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<< Non penso vi serva un titolo per conquistare una donna, principessa o meno... E poi ho sempre pensato che il titolo non faccia una persona. Ci sono uomini nobili totalmente inetti, altri invece sono davvero come vengono descritti nei libri... >>
Gli sorrisi leggermente prima di continuare, mi interessava parlare con lui in quel modo. << Magari lo siete... Siete innamorato, un militare innamorato che suona per la sua donna lontana, sarebbe una bella storia, da romanzo... Potreste scrivere anche di questo >> cercavo di rispondergli a tono anche se i suoi modi erano più pronti e spontanei dei miei. |
Quello che Altea scambiò per un taxi era in realtà una camionetta dalla carrozzeria sbiadita, carica di ortaggi, verdura e frutta.
Infatti Evangelia era un piccolo borgo e di certo nessuno si spostava in taxi. Tuttavia il conducente della camionetta, vedendo che con lei vi era anche un prete, accettò di accompagnarli al forte. “Oh, non avete certo bisogno del mio permesso per parlare al capitano, madama.” Disse Don Tommaso ad Altea. “Immagino se siete giunta fin qui abbiate cose importanti da riferirgli.” La strada era dissestata e la camionetta sussultava non poco durante il tragitto. |
Poteva essere la fine, sentivo Danasgrada sempre più debole, e riuscire a controllarlo era sempre più difficile.
Ma non era il solo ad essere debole, anche io lo ero sempre di più. Poteva essere la fine e dunque, come da copione vidi la mia vita passarmi davanti, la mia infanzia travagliata, Miral, la voglia di lottare, l'arruolamento, le missioni. Rividi le persone che non avrei più rivisto, e quelli che avrei riabbracciato dopo molto tempo. Sorrisi, rendendomi conto che non avrei cambiato nulla, nessuna decisione, nessun'esperienza. Era una consapevolezza davvero gratificante. Qualcuno diceva che non importa vivere venti o cent'anni, l'importante è non doversi vergognare della propria vita alla fine. L'unico rimpianto che portavo con me era quello di non essere stata amata. Ma avevo sempre saputo che c'era questo rischio. Nessun uomo vorrebbe una donna come me, e io non ero disposta a cambiare. Ad ogni modo mi ritenevo già abbastanza fortunata ad aver amato. La terra era sempre più vicina, poi l'impatto, uno scossone, l'ultimo sforzo per non distruggere l'aereo. Poi, più niente, buio. |
Ripresi a lavorare.
Ad un certo punto sentii parlare dall'altra stanza. La conversazione che ascoltai non mi piacque affatto. Presi un respiro profondo, cercai di mantenere la calma e andai poi nell'altra stanza. "Sparite" dissi con tono freddo, squadrandoli. |
Ah iniziavamo bene..probabilmente la fame e il non aver dormito mi aveva fatto scambiare un taxi con un furgone di verdura.
Non importava...salimmo verso il forte..effettivamente la strada era dissestata..e oscillavo ad ogni curva. "Effettivamente si..devo parlare di una cosa importante, ma con debita cautela" e sussultai sbuffando e mi rivolsi all' uomo che, gentilmente, ci aveva dato un passaggio.."Dite, mi sapreste dare il nome di una locanda? Una normale...nè misera nè ricca ovviamente, anche perchè qui si combatte la guerra, non si viene certo in vacanza" esclamai. Guardai Padre Tommaso..."Vi lascerò fare il vostro lavoro, non preoccupatevi..immagino avrete il vostro bel daffare ora" e gli accennai un sorriso. |
Gaynor lasciò l'alloggio di Zac, portandosi dietro tanti dubbi sul fotografo, visto aveva mostrato carenze evidenti nel parlare del suo mestiere.
Ma la bella spia era riuscita a scattare alcune foto, dopodiché si diresse di nuovo al telefono nel corridoio. “Rosa Nera...” disse una voce austera dall'altra parte della cornetta “... attenta a non attirare l'attenzione di qualcuno con queste telefonate...” il generale Taddeus “... cerca di ottenere un telefono personale nella tua camera. Il capitano Goz ha un debole per le donne, sfruttalo dunque per ottenere ciò di cui necessiti. Quando potrai parlare da un luogo sicuro ti indicherò come farci avere il materiale fotografico.” |
Il generale mi aveva chiesto di procurarmi un telefono personale. In una base militare sperduta nel deserto roccioso. E sia...
Fu così che mi diressi verso l'ufficio di Goz. Bussai e attesi risposta. |
“Sembra” disse Guisgard a Dacey “che conosciate bene i nobili. Immagino abbiate letto molti romanzi.” Sorridendo. “Bene, vi serviranno per la parte da recitare.” La fissò. “Io innamorato?” Rise. “Siete proprio ingenua. Pensate che si possa amare a distanza? Io quaggiù, nel deserto, in mezzo alla guerra e la mia ipotetica bella chissà dove? Avete letto troppi libri.” Divertito.
In quel momento tornò Fines. “Dove sei stato?” Chiese Leones. “Ecco...” esitò l'altro “... in giro...” rispose, per poi guardare tutti loro. |
Il cielo sterminato...
Le nuvole oltre le quali si era liberi... Il sibilo del motore, il soffio del vento... Damasgrada ed il suo stemma... Il sorriso scanzonato di Geril... Poi l'aereo col teschio e la rosa... E quello col Gufo Nero... Clio aprì gli occhi. Era intrappolata nell'abitacolo del suo aereo che ancora fumava. A tenerla ferma erano le cinture di sicurezza che avevano resistito, mentre la calotta si era spaccata, ma non frantumata. Damasgrada era per metà affondato nella sabbia e nel pietrisco che ne avevano attutito l'impatto. Istintivamente Clio si mosse e comprese che avrebbe potuto slacciare le cinture ed aprire la calotta. Ma in quel momento avvertì una fitta al fianco destro. Un pezzettino di lamiera si era piegato ed era penetrato nella sua carne. Era un taglio superficiale, ma sanguinava e bruciava. |
Gwen arrivò e mandò via in malo modo i legionari.
“Ehi, che modi...” disse uno di loro. “Sarete anche carina, ma non potete parlarci così...” un altro “... vero dottore?” Fissando poi Germer. “Io sono un ufficiale...” con tono fermo il medico “... dovete dunque comportarvi con rispetto in mia presenza o vi farò sbattere dentro. Ed ora andatevene che qui dobbiamo lavorare. Fuori.” Ed i legionari andarono via brontolando. |
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