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Vecchio 01-08-2011, 11.32.12   #8
Chantal
Cittadino di Camelot
 
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Chantal sarà presto famosoChantal sarà presto famoso
Romanzo affascinante,equibrato,si legge con scorrevolezza senza la minima percezione di scene che appesantiscono.
"Ambrosine"(come amava chiamarlo il piccolo Romolo Augusto)è la figura portante,di spessore e carattere insieme che fa da bilanciere nei due eventi,la prigionia e la fuga.Egli,infatti,colma l'introspezione dei due personaggi in antitesi,il piccolo Romolo e Aurelio,entrambi riversati in un taciturno silenzio nascondendo,dietro lo sguardo perso,tutti i pensieri che li attraversano,laddove le meditazioni,la saggezza,i racconti di Ambrosine sembrano riuscire a colmare e comprendere quei pensieri taciuti.
Superba Flavia Serena,moglie e madre combattuta,ma regale nel suo contegno,bella e spietata,tanto che anche il suo disprezzo,espresso per la figura di Odoacre, cattura e conturba.
Non ho molto gradito(ma è una questione di gusti),sinceramente,la figura di Livia Prisca.Femminile pur nelle sue vesti di guerriera,è troppo"conduttrice e dominatrice"degli eventi che si susseguono nella vicenda.
Ma di quest'ultima ho apprezzato un momento di tenerezza che ha lasciato trasparire quei sentimenti che rendono fragile una donna,alludo a quando Aurelio,ritrovati i suoi compagni,si abbandona con loro a discorsi che li affratellano,E Livia rimane a guardare con la curiosità di chi fa una nuova scoperta,quel mondo di "sensazioni maschili"a lei ignoto.
Riporto questo breve scorcio al quale ho fatto riferimento:

<<Riposare?>>Disse Battiato.<<Stai scherzando,ragazza,abbiamo troppe cose da raccontarci.Dico,hai idea di chi siamo noi?Di quante ne abbiamo passate insieme?Dei del cielo,non ci posso credere.(...)Datemi un cazzotto,che se sogno mi voglio svegliare>>
Vetreno gli diede davvero un gran colpo sulla testa.<<Lo vedi che sei sveglio?Va tutto bene,uomo nero!Ce l'abbiamo fatta.(...)>>
Aurelio scoppiò a ridere e poi tutti gli altri,in una risata fragorosa e gorgogliante a volte simile a un singhiozzo,una risata liberatoria come il pianto di un bambino che è stato a lungo nella morsa della paura.
Livia li guardava senza parlare.Il cameratismo virile era una manifestazione che l'affascinava,vi vedeva concentrate tutte le virtù migliori dell'uomo:l'amicizia,la solidarietà,lo spirito di sacrificio,l'entusiasmo.Persino il loro torpiloquio castrense ,cui non era certo abituta,non la infastidiva in quella situazione.
Poi,d'un tratto,cala il silenzio:il silenzio dei ricordi,dei rimpianti,il silenzio della memoria comune di uomini che avevano affrontato gli stessi pericoli e sofferto gli stessi dolori e le stesse fatiche per anni con unico conforto dell'amicizia,della stima e della fede degli uni negli altri.Il silenzio della commozione e della gioia incredula del ritrovarsi contro ogni aspettativa,contro i colpi del destino più avverso.Si potevano quasi vedere i pensieri che passavano nei loro sguardi,negli occhi umidi,nelle fronti scavate,;si poteva leggerel a loro storia nelle mani callose,nelle braccia piene di cicatrici,nelle spalle segnate dal peso delle armi.(...)>>

Queste elucubrazioni affascinano Livia,una donna,una guarriera che li sta osservando in un momento di quiete,coglie la paura negli occhi dei suoi compagni(tra i più valorosi guerrieri Romani) e si compiace nel vederli intenti nel tentativo di esorcizzarla con un fare beffardo tipicamente mascolino.

Valerio Massimo Manfredi è comunque un archeologo,insinuarsi nella storia raccontata anche attraverso la singola pietra posta nella costruzione dei luoghi che avrebbero accolto i protagonisti è una linea conduttrice non trascurabile dell'intera opera.
Credo che meriti sia per i contenuti,sia per le capacità dell'autore di interloquire col lettore,senza deluderne,a mio avviso,le aspettative.

Ultima modifica di Chantal : 01-08-2011 alle ore 11.41.22.
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