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Vecchio 25-09-2009, 13.35.06   #5
Hastatus77
Cavaliere della Tavola Rotonda
 
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Il giovane Lanval, rimase senza fiato, mai e poi mai aveva immaginato di poter ammirare tanta beltà e ricchezza. Le colonne che sorreggevano la struttura erano d’oro massiccio, sicuramente la dama che lo aveva convocato doveva essere certo più brutta della morte, non poteva avere così tanta fortuna e, senza altro l’impresa per la quale lo aveva convocato doveva essere delle più perigliose: la morte di un marito da vendicare se gli fosse andata bene, o la testa di un drago che osava infestare un villaggio sperduto chissà dove.
Sempre più esitante mosse lentamente un passo dietro l’altro fin l’entrata del padiglione sotto lo sguardo divertito delle due fanciulle.
La dama stava distesa su di un finissimo e decorato triclinio con indosso una lunga tunica che però non impediva di scorgere le forme aggraziate e voluttuose che trasparivano nonostante l’abbondanza della veste. Lanval deglutì faticosamente e mosse silenzioso ancora qualche passo godendosi il momento in cui ella parea ancora ignara della sua presenza.
Inciampò sbadatamente su di un bellissimo ed enorme tappeto che mal aderiva alla formazione scoscesa del terreno. Ella si voltò e gli sguardi s’incrociarono accendendosi di fuoco per un battito del cuore, poi ella afferrò precipitosamente un bianco manto d’ermellino gettandoselo sulle spalle, senza tuttavia coprire del tutto il fianco scoperto e la lunga gamba che ciondolava distrattamente dal triclinio. Si alzò precipitosamente stringendo il mantello sul petto, osservando trepida il cavaliere fermo poco innanzi alla soglia.
"Venite, venite pure avanti, mio cavaliere."
L’uomo si gettò ai piedi e, chinato il capo disse.
"Mia signora, non conosco il nome benedetto sotto cui camminate sulla terra resa più luminosa dalla vostra presenza, ma chiedete e farò qualunque cosa sia in mio potere per rendervi felice."
"Oh, mio caro e dolce Lanval …"
L’uomo inarcò un sopracciglio con fare interrogativo nell’udire il proprio nome uscire dalle carnose labbra della dama.
"E’ voi che cerco … è voi che bramo a dispetto dei grandi e potenti uomini della terra. Mai in tutta la vita ho veduto uomo più onesto e coraggioso della vostra persona. Sedete pure accanto a me e lasciate che vi stringa le mani, se le parole da voi pronunziate poc’anzi son veritiere."
Lanval si lasciò guidare sui cuscini del morbido triclinio e, ricambiando l’appassionata stretta, chiese.
"Fortunato son io nell’udir tali parole, mia dolce pulzella, ma come può, ella conoscer il nome mio?"
"C’è un isola ad ovest di queste terre, un’isola che il tuo Re ben conosce e nella quale sono celebrati riti d’amore e purificazione. Il Re Pescatore, mio padre, regna sovrano incontrastato e tutti coloro che giungono sui perigliosi scogli, compreso il tuo signore, sono soggetti alla sua autorità. Il buon Galahad mi parlò tanto di te ed io, usando il catino che vedi in quest’angolo, ho spiato la tua vita per mesi, prima di capire quanto fossi innamorata."
"Pazzesco suona tutto ciò all’udito mio, ma non al mio cuore, perché se voi avete capito d’amarmi dopo avermi visto in uno specchio d’acqua, so che mai e poi mai potrò fare a meno della vostra presenza per tutti i giorni a venire." Le disse baciandola teneramente sulle labbra, poi, sul volto rigato dalle lacrime felici di lei.
Si amarono lungamente per ore e di certo il buon Lanval avrebbe goduto ancora della sua presenza, ma, poco prima il sopraggiungere del tramonto, ella disse.
"Mio buon cavaliere, mai nella mia vita scorderò l’ardore delle vostre labbra e l’audacia delle vostre mani."
"Non dite così, mia buona dama che il cuore mio si spezzerà e non avrà più pace. Lasciate che venga con voi."
"Non è ancora possibile amor mio, ma prendi questo magico catino ed ogni qual volta vorrai vedermi, riempilo con mezza brocca d’acqua ed invoca intensamente il mio nome, allora saremo di nuovo insieme e potremo godere ancora dei nostri corpi."
Lanval la guardò incerto se credere alla fola che aveva appena udito, ma ella insistette così tanto che, col cuore spezzato, pensando ch’ella fosse in realtà pazza, accettò a malincuore il dono.
"Non fare così, mio buon cavaliere ed abbi fede nelle mie parole, quando sentirai il bisogno della mia presenza, fa ciò che ti ho detto e nulla m’impedirà d’apparire al tuo cospetto."
Baciata ancora una volta la donna, il giovane si vestì velocemente con nuovi pregiati abiti sotto le risa divertite di lei.
"Mi ami?" Chiese lui serio.
"Ti amo, amor mio, non sarai più solo, credimi e … non ti lascerò andare a mani vuote. Prendi quel sacco." Disse indicando in un angolo del padiglione. "Contiene abbastanza oro perché tu possa comprare nuove terre e nuova dimora, senza che tu abbia più a soffrire della dimenticanza del Re tuo, ma bada … non dovrai mai rivelare a nessuno del nostro amore e da dove provenga la tua fortuna, o la rovina cadrà su di noi e non potrò più apparire quando invocherai il nome mio." Gli sfiorò la guancia con una carezza "Credimi non è una fola per bimbi. Mio padre volle chiamarmi Vivien … tienilo ben stretto nel tuo cuore. Nell’isola di Avalon dove vivo ogni è cosa è possibile e, ricorda bene: io sarò sempre al tuo fianco."
"Lo farò amor mio, lo farò." Diss’egli mentre una lacrima gli solcava il volto pavida del distacco oramai prossimo.
Le tenebre calarono veloci e Lanval seduto sul destriero, si voltò un’ultima volta per mirare la fanciulla ferma sulla soglia.
Cadde quasi da cavallo quando vide la radura vuota. Nessun padiglione. Nessuna fanciulla. Solo il sacco ed un catino d’oro appesi sulla sella del suo destriero.
Mesto forse più di quand’era partito, tornò a Luguvalium dove fu accolto dal giovane Gawain e dai compagni.
"Dove sei stato Lanval? … Suvvia, oggi è la festa della Pentecoste e Nostro Signore è salito al cielo portato dagli angeli al cospetto del Padre Suo … dobbiamo essere felici."
Lanval l’ignorò.
"Non prendertela, cugino mio. Sei ancora nel cuore del tuo Re, non c’è cavaliere più valente di te su questa terra e lo dimostrano i tuoi nuovi abiti, dove li hai presi? Il Re si è forse ricordato del mancato dono?"
"Amico mio, per il bene che mi vuoi, non fare domande, ma hai ragione … è un giorno di festa ed è giusto essere allegri, allora portami un buon vino ed il buon Stivell … sono curioso di sentire come si è concluso il canto sul prode Pwyl … è poi riuscito a sposare la misteriosa donna ed a sconfiggere gli stessi dei?" Nel pronunciare quelle parole, la saliva gli andò di traverso e cominciò a tossire sotto le risa divertite dei compagni.

(Continua...)
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"La Morte sorride a tutti... Un uomo non può fare altro che sorriderle di rimando..."


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