Camelot, la patria della cavalleria

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elisabeth 30-07-2012 16.20.50

Lady Talia apprezzo l'affetto che mi portate....ma credetemi sulla parola, odio gli enigmi e ogni tanto quando mi vengono proposti nel gdr...la povera Elisabeth :confused2:....inorridisce....e comunque avete ragione, non sono andata oltre il mio naso e mi sono fatta coinvolgere esclusivamente dal corpo umano.........ci provero' ancora....

Guisgard 31-07-2012 17.25.19

Dopo una dura battaglia sotto le mura della Fortezza Della Pigna e una rocambolesca fuga tra una città ormai in fiamme e alla mercè dei liberatori, Paghill, formidabile guerriero, ritorna a casa per riabbracciare i suoi cari dopo i lunghi anni di segregazione nella disumana roccaforte.
E' questo l'episodio conclusivo che segna la fine del cosiddetto “Ciclo Medio”, in cui è raggruppata la materia epica capomazdese risalente all'età Arcaica.
Sguardo inquieto, fascino tenebroso, tormentato e dall'indole ribelle, Panghill è indiscutibilmente una delle prime immagini eroiche che emergono da quel remoto e leggendario passato, fatto di canti orali e memorie di bardi e aedi.
Combatte i malvagi tiranni, destinati poi ad evolversi e ad ispirare i terrificanti e mitici Scolarca del ciclo “Nolidiano”, che governano l'oscura Fortezza Della Pigna, un carcere in cui gli sfortunati e maledetti prigionieri invocano la morte come liberazione.
E contro questi nemici della patria, in un'epoca dove ancora gli ideali aristocratici facevano fatica ad imporsi sulle tradizioni tribali e dove il Cristianesimo non era ancora divenuto religione di Stato, Paghill mette in scena incredibili scontri all'ultimo sangue, inseguimenti mozzafiato ed evasioni al limite delle umane possibilità, sempre con al fianco ingenue e delicate damigelle pronte a seguirlo nelle sue leggendarie imprese.
Come quella in cui si ritrova a sfidare il violento despota Prysideos ed il suo irrisolvibile arcano.
Giunto nell'antro del furioso tiranno, Paghill accetta di sottoporsi all'arcano del despota che recita:

“Ha quattro zampe.
Può trovarsi in tavola.
Può essere di vari tipi.
Può usarsi tutti i giorni.
A qualcuno serve per lavorare.”

Paghill risolve l'arcano e vince il suo nemico, al termine di una straordinaria battaglia.
Col tempo, questo ribelle e talvolta intrattabile guerriero ha perso il suo aspetto aristocratico che ne aveva caratterizzato le prime avventure, per assumere un'immagine più legata ai nuovi ceti sociali, come quello artigianale e quello mercantile, vedendo così diminuire il suo fascino sul blasonato pubblico delle corti nobiliari.
Apparso per la prima volta nel poema orale “Un nuovo Mondo”, Paghill ha conosciuto il momento di massima notorietà nei tardi secoli arcaici, per poi soccombere alle soglie dell'Alto Medioevo.
Nell'ultimo poema che lo vede protagonista, lo stesso Paghill, in un attimo quasi di profetica riflessione, dice:
“Credo che la mia epopea sia inevitabilmente giunta al termine...”
Anche i grandi eroi, essendo pur sempre uomini, si lasciano talvolta sfiorare dalla malinconia.
Ma il suo nome è ormai nella leggenda dell'epica capomazdese e ci ricorderemo di lui come capostipite e degno antenato di quelle straordinarie figura di eroi tormentati e inquieti, dal fascino enigmatico e tenebroso, che il cortese e sognante pubblico delle corti capomazdesi ha imparato a conoscere con i volti di grandissimi protagonisti, quali Ardea, Andros e Icarius.

E voi, dame e cavalieri di Camelot, riuscite a risolvere l'arcano di oggi?
http://namenookdotcom.files.wordpres...-a-knight1.png

Altea 31-07-2012 18.00.24

:sad_wall:...lo sapevo io!!
Mah..sarà banale.."la zuccherriera" :laughing_lol1:
solo quel 4 zampe mi mette in perplessità ma io ho visto zuccheriere in argento anche stile ottocentesco con 4 piedi, può trovarsi in tavola, può essere di vari tipi, si può usare quasi ogni giorno e serve a qualcuno per lavorare..certo al barista".

Guisgard 01-08-2012 03.13.24

Dite dunque “Zuccheriera”, milady?
In verità anche a me, come a voi, lascia un po' perplesso quel primo indizio... :neutral_think:
“Quattro piedi” sono diversi da “quattro zampe”!
E infatti, ahimè, non è “Zuccheriera” la risposta esatta!
Ma per scoraggiarvi ci vuole ben altro, lo so :smile_lol:

Morris 01-08-2012 11.25.40

Lama !!!!!!!!!!!!!!!

Guisgard 01-08-2012 18.39.33

Dite “Lama”, sir Morris?
Interessante!
Andiamo a controllare...

“Ha quattro zampe. (si, il Lama ha quattro zampe)
Può trovarsi in tavola.
(certo, la lama del coltello)
Può essere di vari tipi.
(si, vari tipi di lame)
Può usarsi tutti i giorni.
(con una lama si tagliano tante cose ogni giorno)
A qualcuno serve per lavorare.”
(la lama del barbiere)

E infatti è “Lama” la soluzione all'arcano :smile_lol:
I miei complimenti, sir Morris, siete stato velocissimo :smile_clap:

Altea 01-08-2012 18.41.22

ci stavo proprio pensando ora...sir Morris, complimenti :smile_clap:

Talia 01-08-2012 19.23.55

Sir Morris... ma siete stato un fulmine!! :smile_lol:
I miei più vivi complimenti, milord... per il vostro acume, per il vostro ingegno e la perspicacia... :smile_clap: :smile_clap: :smile_clap:

A sir Guisgard... comme d'habitude, mio signore, voi avete tutta la mia ammirazione per questa nuova affascinante leggenda, e per questo mondo che si fa vieppiù ricco e carico di magia... :smile_wub: :smile_clap:

Morris 03-08-2012 11.24.33

Ringrazio Guisgard
Ringrazio Altea
Ringrazio Talia

Esser definito veloce è paradossale... vista la mia ormai famosa lentezza!!!

:smile: Eh Eh Eh ... vi voglio bene! Vi abbraccio tutt'e tre!

Guisgard 29-08-2012 16.41.24

La guerra tra Capomazda e Sygma, conosciuta anche come “Guerra dei due Gigli”, ha permesso che queste due civiltà entrassero in contatto anche e soprattutto sotto l'aspetto culturale.
Così, dall'unione della vivace cultura commerciale, artistica e raffinata dei Sygmesi con quella classicheggiante, aristocratica e guerriera dei Capomazdesi nasce una produzione varia e di altissima qualità, che tocca vette eccelse e in molti casi insuperate.
Soprattutto sul piano letterario, con la poesia lirica (religiosa, amorosa e goliardica), poemi e romanzi.
Tra questi, uno dei più celebri è senza dubbio il romanzo “Il giglio e la spada”.
L'opera, conservata nel cosiddetto “Codice Caivanense”, donato dalla Granduchessa Conya a Tommaso, vescovo di Licinia, mischia valori e aspetti cari al genere del Romanzo Cortese, con l'ideologia eroica ed aristocratica tipicamente capomazdesi, racchiuso il tutto dalla delicata e pulita prosa utilizzata negli attivi e fiorenti centri commerciali sygmesi.
Protagonista del romanzo è la principessa Atlya, erede di una dinastia da sempre oppressa da un oscuro sortilegio.
Tutti i membri della stirpe, infatti, sognano sin da tenera età un terribile demone che giunge a tormentarli, con lo scopo di renderli infelici.
I sogni in cui compare il malvagio demonio sono tutti ambientati in un misterioso castello.
Atlya, allora, decisa a vincere questa maledizione, parte per un viaggio, accompagnata dal vescovo Rodberto e scortata da tre cavalieri assoldati proprio dal religioso per proteggere la giovane e bellissima principessa: Zillas, Ylios e il cavaliere errante capomazdese Arados.
La compagnia, così, in questo suo viaggio affronterà varie peripezie e pericoli, con momenti di tensione a causa del difficile rapporto tra Atlya e Arados.
Il cavaliere, infatti, dotato di indole ribelle, spavalda e inquieta, solo a stento sarà tenuto a bada dalla principessa.
Le incomprensioni nasceranno anche per i sentimenti che lui prova: Arados è infatti segretamente e perdutamente innamorato di lei.
Nell'ultimo capitolo del romanzo, giunti presso un castello che Atlya riconoscerà essere proprio quello in cui da sempre il demone compare nei suoi sogni, scoppierà l'ennesima lite tra la ragazza e l'eroe, portando quest'ultimo ad abbandonare la compagnia davanti alla decisione irremovibile di lei di entrare nel misterioso maniero.
Qui infatti, domina una terribile maledizione che impone al re del castello di concedere come tributo ad un demone, lo stesso che tormenta da generazioni la stirpe di Atlya, sette fanciulle ogni anno, da tenere come lavoratrici in una fabbrica dall'aspetto terrificante.
Si tratta di una metafora di tutto ciò che combatte l'aristocrazia capomazdese: il lavoro imposto sul popolo affinchè possa sopravvivere, di contro, invece, all'ideale nobiliare che trova il suo sostentamento nella guerra e nell'esercizio del potere.
Il nome della maledizione è “Disdicevole Avventura” e per superarla bisogna vincere l'enigma imposto dal demonio che recitava così:

“Può essere di vari tipi
E' pregiato ed esclusivo.
Può trovarsi anche a tavola.
Lo può attraversare una lancia.
Può essere naturale oppure no.”

Zillas e Ylios tenteranno allora l'impresa, fallendo però miseramente, col risultato di far cadere prigioniera del demone anche Atlya.
Ma quando tutto sembra perduto, al castello giunge Arados, pentito di aver abbandonato la sua amata.
E' inutile dire che l'eroe affronterà la maledizione, vincendo l'arcano, per poi decapitare il demone e liberare così le ragazze imprigionate.
L'eroe liberatore, un classico della letteratura epica e cavalleresca, in questo caso non mostra affatto aspetti consueti, intesi a delineare la figura tradizionale del liberatore, tutto volto alla sua missione salvifica verso i suoi simili.
L'eroe qui è invece completamente preso dalla volontà di salvare la sua amata, restando quasi indifferente agli effetti della sua vittoria e al benessere di tutte le altre ragazze prigioniere fino a quel momento.
Si tratta di una visione assoluta e totale, tipica della cultura capomazdese, che porta in primo piano solo ed esclusivamente l'eroe e la sua amata che ben si lega, del resto, alla visione, anch'essa assoluta e globale, dell'Amor Cortese.
Arados rimane quasi apatico e indifferente alla felicità delle ragazze liberate, ai familiari di queste che si prostrano ai suoi piedi e alla riconoscenza del re del castello.
L'attenzione dell'eroe è solo per l'amata Atlya, ora finalmente libera e pronta a ricompensarlo donandogli il suo eterno amore.

E voi, dame e cavalieri di Camelot, riuscite a risolvere l'enigma della “Disdicevole Avventura”?
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