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Le parole dell'uomo scivolavano su di me come se niente fossero. Ero completamente concentrata sul monile, con gli occhi fissi. Dovevo averlo. Mi apparteneva di diritto, un diritto che mi era stato portato via da crudeli assassini. Eppure l'uomo pareva riluttante a darlo via, anche se lo aveva messo tra tutti gli altri premi. Un solo colpo. Una sola occasione. Fortunatamente Guisgard sapeva il fatto suo. Sparò e colpì il bersaglio alla perfezione. Un esclamazione soddisfatta lasciò le mie labbra. Ero davvero contenta.
<< Grazie >> fu tutto ciò che riuscii a dire al militare ma quella parola conteneva la mia gratitudine e la mia felicità. |
“Beh, prendete pure la mia auto, madama.” Disse Park a Gaynor. “Anzi, trovo anche stupido che me lo chiediate.” Facendole l'occhiolino. “Ecco...” dandole le chiavi “... fate come se fosse la vostra. E se volete compagnia posso venire con voi, ma fra un'oretta, visto ho da fare qui negli hangar. La storia di quei due idioti che hanno disertato ha ulteriormente aggravato la situazione.”
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Il conducente della camionetta presentò Altea al taverniere.
“Certo...” disse questi, prendendo poi un registro “... ho libere altre due stanze... la sedici è la più confortevole, dunque eccovi le chiavi.” Dandole alla nobile dama di Cherval. “Prego, vi aiuto a portar su il bagaglio, madama.” Aggiunse poi, mentre al tavolo il borghese continuava il suo solitario. |
"Possiamo solo essere fiduciosi e pregare che riescano a trovarla" dissi preoccupata, guardando fuori.
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"Sedici...speriamo sia un numero che mi porti fortuna" dissi sorridendo.
Sembrava gente cordiale, presi i bagagli e guardai l' uomo al tavolo. Non si era mosso di un millimetro da quel tavolo..speravo si sentisse bene. Salii nella stanza ed aprii la porta , ringraziai il conducente.."Mille grazie...spero di rivedervi..magari mi darete qualche strappo come oggi" e rivolgendomi di nuovo al taverniere.."Potreste prepararmi il pranzo, quello che avete sono giorni che non mangio, ho fatto un lungo viaggio" ed entrai nella stanza per sistemare quei pochi bagagli. |
Capitolo VI: Fantasmi della steppa
“Io sono la Granduchessa Anastasija Nikolaevna Romanova, fantasma del passato e folle del presente.” (Anna Anderson) L'uomo della bancherella a malincuore prese il monile e lo consegnò a Guigard. Questi allora si avvicinò ad una raggiante Dacey, spostandole i capelli bruni dalle spalle e legandole il ciondolo al collo. La cantina era semibuia ed umida ed ogni rumore dall'esterno sembrava amplificato, forse per i muri fatiscenti, o forse era solo la paura che aveva reso le loro orecchie sensibili ad ogni cosa. Sembrava però come se da un momento all'altro si attendessero qualcosa. Quella sera la loro madre sembrava più tesa del solito. Chiamò a sé le figlie, guadandole negli occhi. “Nascondete questi nei vestiti...” disse alle ragazze, mostrando i suoi gioielli “... teneteli sotto. Abbottonatevi dunque stretti stretti gli abiti, figlie mie.” E fu in quel momento che Dacey cercò anche lo sguardo di suo padre. E vide che l'uomo, il re di Animos, piangeva. Questo ricordo, questo frammento sorto come dal nulla, dai meandri della memoria, attraversò la mente di Dacey mentre Guisgard le legava al collo il monile con impressa l'aquila bicipite. https://lh3.googleusercontent.com/-Q...155f87c41c.jpg |
Sorrisi a Guisgard mentre legava il monile al mio collo, era un gesto molto delicato e lo apprezzai poi... I ricordi.
Portai una mano allo stomaco per il dolore, una grande sofferenza mi aveva invasa. << Scusatemi... Possiamo tornare alla taverna ora... Non mi sento bene >> |
"Oh, grazie Park! È il Cielo che vi ha mandato in questo forte! Purtroppo ho affare urgente da sbrigare al più presto possibile, ma stasera esigo che mi accompagniate al saloon" dissi prendendo le chiavi che mi porgeva. "E non preoccupatevi per questo gioiellino, saper guidare è forse la mia caratteristica principale, più della recitazione" e gli feci l'occhiolino. "A stasera!"
Partii in direzione del borgo. Con me avevo il materiale da passare al contatto e una grossa torcia, visto che intendevo tornare al rottamaio, oltre alla mia fedele Colt calibro 45. Scesi di volata, l'auto di Park era velocissima, motivo per cui ero convinta vi avesse apportato qualche modifica. Che diavolo d'uomo... Arrivai al borgo, dove molta gente era riversata per le strade. Sembrava un paesino come tanti, e non una zona sotto assedio. Avevo fatto un tratto di strada, quando davanti a me incontrai Guisgard e Diana. "Buonasera, signori..." li salutai. |
Fermer si avvicinò a Gwen e le cinse da dietro i fianchi.
“Odio questa guerra...” disse piano fra i capelli di lei “... e odio anche questo posto... vorrei fuggire via stanotte stessa...” stringendola al suo petto. In quel momento entrò un militare e subito Fermer lasciò Gwen, allontanandosi da lei. “Si?” Fissandolo il medico. “Ho portato i rapporti dei militari convalescenti, dottore.” “Grazie.” Annuì Fermer. Ed il legionario andò via. |
“Certo, madama.” Disse il taverniere ad Altea. “La cena sarà pronta fra poco. Mia moglie è un'ottima cuoca. Se però attendere vi da noia, posso portarvi in camera qualcosa che vi permetta di aspettare la cena senza problemi. Posso prepararvi un panino o magari portarvi una fetta di torta.”
La camera non era molto grande, ma pulita ed accogliente. Vi era una finestra che dava sulla strada. |
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