo.” Scesero così a terra ed essendo notte decisero di accamparsi ed accendere un fuoco. |
Padre Nicola respirò forte e pian piano si riprese da quello sforzo.
“Il demone” disse a Cavaliere25 “tenta di ingannarci, di ammaliarci, di confonderci. Esso non ha speranza di farci del male fisico, se siamo protetti dalla Fede, allora mira a sconfortarci e a renderci disperati. Perdere la Fede e con essa la speranza, è quanto di peggio possa accadere ad un uomo. Ricordalo. A questo mirano i demoni… vogliono farci precipitare in un abisso senza luce, fino ad annientare la nostra forza e la nostra voglia di vivere.” Si alzò. “Torniamo a casa…” mormorò “… lì ti racconterò della scatola che ho trovato e che tu dici essere appartenuta ai due monaci che conoscevi…” I due, così, lasciarono quella casa e tornarono alla loro dimora. |
Tutti gli orari sono GMT +2. Adesso sono le 08.15.50. |
Powered by vBulletin versione 3.8.11
Copyright ©2000 - 2025, Jelsoft Enterprises Ltd.
Copyright © 1998 - 2015 Massimiliano Tenerelli