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Vecchio 15-11-2011, 15.00.22   #1
Guisgard
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Mondo Latino e Medioevo: Il Romanzo di Sir Orfeo

La letteratura medievale oggi è stata ormai spogliata da quelle contraddizioni e da quei limiti che gli umanisti le avevano affibbiato.
Questi intellettuali, infatti, per dividere la cultura dell’età classica da quei secoli che definirono bui, idearono appunto la definizione di “medioevo”, età di mezzo ossia, che serviva proprio per dividere la luminosità del periodo greco-romano da un tempo, a loro dire, barbaro ed incivile.
In realtà oggi siamo tutti consci del valore del periodo medievale e di come abbia rappresentato il tempo in cui si sono consolidate le basi dell’intera cultura occidentale.
Nel medioevo, infatti, viene a formarsi quello che sarà il sustrato sociale, culturale e religioso della nostra civiltà, che nascerà da tre differenti parti unitesi fra loro: il mondo latino, quello germanico ed il Cristianesimo.


Il medioevo è dunque un periodo tutt’altro che incivile ed arretrato, ma invece un’epoca di grandi ed epocali cambiamenti.
Per rendercene conto basta vedere quanti “medioevi” possono esserci, a seconda dei vari eventi che caratterizzarono quel periodo.
Così, secondo una visione storico-istituzionale, possiamo racchiudere il medioevo fra il 476 ed il 1453 (caduta dell’impero romano d’Occidente e di quello d’Oriente); storia religiosa 313-1517 (Editto di Milano dell’imperatore Costantino e affissione delle tesi di Lutero); storia socio-economica VII secolo-1492 (conquista araba del Mediterraneo e scoperta dell’America).
E anche per quanto riguarda la storia della letteratura medievale possiamo delineare una data propria: VI secolo-1321 (instaurazione dei regni romano barbarici e morte di Dante Alighieri, l’ultimo intellettuale veramente medioevale. Petrarca e Boccaccio invece fanno già parte di un’altra epoca, detta Preumanesimo).

La cultura medievale si forma dunque dall’incontro della tradizione latina (che ingloba parte del mondo celtico, ormai da secoli romanizzato) con la nuova cultura (perlopiù orale e fatta di consuetudini) dei vincitori germanici.
Questa caratteristica è palese in tutte le opere medioevali, che vivono nel costante oscillare tra il passato classico ed il nuovo presente formato da popoli e tradizioni differenti (quelle appunto delle popolazioni germaniche).
Un esempio chiarirà questa visione.
Nel XII secolo esisteva un lai francese basato sul mito di Orfeo ed Euridice, di cui oggi ci romane soltanto una versione inglese scritta fra il 1250 e il 1330.
Il testo narra di Heurodis, moglie di sir Orfeo, che un mattino di Maggio si addormenta in un giardino e sogna di un re con una corona splendente come il Sole, che le ordina di trovarsi allo stesso posto il giorno seguente perché egli la condurrà nel suo paese, di cui intanto le mostra castelli, foreste e campi.
La donna racconta tutto al marito e malgrado le precauzioni di questi, Heurodis scompare misteriosamente.
Orfeo erra, così, disperato con la sua arpa in cerca di sua moglie e nelle più calde giornate d’Estate scorge a volte il re delle fate e riconosce Heurodis nel seguito di lui, ma non può avvicinarla.
Alla fine, dopo diversi tentativi, sir Orfeo riesce a penetrare nel meraviglioso reame e viene accolto nel luminoso castello del re, in cui giacciono come morti individui addormentati.
Il re lo ascolta suonare l’arpa e gli promette qualsiasi cosa voglia chiedere.
Sir Orfeo chiede Heurodis ed il re, per la parola data, non può rifiutarsi.
Così, sir Orfeo e Heurodis ritornano nella loro terra, dove però nessuno li riconosce più.

Oltre che per il suo stile raffinato e per la sua alta qualità poetica, il Sir Orfeo è prezioso perché mostra come un tema classico, molto noto, sia stato profondamente immerso nell’atmosfera magica e sognante dei tipici romanzi cortesi.
Questo dimostra appunto che fra mondo classico latino e quello medioevale non vi sono quelle barriere invalicabili che molti, per secoli, hanno disegnato.
Ma che invece il secondo si nutre dei succhi vitali del primo, arricchendolo con tematiche nuove e sconosciute, come il gusto per il fantastico non fine a se stesso, ma vivacizzato da quel senso del misterioso e del magico intriso di un alone mistico e contrassegnato da una dimensione di predestinazione.
Proprio come avveniva con gli invincibili cavalieri dei romanzi cortesi, sempre alla ricerca delle prove di madonna Avventura e i doni di messer Amore.
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Ultima modifica di Guisgard : 17-11-2011 alle ore 16.17.38.
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Vecchio 15-11-2011, 18.24.51   #2
Altea
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Ho letto con molto interesse questo trattato e questo racconto, di come il magico veniva visto nel periodo medioevale. Mi è strano leggere di un re delle fate in veste di re "cinico" il quale aveva come imprigionato Heurodis in un sogno fatato senza risveglio, mentre dovrebbe apparire come una figura positiva.
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"Coloro che sognano di giorno sanno molte cose che sfuggono a chi sogna soltanto di notte". E.A.Poe

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"La mia Anima selvaggia, buia e raminga vola tra Antico e Moderno..tra Buio e Luce...pregando sulla Sacra Tomba immolo la mia vita a questo Angelo freddo aspettando la tua Redenzione come Immortale Cavaliere." Altea
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Vecchio 15-11-2011, 20.02.42   #3
Lancelot
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Lancelot sarà presto famosoLancelot sarà presto famoso
Un'analisi come al solito appassionante, che arricchisce questa nostra comunità e vivacizza le discussioni. Ancora una volta non possiamo prescindere da un doveroso ringraziamento al vostro impegno e alla vostra cultura, Sir Guisgard.

Effettivamente che il Medioevo sia stata un'età di barbarie dominata da genti incolte e depositarie di una civiltà inferiore è ormai considerato da tutti gli studiosi come un intollerabile pregiudizio.

I più grandi Regni d'Occidente succeduti alla caduta di Roma si sono ispirati nelle istituzioni, nei costumi e nelle leggi, proprio alla grandezza dell'Impero sconfitto.
Così come sempre la grandezza di Roma ha rappresentato per quei barbari una luce e un faro da seguire, quasi un Ideale perfetto cui essi erano subentrati per meglio adempiere alla sua realizzazione in luogo di una civiltà ormai decadente che aveva dato tutto ciò che c'era da dare.

Sotto quest'ottica si pone il Sacro Romano Impero, di Carlo Magno prima, e dei re germanici poi, come una ideale comunione di continuità con la grandezza di Roma...

La continuità con il passato, rinvigorita dalla nuova linfa della passione e dell'ardore immessi nel continente dalle giovani stirpi e civiltà germaniche, riguardò poi non soltanto il mondo istituzionale e spirituale, ma altresì quello letterario e culturale, come Sir Guisgard ha splendidamente riassunto.
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Vecchio 16-11-2011, 04.58.55   #4
Guisgard
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Il mitico Oberon, ossia il re delle fate, si presta spesso a diversi ruoli in varie e antiche tradizioni.
Nel Romanzo di Sir Orfeo non compare come un personaggio malvagio, non almeno in senso classico, ma come una figura fiabesca che vive al di fuori del mondo.
Non segue una sua etica ed una sua morale, perché questo è del tutto inutile ai fini narrativi.
L’anonimo compositore di questa storia non ha infatti interesse a giudicare Oberon, ma lo utilizza solo per dare una dimensione fantastica alla sua storia.
Oberon rapisce Heurodis per la sua bellezza e, nel suo regno, la tratta con tutti gli onori.
Alla fine poi, fedele alla parola data, la lascia libera di tornare col marito.
Questo di raffigurare personaggi di saghe nordiche (celtiche o germaniche) è un modo per la letteratura medioevale di appropriarsi di temi e schemi di culture estranee al mondo latino tradizionale.
Stessa cosa che accade, come sappiamo, nei romanzi cortesi cavallereschi (basti pensare ai vari Merlino, Morgana, la Dama del Lago ecc, che rappresentano l'elemento celtico di quelle saghe).



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La continuità con il passato, rinvigorita dalla nuova linfa della passione e dell'ardore immessi nel continente dalle giovani stirpi e civiltà germaniche, riguardò poi non soltanto il mondo istituzionale e spirituale, ma altresì quello letterario e culturale, come Sir Guisgard ha splendidamente riassunto.
Esattamente, amico mio.
E' questo il centro del discorso che va fatto quando si parla di medioevo.
Come detto, infatti, esso nasce dall'unione del mondo latino con quello germanico, amalgamati dal Cristianesimo che diviene, nel periodo medioevale, il mezzo e il fine dell'intera conoscenza umana.
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Vecchio 16-11-2011, 09.14.12   #5
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Cavaliere dell'Intelletto e Cavaliere della Carretta,
è con immenso piacere poter leggere tra le vostre righe, impresse con il calamaio del sapere e dell'emozione, un sentimento primevo che vola in alto nell'aria come un profumo d'estate....

I dotti illuministi, i signori benpensanti, i prelati della falsa fede, hanno dipinto il loro quadro cupo e fosco e relegato al rogo la nobilissima età di mezzo.

Oggi grazie anche al vostro intervento, le nuvole non possono annientare il sole. Grazie miei giovani viandanti, buon viaggio sulla scia dei vostri racconti.

Taliesin, il bardo
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Vecchio 16-11-2011, 12.03.09   #6
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Età nobilissima, dite bene, mi piace chiamarla "età del Sacro", intendendo con questo termine il massimo sforzo dell'uomo teso a costruire un mondo che abbia un significato. La stessa istituzione Cavalleresca, cui noi amiamo rifarci in questi lidi, è stata forse la più alta declinazione dell'elemento sacrale nella cultura civile dell'uomo, in tutta la sua storia.
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Vecchio 16-11-2011, 18.50.29   #7
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Vecchio 17-11-2011, 04.57.29   #8
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Sir Morris, amico mio, io e voi siamo un raro e singolare caso di uomini nati nel secolo sbagliato…
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Vecchio 17-11-2011, 09.09.56   #9
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Vecchio 17-11-2011, 12.18.16   #10
Lancelot
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Sir Morris
Posso chiedervi, amico mio, se nel dire così intendete un'accezione positiva o negativa dell' "Età di Mezzo"? La vostra esternazione mi ha molto incuriosito..
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