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“Infermiera Gwen...” disse Fermer assumendo una divertita e poco probabile espressione seriosa “... stanotte mi sembrate molto meno pratica, razionale e composta del solito. A cosa si deve questo cambiamento? All'abito che indossate? Al vino del nostro saloon? Forse alla Luna sparita nella nebbia? O magari alle discutibili ed insopportabili avance del nostro capitano Goz?” Scoppiando a ridere. “O forse...” cambiando espressione e facendosi stavolta davvero serio “... forse state tentando il vostro superiore medico?” Guardandola negli occhi.
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Sorrisi, sempre guardandolo negli occhi.
Tentando... quella sí che era una bella domanda... "Cosa volete che vi risponda?" dissi solamente, cercando di carpire la risposta nel suo sguardo. |
Quel ricordo.
L'Amore deluso. Soffrire per Amore, disse qualcuno, forse proprio Lancillotto, è qualcosa di Divino, poiché purifica il cuore. Ma le pietre del deserto, le gole impervie, le erbe secche, gli scorpioni, i serpenti e soprattutto i famigerati Valchiria, strumenti di morte, avevano spazzato via tutto dal cuore di Clio. Tutto, forse. Ma di sicuro doveva mettere il suo cuore al servizio della legione. La sua forza per combattere quella guerra, sebbene nel suo animo una parte di lei lottava ancora contro il suo passato. La notte stava scorrendo via rapida, silenziosa, avvolta dall'umida nebbia. Ma poco prima dell'alba, a precedere il chiarore dell'Est, ad un tratto qualcosa strappò Clio dai fantasmi del suo passato. L'allarme. Echeggiava nella notte, riportando tutti all'amara e dura realtà. L'allarme che chiamava tutti a rapporto nella caserma centrale. |
Non ebbi nemmeno il tempo di riposare, nemmeno il tempo di stendermi e chiudere gli occhi su quella giornata.
Ma ci ero abituata. Una vecchia canzone dei soldati dice che i soldati non dormono mai, e probabilmente era vero. L'allarme. Scattai in automatico, come avevo fatto più e più volte. In un attimo raggiunsi la caserma centrale. |
Fermer sorrise appena a Gwen.
Un sorriso che svanì presto. “Beh, basta un si oppure un no...” disse guardandola negli occhi. Ma un attimo dopo suonò l'allarme. |
Rimasi spiazzata dalla serietá e dall'intensitá con cui mi guardava.
"Chissá, magari é un sí..." dissi piano, col cuore che batteva forte e la voce che usciva a stento. Poi, l'allarme. |
Clio raggiunse la caserma centrale, dove trovò il tenente Tesua ed alcuni fra i migliori piloti della base, come Pintos, Lyod e Sbrizz.
Un attimo dopo arrivò anche Goz, col volto accigliato, assonnato e spettinato. “Anche per questo dovranno pagare quei dannati...” disse seccato, con una cartina geografica in mano “... signori, rammentate la fabbrica di componenti a quindici miglia a Sud di Evangelia? Quella in cui da giorni i suoi operai sono in sciopero? Ebbene, dalle rivendicazioni sono passati ai fatti. Alcuni lavoratori hanno smesso di scioperare ed il resto della massa li ha assaliti. La sorveglianza della fabbrica è intervenuta, ma gli scioperanti hanno rubato un paio di carri, devastando tutto l'impianto ed uccidendo i vigilanti. Si teme, a ragione, ci siano infiltrati di Canabias. Raggiungete la fabbrica e disarmate quei dannati. Con ogni mezzo. Se necessario distruggeteli nei carri che hanno rubato. Andate.” |
L'allarme interruppe quel momento tra Gwen e Fermer.
“L'allarme...” disse lui “... la notte tranquilla è davvero svanita...” con un sorriso malinconico “... e con essa la sua magia...” le prese la mano “... venite, torniamo in infermeria... qualche pilota a breve potrà aver bisogno di noi...” guardandola mentre l'aurora disegnava vivaci giochi tra le ciocche dei suoi capelli scuri. http://i.imgur.com/cDaPige.jpg |
Quel ricordo.
La sensualità di quel gesto, il tocco delle dita di lui sul collo di lei, l'odore della sua pelle, il rumore del suo respiro. Altea rivide ogni istante e risentì ogni emozione di quel ricordo, tra malinconia, passione soffocata e sensualità appena solo avvertita. Intanto insieme a Rodian scivolavano fra la vegetazione umida, udendo lontano il rumore di motori. L'ossessione e l'oppressione erano poi forti. Come se qualcuno li stesse braccando. Strisciarono così, come animali in fuga. Alla fine poco più avanti intravidero, grazie al chiarore che iniziava a liberare il cielo, una casa nella boscaglia. “Raggiungiamola...” disse piano Rodian. |
L'allarme interruppe quel momento, riportandoci alla realtá.
Annuii ricambiando il suo sguardo, mentre un nuovo giorno stava per nascere e lui mi prendeva per mano. Non sapevo se sarei riuscita a non pensare a ció che stava accadendo un attimo prima che suonasse l'allarme, a quella domanda e alla sua serietá nel farmela. Avevo risposto che poteva essere un sí, ma non ero nemmeno sicura che fosse la risposta giusta, in fondo non lo stavo tentando, stavo solo assecondando quella magica atmosfera, quasi carica di elettricitá, che si era creata, avevo assecondato le sue attenzioni, le sue parole, i suoi sguardi e non capivo quale fosse stata la sua reazione in merito, fatto sta che non sarei riuscita a comportarmi come avevo fatto fino a quel momento, qualcosa era cambiato e non potevo tornare indietro. |
Quei suoni così armoniosi andarono a stuzzicare la mia immaginazione e a posto degli incubi questa volta la mia mente era immersa in un paesaggio bucolico e aureo allo stesso tempo, un luogo fuori dalle leggi dello spazio e del tempo. Una sorta di fiaba che sia accompagnava alla ninna nanna dell'ocarina.
Quella notte dormii come non facevo da molto, quando ancora il mio corpo si posava sulle sete del mio letto a baldacchino, nel palazzo di Animos. Il risveglio fu altrettanto dolce, un susseguirsi di profumi da far venire l'acquolina in bocca raggiunsero il mio naso e tutti i miei sensi. Scesi al piano di sotto con un gran sorriso, pronta ad iniziare la giornata. << Buongiorno a tutti >> esclamai prendendo una focaccina. |
Dopo essermi presentata alla ragazza bionda, mi ritirai nella mia stanza. Ero troppo arrabbiata per fare conversazione o tornare nel saloon. Mi preparai per la notte e mi accesi un'ultima sigaretta, dopodiché mi stesi sul letto ripensando a quanto appena avvenuto, mentre l'immagine di quegli occhi azzurri mi accompagnava nel sonno...
Fui svegliata improvvisamente dal suono di una sirena. Oh mio Dio, l'allarme! Guardai fuori dalla finestra e vidi che albeggiava. Indossai una vestaglia ed uscii nel corridoio, già gremito di soldati che si dirigevano verso la caserma. La porta della camera di Goz era aperta, mi affacciai e vidi che era vuota. Rimasi così nel corridoio, chiedendomi cosa fare... |
L'allarme echeggiava assordante per tutto il forte, facendo correre i legionari dai loro posti di sorveglianza e buttando giù dalle brandine quelli che invece dormivano.
Fermer, in quel trambusto, tenendo Gwen per mano, affinchè non venissero investiti e travolti dai legionari che correvano in ogni direzione, raggiunse l'infermeria con la ragazza. E giunti là, il medico e la sua infermiera trovarono il bambino tremante ai piedi del lettino. L'allarme lo aveva svegliato ed impaurito. Ricordi recenti e terribili si erano destati in lui. |
Seguii Rodian, le ombre della notte stavamo svanendo con la luce dell' Alba.
Ad un tratto vedemmo una casa e mentre ci dirigemmo in quel luogo, rimisi la collana di lapislazzuli, avvertivo caldo sia per la fatica di quella traversata a terra e per quel ricordo ancora vivo, quasi avvertivo il suo profumo così delicato e fresco. Sospirai, pensai sicuramente avesse esaudito il suo desiderio contro tutto e tutti...lo avevo sempre ammirato per questo. Purtroppo, non lo vidi più dopo i quindici anni e l' anno scorso ricevetti, a sorpresa, una sua lettera. Ma non volevano avessi a che vedere con lui, e la mia matrigna strappò quella lettera davanti ai miei occhi...chissà cosa mai vi era scritto. Raggiungemmo la casetta, vi era un giardinetto coi melograni, e sentii la mia pancia brontolare.."Siamo certi siano persone affidabili?" chiesi a Rodian "Siamo fuori i confini di Chevral? Magari qualcuno mi conosce dai dipinti o altro". |
Ascoltai il resoconto di Goz allibita.
Era da tempo che temevamo una cosa del genere. Non c'era tempo da perdere. "Certo capitano..." Annuii a quelle parole. In brevissimo tempo radunai i miei uomini migliori e fummo pronti per partire. Le reclute avrebbero aspettato. |
Gaynor indossò la sua sfarzosa vestaglia di pizzo e raso rosa, con ricami alla belle epoque e lasciò il suo alloggio.
La base era percorsa da legionari che di corsa andavano in ogni direzione. Quasi, cosa assai incredibile, neanche si accorgevano di loro. “Madama...” disse ad un tratto qualcuno alle sue spalle “... certo che vedendovi da vicino è ancora più sconvolgente la cosa... in senso positivo intendo.” Sorridendo. Era un uomo alto e magro, sulla sessantina, con giubbotto da aviere, cappellino militare e baffi brizzolati. “Comunque non dovreste star qui, o finirete per essere travolta.” Aggiunse. "Mi chiamo Park... ex capo istruttore ed ora addetto alla sorveglianza degli hangar." http://cdn2-b.examiner.com/sites/def...?itok=MH5tEi3G |
“Non ho idea di chi viva qui...” disse Rodian ad Altea, indicando la casa isolata “... ma non abbiamo altra scelta... chiunque abiti in quella casa non può essere peggio dei carri di Canabias... copritevi il volto, magari con i capelli che scendono sul viso... forse non vi riconosceranno...”
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Clio ed i suoi raggiunsero gli hangar.
Gli aerei erano già pronti. Pochi istanti e decollarono. Il cielo era ormai chiaro e i caccia sfrecciavano rapidi sul deserto. “Tenente...” disse Kourt via radio a Clio “... vedo del fumo laggiù... deve essere la fabbrica dei componenti... cosa facciamo? Sorvoliamo a bassa quota?” |
Dovevo nascondermi il viso? Rimasi perplessa, avevo comunque la mia sacca e presi un velo e me lo misi sul capo, nascondendo i capelli e il volto.."Farò finta di essere di una altra religione..anzi no magari posso dire ho il volto pieno di ferite e non voglio mostrarlo, potrebbe funzionare..avanti andiamo" ed entrammo nel giardino e bussammo alla porta.
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Guardai l'uomo e gli sorrisi. "È bello vedere come anche in certi frangenti la galanteria di un uomo abbia la meglio..." gli dissi. "Vi ringrazio della premura, in effetti mi stavo giusto chiedendo cosa fare... penso che prima di tutto dovrei vestirmi, ma poi? Cosa fa, dove va un civile in caso di suonato allarme?"
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Rodian ed Altea raggiunsero la casa isolata e lui bussò.
Subito si sentì un cane abbaiare. Passò qualche istante e poi finalmente la porta si aprì. Apparve allora un uomo anziano sulla soglia, con accanto un cane che abbaiava forte verso i due fuggitivi. “Sta buono, Astro...” disse l'anziano al suo cane “... chi è?” Chiese poi a chi aveva bussato. Era infatti cieco. “Perdonateci, signore...” mormorò Rodian “... stavamo attraversando il confine di Cherval e poi abbiamo avuto un gusto all'auto... ora siamo a piedi, infreddoliti ed affamati...” “Prego, entrate...” fece l'anziano “... e non temete, il mio cane non vi farà alcun male... in quanti siete?” “Io e mia sorella...” rispose Rodian, facendo poi segno ad Altea di entrare. |
Alla fine vedemmo l'alba dagli aerei, e non c'era cosa più bella, anche se per noi era un'alba di guerra.
Alla fine avvistammo la fabbrica, con del fumo a rivelarne la posizione. "Affermativo.." Annuii a Kourt "Sorvoliamo per avere una visuale migliore della situazione, ma occhi aperti, se ci sono infiltrati di Canabias saranno bene armati, e potrebbero attaccarci, dunque massima prudenza!". |
Arrivò ad aprirci un anziano signore, sembrava solo..all' apparenza, ma preferii non togliermi il velo, in caso vi fossero altre persone in casa.
Mi accorsi l' uomo era cieco e come amico aveva un fidatissimo cane di nome Astro. Sorrisi alla battuta di Rodian..sorella e fratello...nobili o del popolo? "Vi ringraziamo della vostra gentilezza, sappiamo in questo periodo è difficile fidarsi di chiunque". Accarezzai il cane e mi guardai attorno..come poteva un uomo cieco vivere solo? |
Park sorrise a Gaynor.
“Vestirvi...” disse guardandola “... che idea balorda. State così bene in vestaglia.” Facendole l'occhiolino. “Non temete, sono nell'età in cui si può apprezzare una donna senza mancarle di rispetto o temere di essere frainteso.” Annuì divertito. “In verità non ho idea dove vadano i civili in caso di attacco, visto voi siete l'unica qui alla base. Ma comunque non temete, non siamo attaccati. L'allarme suona per una vecchia fabbrica ad una ventina di miglia da qui. Avete fatto colazione, madama?” Chiese. “Sapete, Armand al mattino sforna delle ottime ciambelle con lo zucchero a velo sopra. Vi assicuro che con una tazza di latte vicino è il modo migliore per iniziare la giornata.” Ridendo. |
Un tipo decisamente simpatico, quel Park.
"Colazione, avete detto? Accetto volentieri, ma solo se mi farete l'onore di accompagnarmi voi da Armand..." |
Gli arei, seguendo gli ordini di Clio, scesero di quota, sorvolando la vecchia fabbrica.
Ma ad un tratto una cannonata sfiorò il caccia di Dimos. “Che il diavolo li porti...” disse lui, compiendo una virata per evitare il colpo “... ecco la risposta alla domanda se fossero armati...” “Avranno eliminato la sorveglianza privata della fabbrica” Pintos via radio “per impossessarsi delle loro armi i bastardi.” “Dal colpo sparato” mormorò Sbrizz sempre via radio “deve trattarsi di un carro di media portata... ma da questa distanza possono far danni...” |
“Avrei trovato il modo per accompagnarvi comunque, madama.” Disse Park a Gaynor, per poi offrirle il suo braccio.
I due raggiunsero il saloon di Armand, dove si sentiva l'odore di brioche appena sfornate. Si sedettero ad uno dei tavoli e subito Armand si avvicinò. “Armand, le ciambelle più grosse e zuccherate che hai sfornato oggi.” Park. “Tranquillo, vecchio barbagianni.” Ridendo Armand. “Lo avrei fatto comunque, vista la presenza di miss Gaynor.” “Avete visto, madama?” Park a Gaynor. “Non c'è più rispetto per gli anziani!” |
L'anziano cieco fece accomodare Dorian ed Altea.
“Bene...” disse poi, muovendosi con disinvoltura a casa sua “... cosa posso offrirvi? Dolce o salato per colazione? Così mi direte la verità... visto è improbabile che siate riuscite a giungere fin qui in auto... a pochi chilometri da qui ci sono i carri di Canabias che hanno invaso la povera gente di Cherval...” Dorian guardò Altea. |
La zona sembrava tutt'altro che tranquilla.
Poi, un sibilo vicinissimo, tanto da sfiorare il caccia di Dimos. "Maledizione.." Imprecai. Avevano preso controllo delle armi, la cosa era davvero grave, quell'attacco poteva portare una rivolta. "Bene.." Dissi, decisa, osservando il panorama sottostante. "Rendiamogli pan per focaccia, che capiscano con chi hanno a che fare..." Preparandomi a sparare a mia volta "Colpiteli ma non avvicinatevi troppo, sfruttiamo la nostra gittata maggiore..". |
Al braccio di Park, raggiunsi il saloon.
"Buongiorno, Armand... vedete? Questo bel tipo è riuscito a portarmi a fare colazione in vestaglia. Da giovane sarà stato un vero rubacuori..." Sorrisi ad entrambi ed assaggiai una ciambella... era soffice come una nuvola e dolcissima. Di sicuro avevo lo zucchero a velo tutto intorno alla bocca, tanto ce n'era sopra, ma non mi importava. Quella mattina ero Gaynor, una giovane donna allegra, e non la diva da tutti ritenuta femme fatale. Lì alla base potevo avere la bocca sporca di zucchero, come una bambina, e a nessuno sarebbe importato. "Suvvia, Park... la parola anziano non va bene per uno come voi... e nemmeno come voi, Armand... suggerirei l'aggettivo 'maturo', fa tanto vissuto e chic senza farvi sentire con un piede nella fossa" dissi loro facendo l'occhiolino. |
Dacey raggiunse il pianoterra della taverna e trovò i quattro suoi compagni di viaggio seduti ad uno dei tavoli.
“Buongiorno.” Disse Guisgard. “Vi vedo in forma stamani, Diana. Sono lieto abbiate dormito bene.” Sorridendo. Il taverniere portò in tavola ciambelle, focacce, confetture varie, latte e caffè. “Pancia mia fatti capanna.” Fece Leones, tuffandosi poi su quell'invitante colazione. “Prendete...” Guisgard passando a Dacey il vassoio con le ciambelle e le focacce “... latte o caffè?” “Tutto squisito.” Mangiando Poeh. “Prima lezione...” il militare alla principessa di Animos “... approfitteremo della colazione... quando i nobili si siedono a tavola assumono sempre un'espressione distaccata, indifferente, quasi disgustata. Come se il solo vedere il cibo provocasse loro nausea. Insomma non dovete mai mostrare di avere fame. Infatti molti aristocratici preferiscono mangiare prima e sedersi così a tavola con gli altri senza avere più appetito.” “Per Bacco!” Esclamò Leones. “Siete esperto anche su questo!” “Certo.” Annuì Guisgard, prendendo poi una ciambella. “La ciambella ad esempio” mostrandola “va spezzata in due e poi inzuppata...” bagnandola nel latte “... un movimento secco, accennato appena... bagno e subito tiro fuori...” mordendola “... ecco, così la ciambella non diventa troppo molla e non si rompe, candendo poi nel latte. Regola fondamentale questa che ad una tavola nobiliare non viene mai dimenticata.” “Siete un portento!” Ridendo Fines. “Già.” Mangiando il militare. “Potrei scriverci un libro. E forse un giorno lo farò.” Guardando poi Dacey. http://static.rogerebert.com/redacto...in_donut_2.jpg |
A quelle parole deglutii.."Dolce...grazie". Poi osservai il finto fratello ed annuii.."Siamo di Cherval e siamo fuggiti..con fatica..ma dove siamo ora?Fuori dai confini del Ducato..vedo siete uomo di intuito". Era vero...non ci si doveva fidare, eppure se volevamo arrivare alla meta...ad Afralignone presumevo come detto da Rodian..dovevamo cercare aiuto.
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Cercai di non ridere quando Guisgard si mise ad insegnarmi come mangiare propriamente la colazione. Mi sembrava di essere tornata bambina, con mia madre e la balia sempre lì a dirmi come fare questo e quello.
Non volevo peccare di presunzione ma le mie tecniche di compostezza a tavola erano decisamente migliori del mio maestro ma io dovevo stare nella mia parte. Mi mostrai dunque titubante, come se fosse la prima volta mentre prendevo nel modo più garbato ma sempre non molto raffinato la ciambella e tentavo di imitarlo. Era difficile per me. In teoria non potevo saperlo fare e dovevo imparare a farlo quando in realtà dovevo sforzarmi in modo da sembrare incapace quando invece ero ben più che all'altezza. Non vedevo l'ora di poter agire da principessa e tornare me stessa ma sapevo che non sarebbe stata una cosa veloce. Piccoli passi Dacey, piccoli passi fino a quando non saranno convinti delle tue capacità e potrai smettere i panni della cameriera. <<Sto andando bene?>> chiesi dopo l'esercizio della ciambella. |
Rischiammo che la massa di soldati ci travolgesse e Fermer mi tenne per mano per non perderci.
Quando arrivammo in infermeria, trovammo il piccolo terrorizzato ai piedi del letto. Subito corsi da lui, lo misi sulle mie gambe e lo strinsi fra le braccia. "Ehi piccolo é tutto a posto, ci siamo qui noi adesso. É solo un allarme, non avere paura" gli dissi cullandolo, per poi baciargli la testolina. Sempre sulla testolina del piccolo poggiai poi una mano, permettendo all'energia di fluire. Era una tecnica di rilassamento imparata da mio padre e funzionava sempre, speravo funzionasse anche in quel momento. Iniziai poi a cantare a bassa voce una ninnananna in gaelico che mia madre mi cantava sempre e riusciva a calmarmi. http://m.youtube.com/watch?v=vofsZRivG9s |
Era delusa. Delusa dalle parole della donna soldato, delusa dalla reazione di Icarius e delusa dal non aver potuto incontrare il Capitano e chiedergli di poter portare con se il bambino.
Non ricevette nemmeno un "grazie" dal soldato dagli occhi azzurri, solo un fazzoletto sporco di sangue che ora le toccava lavare e strofinare. Al diavolo i soldati... pensò mentre se ne tornava a casa. Il nome della donna che l'aveva soccorsa era "Gaynor" e le parve di averla già sentita nominare da qualche parte, ma non era così sicura. Sembrava però che fosse l'unica persona con un po' di cuore in quel forte militare; doveva portare via di li quel povero bambino o sarebbe rimasto ucciso o ferito. Aveva deciso che sarebbe tornata li il mattino dopo e che avrebbe portato con se Benjamin e Jack che ancora non avevano avuto modo di vedere gli aerei da vicino essendo stati entrambi ammalati. Trovò i bambini tutti a letto quando tornò a casa e pensò che Betty era davvero cresciuta bene, diventando responsabile ogni giorno di più. Era fiera di lei. Si sdraiò sul suo letto e accarezzò la testolina di Edward che dormiva beato tra due cuscini per evitare che cadesse, poi appoggiò la testa sul cuscino e si addormentò. Ma il suo sonno venne destato dal suono di una sirena. Probabilmente nessuno se n'era accorto, poichè in quella zona del borgo si poteva udire forte e chiara solo la sirena che dava l'allarme ai cittadini. Gli zii di Marwel avevano fatto costruire un rifugio nel terreno e Marwel lo utilizzava ogni qualvolta davano l'allerta. Erano istanti terribili e ogni volta la ragazza si trovava a contare e ricontare più volte i suoi bambini, per paura di perderne qualcuno per strada o di averne dimenticati in casa. Quella sirena però, giungeva dal forte e lei non doveva scendere giù dal letto e radunare gli orfani, bensì aspettare il mattino e parlare con qualcuno per trarne informazioni sull'accaduto. Ma quella volta non avrebbe aspettato così a lungo. Pensò immediatamente a quel bambino e a quanto paura potesse avere a stare in una base militare che prima o poi sarebbe diventata il bersaglio di qualche aereo nemico. Non poteva lasciarlo da solo. Rimase in vestaglia, non per mancanza di tempo o di voglia, semplicemente era talmente stanca fisicamente e psicologicamente da essersi dimenticata di vestirsi. Indossò le scarpe, il mantello ed uscì di gran carriera. Poi le venne in mente Mantya. Era una cavalla nera che le aveva regalato suo zio prima di passare a miglior vita ed era sopravvissuta a tutti gli attacchi aerei di Evangelia, senza mai risentirne. Decise di sellarla e montarci su, giusto per arrivare prima alla base militare; gli zoccoli dell'animale erano gli unici a provocare baccano nel borgo ancora addormentato, ma a Marwel non interessava, lei voleva portare via quel bambino. C'era subbuglio nel forte e lo notò dal modo in cui le guardie continuavano a distrarsi. "Il Capitano Goz mi aspetta nel forte" disse mentre scendeva da Mantya e consegnava le redini ad una delle guardie come se fosse la cosa più normale del mondo. |
Capitolo IV: L'ombra della scure e del martello
“Nazisti e comunisti sono la stessa cosa. Sono accomunati dai medesimi crimini.” (San Giovanni Paolo II) “Ricevuto.” Disse Dimos via radio a Clio. Gli aerei cominciarono allora a sparare sulla vecchia fabbrica, ora in possesso degli scioperanti. Quelli, con i due carri che avevano rubato alla sorveglianza della fabbrica, cercarono di rispondere al fuoco ma non avevano l'addestramento e le capacità per fronteggiare i caccia legionari. Cominciò così uno scontro che vide in breve Clio ed i suoi uomini avere la meglio. I due carri furono distrutti. Ma ad un tratto uno stormo di aerei apparve all'orizzonte. “Sono i Valchiria!” Via radio Pintos. “Attacchiamoli prima che lo facciano loro!” Fece Kostor. Iniziò così la battaglia aerea. All'improvviso però un altro caccia Valchiria apparve. Era simile agli altri, con la sola differenza che sulla coda aveva impresso uno stemma. Si trattava di un teschio con una rosa in bocca. http://i3.cpcache.com/product/574363...ter&Size=16x15 |
“Si, può andare.” Disse Guisgard guardando Dacey mentre mangiava la ciambella nel latte. “Beh, devo dire che siete una che impara presto. Meglio così, guadagneremo tempo.” Annuendo.
“Cos'altro deve saper fare una principessa?” Chiese Fines. “Conoscere l'arte e le discipline più nobili.” Rispose Guisgard. “Deve dunque amare la musica, la pittura e magari pure la fotografia. Deve poi saper intavolare qualunque tipo di discorso, spaziare in ogni argomento.” “Siamo perduti.” Poeh. “Chi potrà mai insegnarle tutto ciò? E poi servirebbero comunque anni per dotarla di una tale cultura.” “E voi credete” fissandolo Guisgard “che i reali o gli aristocratici in genere siano tutti degli archi di scienza?” Sorrise e scosse il capo. “Tutto il loro mondo è fittizio. Persino loro stessi.” Si voltò verso Dacey. “Nuova lezione... quando vi cimentate in un qualunque genere di discorso, persino quelli più sconosciuti ed assurdi, per prima cosa dovete assumere un'aria di supponenza. Dovete ostentare una conoscenza totale su tutto ciò su cui si può pensare di dibattere. E qualsiasi domanda vi venga rivolta voi mostrate indifferenza, persino fastidio, per poi citare un qualunque autore, filosofo, artista o pensatore classico. Più sono antichi, più risultano sconosciute le loro opere alla gente. Non so, partite con un Platone, un Aristotele, un Callimaco e così via. Citatelo anche tirando in ballo una normalissima massima popolare. Vedrete che nessuno oserà contraddirvi. Questo per quando sarete al cospetto di uomini. Davanti alle donne invece, specie se anziane, per andare sul sicuro e fare pure bella figura, tirate in ballo le Sacre Scritture, i Vangeli o riferitevi ai Santi più amati e conosciuti, come San Francesco, Sant'Antonio, Santa Rita o Santa Caterina. Infarcite con questi richiami le vostre conversazioni e vedrete che tutti vi guarderanno con rispetto.” “Eppure sembra che voi abbiate bazzicato parecchio nei salotti aristocratici, capitano.” Leones a Guisgard. “Queste cose le conoscono tutti...” seccamente il militare, per poi bere il suo latte. |
La ninnananna di Gwen, dopo un po', sortì il suo effetto ed il bambino si calmò, per poi addormentarsi fra le braccia della ragazza, stringendole la mano nella sua.
“Siete molto brava con i bambini...” disse Fermer “... e poi quella ninnananna... che lingua era?” |
“Per carità.” Disse divertito Park. “La fossa per quanto mi guarda è bella lontana. Anzi, davanti ad una donna come voi io mi sento ringiovanito di almeno vent'anni.” Ridendo e facendo l'occhiolino a Gaynor.
“Ora non esagerare.” Sorridendo Armand. “Anzi, cerca di non finire in infermeria attaccato ad un defibrillatore.” Scoppiando a ridere. “Ma sentite che impudente!” Scuotendo la testa Park. In quel momento nel saloon entrò Zac. “Salute a tutti.” Ai presenti. “Ho sentito la sirena. C'è un attacco in vista?” Chiese. “Siamo in guerra.” Mormorò Armand. “Ogni momento è quello giusto per combattere.” “Già, domanda idiota la mia.” Annuì il fotografo. “Vedo che madama ama i dolci.” Fissando poi divertito Gaynor. |
Il legionario un po' sorpreso afferrò le redini di Mantya, mentre Marwel con determinazione si avviava verso la caserma centrale per incontrare il comandante.
“Accompagnala dal capitano.” Disse il legionario ad un altro militare. E questi condusse la ragazza davanti alla caserma centrale. “Attendete qui...” a Marwel “... vado a vedere se il capitano Goz può ricevervi.” Ed entrò, lasciando la ragazza ad attendere. E fu in quel momento che lei udì delle voci. Si voltò e vide due militari che camminavano nel cortile. Erano i due che avevano preso le sue difese davanti al caporale solo poche ore prima: Icarius e Palos. |
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