Lo fissai intensamente, con quei suoi occhi così intensi che mi mettevano quasi in soggezione.
Gli sorrisi, con una luce calda nello sguardo che si faceva sempre più vicino al suo.
“Oh lo so... per questo è la migliore, no?” Facendogli l’occhiolino mentre lo guardavo intensamente.
“Sono felice che ti sia piaciuta...” sussurrai, con voce calda “L’ho fatta per te...” guardandolo negli occhi, mentre cambiavo distrattamente verso alle gambe accavallate.

La Ferrari arrivò davanti al Santuario di Sant'Antonio da Padova.
Altea e Hunt scesero dall'auto, entrando poi nel cortile porticato.
Qui un monaco indicò loro dove si trovasse il custode.
L'uomo era in portineria, beendo un tè caldo per riprendersi dall'accaduto.

Di nuovo Fessen guardò le gambe accavallate di DEstresya, per poi sorriderle in modo malizioso.
Ma in quel momento il telefono di lei squillò.

"Beh, in verità..." disse imbarazzato Elv fra Gwen e l'altra commessa "... suvvia, ragazze... tornate al lavoro..." spiccio lui "... abbiamo molto da fare... e poi c'è la questione della benifecenza interrotta... non vorrei che i giornali ci ricamassero sopra..."

Quello sguardo, quel sorriso, mi facevano uscire di testa.
Ricambiai lo sguardo, azzurro e intenso, con il mio ardente e caldo.
Allungai la mano a sfiorare la sua per un lungo e intenso istante, mentre il cuore mi batteva fortissimo.
Ma poi suonò il telefono, e alzai gli occhi al cielo per quell’interruzione.
“Potrebbe essere la redazione..” Sbuffai, prendendo il cel.
“Pronto?” Fissando sempre Fessen con un sorriso.

Dovetti trattenermi dal ridere ancora, sarebbe stato indelicato, ma era tenero nel suo imbarazzo.
E sì, io dovevo tornare al lavoro.
"A presto, capo..." lo salutai, con un sorriso divertito, prima di tornare alla macchina.

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"Destresya..." disse il redattore al telefono "... sto cercando Fessen... sai dov'è andato? E' una cosa importante... al cellulare non risponde..."

Elv restò perplesso nel guardare Gwen andare via.
Lei salì in auto e si diresse verso la sua boutique.
Tornò al negozio e riprese il suo lavoro.
Verso metà mattinata però Elv arrivò.

Infatti, era la redazione.
"Sì, è qui con me.." risposi, fissando il capo con una punta di malizia.
"Te lo passo subito..." annuendo e passando il telefono a Fessen.
"È il redattore, vuole te, dice che è importante!".

Tornai alla boutique e lavorai con calma e tranquillità, sebbene ripensassi ancora con divertimento all'incontro con Elv.
E proprio lui arrivò, verso metà mattinata.
"Giornata di incontri sul lavoro, oggi..." gli dissi, sorridendo appena.

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"Si, sono io..." disse Fessen prendendo il telefono "... ho il cellulare spento... non l'ho riacceso dopo essere uscito dal commissariato... cosa? La polizia? Come sarebbe a dire... che sosptta di me?" Fissando Destresya.

Elv appariva professionale, sebbene tradisse un certo disagio.
"Devo fare l'inventario..." disse alla direttrice "... venga con me, mi aiuterà..." rivolto poi a Gwen ed andando nell'ufficio.

Si sforzava di apparire professionale, ma lo vedevo che era a disagio.
Evitai comunque di farlo notare, dopotutto ero pur sempre una dipendente.
Disse di dover fare l'inventario e che io dovevo aiutarlo, così in silenzio lo seguii in ufficio.

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Ascoltai Fessen parlare col redattore.
Scossi piano la testa, questo vizio di spegnere il cellulare non lo avevo mai capito.
Sgranai poi gli occhi alle sue parole.
Allora ci avevo visto giusto.
"Lo dicevo che il modo in cui ti guardava l'ispettore non mi piaceva per niente.." sussurrai piano, scuotendo la testa fissandolo.

Entrarono nell'ufficio ed Elv chiuse la porta.
"Allora..." disse a Gwen "... cosa ci fai qui? Sei impazzita?" A metà fra l'imbarazzato ed il seccato.

"Si, ok..." disse Fessen al redattore, per poi chiudere la telefonata "... è assurdo..." a Destresya "... sospettano di me... stanotte qualcuno ha rubato degli antichi codici miniati alla biblioteca del Santuario di Sant'Antonio da Padova... pensino si tratti di Fantamas... e credono che sia io..." incredulo.

Sbattei le palpebre un paio di volte.
"Che intendi, scusa?" chiesi.
Non sembrava l'avesse presa molto bene, ma non potevo certo precludermi ogni possibilità solo a causa sua e del fatto che ci conoscessimo, dettaglio che tuttavia nessuno sapeva.
Quindi perché preoccuparsi?

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"Non..." disse visibilmente imbarazzato Elv "... non giocare con me, nè fare la finta tonta..." a Gwen "... sai cosa intendo dire... perchè sei qui? Come hai fatto a farti assumere? Cavolo, ma sei impazzita? E poi cosa ci facevi da mio padre? Vuoi che ti riconosca?" Agitato.

Era visibilmente imbarazzato.
Cavolo tesoro, devi imparare a controllarti...
"Ho fatto come chiunque altro, ho visto un annuncio, mi sono presentata e mi hanno assunta, tutto nella norma, pare" senza un tono preciso.
"Veramente è stata la direttrice a mandarmici, mi occupavo dell'evento di beneficenza e dovevo spiegare perché fosse saltato" risposi.
"Comunque non devi preoccuparti, è tutto sotto controllo" aggiunsi poi.

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"Sotto controllo..." disse agitato Elv "... quanto sei infantile... possibile tu sia così irrespinsabile? Se arriva un cliente e ti riconosce? O se ti riconosce mio padre?" A Gwen.

Aspettai che Fessen finisse la telefonata, per poi guardarlo sgomenta.
"Ma è assurdo, sei stato in redazione tutta la notte, ci sono decine di persone che possono confermarlo, Goz compreso!" ero sconvolta.
"Si vede che sono dei veri idioti!!" borbottai.
"Dai, andiamo in redazione e cerchiamo di capirci qualcosa!" preoccupata.

Subito non risposi.
L'entusiasmo di quei giorni di vita nuova andò sgretolandosi, come un palazzo fatto di sabbia.
Il mio sguardo vagò per la stanza alcuni secondi, mentre le dita giocherellavano nervosamente con un lembo della divisa e proprio su di esse si fermò il mio sguardo.
"Forse ha ragione Lizzie, forse è vero che nel mondo non c'è più spazio per noi, ad un certo punto, tranne quell'angolo infimo e insegno in cui siamo relegate..." mormorai, per poi fissarlo.

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"Dai, risparmiami i moralismi e le frasi fatte..." disse Elv a Gwen "... non è questo il punto... sai bene cosa intendo dire e non dirmi che ho torto..." sbuffando.

"Mi stanno cercando..." disse pensieroso Fessen "... magari ora il redattore gli avrà detto sono qui... devo pensare in fretta... mi credono Fantamas... è assurdo..." a Destresya.

Lo guardai ancora, poi mi mossi nella sua direzione e lo oltrepassai.
"Sei solo un ragazzino viziato egoista e ipocrita, che pensa solo a mantenere il buon nome del paparino che aspetta di avere casa libera per pagare le prostitute..." sibilai, poi uscii dall'ufficio e mi chiusi in bagno, iniziando silenziosamente a piangere.
Evidentemente mi ero troppo illusa, pensando di poter condurre una vita normale, ma così non era, presto me ne sarei dovuta fare una ragione e magari quel momento era appena arrivato.

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Gwen restò chiusa in bagno per diversi minuti, fino ad arrivare a quasi un'ora rinchiusa lì.
"Gwen..." disse bussando una delle altre commesse "... tutto ok? Sei lì da un bel pò..."

Gli presi le mani tra le mie e lo guardai negli occhi.
"Ehi.. non preoccuparti, è semplicemente assurda questa accusa, io lo so, sei sempre stato con me, siamo stati in redazione, come possono anche solo pensarlo?" preoccupata.
"Che cosa vuoi fare?" fissandolo "Sai che in ogni caso puoi contare su di me.." fissandolo intensamente.

Non seppi quanto rimasi lì dentro.
Solo quando arrivò una delle ragazze a bussare guardai l'orologio e vidi che era passata un'ora!
Accidenti!
Ero stata lì tutto quel tempo?!
Maledizione...
Cercai di rendermi presentabile sciacquando il viso e poi aprii la porta.
"Io..." con voce incerta "Devo parlare con la direttrice... Adesso..."
Uscii dal bagno e mi diressi subito al suo ufficio, bussando alla porta.

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"C'è un buco..." disse lui a Destresya "... da quando abbiamo lasciato la redazione per andare al commissariato... in tutto un'ora... un'ora in cui solo tu eri con me... nessun'altro potrebbe confermare il mio alibi..."

"Avanti, è aperto." Disse dal suo ufficio la direttrice a Gwen che era fuori.

E trai dentro e mi sedetti, sperando di non avere una faccia troppo stravolta.
"Io..." iniziai piano, la voce ancora rotta "Volevo dirle che devo andare via" snocciolai.
"Ho avuto un problema... In famiglia... Non so quanto ci vorrà... Forse una settimana, un mese, o potrei non tornare più in città... Mi spiace..." aggiunsi poi, come se quelle parole mi costassero una fatica immane.
Ed era così.
Mi piaceva lavorare lì, ma evidentemente non era il mio posto...
E non era nemmeno la mia vita.

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Lo ascoltai attentamente.
"Ma io ci sono, la mia parola non vale niente?" sospirai.
"Però capisco, potrebbero sospettare anche di me, o credere che ti ho coperto!" pensierosa.
"Credi che sia meglio sparire, nascondersi?" guardandolo intensamente.

La direttrice restò stupita da quelle parole di Gwen.
"Oh, spero non sia nulla di che..." disse "... ma davvero è così impossibile per te continuare? Devi per forza lasciare la città?"

Mantenevo il respiro regolare, un tono di voce costante, tutto per evitare di crollare di nuovo.
"Sì, signora... Non posso più restare in città..." confermai, il tono di voce sempre uguale.

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"No, non sono un criminale, non voglio nascondermi, nè fuggire..." disse pensieroso Fessen.
Un attimo dopo suonarono al citofono.

"Stavi lavorando bene e ti eri ambientata benissimo..." disse la direttrice a Gwen "... sei proprio sicura? Per un paio di giorni possiamo aspettarti... pensi di poter farcela?"

Accennai un sorriso mesto.
Già, lo sapevo benissimo anche io.
E sarebbe andata avanti così, tranquillamente, se non mi fossi illusa che Elv potesse essere diverso, quando invece era come tutti gli altri.
"No, davvero. Non voglio togliere a nessuno la possibilità di lavorare qui. È un bellissimo posto e sarebbe un peccato, ma la ringrazio..." con un sorriso sempre mesto ma sincero, mentre mi alzavo per andar via.

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"tando così le cose, non credo possa dire altro..." disse rassegnata la direttrice a Gwen.
La liquidarono con una piccola somma e lei potè lasciare il negozio.

"È stato un piacere, signora..." le dissi sincera.
Poi restituii la divisa, ricevetti una discreta somma come liquidazione e tornai a casa come svuotata.
Mi era costato una fatica immensa lasciare quel posto, ma non potevo andare avanti sapendo di avere quel peso costantemente addosso.
Una volta rientrata, pensai in fretta.
I soldi che mi avevano dato sarebbero bastati per il viaggio.
Avevo intenzione di raggiungere una cugina che viveva non lontano da qui, per cambiare completamente aria.
Non intendevo assolutamente tornare da mia madre, ma restare era fuori discussione.
Così iniziai a sistemare le mie cose e preparai la valigia.

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Gwen tornò a casa e cominciò a preparare la valigia.
Intanto Lizzie non era tornata e non aveva dato sue notizie.