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"Diventerò un cavaliere, per vendicare l'onore di mio padre."
(Antico poema anonimo) L'acciaio di Parusia si infrangeva sulle scaglie che ricoprivano il drago, simili ad un'innaturale ed invalicabile corazza, generando scintille ed echi di un tintinnante clangore. I ruggiti e i latrati del mostro, che cupi, sordi e profondi, invadevano quel luogo, raggiungevano ogni meandro e incutevano in Cramelide e nei fanciulli un'insopportabile disperazione ed un'irrefrenabile paura. E a tutto ciò, le urla di battaglia di Ardea accompagnavano ogni colpo. L'aria era sempre più irrespirabile. Al fetore mefitico che impestava quel luogo, rendendo quasi impossibile respirare, si univa il caldo opprimente che aumentava ogni istante di più. Era infatti dovuto alle vampate che il drago vomitava insieme ai ruggiti, alle bave incandescenti e fetide ed al sangue che Parusia gli strappava con i suoi precisi fendenti. E dove quel sangue colava, la rocce da esso sporcate quasi si dissolvevano per la sua acidità, liberando tutt'intorno un vapore mortale. Ma la battaglia continuava senza sosta, senza tentennamenti, senza esitazioni. I due contendenti, il cavaliere Taddeide e l'immondo drago, non risparmiavano energia, foga, odio e rabbia in quella battaglia. Come uno scontro atavico, remoto ed assoluto, tra il Bene ed il male, tra la Luce e l'oscurità, quella lotta pareva mettere in gioco forze primordiali che ben raffiguravano l'eterno confronto tra l'umanità e la bestialità. E quell'immane lotta durò per ben tre ore, dove la corazza di Ardea in gran parte si fuse, causandogli intense bruciature quando il metallo liquefatto scivolava a contatto con le ferite del cavaliere, mentre la sua tunica si era già carbonizzata all'inizio dello scontro. Tuttavia, le difficoltà e le sofferenze per quell'insopportabile fatica, non parevano scalfire la volontà, la ferma decisione, la forza che il Taddeide aveva nel cuore per affrontare quell'ultima terribile Questione. In quei momenti davanti ai suoi occhi passarono molti suoi ricordi. La sua infanzia, l'incontro col duca Taddeo, il suo arrivo alle Cinque Vie. Poi gli anni trascorsi ad allenarsi duramente per essere un cavaliere ed il tempo passato alla corte del re. Le sue mancanze come figlio, le sue miserie e debolezze. Il pentimento, la morte di suo padre, il dolore e la disperazione. Ed ancora, una per una, tutte le passate Questioni, fino a quest'ultima. Ma in tutto ciò non mancava la figura del misterioso cavaliere che lo attendeva per affrontarlo nella Cappella dell'Apparizione dell'Arcangelo il Santo Giorno dell'Assunta e soprattutto il volto dell'amata Cramelide. E se aveva perduto gran parte di ciò che amava, presto forse anche la sua stessa vita, era proprio il volto di quella ragazza a dargli la forza di continuare. Per lei e per lei sola Ardea continuava a combattere, contro tutto e tutti. Quel drago appariva come l'ultimo ostacolo per redimere se stesso, per purificarsi delle sue mancanze di figlio, di uomo e di cavaliere. Sconfiggendo quel mostro, il Taddeide avrebbe liberato le sue terre ed onorato il nome di suo padre. E tutto ciò gli conferì la forza per alzare di nuovo, per l'ennesimo fendente, la sua Parusia verso il Cielo e farla ricadere ancora, come una sentenza, su quel malefico drago. Ardea urlò ed affondò quel colpo con tutto ciò che aveva nel cuore. http://static.dictionnaire.education...ippogriffe.jpg |
Uno scontro mozzafiato, devo farvi i complimenti milord per lo scenario narrato.
E ora rimarrò col fiato sospeso..il drago ed il Male saranno sconfitti con quel fendente dalla forza del cuore di Ardea, del suo Amore per Cramelide e l' Onore di suo padre che lo prese da bambino per farlo diventare un grande Cavaliere? Io confido nel Bene milord...mai come in questo giorno speciale. |
"E questo, mia regina Crimilde, sarà per vostro amore."
(I Nibelunghi) L'urlo di battaglia di Ardea. Poi il ruggito del drago, colmo di rabbia bestiale ed odio primordiale verso gli uomini. Ma un attimo dopo quel terribile ruggito si mutò in un sordo latrato. Il calore allora aumentò, in un istante, in quel luogo, rendendo l'aria quasi incandescente. Poi un grave boato che fece sussultare le pareti di pietra che racchiudevano quell'Averno di fuoco e morte, seguito dallo scroscio violento delle dense e calde acque dello stagno sottostante. E silenzio. Un lungo, innaturale, angosciante, insopportabile silenzio che avvolse quel posto. Un silenzio che circondò Cramelide. E fu quello l'istante in cui la ragazza avvertì maggiormente la paura. Il suo istinto fu di aprire gli occhi. Era infatti in una coltre di oscurità e sentiva le palpebre bruciare per il calore e le lacrime. Si sentiva, ora in quel sinistro oblio, come ancora più impotente ed indifesa. Voleva aprire gli occhi e capire, scoprire, vedere l'esito di quella grandiosa e terribile battaglia. Ma non lo fece. Nonostante tutto non aprì gli occhi. Il suo udito allora si affinò, divenendo capace di cercare, di svelare ogni minimo soffio di vita. Se vita ancora vi fosse in quel luogo infernale. E fu in quel momento che cominciò ad avvertire qualcosa. Dei confusi suoni. Quasi infinitesimali, impercettibili. Erano i pianti rotti ed i lamenti dei fanciulli che stavano sotto di lei. E di nuovo sentì forte l'istinto, l'impulso di aprire gli occhi. Ma neanche adesso lo fece. Poi qualcosa. Un rumore confuso. Un rumore che in breve fu più riconoscibile per lei. Un rumore di passi. Come se qualcuno dal basso fosse risalito sullo spuntone di roccia per raggiungerla. “Ardea...” disse lei in un sospiro. Era più che una domanda, un'invocazione, una speranza. Avvertì allora il calore di un corpo avvicinarsi. Qualcuno era davanti a lei. Un attimo dopo la ragazza sentì due labbra calde e rassicuranti congiungersi alle sue. Un bacio. Un bacio capace di risvegliarla dal torpore della morte. Un bacio che riaccendeva la speranza e la stessa vita. “Cramelide...” sussurrò Ardea, lasciando appena la bocca di lei “... ora puoi aprire gli occhi, Amore mio...” accarezzandole il viso e togliendo la fuliggine dai suoi bellissimi lineamenti. Lei allora lentamente aprì gli occhi. Impiegò qualche istante a riabituarsi all'intensa luce di quel luogo, frutto di fuoco e fiamme. E così, pian piano, il volto di Ardea che le sorrideva cominciò a prendere forma davanti a lei. La ragazza vide allora prima i suoi occhi azzurri, scintillanti e luminosi, poi i bruni capelli lunghi ed infine i suoi tratti dolci e quel sorriso rassicurante. E forse fu proprio quel sorriso ora, così caldo, appagante, forte e bellissimo a scacciare, come quell'appassionato bacio prima, dal suo cuore ogni paura. Il cavaliere impugnò di nuovo Parusia e in un attimo spezzò le pesanti ed arrugginite catene che tenevano bloccata Cramelide a quell'oscuro altare di pietra forgiato nel fuoco e nell'odio, per il più terribile ed inumano dei sacrifici. Le catene caddero così a terra e la ragazza fu libera. Tentò di alzarsi, ma la paura e la disperazione le avevano sottratto ogni forza, facendola così quasi cadere. E fu lesto Ardea, che la prese fra le braccia. “E' finito, Cramelide...” fissandola nei suoi meravigliosi occhi chiari lui “... è tutto finito... per sempre...” Lei allora si abbandonò in un pianto liberatorio sul petto del Taddeide. E poi lo baciò di nuovo. Lo baciò intensamente e a lungo. Lui e lui solo aveva sfidato tutto e tutti per lei. Lui e lui solo, pur quasi senza conoscerla, era sceso in quell'Inferno per cercarla e liberarla. E lei lo ricompensò col suo Amore. “Ti amo...” piano lei, staccando appena le sue labbra da quelle di lui “... ti ho sempre amato... sin dal primo momento...” “Amore mio...” baciandola ancora lui. E tenendola fra le braccia, il cavaliere prese a scendere da quello spuntone roccioso per riportare, come Orfeo, la sua Euridice nel mondo dei vivi. http://www.iconos.it/fileadmin/_proc...79793f57a0.jpg |
Stavolta sono senza parole....
Non ho che brividi, ed emozioni per commentare questo capitolo. Intensi, molto intensi, troppo intensi. Se provassi a tramutarli in parole, probabilmente li svilirei. |
Milord....stavolta mi avete fatto sentire una forte emozione...ma voi già lo sapete...un amore in grado di far compiere veramente gesta eroiche.
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"Egli concede al suo re grandi vittorie,
si mostra fedele al suo consacrato, a Davide e alla sua discendenza per sempre." (Salmo 18) Un cupo e sibilante vento, simile ad un lamento, soffiava su Acerna, attraversando le sue silenziose e desolate strade. La contrada, arroccata, come fosse spaventata, attorno al suo grande castello, sembrava intrisa di paura mista a disperazione. Come se in quel luogo dimorassero solo ombre, pallidi riflessi di ciò che era stato vivo fino a qualche tempo fa. Le alte mura che la circondavano, scandite da robuste ed invalicabili torri, erano forse in grado di proteggere Acerna da innumerevoli nemici umani e così avevano fatto per secoli. Ma contro l'odio e la potenza del drago non erano riuscite ad opporre resistenza alcuna. Non erano state in grado di salvaguardare la contrada dalla furia primordiale ed infernale di quella bestia. E nel castello, coperto da drappi neri, con le bandiere calate, le lance abbassate e tende luttuose a coprire porte e finestre, il barone Avator, abbandonato senza più forze, né lacrime, né speranze sul suo seggio, fissava senza forze il vuoto della sala e senza avere il coraggio di alzare gli occhi sul quadro, posto sulla parete di fronte a lui, in cui era ritratta la sua bellissima figlia. “Dimmi, figlio mio...” disse a Giaccos, che era in piedi accanto a lui “... sono un pessimo padre, vero?” “Non crucciarti, padre...” mormorò il figlio. “No, lo sono...” scuotendo il capo Avator “... un padre deve sempre proteggere i propri figli...” “Ma deve anche proteggere il proprio popolo, se siede come te su un seggio...” fece Giaccos. “Come si può” replicò Avator “proteggere un popolo, se non si è stati capaci di difendere prima ancora la propria figlia?” “Padre, non tormentarti...” “Come ci si può” quasi zittendo suo figlio con un cenno della mano “definire un padre, se si manda al macello la propria figlia? Come si può credere di sopravvivere alla propria figlia? Non è naturale ciò...” “Padre...” mormorò Giaccos. “No, non è naturale...” quasi senza ascoltarlo il padre “... non si può seppellire la propria figlia... io non posso seppellire Cramelide... lei deve seppellire me... tu e lei... voi dovete seppellire me... questo è il corso naturale della vita...” Ma in quello stesso istante dalle strade cominciò ad alzarsi un confuso vocio. Un'indefinita e sempre più chiassosa Balele, indecifrabile, informe. Poi le campane. Rintocchi ripetuti, festanti. “Ma cosa sta succedendo?” Stupito Giaccos. “Chi festeggia in quest'ora di morte?” Alzandosi dal seggio Avator. “Chi, in nome di Dio?” Gridò. Giaccos allora tirò le tende di lato ed aprì la finestra. E vide. Vide la contrada in festa. Tutti gridavano, in preda ad un'irrefrenabile eccitazione, correndo come impazziti verso le porte delle mura. Come impazziti di felicità. Poi squilli di trombe e canti. Le chiese aprirono le loro porte e le immagini della Vergine col Bambino e di molti Santi furono portati nelle strade, in Sante Processioni. Poi l'ingresso fra le mura si aprì ed un'incredibile scena apparve a Giaccos che guardava dalla finestra. Alcuni fanciulli, gli stessi inviati come tributo al drago, entrarono correndo e trovando ad aspettarli le braccia delle loro madri e dei loro padri. “Padre!” Chiamò Giaccos. “Vieni a vedere!” Avator corse anch'egli alla finestra. E vide quella scena. E dopo i fanciulli, dalla porta entrò un cavaliere sul suo destriero, con una ragazza in sella con lui. E dietro di lui arrivò anche il suo scudiero. Avator e Giaccos continuarono a fissare tutto ciò increduli. Videro così tutte quelle madri e tutti quei padri, seguiti da tutta la popolazione, che si prostravano davanti a quel cavaliere. Davanti a quell'eroe liberatore, che ero sceso nel più profondo girone del loro Inferno ed era poi riemerso. Davanti ad Ardea che stringeva fra le braccia la sua Cramelide. http://www.pompeionline.net/images/c...liberatore.JPG |
Alla fine la luce torna a splendere... sempre emozionate.
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Ardea è di per sè un eroe ma l' Amore per Cramelide lo rende quasi epico.
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Sono capitoli come questo che ancora oggi fanno capire come Ardea sia davvero il più grande cavaliere mai esistito.
Fino ad oggi. Con buona pace dei Cavalieri della Tavola Rotonda, dei Paladini di Carlomagno e tutti gli altri ;) |
Citazione:
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"Lodatelo con tamburelli e danze,
lodatelo sulle corde e con i flauti. Lodatelo con cimbali sonori, lodatelo con cimbali squillanti. Ogni vivente dia lode al Signore. Alleluia" (Salmo 150) Avator e Giaccos restarono muti, come sull'orlo della follia davanti a quell'incredibile scena. Perchè la follia giunge per il troppo dolore o l'irrefrenabile felicità. E tale fu la felicità quando compresero che davanti ai loro occhi non vi era un miraggio, né un'illusione e neanche una visione. Cramelide era viva ed era tornata. Era dunque salva. In un attimo le strade si riempirono della più variegata umanità. Chi cantava, chi gridava felice, che piangeva, chi rideva e chi pregava ringraziando Dio. Una calca immane circondò il corteo dei giovani e del cavaliere con la ragazza ed il suo scudiero. Tutti si ammassavano nel tentativo di avvicinarsi e di toccarlo ed i più lontani anche solo di vederlo. Forse per comprendere chi fosse davvero quel cavaliere. Ammesso lo fosse davvero, molti si chiedevano in quel festoso delirio. Un uomo poteva mai aver computo tale impresa? Un'impresa negata ed ignota a tanti cuori umani che avevano pulsato da così tanti secoli, da sembrare solo frutto dell'ingegno di un poeta o dell'incanto del demonio? Ma forse quell'impresa era davvero tutto ciò, visto che sarà cantata da poeti come monito a tutti gli uomini e verrà ricordata eternamente dal demonio come segno e vanto della potenza Taddeide su tutte le forze del male. Era dunque un cavaliere? Un uomo mortale come tanti? Chi era allora l'artefice di tanto eroismo? Così tra la folla si cominciò a gridare al miracolo. Qualcuno credeva che sotto la bardatura di quell'uomo vi fosse il mitico Re Scorpione redivivo, che già secoli prima aveva liberato quelle terre imponendo su di esse la civiltà. Altri persino il nome dell'Arcangelo Michele inneggiarono, convinti che fosse lui a celarsi sotto le umane fattezze di quel cavaliere. Ma Ardea era un uomo. Si, perchè solo un uomo poteva guardare così una donna. E lui, nonostante la gloria terrena e la fama immortale tra i suoi simili che quell'impresa gli stava donando, non aveva in realtà altro sguardo e altro interesse se non per la bellissima Cramelide che si stringeva sul suo petto intimorita e commossa per la felicità che il popolo liberava attorno a loro. Alla finestra allora, davanti a tutto ciò, Avator e Giaccos si abbracciarono e piansero ognuno nelle braccia dell'altro. E restarono così tutto il tempo, fino a quando il cavaliere arrivò davanti al portone del castello, con il popolo tutto ai suoi piedi. A quel punto Avator, sorretto da Giaccos, tanta erano infatti le felicità e la commozione che gli impedivano quasi di camminare, uscì dal castello. “Milord...” disse Ardea scendendo con Cramelide dalla sella del fido Arante “... ho liberato vostra figlia e la vostra terra in nome del duca Taddeo e per Grazia di Dio.” Avator allora si staccò da suo figlio ed avanzò verso il cavaliere e la giovane. E la strinse forte. Poi si inginocchiò davanti ad Ardea. “No, milord...” alzandolo da terra il cavaliere “... solo davanti a Dio bisogna prostrarsi.” Allora commosso Avator abbracciò con vigore il Taddeide, tra l'esultanza di tutto il popolo di Acerna. http://catalogo.fondazionezeri.unibo...600/109432.jpg |
Un bellissimo finale..è vero..chissà se Ardea era dotato di qualche dote data in dono, particolare o forse era l' Amore stesso.
Una cosa è certa, lui era un uomo..coraggioso e dagli alti valori amorosi e cavallereschi..e Cramelide era una donna fortunata poichè trovò un uomo da amarlo in modo epico. |
Non è affatto il finale, milady!
Anzi, il difficile arriva ora per il nostro eroe... |
Citazione:
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“Nessuna contesa terrena, giusta o ingiusta, contro qualsiasi avversario mi ha visto sconfitto. Eppure nelle Cose Sacre so che fallirei, poiché ho un peso sul cuore.”
(Il libro di bianco di Rhydderch) Avator, ripresosi dalla commozione, fece celebrare una messa solenne per ringraziare il Cielo e proclamò sette giorni di festa in tutta la contrada. Allora banchetti e giostre animarono i giorni a seguire, con concessioni di pane, vino ed olio al popolo. Molti servi furono poi liberati dalla gleba e importanti donazioni Avator concesse alla cattedrale ed al vescovo come somma gratitudine per quel miracolo. Furono dunque giorni spensierati, fatti di lunghe passeggiate nei giardini del castello e lungo il camminamento merlato per Ardea e Cramelide. Lui le narrava spesso di grandi storie, fatte di eroiche imprese ed Amori immortali. E lei sognava. Sognava una vita fatta di quelle cose, fatta di Gioia. E non riusciva ad immaginare quella stessa vita senza quel cavaliere accanto a sé. Tutti coloro che li vedevano insieme pensavano che non fosse mai esistita, né in vita, né nei romanzi, una coppia più bella e felice di quella. Per questo l'intera contrada attendeva impaziente che Ardea dichiarasse quell'Amore che a tutti sembrava naturale ed immenso. Che quel nobile cavaliere chiedesse la mano della giovane a suo padre. Ma non accadde. Trascorsero i giorni ed Ardea mai pretese promesse eterne da Cramelide, né chiese la mano di lei ad Avator. E ciò gettò la ragazza nello sconforto. Di giorno restava sveglia in attesa di quelle parole così sognate, ma sempre inutilmente e di notte pregava per udirle col nuovo Sole. Anche Avator si accorse di ciò e ne parlò con suo figlio Giaccos. “Padre...” disse il musico “... è vero, anche io e tutto il popolo attendiamo che quel cavaliere si dichiari apertamente, poiché nessuno qui dubita che egli ami tua figlia e mia sorella come nessun uomo abbia amato mai una donna prima di oggi. Tuttavia non possiamo obbligarlo. Gli siamo debitori in tutto. Egli però è tanto retto e saggio che mai causerebbe peccato.” “Lo penso anche io.” Annuì Avator. “Dunque” Giaccos “se egli tarda oppure evita di dichiararsi allora un motivo deve esserci. Ne sono certo.” “Quale dunque?” Dubbioso Avator. “Forse un voto? Un giuramento?” “Non lo so, padre mio.” “Però” mormorò Avator “noi non possiamo permettere che Cramelide soffra. Ha già sofferto troppo in vita sua. Convocherò il cavaliere e sarò franco con lui. Se egli non intende chiedere in sposa mia figlia, allora che vada via. Altrimenti la ragazza morirà di dolore.” “Credo sia giusto ciò.” Annuì Giaccos. “Ed anche Ardea lo comprenderà.” “Si.” Sedendosi Avator. “Eppure mi piange il cuore... quale motivo può celarsi nel cuore di uomo da impedirgli di essere felice? Perchè è palese che lui ami Cramelide.” “Spesso i grandi uomini” rivelò Giaccos “conservano nel cuore segreti e dolori ignoti ed incomprensibili. Si farà la Volontà di Dio.” “Si, sarà fatta la Sua Volontà.” Fissandolo Avator. http://static.wixstatic.com/media/aa...1cfde194d4.jpg |
Chissa cosa impedisce ad Ardea di aprirsi con Cramelide, anche perchè se non sbaglio i Taddei non furono colpiti dalla "Gioia" a quel periodo.
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Vedremo a breve, se Dio vorrà...
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Citazione:
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"Signore, quanti sono i miei avversari!
Molti contro di me insorgono." (Salmo 3) Era un bel pomeriggio di Agosto e i preparativi per la festa dell'Assunzione in Cielo di Maria Vergine animavano l'intera contrada e tutto il regno. Nel caldo e soleggiato meriggio, nel giardino del castello, Cramelide era seduta all'ombra di un sicomoro, accarezzando i teneri petali dei gerani, quando vide una figura nobile e malinconica vagare tra i fiori e le piante. La giovane allora la raggiunse. “Ardea...” disse lei piano, quasi intimorita nel poter destare quella malinconica solitudine. “Cramelide...” voltandosi lui, per poi sorridere e stringerle le mani nelle sue. “Cosa darei per conoscere i tuoi pensieri...” “Non valgono così tanto...” fissandola lui. “Invece si, poiché bramo farne parte.” Triste lei. “Tu sei sempre nei miei pensieri.” “Allora le tue parole non seguono il corso di quei tuoi pensieri...” mormorò lei “... perchè mai una di esse è per me ultimamente.” “Non vedi come ti guardo?” Disse lui. “Come ti cerco?” “Allora chiedimi di lasciare tutto e di seguirti!” “Cramelide...” a capo chino il Taddeide. “Ho compreso...” “Cosa?” Chiese lui. “Era parte della tua impresa.” Fece lei. “Finita quella, nulla più ti lega a questo luogo. Neanche il mio cuore.” Lui scosse il capo e poi la condusse su una panchina di pietra, tra due rigorosi olmi. Si sedettero e lui le parlò: “Nella mia vita ho da sempre e solo vissuto come un cavaliere. La cavalleria e la cortesia sono state il mio dovere ed il mio diritto. Ho affrontato grandi e terribili imprese ed ogni duello o battaglia mi ha visto vincitore. Ma se nelle cose terrene conosco il mio valore, in quelle Spirituali so che fallirei. E l'Amore è una di Esse.” “Perchè dici questo?” Turbata Cramelide. “Perchè ho una grave colpa nel cuore...” rivelò lui “... un peccato che offende Dio e indigna gli uomini... ma non posso dirti altro... che sia solo per me il giogo di questa miseria... mio soltanto... tu hai giù sofferto troppo...” “Credi” replicò Cramelide “che il mio dolore e la mia felicità non dipendano da te, cavaliere? Se mi abbandoni sarò l'uno, se mi porti con te conoscerò l'altra.” “Cramelide...” si alzò lui avvilito “... non puoi dipendere da un uomo senza futuro...” “Che vuoi dire?” Avvicinandosi lei a lui. “Che la mia colpa è troppo grande” chiudendo gli occhi Ardea “e presto dovrò risponderne ad un austero giudice.” “Non vi può essere colpa in te, cavaliere...” appoggiando il capo sulla spalla di lui “... sono giunte ad Acerna le notizie delle tue imprese... hai liberato ogni contrada da ciò che l'affliggeva... hai ridato vita e speranza a tanta gente... non può esserci male in te, cavaliere...” “Per queste tue parole, Amore mio, che Dio ti benedica...” e la baciò. Trascorsero gran parte del pomeriggio in quel giardino, passeggiando tra fiori colorati e profumati, fontane zampillanti e alberi frondosi carichi di frutti maturi. Altro lei non chiese e lui più nulla accennò del suo Destino. Ma Cramelide seppe leggere nel cuore di quel cavaliere, comprendendo il suo dramma. Giunta sera, con gli occhi arrossati dal pianto, la ragazza raggiunse suo fratello. “Giaccos...” lei al musico “... domani Ardea partirà... lascerà Acerna per non più tornarci...” Giaccos fu sul punto di chiederle del perchè. Ma il volto della ragazza, avvilito dal pianto e sferzato dal dolore, era forse la risposta più importante. E Giaccos tacque. L'indomani Ardea e Biago si presentarono ad Avator per salutarlo e lasciare poi Acerna. http://www.emersonkent.com/images/ki...ound_table.jpg |
Quale tormento lasciare la propria amata... per Amore.
Ma so che tornerà.. ;) |
L' inizio di questa storia mi ha riportata indietro alla mia infanzia, quando accompagnavo la Vergine il giorno della Immacolata in agosto coi fiori ed altre bimbe.
E' giunto il momento dei conti..chissà forse Ardea ritornerà solo se avrà vinto e non vuole dare un dolore a Cramelide nel caso fallisse, eppure lei è determinata a seguirlo. |
Mie care dame, molti storici e filologi tendono a vedere nel dramma di Ardea e nell'impossibilità di poter amare Cramelide, una sorta di primitiva immagine di ciò che sarà poi la Gioia dei Taddei.
Una specie di anticipazione della maledizione che colpirà i discendenti dell'invincibile eroe. Infatti, sia Ardea che Ardeliano, il duca che attirò su di sé e sui suoi eredi il terribile incanto, si macchiarono di grandi colpe. Vedremo, se Dio vorrà, quante “Questioni” i nobili suoi discendenti dovranno ancora superare per sciogliere l'oscura Gioia... :rolleyes: |
In effetti mi sembravano discorsi già sentiti più volte... ;)
Attenderemo impazienti di conoscere quelle avventure, Sir |
Citazione:
Eh, presumo i discendenti avranno molte "Questioni" :rolleyes: |
"Redini e staffe, su in sella!
Com'è triste il mio congedo!" (Antica canzone provenzale) Ardea ed il suo scudiero si presentarono al cospetto del barone Avator. “Milord...” disse con riverenza il cavaliere “... grato della vostra ospitalità e della vostra generosità sono qui a porgervi il mio saluto.” “Mi addolora sapervi in partenza, cavaliere.” Fece Avator. “Come l'agnello che lascia l'ovile, sicuro ed amato giaciglio, così il mio cuore si rattrista nel congedarmi, milord.” Ardea. “Nessuno vi obbliga, cavaliere.” Fissandolo il barone. “Vi ho aperto le porte della mia casa per accogliervi come un figlio. Ed un padre non vive senza la sua prole.” “Lo comprendo, signore.” Annuì il Taddeide. “Tuttavia un voto mi impone oggi di partire. Un voto sacro, poiché fu fatto sul mio onore e per la mia stessa vita.” “Un cavaliere deve rispettare la parola data agli uomini ed i Voti fatti all'altissimo.” Con tenerezza Avator. “Sono lieto che comprendiate, milord.” Sorridendo Ardea. “Non vedo però vostra figlia... avevo desiderio di salutarla...” “Cavaliere...” guardandolo Avator “... noi tutti rispettiamo il vostro onore ed i vostri impegni. Vi chiedo di fare lo stesso con mia figlia. Ella vi saluta con rispetto ed affetto e ha chiesto a me di portarvi il suo addio. Cramelide sa che comprenderete e non domanderete altro.” Ardea mostrò un cenno di assenso con una fitta al cuore. Baciò così il barone e suo figlio, salutando poi la folla tutta accorsa per il suo congedo. Fu celebrata una Messa per invocare su di lui la Divina Benedizione dell'Onnipotente ed alla fine della Sacra Celebrazione Eucaristica il Taddeide e Biago lasciarono Acerna. E dalla torre più alta del maniero, attraverso una finestre velata da una leggera tenda, qualcuno da lontano osservò il cavaliere cavalcare verso il bosco e restò lì a fissarlo, tra lacrime e dolore, fino a quando non scomparve col suo scudiero nella folta vegetazione. Poi si accasciò a terra e continuò a piangere fino a quando ebbe forza nel suo cuore. Il procedere del cavaliere e del suo scudiero fu silenzioso e mesto, tanto che Biago più volte fu sul punto di rompere quel vuoto con qualche parola, ma ogni volta la voce gli morì sulle labbra. Ed alla fine fu invece Ardea a destarsi da quella malinconia, arrestando Arante e indicando allo scudiero un monte che dominava l'intera foresta. “Quello è il Monte Sacro di Maddola...” mormorò “... di nuovo a Maddola, stavolta per un impresa infinitamente più ardua e contro un nemico mortalmente più terribile.” “Perchè non hai raccontato tutta a Cramelide?” Chiese Biago. “Perchè mai avrei dovuto?” Voltandosi Ardea. “Aveva il diritto di sapere” fece Biago “e merita la possibilità di attendere il tuo ritorno.” “Per illuderla?” Senza tradire emozioni il Taddeide. “Per darle un altro dolore? Ha già sofferto abbastanza.” “Sta già soffrendo ora.” Biago. “Per te.” “Amico mio...” accennando un lieve sorriso il cavaliere “... mi sei stato fedele compagno e fraterno sostegno nelle terribili ed inumane Questioni. Hai sfidato la morte e conosciuto la fama degli uomini insieme a me. Abbiamo diviso ogni cosa, persino la vita. Ora sei libero. Non hai più l'obbligo di seguirmi.” “Non è mai stato un obbligo.” A lui Biago. “Lo so.” Con tenerezza Ardea. “Ma sono io che voglio così, amico mio. Il compito che mi attende è per me solo. Il tuo ingegno e le tue conoscenze non potranno servirmi in ciò che mi aspetta. Va e non dimenticarti di me, di questo viaggio e di ciò che abbiamo fatto. Che tutti gli uomini di queste terre sappiano perchè i loro figli possono ora crescere liberi e nella Grazia delle Fede in Dio. Va, amico mio.” “Potrei ascoltarti solo se tu mi ordinassi di non seguirti.” Disse lo scudiero. “Te lo ordino.” Lesto Ardea. “Per il mio sangue ed i tuoi doveri ti ordino di non seguirmi e di ritornare a casa tua. So che mi sei amico e che sei fedele al casato di mio padre.” Biago, di fronte a quelle parole, non poté dire e fare nulla. Abbracciò in un commosso e fraterno abbraccio il cavaliere e poi restò immobile a guardarlo mentre egli galoppava verso il suo Destino. http://www.chivalrynow.net/images/pictures/galahad.jpg |
.... Mi ci vuole più di un momento per riprendermi, ma credo sia bello commentare d'impulso questo capitolo.
Credo sia il più triste che abbia mai letto, il più commuovente.... Ma questa malinconia nulla toglie alla bellezza e alla sacralità del momento. Spero sia soltanto un momento, che diventerà ancora più prezioso nel giorno della Gioia. Attenderò impaziente di saperne di più |
Cosa potrei dire...Cramelide ha dovuto fare una dolorosa rinuncia..il suo Amore..e Ardea per contro oltre l'Amore anche l' Amicizia che se profonda e sincera è pure un alto e forte sentimento.
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"Non temo la folla numerosa
che intorno a me si è accampata." (Salmo 3) Ardea cavalcò in sella al fedele e superbo Arante, fin quando al pianeggiante e verde bosco si aggiunse la vista di montagne sempre più vicine. Il cielo era cupo e le nuvole si addensavano basse, fino a lambire le vette delle alture, come a volerne celare le fattezze e racchiuderne così i misteri. Oggi quelle lande sono attraversate da ogni sorta di viaggiatori. Avventurieri, soldati di ventura, mercanti, contadini, pastori e pellegrini passano su quelle strade, unendo il Sud ed il Nord del reame, tra lavoro e fortuna, Fede e speranza. Ma a quel tempo tutto era selvaggio e remoto. Le campagne erano rese impenetrabili ed incolte da sterpi e rovi, mentre il bosco appariva ignoto e sconfinato. Ardea dunque cavalcava lesto, ben sapendo che tali terre erano in balia di briganti e pericoli vari. E proprio mentre risaliva uno stretto e brullo sentiero, ad un tratto, tra due grosse querce, vide apparire tre figure armate. Erano sbucate dal nulla, come serpi tra la vegetazione. Uno impugnava un bastone chiodato, un altro un falcetto da contadino e l'ultimo giocherellava con una pesante scure da boscaiolo. E vedendo il cavaliere subito uno dei tre gli si parò davanti per fermarlo. “Altolà...” disse “... fermo, da qui non si passa!” “E chi lo dice?” Ardea arrestando il cavallo. “La buona creanza, messere.” Rispose l'uomo. Il Taddeide allora li squadrò rapidamente. “Ci occorre infatti il vostro aiuto” fece un altro dei tre “e siamo certi non ce lo negherete.” Ridendo. “Oh, non lo farà di certo.” Divertito il terzo. Ardea restò a fissarli senza parlare. “Ci stavamo giusto dividendo le vostre cose, messere...” il primo che aveva parlato “... dopo avervi ucciso naturalmente. Ebbene a me interessa la vostra corazza, ma essendo più grasso e grosso della media degli uomini temo dovrò accomodarla. Dunque vi chiedo... mi consigliate di fonderla e farne una nuova, oppure conoscete un metodo per far si che essa mi entri senza danno?” Gli altri due si abbandonarono ad una grossa risata. “Invece io” intervenne il secondo “sono interessato alla vostra spada, Vi chiedo dunque... siete così gentile da cedermela e spingermi così a darvi una morte rapida, o volete tentare di battervi e sfidare allora la mia collera? In tal caso, naturalmente, la vostra fine sarà alquanto dolorosa.” “Io voglio il vostro cavallo, messere.” Baldanzoso il terzo. “Rivelatemi dunque il suo nome affinchè mi segua docilmente quando vi avremo accoppato.” “Ecco...” ridendo ancora il secondo brigante “... come vedete ci occorre il vostro aiuto.” E le loro grottesche risate echeggiarono nel silenzioso bosco. http://mw2.google.com/mw-panoramio/p...m/25614087.jpg |
Rileggere di Ardea è davvero un grande regalo..chissà chi saranno quei tre individui...ma il mio pensiero va a Cramelide.
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Lady Altea, forse non lo sapete ed immagino non lo sappia quasi nessuno, ma la tradizione vuole che la leggenda di Ardea anticamente cominciò ad essere messa in forma scritta proprio in prossimità della Festa dell'Assunta.
Dunque, diciamo, in questo periodo ricorre l'inizio di questa immortale ed eroica saga :smile: |
Davvero? Si questo è il periodo adatto..sono molto legata a questa Ricorrenza poiché da bambina ero sul carro ad accompagnare la Regina dei Cieli
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Oh, come non invidio quei tre sbruffoni ;)
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"Dio è giudice giusto,
Dio si sdegna ogni giorno." (Salmo 7) “Comprendo” disse Ardea ai tre birboni “quale Sorte infliggete agli sfortunati che passano da qui.” Guardandosi intorno. “Infatti, messere.” Divertito uno dei tre. “Vige al mondo la legge del più forte e noi imponiamo al prossimo la nostra forza.” I tre risero. “Anzi” aggiunse un altro di quei lestofanti “cerchiamo di fare in fretta, in modo da poter avere la possibilità di trovare dopo altri miserabili come voi per arricchire la nostra giornata.” “Non temete, amici miei...” sarcastico il Taddeide “... dopo aver risolto con me, non vi occorreranno altre vittime.” “E perchè mai?” Fissandolo uno dei tre. “Perchè morirete.” Sentenziò Ardea. I tre allora gli si lanciarono contro, decisi a disarcionarlo. Rapido, però, il cavaliere mise mano alla sua Parusia per affrontarli. In un attimo menò tre fendenti. Con uno squarciò la gola al primo brigante, con un altro tranciò gli occhi al secondo e con l'ultimo mozzò un braccio al terzo. I colpi però erano stati volutamente non mortali. E mentre i tre criminali si dimenavano sul terreno gridando per il dolore, Ardea smontò dal suo destriero. “Potrei lasciarvi così, a morte casuale...” lui ai tre “... magari sbranati dalle fiere, o mangiati dai ratti... invece no... siccome, come dite, al mondo domina la legge del più forte, io imporrò a voi la medesima condanna che avevate deciso per me...” si avvicinò al primo brigante, che ansimava al suolo con uno squarcio in gola “.... con tale ferita” Ardea “moriresti fra tre giorni tra atroci torture, ammesso che qualche bestia selvatica non ti finisca prima... ma siccome volevi la mia corazza per coprirti io prenderò invece la tua pelle...” si chinò sul brigante e tirato fuori un pugnale cominciò a scuoiarlo come si fa con gli animali. E le indicibili grida di dolore del brigante, mentre il cavaliere gli tirava via la pelle, ammutolirono di terrore gli altri due. Finito ciò, Ardea raggiunse il secondo lestofante, che se ne stava abbracciato ad un tronco senza avere più gli occhi. “Tu invece volevi la mia spada” Ardea rivolto a lui “ed io dunque ti renderò una cosa con essa.” E con un solo colpo infilò Parusia completante nel suo corpo, lasciando quel fiero metallo tra le sue viscere a causargli una morte lenta e dolorosissima. Si accostò infine al terzo di quei malfattori, che perdeva sangue dal braccio mozzato. “E tu volevi il mio cavallo?” Sorridendo il Taddeide. “Farai invece la fine che attende i cavalli zoppi.” Lo trafisse così alla gola col suo pugnale, lasciandolo agonizzante. “Ma tu vali meno di un cavallo, quindi la tua morte sarà simile a quella di un maiale che perde sangue lentamente per salvaguardarne la bontà di ciò che finirà a tavola.” Ardea attese che il secondo brigante spirasse, per poi estrarre dal suo corpo senza vita Parusia. La pulì, rimontò su Arante ed abbandonò quel luogo, dopo aver inflitto a ciascuno dei tre malvagi briganti una morte dolorosissima. Riprese allora il suo cammino verso il Monte Sacro a San Michele Arcangelo. http://www.latelanera.com/images_ban...de-scirone.jpg |
Eh lo dicevo io che facevano una brutta fine.. ;)
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"Nell’angoscia mi hai dato sollievo;
pietà di me, ascolta la mia preghiera." (Salmo 4) Il bosco che circondava la strada era denso di umidità, mentre la pioggia cadeva copiosa dal cielo. Tutto intorno era avvolto da una lieve nebbiolina, fatta di infinite goccioline che vagavano disperate su ogni cosa. La strada era desolata ed angusta. Un cupo e vuoto silenzio dominava quelle lande, rotto solo dal mormorio della pioggia che faceva gorgogliare le pozzanghere lungo la via e dal passo fiero di Arante. Ad un tratto dalla poca visibilità emerse la sagoma del Monte Sacro, caro a San Michele Arcangelo. Un maestoso acquedotto, ancora oggi superbamente in piedi, fungeva da porta per accedere alle boscose pendici della montagna. Univa, da parte a parte, la catena montuosa che oggi cinge, come naturali ed invalicabili mura, i confini di Capomazda, dividendo il mondo civile ed aristocratico da quello selvaggio e plebeo. Le maestose arcate si aprivano nella nebbia simili a varchi di absidi sovrapposte, con una cadenza regolare e perfetta, rendendo la struttura quasi delle fattezze di un santuario. Ardea ed il suo destriero oltrepassarono una di queste arcate, ritrovandosi così dall'altra parte. Il cavaliere allora provò una strana ed indefinita sensazione, come se avesse passato il mondo dei vivi per quello Spirituale. Imboccò così lo stretto sentiero che cingendo i fianchi della montagna conduceva sulla cima della Sacra Altura. Man mano che saliva, il mondo sottostante, fatto di stradine e sterrati che tagliavano la vallata, diventava piccolo e sfocato, come se venisse progressivamente ingoiato dall'umidità. Lentamente Arante portava in sella il suo nobile padrone, conducendo il Taddeide in una sorta di processione solenne, simile a quella a cui è sottoposto un condannato per giungere al patibolo. Passata la metà del percorso, Ardea salì in groppa al suo cavallo un'irta salita che avrebbe fiaccato qualunque altro destriero e alla fine di essa vi trovò una nicchia dedicata alla Vergine del Rosario col Bambino ed i santi Caterina e Domenico. Il Taddeide si fermò, scese e si inginocchiò a pregare. Si Segnò, rimontò in sella e proseguì. L'ultima abitazione che passò fu la casa di un pastore. Gli fu offerto del formaggio fresco, ma il cavaliere rifiutò dopo aver ringraziato. Raggiunse infine la cima del monte, dove sorgeva la chiesa di San Michele. Essa era però preceduta da un'alta Croce posta fra pietre. E di nuovo Ardea si fermò, scese da cavallo e pregò. Si Segnò, risalì in sella e raggiunse finalmente la chiesa. http://151.12.58.164/reggiadicaserta/images/DSC_04.jpg |
Ora mi avvedo..Ardea li ha uccisi senza indugio.
Questo ultimo racconto mi fa pensare..forse è lo stesso Monte dove nel "Fiore Azzurro" ero con un taddeide a vedere il Codex Ardeiano? |
Milady, nel mondo Capomazdese/Afragolignonese vi sono molte chiese dedicate a San Michele Arcangelo.
Questa narrata in Ardea è situata sul Monte Sacro, con il grande acquedotto alle sue pendici. L'acquedotto è dunque un segno distintivo di questo Santo monte e se esso figurava anche nel Gdr di cui parlate allora siamo in presenza della stessa chiesa :smile: |
San Michele Arcangelo è il mio patrono pure nella realtà.
Potrebbe essere..ricordo vi era una piccola grotta che era una chiesetta..penserò sia la stessa di Ardea :smile: |
Con ogni probabilità è la stessa chiesa, milady, visto che quella descritta in Ardea sorge proprio su una grotta :smile:
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