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I due uomini annuirono ad Altea.
“Cherval non ha avuto neanche la possibilità di difendersi.” Disse uno dei due. “Troppo impari lo scontro. La forza bellica di Canabias ha schiacciato il piccolo ducato. Ed ora il partito rosso, che governa Canabias, non fa trapelare alcuna notizia. Ma con ogni probabilità la popolazione sarà stata uccisa o deportata nei campi di lavoro della steppa.” “Quanto ai partigiani” fece l'altro uomo “si definiscono eroi e combattenti, ma in realtà sono solo degli assassini. E sono dalla parte dei rossi. Sapete qual'è il loro infimo grido di battaglia? Se vedete un puntino nero, dicono a gran voce, sparate a vista e non sbaglierete. Infatti si tratta di un prete o di un nobile.” Scuotendo il capo. “Giungeremo ad Evangelia tra alcune ore.” Mormorò il primo che aveva parlato. http://www.viaggietentazioni.it/foto...070430_ssh.jpg |
Fermer guardò Gwen e arrestò il passo.
Con una mano prese il braccio di lei, facendo fermare anche la ragazza ed obbligandola quasi a fissare i suoi occhi. La penombra dominava ovunque nel forte, squarciata solo dal movimento regolare delle luci che giravano tra le torri e le mura. Quasi a rappresentare i fugaci istanti di quella sera. “Avete ragione...” disse “... sono stato sciocco ed indelicato... non dovevo dirvi quelle cose, né prendermi il diritto di sfiorarvi... perdonatemi se ciò vi ha infastidito, Gwen...” |
A quelle parole sbiancai...di Cherval non si sapeva nulla, come avrei fatto per riaverla indietro.
Udii le parole degli uomini perplessa.."Appunto..sono la duchessa Altea de Bastian" abbassai il tono di voce "E mio nonno, il Duca Mandus ha fatto in modo io e mie sorelle partissimo, durante un attacco l' aereo fu colpito e mie sorelle sono perite ma io non ho mai visto l' aereo, ho perso i sensi. E prima fui fatta prigioniera dei partigiani...dissi al capo ero la duchessa di Cherval, lui mi guardava in modo strano e mi lasciò andare...non lo trovate strano?" non capivo più dove fosse il vero, e nemmeno dove andare a questo punto. |
Sentii la sua mano sul mio braccio, che mi fece voltare, quasi obbligandomi a fissarlo.
Vagai con lo sguardo, passando la mano sui gradi in bella mostra sulla divisa e sorrisi leggermente, scuotendo la testa. "Non fate che fraintendermi..." sempre con un leggero sorriso, alzando poi lo sguardo su di lui "Non mi avete infastidita, anzi tutt'altro, é proprio questo il problema... É il vostri ritrattare continuo, che mi ferisce. Sentirmi dire quelle cose, magari in un momento particolare, con una bella musica, e poi il vostro far finta di niente, come se voi non aveste mai detto o fatto quelle cose, questo ferisce. Vi chiedo solo che prendiate una posizione, che decidiate cosa fare e da che parte stare, solo questo..." dissi a bassa voce e parlando con una tale sinceritá, una sinceritá anche nello sguardo di cui anche io mi sorpresi. |
Le mie parole non avevano sortito alcun effetto su quel lercio individuo. Quando Park intervenne, fu chiaro che sarebbe seguita una scazzottata, e io non volevo che il mio amico si trovasse in una simile situazione. Intervenni nuovamente, questa volta cambiando atteggiamento. Appoggiai una mano sul braccio dell'uomo e gli dissi: "Mi dispiace di aver alzato la voce... chiedo scusa io, ma vi prego, finiamola qui... non è un ordine, ve lo sto chiedendo..."
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La porta della taverna e qualcuno entrò.
“Ehi, voi...” disse Guisgard all'uomo che sbraitava “... andatevene. Su, tornate da vostra moglie.” “Invece io qui resterò!” Esclamò l'uomo. “Andatevene, datemi retta.” Fissandolo il militare. “Ah, si?” “Già, è tardi.” Annuì Guisgard. “Ah, si?” Ancora l'uomo. “Ah, si, ah, si!” Esclamò il militare. “Andate al diavolo!” “Forse dovrei rompervi il naso, sapete?” Minacciò l'uomo. “Non mi va proprio a genio il vostro naso.” “Il mio naso?” Ripetè Guisgard. “Cosa volete dal mio naso? Ci sono affezionato, sapete? Così com'è. Ora prendete il vostro cappello e andatevene, altrimenti vi butterò io fuori a calci.” Il taverniere aprì la porta e lo invitò a seguire l'invito di Guisgard. L'uomo prese il suo cappello, sputò in terra ed uscì brontolando. Tutto ciò davanti a Dacey, a Gaynor e a tutti gli altri. |
La musica.
Leggera, lenta, malinconica, inquieta si librava nell'umidità e nel silenzio della sera, sotto un cielo ormai privo di stelle e forse di sogni. Icarius suonava la sua armonica con gli occhi chiusi ed infinite immagini attraversavano la sua mente ed il suo cuore. “Ehi...” disse qualcuno all'improvviso, interrompendo la musica e destando Clio che nascosta ascoltava “... sei qui... ti ho cercato a lungo...” Palos ad Icarius. “Avevo bisogno di stare da solo.” Voltandosi questi. “Stare da soli non è mai un bene.” Sorridendo Palos. |
Appena capii chi era alla porta sorrisi e la mia principale preoccupazione svanì. Era salvo, questo ero ciò che mi importava. Seguii la discussione di Guisgard contro l'uomo e pian piano mi accorsi che questi stava cedendo, tanto che alla fine lasciò finalmente la taverna.
Ne fui sollevata, non mi era mai capitata una situazione simile prima d'ora. Mi avvicinai a Guisgard e bisbigliai, <<state bene? L'aereo...l'aereo é nascosto?>> Poi a tutti gli altri, << grazie a tutti per aver preso le mie difese, grazie davvero>> |
A quelle rivelazioni di Altea, i due uomini si scambiarono lunghi sguardi.
“Forse non dovreste dire queste cose, milady...” disse uno dei due “... potrebbero sentirvi... la polizia di Canabias ha occhi ed orecchi ovunque... tenete per voi il vostro passato, è meglio...” Ed impauriti si alzarono, lasciando i loro posti. Rodian allora lasciò il suo e raggiunse Altea. “Cosa diavolo avete detto a qui due borghesi per farli andare via così?” Chiese alla nobile duchessa di Cherval. |
Lo ascoltai suonare per lunghi istanti, quasi rapita da quella musica melodiosa e malinconica.
Probabilmente sarei dovuta andare via, non era carino origliare, ma c'era qualcosa che mi tratteneva, qualcosa che non sapevo definire. C'era una sorta di pace in quella musica, qualcosa capace di rendere tutto lontano a chi si fosse lasciato trasportare da quelle note. Ma infine qualcosa la interruppe, riportandomi alla realtà. Una voce, quella dell'altro cadetto: Palos. Ora davvero sarebbe stato il caso di andarsene, pensai. Eppure rimasi. Sorrisi a quelle parole di Icarius. Avevo fatto bene a non raggiungerlo, se non era contentissimo di vedere il suo amico, lo sarebbe stato ancor meno di vedere me, pensai con un sorriso amaro. D'altronde, non si può piacere a tutti, e il mio ruolo mi imponeva di avere determinati atteggiamenti con i cadetti che potevano sembrare bruschi ma erano necessari. Mi dissi che avrei atteso ancora pochi minuti, e poi me ne sarei andata, com'era da programma, verso i miei alloggi. |
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