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La mano di Melisendra sulla sua.
Quasi istintivamente Tyler lasciò scivolare tra le dita la catenina. “Non dovreste separarvene…” disse “… questa catenina avrà pure un valore…” sorseggiò del vino “…mi sono salvato non a causa della Bontà del Cielo, ma solo perché nelle mie vene non scorre sangue blu… come il vostro…” aggiunse “… siamo diversi, madame… anche davanti all’odio degli uomini… anche davanti alla morte stessa…” Teneva gli occhi bassi. Era sempre stato un cavallo selvaggio, indomito ed indomabile. Un ragazzo tutto cuore, impulsi, istinti, passioni. E lei non era mai riuscita a capire fino in fondo cosa celasse quel suo sguardo tormentato ed inquieto, protetto com’era da quell’impenetrabile velo di malinconia. “Non sono mai stato il figlio maschio che vostro padre tanto desiderava…” tirando via la sua mano da quella di lei “… un figlio non si caccia via…” i suoi occhi fissarono, per un attimo, quelli di lei “… ci sono stato poco nel Kent… il mare… il mare è il mio mondo, il mio sogno… l’unico che il passato non si sia portato via… qui arruolavano marinai per ogni genere di traffico… e non facevano troppe domande… per questo sono ritornato qui... una volta una zingara mi predisse che sarei morto in mare… ed anche io lo credo…” |
Giselle, dopo un po’, si riprese.
Si rannicchiò allora in un angolo della cella, con le braccia attorno alle ginocchia piegate e lo sguardo basso. Aveva smesso di piangere e ora i suoi occhi sembravano celare rabbia. Restò così per diversi, lunghi istanti. Poi, ad un tratto, alzò il volto verso Cavaliere25. Sembrava quasi sul punto di voler dire qualcosa al ragazzo, ma il ritorno di Mercien la fece piombare di nuovo in quell’apparente indifferenza. “Ecco, ora tocca a me.” Disse Mercien a Cavaliere25. “Faccio io la guardia al nostro prezioso ostaggio, tu vai pure a farti un giretto per il palazzo.” |
"Non parlare della morte... la vedo dappertutto... l'ho vista così da vicino negli ultimi tempi..." sospirai. "Papà... l'ho visto prima che lo conducessero al patibolo... mi ha detto che era felice di sapere che eri salvo da qualche parte, perchè sapeva che se fossi stato con noi ti saresti battuto fino alla fine pur di difenderci... ha anche detto..." ma mi fermai. Non potevo dirgli che Thierry aveva pianto sapendo di abbandonarmi orfana nelle mani di un pomerino. Abbassai lo sguardo sulla foglia d'edera.
"Tyler... sono venuta qui perchè sono in pericolo e speravo che tenessi a me quanto tenevi alla stima di Thierry Du Blois... forse è stato un errore pensare che avremmo potuto parlare come due adulti." Mi alzai. "Non riesci nemmeno a pronunciare il mio nome... non mi guardi neppure negli occhi..." Esitai. "Ora capisco come fece mio padre ad accorgersi di tutto... deve avercelo letto in faccia..." |
Con impeto risposi alla milady, mi sentii umiliata davanti a Lord Carrinton "Milady si ricordi che nel mio sangue scorre sangue nobile, mentre voi avete sposato un ricco duca a cui avete prosciugato gli averi, eravate solo una dama di corte. Non avete ricevuto l'educazione reale chemi è stata impartita severamente dai miei genitori. Quindi palesi le parole, gentilmente, oppure preparo i bagagli e andrò dall'oste qui vicino piuttosto di dare a voi i soldi degli O' Kenninghton". Subito chiamai la cameriera "Jolie, aiutatemi a prepare i miei bagagli, mi trasferirò alla locanda di fronte" e presi dritto il corridoio per raggiungere le mie stanze, il mio orgoglio irlandese era stato ferito.
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Va bene dissi presi e mi alzai dalla sedia e mi avvia per andare a sgranchirmi le gambe mi guardai in torno cercai le cucine per andare a dissetarmi ma non volevo allontanarmi troppo essendo che non conoscevo bene quel palazzo
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“Melisendra…” disse all’improvviso Tyler, prendendo la mano della ragazza “… non andare via…”
“Perché l’hai fatto?” Con rabbia Melisendra. “Fatto cosa?” Fingendo di non capire Tyler. “Lo sai benissimo!” Esclamò la ragazza. “Non avevi il diritto di colpire il figlio di monsieur De la Toure!” “Ah, parli di quell’idiota…” sbuffando Tyler “... mi dava sui nervi... crede di essere qualcuno solo perché suo padre è un facoltoso possidente terriero.” “Certo che lo è!” Avvicinandosi a lui Melisendra. “E’ un ragazzo cortese, affabile e non si comporta come un animale!” “Allora vuol dire che accetterete il suo invito al ballo di Saint Michel?” “Stanne fuori!” Rispose stizzita lei. “Non devo dar conto a te di ciò che faccio!” E si voltò verso l’uscita. “Melisendra…” disse Tyler afferrandole all’improvviso il polso. “Come osi? Lasciami subito!” “Mi ha sfidato…” mormorò lui “… credo in una sorta di duello...” “Come sarebbe?” “Forse mi ritiene davvero poco più di una bestia ignorante…” accarezzando un cavallo Tyler “... ha scelto come arma la spada... buon per me che mi ritiene incapace di impugnarne una...” ebbe un gesto d’ira, tirando un pugno contro la porta in legno “… mi ritiene un animale indegno di stare in mezzo alla gente civile... ma del resto anche per voi sono un animale da tenere a distanza...” Quel ricordo attraversò come un lampo il suo cuore, mentre ancora stringeva la mano di lei nella sua. “Non andare via, ti prego…” ripeté “… raccontami ogni cosa… dimmi quale pericolo corri…” |
“Come osate rivolgervi a me con questo tono?” Con voce alterata lady Sophia. “Lady Altea, vi rammento che ho accettato di ospitarvi in casa mia solo per compassione e Carità Cristiana! Comunque, statene certa, vostro padre sarà messo a conoscenza di questo vostro comportamento! Forse non avete ancora capito che qui non siamo in Irlanda, ma in una nazione civile!”
“Milady…” prendendo la parola lord Carrinton “… perdonatemi, ma credo che lady Altea si sia risentita non poco di tutto ciò.” “E’ solo una sciocca ragazza!” Con astio lady Sophia. “Lasciate pure i bagagli di lady Altea qui…” fece Carrinton rivolgendosi a Jolie “… verranno a prenderli alcuni miei servitori… milady…” voltandosi poi verso Altea “… spero accetterete di prendere possesso della mia residenza di caccia… è una dimora confortevole e poco distante da Camelot… io naturalmente resterò nel mio palazzo di Camelot, così che nessuno metterà in discussione il vostro onore… prego, vi accompagnerò adesso nella vostra nuova dimora…” “Dite sul serio, milord?” Stupita lady Sophia. “Certo, milady…” sorridendo Carrinton “… non possiamo certo permettere che lady Altea vada a vivere in una locanda. Prego, milady…” rivolgendosi poi ad Altea “… la vostra nuova casa vi attende… naturalmente non accetterò alcun rifiuto riguardo a questa storia.” E mostrò un cortese inchino. |
Cavaliere25 girovagava per il palazzo, quando all’improvviso vide una figura avanzare verso di lui.
Aveva una lunga tunica nera ed un mantellino sulle spalle. Era chiaramente un chierico. “Dite, ragazzo…” fissando Cavaliere25 “… ho necessità di parlare col vostro padrone, il signore di questo palazzo… dove posso incontrarlo?” “Cosa succede qui, Cavaliere25?” Avvicinandosi Raos, il servitore di Missan. |
questo signore vorrebbe parlare con il Missan dissi tutto intimorito io stavo cercado le cucine per andare a bere un gocio d'acqua e lo incontrato ora non so chi sia lo conducete voi dal nostro signore? domandai gentilmente
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Le parole di Lord Carrinton risuonarono per me quasi di libertà, finalmente non dovevo dipendere da Lady Sophia, avrei potuto essere libera in una dimora mia e senza rendere conto delle mie gesta. "Vi ringrazio Lord Carrinton, accetto volentieri e vi ringrazio per aver difeso il mio onore" con un lieve sorriso fissai Lady Sophia che era probabilmente più stupita dal fatto di non occuparsi più della mia rendita che della proposta del nobile. "Milady Sophia, sono una dama di grande nobiltà per cui vi ringrazio della vostra ospitalità" e le lanciai un piccolo sacchetto con delle monete "e non preoccupatevi, informerò personalmente i miei genitori della mia nuova situazione in modo tale che la mia rendita venga gestita da oggi in modo diverso e personalmente da me stessa". Detto questo salutai Lady Sophia e Jolie, e vidi i miei bagagli già pronti. Jolie, si era data molto da fare, la cameriera personale di Lady Sophia ambiva alla eredità della nobile e temeva la mia presenza. Ancora ero perplessa da questo interesse da parte di Lord Carrinton, ma non era momento di porsi delle domande.
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La carrozza di lord Carrinton lasciò la dimora di lady Sophia.
“Lady Sophia” disse il nobile ad Altea durante il tragitto “è una dama dai pregiudizi molto radicati… e, detto tra noi, credo che soffra di gelosia nei vostri confronti, milady…” sorrise “… del resto la cosa non dovrebbe destare stupore… siete molto bella ed il vostro portamento è quasi principesco…” La carrozza attraversava lentamente la verdeggiante campagna, mentre un piacevole e fresco vento rendeva l’aria asciutta e limpida. Poco dopo la carrozza giunse finalmente a Carrinton Hall, la residenza di caccia di lord Carrinton. Il cancello d’ingresso si aprì e la carrozza attraversò il lungo viale ingentilito da alberi e cespugli fioriti. Ad attendere il loro signore stavano davanti all’ingresso tutti i servitori: Jones il fattore, Roowey lo stalliere e la vecchia governante Angry. Subito i due uomini andarono incontro al loro padrone, inchinandosi e rendendogli omaggio. La vecchia Anfry, invece, restò quasi indifferente. “Non mi tratterrò.” Fece Carrinton ai suoi servi. “Da oggi qui dimorerà lady Altea e voi le sarete devoti come fosse la vostra padrona.” Fissò poi la vecchia governante. “Tu ti occuperai di ogni suo bisogno personale.” Guardò poi il suo stalliere. “Recati subito al palazzo di lady Sophia” ordinò “per ritirare i bagagli di lady Altea.” Si rivolse poi ad Altea. “Ora devo andare, milady…” sorridendo e cambiando tono di voce. Da autoritario e sprezzante, divenne dolce e gentile. “Devo sistemare alcuni affari. Vi prego, comportatevi come a casa vostra… questa dimora ed i miei servitori sono a vostra disposizione… ora vi lascerò riposare… Angry penserà ad ogni vostro bisogno… domani passerò a prendervi per condurvi in un luogo… ora vi saluto, mia signora…” e le baciò delicatamente la mano. “Prego, milady…” disse la vecchia Angry ad Altea appena Carrinton andò via “… seguitemi. Vi mostrerò il palazzo e i vostri alloggi…” |
Mi mordicchiai le labbra dubbiosamente, mentre cercavo di decifrare i suoi pensieri.
"Oh, ma cosa pensavo di fare? Non c'è soluzione... e forse nemmeno tutta la tua abilità può salvare Giselle... forse sono venuta qui solo per guardarmi indietro, perchè ho paura di andare avanti." Sospirai. "Gli uomini di Magnus sono qui. Li guida Missan... sia maledetto quell'uomo e con lui tutti i suoi compagni! Stanno cercando di espropriare le terre di mia madre, ma secondo le leggi inglesi quel feudo mi appartiene... ma quello che stanno cercando in realtà non è l'eredità dei Du Blois, ma il Giglio Verde... hanno rapito Giselle e la uccideranno se non li aiuterò a scovare quell'uomo!" Mi sedetti. "E' un'impresa impossibile e non escludo che uccideranno comunque la povera Giselle e mi riporteranno a Magnus con la forza." Lo guardai e non riuscii più a tratteneremi: "Perchè non vieni con me? Conoscerai certamente il feudo di Trafford Bridge, ci sarai stato con mio padre... e sai che lì c'è un porto da cui partono i mercantili... ti troveresti bene e..." deglutii "mi sentirei meglio con te al mio fianco..." abbassai gli occhi sulle venature del legno. |
Tyler ascoltò ogni parola ed avvertì quasi ogni emozione di Melisendra.
“Una volta, quando ero ancora ad Animos…” sorridendo amaramente “… ma dovrei dire Magnus… ascoltai uno dei tanti comizi in piazza… era uno studente che parlava al popolo… disse molte cose, ma io ne ricordo solo una… da oggi le cose cambieranno, i vostri padroni saranno costretti a trattarvi come loro pari... e sapete perché? Perché hanno paura...” cercò gli occhi di lei con i suoi “… e forse quello studente fanatico aveva ragione… anche tu oggi hai paura… non ti ho mai visto temere nulla… né un cavallo selvaggio da domare, né un richiamo di tua madre e neppure l’autorità di tuo padre… ma le cose cambiano, immagino…” di nuovo quel sorriso amaro “… poco fa hai sospirato... ricordi? Mi dicevi che odiavi quelle dame di corte, svampite, con gli occhi languidi e i capelli incipriati… sospirano perché non hanno nulla di intelligente da dire... dicevi sempre…” finì la sua coppa di vino “… vuoi che venga con te a Trafford Bridge… e in che veste? Il tuo stalliere? Il tuo valletto? O forse come la tua guardia del corpo? Immagino che per te non sarò mai più di un rozzo ed ignorante servitore, vero?” |
Lo guardai negli occhi, turbata dalle sue parole.
"Sai che non è così... quello che è successo... Tu vali al di là di quello che possono vedere gli altri, per questo voglio che tu mi sia di nuovo accanto." Le luci delle candele facevano danzare luci e ombre intorno a noi. "Comunque hai ragione... le cose cambiano... e io non so nulla di Trafford Bridge e di come amministrarlo, tu invece eri sempre accanto a papà... conoscerai di certo le persone che abitano il feudo e non avranno difficoltà a fidarsi di te..." lo guardai un po' di sbieco, non ero sicura che avrei trovato le parole giuste per dirlo e temevo la sua reazione. "Te lo chiedo perchè non intendo lasciare che un estraneo si occupi degli affari di famiglia a causa della mia ignoranza in merito... risposarmi è quanto di più distante ci sia dai miei pensieri." |
Le candele sembravano davvero voler animare le loro ombre.
Nella locanda gente di tutti i tipi entrava ed usciva, ma in realtà non c’era nessuno accanto a loro. E’ una strana sensazione quando sia ha la possibilità di rivivere il passato. Allora qualcosa di indecifrabile sembra riscaldare il cuore. “Come hai fatto a domare quel cavallo?” Chiese incredula Melisendra. “Nessuno degli uomini di mio padre ci era riuscito! Anzi, lui aveva deciso di farlo abbattere. Poi tu...” Tyler fissava i suoi occhi mentre parlava. Una luce intensissima li attraversava. “Con gli animali si dovrebbe parlare...” disse lui “... loro sanno comprendere... e questa serve raramente…” buttando a terra il frustino “... e poi gli animali sono fedelissimi, non tradiscono mai… i cavalieri dei romanzi, per esempio, sono sempre accompagnati da due cose... una spada fatata ed un cavallo fedele.” “E tu cosa ne sai di queste cose?” Ironica Melisendra. “Non ti ho mai visto leggere un libro.” Tyler mutò di colpo espressione. “Scusami, non volevo dire che...” “E’ vero...” la interruppe lui “... non so né leggere, né scrivere... ma so guardare ed ascoltare...” fissandola e sorridendo “... da piccolo mi nascondevo sotto le panche durante qualche spettacolo teatrale... ed allora potevo entrare in un mondo magico... la corte di Carlo Magno e dei suoi Paladini, o quella di re Artù e dei suoi invincibili cavalieri... una volta restai incantato... ero piccolo, ma ricordo quella sera come se fosse ieri... un attore impersonava un formidabile spadaccino... tanto temuto, quanto malinconico... la sua spada raccoglieva consensi, ma il suo cuore solo dolore... non riuscii a distogliere lo sguardo da quell’attore per tutto lo spettacolo... Tafferuille, si chiamava quello spadaccino... e fu in quel momento che giurai a me stesso di voler diventare abile con la spada... la spada mi avrebbe difeso dai dolori del cuore...” “Allora, monsieur spadaccino…” avvicinandosi Melisendra “... io come dama indifesa potrò contare sulla vostra infallibile spada?” “Tu non sei indifesa...” sussurrò lui “... no, tu sei forte e nulla potrà mai spezzarti...” “Credi?” Fissandolo lei, mentre il vento aveva cominciato ad accarezzare i suoi capelli rossi. “C’è sempre qualcosa, nella vita di ognuno, che può far paura... promettimi che mi proteggerai...” “Lo prometto…” ed il sibilo del vento accompagnò quelle sue parole. “Verrò con te a Trafford Bridge.” Disse Tyler a Melisendra. “Sono in debito con tuo padre... e solo così potrò ricambiare ciò che lui fece per me.” |
C'erano un sacco di ricordi che si sovrapponevano e mi confondevano. Per un attimo ne fui sopraffatta.
Aveva ragione quando diceva che in passato lo avevo disprezzato. Non faceva parte del mio mondo, eppure era riuscito ad avere l'affetto incondizionato di mio padre, sempre orgoglioso delle sue imprese. Più crescevamo e più eravamo diffidenti l'uno verso l'altro. Fino a quel giorno, quando era cambiato tutto. Ero seduta sotto un salice, vicino a un laghetto e osservavo le foglie dell'albero sfiorare l'acqua. Ero triste e nascosta tra quelle fronde speravo di poter dare sfogo ai miei crucci. Avevo programmato accuratamente la mia fuga ed eluso la sorveglianza di Giselle, quella delle dame di mia madre e delle guardie. Mi ero infilata nel passaggio segreto della biblioteca, che papà credeva che ancora ignorassi, ed ero corsa via. Quel luogo, celato dagli alberi, era il mio rifugio. Decisi che ne avevo abbastanza dell'etichetta e delle costrizioni a cui noi dame eravamo sottoposte. Iniziai a slacciare i lacci del corpetto e a litigare con tutti quegli indumenti. Avevo bisogno di togliermeli o sarei soffocata. Dopo molto brigare riuscii a sfilarmeli e mi gettai nelle acque del laghetto. Rimasi a galleggiare in quelle acque e a osservare le cime degli alberi ondeggiare sotto la brezza. Il silenzio fu interrotto dal nitrito di un cavallo. Mi acquattai dietro alcune canne e cercai di aprirmi una visuale. Repressi un gridolino di rabbia. Che ci faceva lì? Quel posto era mio! Non avevo intenzione di condividerlo con nessuno. Che diavolo stava combinando? Lo guardai sguazzare nell'acqua. No, non mi stava cercando. Arretrai, smuovendo le canne e iniziai a nuotare verso la mia riva. Una voce alle mie spalle mi fece sobbalzare. "Ehi! Chi c'è lì?" Nuotai il più velocemente possibile e mi nascosi tra le canne e le felci della riva. "Chi sei? Esci fuori!" Poi sentii il fruscio di una spada estratta dal fodero e il rumore di fendenti e canne che cadevano sotto di essi. "Ma sei impazzito?!" gridai, uscendo dal mio nascondiglio. "Metti subito via quell'arnese!" Feci capolino dalla vegetazione, furibonda e sgocciolante. "Cosa stavi cercando di fare? Di spiarmi, forse?!" lo assalii. Ero impresentabile. La sottile sottoveste di mussola candida mi aderiva al corpo e i miei capelli sgocciolavano acqua dappertutto, ma non aveva importanza. "Spiarti?" Domandò incredulo. "Io? Tu, piuttosto! Che ci fai qui? E perchè non sei con la tua balia!" "Balia?! Non ho bisogno di nessuna balia! Ed esigo che tu te ne vada!", in piedi, sulla riva, ci fronteggiavamo. "Hai ragione, non hai bisogno della balia... ma di un domatore! Evidentemente Giselle dovrebbe imparare a schioccare la frusta!" mi prese in giro. "Eeeh!!" Ero sorpresa da tanta impudenza. "Come osi? Sparisci subito di qui! Vai a sgrufolare nella foresta! O magari torna da mio padre... vedrai che non ti negherà una bella manciata di ghiande! E ora lasciami nuotare!" gli voltai le spalle. "Se è questo che vuoi... ti accontento subito!" Non feci in tempo a sentirgli concludere la frase che mi trovai sott'acqua. Mi aveva spinta. Ero scioccata. Intanto fuori dall'acqua Tyler chiamava il mio nome. "Melisendra?" iniziava a preoccuparsi. "Dai! Basta... esci fuori!" la sua voce si fece esitante, mentre si chinava dalla riva per scrutare tra le acque del lago. "Melisendra!" Vendicativa, emersi rapidamente dall'acqua e gli gettai le braccia al collo, quindi lo trascinai con me. Tutto finì con un grido di sorpresa e molti schiamazzi. Quando riemergemmo gli stringevo ancora le braccia intorno al collo e lui mi stava abbracciando. Stranamente non sentii l'impulso di sciogliermi da quell'abbraccio. Lo guardai in silenzio. CI conoscevamo da tempo, ma quel giorno ci vedemmo per la prima volta. "Sono contenta di potermi ancora fidare di te..." Mi alzai. "Domattina partiremo per la residenza di Lord Tudor, dove al momento sono ospite... e poi..." un sorriso mi illuminò gli occhi "sono ansiosa di visitare le terre di mia madre... sarà un nuovo inizio." Mi avvicinai a lui. "Ma abbiamo un altro compito delicato e importante... Giselle. Devo trovare un modo per indurli a liberarla... e trovare il Giglio verde è un'impresa talmente ardua..." sospirai nuovamente. Dovevo elaborare un piano. |
Raos fissò prima Cavaliere25, poi il misterioso chierico che si era presentato a Palazzo.
“Posso sapere il vostro nome?” Chiese al chierico. “Certamente… sono il Presbitero Tommaso…” con un gradevole ma vistoso accento straniero il chierico. “Siete forestiero… forse greco?” “No, Armeno.” Rispose Tommaso. “Ho esercitato il mio ministero prima a Tessalonica, poi a Costantinopoli… e fui fortunato a viverci poco prima della sua caduta sotto le armi turche.” “A Tesallonica, dunque in Grecia.” Fissandolo Raos. “Avevo visto giusto nel riconoscere nel vostro accento una cadenza greca.” “Si, siete un accorto ascoltatore.” Sorridendo Tommaso. “E posso chiedervi il motivo della vostra visita?” “Dovrei vedere l’ambasciatore Missan.” “Perdonatemi, ma l’ambasciatore non riceve i religiosi.” “Non preoccupatevi, annunciatemi pure.” Disse il chierico. “Sono qui per svolgere il mio lavoro e non per occuparmi di politica. E, da quanto leggo, i lavoratori a Magnus rappresentano, oggi, lo zoccolo duro della popolazione.” Raos lo fissò con occhi indagatori per alcuni istanti. “Accompagna monsignore dall’ambasciatore, ragazzo.” Ordinò poi a Cavaliere25. “Lo troverai nel suo studio. Dopo potrai andare in cucina per bere e mangiare.” "Vi ringrazio, signore." Sorridendo il Presbitero Tommaso e portando al petto una mano, sulla quale sfoggiava un prezioso anello, in segno di gratitudine. http://static.cinemagia.ro/img/resiz...3l-imagine.jpg |
“Beh, bisognerà vedere il tuo lord Tudor con che faccia mi riceverà nel suo palazzo…” disse Tyler a Melisendra “… magari lui immagina che tu sia andata a cercare un cavaliere dagli abiti sfarzosi e dai modi raffinati… un momento…” fissandola “… hai detto domattina? E dove hai intenzione di passare la notte? Qui?” Rise. “No, non ci credo! Una dama capricciosa e viziata come te non riuscirebbe a chiudere occhio in un posto come questo!”
In quel momento qualcuno si avvicinò ai due. “Milady, tutto bene?” Chiese Hagus. “Vi occorre qualcosa?” Ormai si era fatto tardi e solo facce poco raccomandabili affollavano ancora la locanda. “Forse questo luogo comincia a non essere più tanto adatto ad una dama del vostro rango.” Continuò Hagus. “Come volevasi dimostrare…” mormorò sarcastico Tyler, per poi cominciare a fischiettare. |
"Questa locanda andrà benissimo, d'altronde non possiamo pensare di viaggiare di notte... il palazzo è lontano." Mi guardai attorno e non mi feci intimorire dalla variegata umanità che riempiva quella sala.
"Lord Tudor è una persona gentile e ti accoglierà in quanto uomo di fiducia di mio padre, sono certa che non ci saranno inutili complicazioni." Feci un cenno a una cameriera e le chiesi di preparare una camera per me e una per Sir Hagus, poi mi voltai verso Tyler. "Hai sempre confuso la testardaggine per capricci... e comunque... negli ultimi mesi ho visto luoghi più spaventosi di questo. Perfino il castello di Beauchamps era diventato un incubo." |
Venite con me dissi Guardando quel uomo vi conducerò dal nostro signore e mi avviai verso lo studio mentre lo guardavo interessato gli dissi io sono cavaliere25 sono agli ordini di Missan e continuai a camminare aspettando che mi rispondesse qualcosa
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Entrai nella nuova dimora, sebbene fosse una dimora di caccia era arredato in stile nobile e di buon gusto, mi guardavo attorno frastornata ma presto avrei preso confidenza con quel luogo nuovo, anzi ora era la mia dimora. Mi rivolsi a Angry "i miei omaggi signora Angry, non ci siamo presentate ma dovremmo passare molto tempo assieme. Ho conosciuto Lord Carrinton per caso e subito si è interessato a me, io provengo dalla corte di Irlanda, i miei genitori sono i conti O' Kenninghton e mio padre è un valoroso cavaliere alla corte. Sono venuta fino in Inghilterra perchè volevo conoscere questi luoghi, e Camelot...mi ha sempre affascinata studiandola con il mio maestro sui libri. Anche se vi devo ammettere mi manca molto il verde della mia terra natia e pure i miei genitori". Mi recai verso una grande stanza di bellissime fattezze e con arredi chiari, quella doveva essere la mia stanza "Aspetto i miei bagagli, e soprattutto i miei vestiti, nel frattempo gradirei un buon the Angry. Ah, e se posso anche un calamaio e della carta, devo scrivere una missiva". Mi stesi sul letto e lentamente mi addormentai, pensando a Lyo. Come potevo rivederlo? Gli dovevo la vita, ma ora mi avrebbe odiata sapendo che ero qui, in questa casa. Il mio non era amore, ma nutrivo per lui una profonda amicizia, era la prima persona che mi aveva riservata della gentile attenzione in queste lande. Mi persi poi in un sonno profondo.
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Hagus allora chiese al locandiere due stanze: una per sé ed una per Melisendra.
I due furono così condotti al piano di sopra per prendere possesso ciascuno della propria stanza. “Milady, io sono nella stanza accanto alla vostra” disse Hagus a Melisendra “e se vi occorre qualcosa non esitate a chiamarmi. Vi auguro una serena notte.” Ma poco dopo, quando per le strade anche gli ultimi schiamazzi sembravano spegnersi, Melisendra cominciò ad udire qualcosa. Era una lenta e malinconica melodia che pareva provenire dal basso, dalla strada. E più la ragazza sentiva quel suono, più le sembrava familiare. “E’ un nuovo servitore, padre?” Chiese Melisendra mentre insieme a suo padre scendeva nelle scuderie. “No, non è un semplice servitore...” spiegò suo padre “... egli ha tutta la mia fiducia e poi è un ragazzo molto in gamba... è un passionale, con un gran cuore, anche se cela tutto questo dietro quella grande rabbia che racchiude dentro di sé... ma ora lo conoscerai.” Giunsero nelle scuderie, ma di Tyler non vi era traccia. “Dov’è andato quel ragazzo che è giunto con me stamani?” Chiese il signore di Beauchamps agli stallieri. “Fino a un attimo fa era qui...” rispose uno di questi “... quel ragazzo sembra essere come il vento... inquieto ed incostante.” Ad un tratto Melisendra sentì una singolare melodia, che proveniva da dietro le scuderie. Seguì quel suono e trovò un ragazzo che suonava soffiando in una larga foglia che teneva stretta alla bocca. E appena questi vide Melisendra smise di suonare, restando quasi incantato dall’immagine di lei. Quella musica nella notte aveva ridestato in lei quell’antico ricordo. Un ricordo che sembrava quasi confondersi con l’inquietudine e la malinconia di quella notte. |
Angry ascoltò quasi con distacco le parole di Altea.
“Milady, io sono Angry, la vostra governante…” disse “... per qualsiasi vostro bisogno chiedete pure a me. Presto Roowey porterà qui i vostri bagagli.” Si allontanò per qualche istante, per poi ritornare con la carta ed il calamaio che la ragazza aveva chiesto. “Se vi occorre altro suonate pure il campanellino che c’è sul vostro comodino. Con permesso, milady.” “Saresti dovuta restare in Irlanda…” mormorò con un filo di voce, quasi impercettibile, mentre usciva dalla stanza. |
Il Presbitero Tommaso e Cavaliere25 attraversavano il lungo corridoio che li avrebbe condotti allo studio di Missan.
“Cavaliere25…” ripetè il chierico “… vedi questa?” Mostrando al ragazzo un’immaginetta di San Michele Arcangelo. “Osserva attentamente…” chiuse la mano, per poi riaprirla vuota. “Magia? No, non è magia…” e sfiorò con la mano i capelli del giovane aiutante di Missan “… ecco dov’era San Michele Arcangelo… nascosto tra i tuoi capelli.” Mostrando di nuovo l’immaginetta santa. “Tienila con tè, Cavaliere25…” fissandolo “… San Michele ti proteggerà sempre…” e diede l’immaginetta al giovane. Un attimo dopo giunsero davanti allo studio di Missan |
Il mio sonno fu turbato da profondi incubi, mi svegliai di soprassalto, quasi non ricordavo più dove mi trovassi, poi mi ripresi e mi guardai attorno, ancora indossavo gli abiti ma vidi che i miei bagagli erano stati portati nella stanza. Mi avvicinai allo scrittoio con la candela in mano, e mi accorsi che Angry aveva portato ciò di cui avevo bisogno per mettermi in contatto con i miei genitori.
Mia adorato padre, mia amata madre molte cose strane sono occorse in questi giorni qui in terra d'Inghilterra. Ho fatto la conoscenza con un giovane cavaliere, messer Lyo, un giovane che mi salvò la vita da dei gaglioffi. Ma soprattutto ciò che cambiò la mia vita fu l'incontro con Milord Carrinton, egli mi sta ospitando nella sua dimora di caccia, ovviamente egli dimora nel suo palazzo a Camelot. A mio servizio ci sono dei fedeli suoi servitori, quindi non dovete temere per me. Non ho mai voluto confessarvi che Lady Sophia con me è stata scortese, infatti quasi me ne sono andata da casa sua perchè offese il mio sangue irlandese e l'Irlanda intera, ella era solo interessata alla vostra rendita. Ora sarò io a provvedere ad essa, ringrazio voi madre per i bellissimi vestiti e gioielli che mi mandate, sapete benissimo che non amo andar per negozi, e ringrazio voi padre per quella catenina di diamante a forma di trifoglio, con un significato particolare. Mi mancate molto, vorrei potervi incontrarvi, sono nelle vostre mani. E ogni notizia potete mandarmi ne sarei lieta. Con affetto e amore, vostra figlia Altea Costance O'Kenninghton. Chiusi la lettera, la sigillai con la cera lacca e con uno stampino preso dal mio borsello impressi il simbolo del nostro casato. Ora dovevo farla recapitare ai miei genitori ma ci avrei pensato domani mattina. La casa era avvolta nel silenzio, aprii la porta e mi incamminai scalza a curiosare nelle varie stanze, quando entrai in una stanza da letto sontuosamente arricchita con arazzi e appeso un ritratto di una donna bellissima, rimasi a bocca aperta davanti tale bellezza ma anche perplessa. Non sapevo se stessi facendo la cosa giusta, troppe cose stavano accadendo. http://i52.tinypic.com/5km3bk.jpg |
Daniel e Marco, trovati quegli zingari accampati nella campagna, decisero di tornare al Belvedere e riferire ogni cosa a Guisgard.
E giunti al palazzo, trovarono ai cancelli alcuni soldati del duca. Con loro vi era anche Arthos. “Cosa ci fate qui, voi due?” Chiese vedendo i due fratelli. “Sir Guisgard non vi aveva concesso una bella licenza per spassarvela un po’? Siete così ligi al dovere da rifiutare anche un po’ di sano divertimento?” E rise di gusto. |
<<Dobbiamo riferirgli una certa cosa.. Ma perche voi siete qui?>>
Dissi guardando prima Arthos e poi le guardie... |
Lo guardai e gli sorrisi e dissi grazie signore ecco siamo arrivati e bussai alla porta dello studio e aspettai che mi rispondesse qualcuno mentre presi l'immaginetta e la misi in tasca
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Restai ad ascoltare Monsieur sulla festa di S.Michele.....e mi sentivo colpita da una strana sensazione di pura follia........mi ero tolta il mantello ..avevo udito campane, lamenti antichi......mi ero sentita strattonare...e mi ero coperta il volto.....eppure lui era li' impassibile che continuava a parlare serenamente dei suoi ricordi..........chi mi aveva strattonato.....cosa erano quegli strani suoni provenienti da altri luoghi..e perche' quel maledetto segno al braccio mi bruciava ogni qualvolta avevo una sensazione emotiva molto forte.......non aprii bocca con Monsieur....accolsi con un sorriso tirato l'invito ad andare a riposare,e mi feci accompagnare docilmente nella stanza che mi fu assegnata......feci solo un cenno del capo nella direzione di quell'uomo che sembrava non vedermi neanche............infono, c'eravamo incontrati da qualche giorno.....Entrai nella mia stanza, era piccola ma pulita, poggia sulla sedia il libro e il mantello....Tolsi il vestito e mi lavai il viso e le braccia.....e mi distesi tra le coperte, avevo molto freddo,forse era la stanchezza............o forse la solitudine, andai con la mente tra la mia gente....tra di loro non ero mai sola, si viveva in armonia, dove le leggi della natura venivano scanditi dal tempo......e dalla luce che il sole e la luna ci concedeva.....Incomincia a cullarmi cercando di prendere sonno...........qualcosa mi sveglio', un rumore o una voce.....con la mente annebbiata dal sonno...non riuscii a mettere a fuoco....mauna cosa mi rimase viva...." Hai un fratello...cercalo..... hai un fratello "...la voce...ma il segno sul mio braccio mi favìceva male..un male da togliere il fiato......
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Esetien narrò tutto l'accaduto mentre la ragazza s'affrettava a cambiarsi,e quando udì l'esito di quella meledetta missione Chantal rimase impietrita.Per un momento la sua mente aveva arrestato il turbolento flusso dei pensieri.
"Il palazzo del procuratore della Repubblica."Sibilò in un respiro di chi cerca fiato nello sconcerto. Si portò una mano sugli occhi che ancora recavano traccia di bistro,e quando si guardò le dita sporche di quella nera sostanza cosmetica,si turbò come se quel colore,d'improvviso,la richiamasse al nero velo del lutto,presago del pericolo che stesse correndo suo zio.Le si gelò il sangue. Pochi istanti dopo si ritrovò ad abbracciare il ragazzino che ancora si agitava nel rievocare la disavventura. "Io devo andare al Palazzo del Procuratore,Esetien.E,forse è meglio per te che ritorni a casa da tuo nonno,magari a quest'ora,con l'aiuto del Buon Dio,sta meglio e potrebbe avere bisogno di te!" Non era certa che così avrebbe esposto il ragazzo a minor pericoli,ma in quella casa non avrebbe trovato altra compagnia che la solitudine,e forse,la minaccia della guardia repubblicana di lì a poco. "Prendi dalla dispensa qualcosa da portare con te,tutto ciò che occorre a te ed ai tuoi cari,riempi un cesto e poi tornatene a casa.Sii prudente e non fermarti a raccontare niente ad alcuno di quanto è accaduto a te e a mio zio ieri sera.Ora,però,devo laciarti." Chantal raccolse le rose che aveva portato con sè dalla cappella,le costrinse in un cesto dal manico ampio e precedette Esetien nell'uscita. Per le vie giovani e fanciulle in preda all'euforia si rincorrevano e danzavano canticchiando motivetti che schernivano nobili e clero.Qualcuno invocava liberà e uguaglianza.Fattori,artigiani,donne di malaffare si muovevano senza meta,i carri trasportavano uomini e bestie nelle più disparate direzioni.La calca andava infittendosi man mano che Chantal si portava verso la piazza centrale. "La bouquetière..la bouquetière.." Ripeteva impacciata e quasi senza voce,temendo di tradirsi.E se qualcuno le si accostava si sforzava a dire:"La fleur.Prenez une fleur,monsieur!"..e poi.."Achetez une fleur,mon ami.Pour votre mère,ou donnez t-elle à la dame votre."Si affannava a essere convincente,ma tremava nella voce e nel corpo,tremava al punto che si sarebbe voluta abbandonare a un pianto poichè la disperazione la travolgeva,la stessa farsa alla quale si stava prestando la rendeva inquieta e sconsolata.Finchè,camminando tra la folla,si ritrovò di fronte al Palazzo del procuratore. Il cuore prese a tamburare,ma quella era l'unica via per giungere ad apprendere notizie veritiere su suo zio. Si fermò,rimase qualche istante senza respiro,in preda al terrore.Qualcuno la urtò violentemente tentando di inveire contro di lei poichè bloccava l'accesso alle scale,allora la ragazza si scosse,si guardò intorno e nella folla afferrò il braccio di un ragazzino:"Ragazzo!"Chiamò."Vieni qui,prendi tutti questi fiori e portali in offerta al Santuario della Beata Vergine Maria.Corri,fa presto ed invoca una preghiera per le anime del Purgatorio."E gli lasciò insieme alla cesta una moneta. Ora non le rimaneva che fronteggiare le autorità.Qualunque cosa potesse accaderle,non sarebbe stata peggiore della perdita di suo zio. Si portò dinnanzi al grande portone e,incautamente ma con orgoglio e fierezza,si annunciò alle guardie:"Sono Chantal de la Merci,nipote di padre Adam de la Merci e chiedo di essere ricevuta dal procuratore poichè mio zio è stato condotto qui,in arresto,ieri sera". |
L'indomani mattina mi svegliai in quella piccola stanza dall'aria semplice e un po' arrangiata. Non aveva nulla a che vedere con lo sfarzo dei palazzi che avevo conosciuto ma, per la prima volta dopo tanto tempo, mi svegliai senza l'angoscia per i giorni che mi attendevano. Mi stiracchiai, pensando a Tyler, che avevo ritrovato e che aveva promesso di starmi accanto. Mi sentivo rincuorata.
Scesi nella sala della locanda e mi servirono una colazione umile, ma molto gustosa. Mi recai nelle stalle, poichè mi era stato riferito che Sir Hagus era stato mattiniero e forse avrei potuto incontrarlo lì. |
Gaynor stava per prendere una decisione che le avrebbe cambiato la vita. Dopo aver riflettuto sull'operato del suo compagno, capì che il rapimento di una donna che non aveva alcuna colpa era stato un atto ignobile... lasciare un essere umano innocente in una cella, in preda al terrore, era un gesto che lei non poteva nè comprendere, nè tantomeno tollerare, per cui dopo una lunga e penosa riflessione decise che non se ne sarebbe stata con le mani in mano.
Si presentò dunque alla cella dove avevano imprigionato Giselle e vi trovò Mercien di guardia. Facendo leva sulla sua condizione di servo, con tono arrogante gli disse: "Vai pure adesso, resto io con la prigioniera, ho giusto voglia di fare quattro chiacchiere tra donne." |
Arthos sorrise ed avanzò verso Daniel e suo fratello.
“Noi siamo i cavalieri di lord Tudor.” Disse. “Le nostre spade e i nostri cuori sono al suo servizio. Sempre. Noi sorvegliamo la sua casa e vegliamo sul suo sonno. Non è vero, amici miei?” Rivolgendosi alle guardie. “Si, messere!” Risposero in coro queste. “Il buon sir Guisgard” fece Arthos tornando a parlare ai due fratelli “sarà di certo in dolce ed invidiabile compagnia. Dico bene, amici?” Chiedendo alle guardie. Queste annuirono ridendo. “Eh, sir Guisgard sa godersi la vita come pochi!” Continuò Arthos. “E’ uscito qualche ora fa dal palazzo. Speriamo solo che la dama di turno non sia sposata!” “O almeno che il marito non maneggi la spada meglio di lui!” Esclamò una delle guardie. E tutti risero di gusto. “Noi, come detto, siamo i fedeli cavalieri di suo zio” riprendendo la parola Arthos “e forse potete riferire a noi in assenza di sir Guisgard.” Aggiunse fissando Daniel e Marco. |
Altea fissava quel ritratto.
Era raffigurata una donna bellissima. Lunghi e ricci capelli d’ebano, accomodati alla moda di Cipro, incorniciavano un viso perfetto, dai lineamenti delicati e raffinati. Un colorito roseo lambiva qual volto, impreziosito da grandi e profondi occhi verdi, mentre carnose e vermiglie labbra conferivano a quell’immagine un’esotica sensualità. Altea restò rapita da quella figura, che appariva così reale da sembrare quasi imprigionata in quel quadro. Ad un tratto la bella principessa irlandese avvertì come un senso di freddo. Le parve allora di vedere un’ombra spostarsi velocemente nella penombra. Ma fu un attimo. Poi di nuovo l’angosciante solitudine che trasmetteva quel bellissimo ritratto. “E’ lady Cassandra Carrinton…” disse all’improvviso una voce alle spalle di Altea “… è morta qui, in questo palazzo, anni fa… e da allora il suo spirito non ha più abbandonato questo luogo… non dovevate entrare in questa stanza, milady…” continuò la vecchia Angry “… lord Carrinton non permette a nessuno di accedervi… venite, ho preparato una tisana calda e dei biscotti… prego, seguitemi…” aggiunse la vecchia servitrice, mentre la donna del ritratto le fissava enigmatica. http://4.bp.blogspot.com/_UR8QNn2aoT..._of_a_Lady.jpg |
Fatto colazione, Melisendra uscì dalla locanda per raggiungere le stalle.
Qui trovò Hagus intento a controllare alcuni ragazzi inviati dal locandiere per preparare i loro cavalli. “Ecco, messere, i cavalli sono pronti.” “Grazie, ragazzi.” Rispose Hagus ai due. “Ecco, questi sono per voi.” E lasciò loro due taddei d’argento.” Si accorse allora della ragazza. “Buongiorno, milady.” Salutando Melisendra. “I cavalli sono pronti… appena vorrete, ripartiremo per il Belvedere… ma non vedo il vostro amico…” E proprio in quel momento si udirono delle grida provenire dallo spiazzo davanti alla locanda: tra un capannello di persone due uomini sembravano sul punto di sfidarsi. “Sporco cane plebeo…” mormorò con rabbia un uomo abbigliato con abiti sfarzosi ed animato da modi superbi “… ora ti insegnerò io come ci si rivolge a chi ti è superiore per nascita…” E di fronte a lui stava Tyler, con gli occhi fiammeggianti ed i lineamenti tesi, come una belva braccata dal cacciatore. |
Il mare.
I riflessi dorati del Sole sulle acque, il rumore delle onde contro gli scogli e l’odore di salsedine nell’aria. Elisabeth fissava quel mare e lasciava che il vento le accarezzasse i capelli. “Cosa ci sarà oltre quell’orizzonte sconfinato?” Si chiedeva, cercando di immaginare luoghi lontani, dai contorni incantati e dalle atmosfere fiabesche. “Forza, c’è il libeccio!” Gridò un vecchio marinaio. “Usciamo ora e al ritorno avremo vento favorevole!” “No possiamo prendere il mare ora…” rispose un giovane marinaio “…o sarà il mare che prenderà noi...” “Ma se è calmo!” “La tempesta è annunciata da lieve brezza...” replicò un altro marinaio “... anche io credo sia meglio restare qui per oggi...” Ad un tratto una barca entrò nel porto, fino a raggiungere il molo. “Dite... il mare è agitato?” Chiese il vecchio marinaio all’uomo che era su quella barca. “Stanno venendo a prendermi…” mormorò questi “... preso saranno qui...” In quel momento si udirono dei rintocchi di campane. “Sono le campane del Castello dell’Eremo...” fece un marinaio “… suonano quando un prigioniero è fuggito... presto il porto sarà pieno di soldati repubblicani...” Tutti allora fissarono l’uomo sulla barca. Questi alzò il capo e mostrò il suo volto: era Monsieur. Guardò allora Elisabeth, con occhi cupi e la fronte rigata dal sudore. La sua faccia era una maschera d’inquietudine. Elisabeth si svegliò di colpo. La giornata era soleggiata ed una lieve brezza scuoteva le cime degli alberi che raggiungevano la finestra della sua stanza. Dalla staccionata della tavernetta proveniva un rumore. Era Monsieur che spaccava la legna. Era senza camicia e guardandolo Elisabeth si accorse dei segni che l’uomo aveva sulla schiena: erano frustate. |
Il ragazzino fissò Chantal e poi scoppiò a ridere.
“Il Santuario?” Ripeté. “Non ci sono più né chiese, né santuari, né basiliche! Le hanno chiuse ed incendiate tutte! E tu sei una traditrice! Traditrice! Traditrice!” Cominciò a gridare, mentre quella sua risata quasi deformava il suo grottesco volto. Avvicinatasi poi all’ingresso del palazzo del procuratore, la guardia le fece cenno di attendere. Alcuni istanti dopo tornò dalla ragazza. “Seguitemi, repubblicana.” Disse. Passarono quasi due ore davanti all’ufficio del procuratore, poi, finalmente,questi si decise a riceverla. “Venite avanti, prego.” Disse nel vederla. “Venite, non abbiate paura. Però non ho molto tempo, dunque vi chiedo di essere concisa. Grazie.” |
Nel frattempo, Gaynor era scesa nelle prigioni.
“Non mi era stato comunicato nulla del genere…” mormorò Mecien “… e sia, gli ordini, del resto, li date voi… io resterò nei paraggi, presso l’uscita dalle prigioni… se vi occorre qualcosa chiamatemi…” e si allontanò. Gaynor allora si accostò alle sbarre della cella. Giselle era rannicchiata in un angolo di questa, col capo chino sulle ginocchia piegate contro il petto. I capelli erano sciolti ed avvolgevano le spalle e il petto. Nel sentire Gaynor, alzò la testa e la fissò per qualche istante. “Cosa volete ancora da me?” Con un filo di voce. “Perché non mi uccidete subito? Non chiedo altro che pietà e misericordia…” e fissava tra le lacrime il volto di Gaynor, che come un’enigmatica figura si presentava a lei tra il silenzio e la desolazione di quelle prigioni. http://1.bp.blogspot.com/_O-UGIOHOn9...ique%29_06.jpg |
Il Presbitero Tommaso venne così ricevuto da Missan.
“Io non credo di avere il piacere di conoscervi…” disse l’ambasciatore nel vedere il chierico. “Ma in questo immenso dramma che chiamiamo vita…” fissandolo questi “… un volto, una voce possono significare tutto come niente…” “Siete forse un filosofo?” “Perché no…” sorridendo il chierico “… del resto, cosa davvero differenzia un filosofo da un burocrate, o da un poeta, o anche da un profeta… un legislatore non è forse, in qualche modo, egli stesso un filosofo, essendo la sua dottrina, il diritto appunto, una scienza astratta?” “Il diritto una scienza astratta?” Ripeté sorpreso Missan. “Ma se è l’unica, insieme alla matematica, al servizio della ragione.” “E’ fatto dagli uomini” fissandolo Tommaso “e dunque è imperfetto, inesatto.” “Chi siete voi?” Tommaso si slacciò leggermente il mantello e mostrò il crocifisso che aveva al collo. “Siete forse un chierico?” Chiese Missan, mentre un lampo attraversava i suoi occhi. “Spiacente, ma non credo possa esserci dialogo tra noi, io...” “Oh, ma io non sono qui per convertirvi...” sorridendo Tommaso “… la sorte della vostra anima è già decisa... sono qui per proporvi uno scambio...” “Non avete nulla che possa interessarmi.” Con disprezzo Missan. “Lo credete?” Fissandolo Tommaso con i suoi penetranti occhi azzurri. “L’altro giorno è sparita una donna... una donna francese, come voi... forse rapita…” “Non comprendo le vostre parole…” con indifferenza Missan. “Magari, voi, essendo ella francese… non negherete il vostro aiuto nelle ricerche...” “Credo che non potrò più dedicarvi altro tempo…” “Ed io, come detto, potrei ricompensarvi…” “E come?” Con un ghigno Missan. “Magari con una benedizione?” “Infatti solo una benedizione potrebbe far cadere nelle vostre mani il Giglio Verde...” “Il Giglio Verde?” Turbato Missan. “Cosa ne sapete voi del Giglio verde?” “Beh, io sono il suo confessore…” “Mentite!” “Un prete non mente mai…” sorridendo Tommaso “... per questo voi odiate tanto i preti…” “Allora lo conoscete?” “Conosco il suo cuore e la sua anima.” “Ah!” Battendo Missan un pugno sul tavolo con fare trionfante. “Sapevo che quel maledetto era in combutta con la Chiesa! Chi è dunque?” “Il Giglio Vede? Oh, ma il Giglio Verde può essere tanto un Angelo, quanto un demonio. Spesso possono apparire simili… ricordate la Bibbia? Non era un Angelo quello che sterminò i primogeniti egizi? Lo era davvero, anche se agli Egiziani non sembrò tanto angelico… e quello che tormentò Giobbe? Non era forse un demonio mandato da Dio per tentare il suo fedele servitore?” Di nuovo quei suoi occhi chiari si fissarono sull’ambasciatore. “Ecco dunque come un Angelo può essere spesso confuso con il demonio…” “Beh, forse vi deluderò, ma il demonio non esiste.” Con sufficienza Missan. “E’ solo un’invenzione della Chiesa per impressionare e sottomettere con la superstizione e l’ignoranza il popolo.” “Come fate a dirlo?” Impassibile Tommaso. “Proprio voi che avete visto l’Inferno e la dannazione dei dannati. Voi e i vostri compagni, che avete rinchiuso i vostri simili in quelle prigioni, simili a tanti gironi infernali. Voi che vi siete proclamati giudici e carnefici. Oh, signor ambasciatore, il demonio esiste vi dico… se c’è Dio, c’è anche il demonio, mi sembra logico…. e chiunque sia, Angelo e demonio, il Giglio Verde è stato inviato anche per voi… e non sarete voi a trovarlo, ma sarà lui a trovare voi… Angelo o demonio che sia, è stato inviato per voi… inviato da Dio…” “So per certo che Dio non esiste, prete!” Alzando la voce Missan. “Non esiste!” In quel momento una raffica di vento spalancò una finestra, facendo morire le candele e gettando la stanza in una cupa penombra. Missan, quasi impressionato ed intimorito, corse a chiudere la finestra, come a voler zittire l’ululato del vento. Si voltò poi di nuovo verso il chierico, ma questi non c’era più. La stanza era vuota. Missan allora corse nel corridoio e chiamò i suoi uomini a gran voce. “Quel chierico…” mormorò visibilmente agitato a Cavaliere25 e agli altri “… era qui, con me… ma poi è sparito… qualcuno l’ha visto uscire? Aggirarsi nel palazzo?” “No, signore…” risposero alcuni dei suoi “… eravamo qui fuori e nessuno è uscito dal vostro studio.” “Non può essere…” mormorò Missan “… cercatelo… cercatelo in tutto il palazzo… non può essere svanito come… come il vento…” |
Fissavo quel volto etereo e mi sentivo in preda ad emozioni strane, quasi avvertii un gelido soffio di vento al collo, il cuore iniziò a battere forte, e una figura si mosse come un lampo. Cercai di far forza su me stessa e controllare le mie emozioni, quel quadro evocava inquietudine quando udii la voce di una donna che mi destò.
"Angry, siete voi. Scusate, volevo conoscere il palazzo, la porta era aperta, era l'unica stanza che non mi avevate mostrato. Vi prego, non dite a Lord Carrinton che ho preso accesso a questa stanza, avete ragione mi sento frastornata, ma è stato come se un vento gelido mi avesse portato fino a qui." Guardavo la vecchia governante scrutarmi con gli occhi sgranati ed impauriti. "Gradirei volentieri quella tisana e quei biscotti, immagino fatti da voi, saranno deliziosi. E gentilmente, portatemi dell'acqua calda, ho bisogno di un bel bagno rilassante." Rientrai nella mia stanza, chiusi la porta, quando misteriosamente la finestra si apri facendo fischiare il vento. Corsi a chiuderla, quel posto iniziava a farmi paura dopo le parole di Angry, chi era milady Cassandra Carrinton? non potevo chiederlo al Milord, poichè si sarebbe arrabbiato con me e mi avrebbe cacciato da quella dimora. Vidi la lettera sullo scrittoio, la afferrai e scendendo velocemente le scale uscii nel giardino e lì trovai il vecchio Roowey, già al lavoro di buon mattino . "Messer Roowey, presto, ho da chiederle una cortesia. Deve recarsi subito alla dimora del duca Jones Wilkinson, qui chiedete di messer Patrick Williams, ditegli che vi manda Lady Altea Costance O'Kenninghton. Egli è in partenza per l'Irlanda oggi, consegnate a lui questa missiva e dite che ho chiesto di porla personalmente tra le mani di mio padre". Patrick Williams era un vecchio di animo nobile e gentile, qui mi ebbe a cura poichè grande amico d'infanzia di mio padre e a suo servigio per molti anni, sapevo che la missiva sarebbe arrivata sicura nelle mani di mio padre, forse avrei avuto delle notizie sui Carrinton dall'Irlanda. Rientrai a Carrinton Hall e trovai Angry in cucina pronta a prepararmi la tisana e mi sedetti "Angry, mi soffermo qui con voi, ormai ho perso il sonno." Notai che la governante non parlava, ma mi scrutava in modo strano. Bevvi la tisana calda, sentii piano piano riscaldarmi l'animo e gustai i deliziosi biscotti, ma davanti a me vi era sempre quel volto stupendo. Mi alzai di scatto "Angry, vado nella mia stanza, per quel bagno caldo seguitemi, dobbiamo anche aprire i miei bagagli e mettere ogni cosa con ordine. E devo prepararmi, oggi Lord Carrinton aveva detto mi avrebbe portato in un bel posto. Chissà quali altre misteriose sorprese mi aspetteranno, e poi parlano della mistica Irlanda. Laggiù ero più tranquilla" parlavo salendo le scale mentre Angry mi seguiva e mi accorsi che la stanza di Lady Cassandra era chiusa. Le essenze e il profumo della lavanda si espandevano nella stanza, era l'essenza che più adoravo, sapeva togliere stanchezza e pensieri negativi, proprietà studiate nei miei vecchi tomi sulle piante. Quando tornai nella stanza vidi che Angry aveva provveduto a sistemare ogni cosa e addirittura aveva preparato il vestito da indossare, la invitai a lasciarmi sola nella stanza. Riposi il vestito e ne scelsi un altro, e posi la spada che mio padre mi donò sotto il letto. Era meglio non farla notare. Poi ridiscesi le scale e mi avviai nella biblioteca per guardare i tomi e leggere qualcosa. Ma Angry notavo mi seguiva, proprio come uno spirito e guardavo fuori la finestra, quel vento forte che reiniziò a soffiare come a preannunciare una tempesta. http://i51.tinypic.com/2u8j613.jpg |
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