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Guisgard
28-07-2010, 17.22.12
IL CAVALIERE DI SEMIFONTE

"Va Firenze, fatti in là
Semifon divien città"

I

L’Autunno stava già avanzando, facendosi annunciare da quel velato chiarore, appena accennato dal giallino che cominciava a diffondersi sui verdeggianti colli, ancora vigorosi e nutriti dall’Estate appena conclusa.
I Cipressi, alti e ritti verso il cielo, rappresentavano forse alla perfezione l’animo indomito di queste antiche e nobili terre, con le loro cime che solo a stento si chinavano sotto l’energico soffio del vento.
Barberino Val d’Elsa, adagiato su quei rigogliosi colli, sembrava come incantato, con la sua mite bellezza che al solo guardarla scaldava e rasserenava il cuore.
La piccola e consumata stradina, battuta da mercanti e viaggiatori soprattutto nelle stagioni calde, correva zigzagando tra le conche e le colline che animavano quel rassicurante scenario, interrotta di tanto in tanto da qualche isolato casale o dai resti di abbandonate ville nobiliari.
Ed all’ombra proprio di alcuni cipressi, i due giovani trascorrevano spesso i loro pomeriggi.
“Non credo potrei mai vivere lontana da queste terre…” disse lei osservando il paesaggio circostante “… ma se tu partissi domani stesso so per certo che ti seguirei.”
“Perché mai dovrei partire?” Chiese lui senza aprire gli occhi e continuando a tenere le mani dietro la nuca.
“Non so…” rispose lei chinando leggermente il capo “… so solo che ti seguirei in capo al mondo…”
“Ma è questo il nostro mondo!” Esclamò lui, aprendo finalmente gli occhi e cominciando ad osservare quel bellissimo paesaggio.
Gaia era una tipica bellezza del posto.
Eterea ed aggraziata, delicata nella figura e gentile nei modi.
I suoi colori erano quelli del cielo di queste terre, chiari e luminosi.
Il biondo dei suoi capelli, la pelle di un tenero rosato ed i grandi e profondi occhi verdi conferivano trasparenza e purezza al suo bel viso.
Icaro invece non riusciva a trasmettere la stessa trasparenza nella figura.
Bruno, con la pelle chiara ed il fisico asciutto, nell’atteggiamento e nei modi tradiva una certa inquietudine che sembrava non abbandonarlo mai.
I lineamenti, sebbene gradevoli e puliti, erano spesso contratti in un’espressione pensierosa e fiera, come se un qualcosa di indefinito gli attraversasse costantemente la mente.
Ma erano gli occhi i soli passaggi obbligati per giungere all’animo di Icaro.
Occhi che sembravano voler tenere imprigionata un’anima indomita, tormentata, dietro l’azzurro scintillante del loro colore.
Eppure, talvolta, quegli occhi parevano allentare l’intensità della loro morsa, lasciando libera così quell’anima.
Libertà di seguire gli slanci e le passioni di un cuore che sembrava pulsare solo per i sogni che faceva.
“Icaro…” disse Gaia “… mi vuoi bene?”
“Io ti amo, gioia mia.” Rispose lui. “Ne dubiti, forse?”
“No… mai… ho solo paura che un giorno tutto questo possa finire.”
“E perché mai?”
“Non so…” rispose lei “… forse sono solo sciocche paure le mie…”
“Vieni qui, piccola…”
Lei allora poggiò il capo sul petto di Icaro, racchiudendosi nel suo rassicurante abbraccio.
E restarono così fino a quando il Sole non scomparve nella foschia che avvolgeva le colline lontane.
“Ieri con mio padre visitammo un posto speciale…” disse lei.
“Che posto?” Chiese lui.
“Credo sia magico…” rispose lei “… domani lo visiteremo insieme… sono sicura che ti piacerà…”
L’indomani, verso il mezzogiorno, i due ragazzi, attraverso una stradina poco battuta e conosciuta, raggiunsero una piccola collina completamente deserta.
Su di essa non sorgevano né case, né chiese.
L’unica costruzione che animava quel singolare scenario era una piccola cappella.
I due giovani si avvicinarono alla modesta costruzione.
“Ma questo è San Michele!” Esclamò Icaro, indicando l’affresco che si trovava in essa.
“Si, amore mio.” Rispose lei raggiante.
“E’ bellissimo…” sussurrò Icaro “… lui è il primo angelo delle Milizie Celesti… ed è anche il simbolo della vera cavalleria…”
“Sapevo che ti sarebbe piaciuto vederlo.”
“Io un giorno, ti giuro Gaia, diventerò un cavaliere.” Disse Icaro senza togliere mai lo sguardo da quel ritratto. “Diventerò il cavaliere più grande che sia mai nato. Lo giuro.”
E si segnò tre volte.
Lei lo fissava senza dire nulla, affascinata com’era dalla passione e dai sogni del suo amato.
http://www.europeantravelway.com/etw/assets/images/offerte/Chianti_e_Valdelsa.jpg

(Continua...)

cavaliere25
28-07-2010, 17.35.21
lo letta dal inizio alla fine bellissima storia d'amore e speriamo che Icaro diventi un cavaliere :smile_clap: Sir Guisgard adoro le vostre storie sono sempre piu affascinanti e piene d'amore

Talia
28-07-2010, 17.43.12
Il cavaliere di Semifonte... Barberino... che dirvi, sir? Casa, dolce casa! ;)

elisabeth
28-07-2010, 18.02.39
Un bellissimo racconto, i racconti che in essi hanno sogni veri e sentimenti vissuti......sono i piu' toccanti.............Diventare un cavaliere......il sogno di ogni uomo dal cuore umile

llamrei
28-07-2010, 20.14.12
Che meraviglia!!! Oddio quanto mi emozionano queste storie di sentimento e di passione e in più tra persone dai cuori semplici....
Grazie Guisgard

polgara
28-07-2010, 20.29.20
che bella coppia...
:smile:

Guisgard
29-07-2010, 04.23.44
Sono lieto che questa storia vi stia piacendo.
Avevo un debito.
Un grande debito, verso una terra che mi ha accolto e dato tanto.
E questo è l'unico modo che conosco per sdebitarmi.
Grazie a tutti per le vostre belle parole :smile:

Guisgard
29-07-2010, 19.41.21
IL CAVALIERE DI SEMIFONTE

II

Il vento sibilava leggero sul colle, quasi a non voler turbare l’austera tranquillità di quel luogo.
L’aria era fresca e già il crepuscolo accennava i suoi primi colori nel cielo.
“Che posto è questo, Gaia?” Chiese Icaro come rapito da un qualcosa di magico che sembrava celarsi in quel luogo.
“Qui, proprio dove c è la cappellina di San Michele sorgeva un tempo un’antica città.” Rispose lei.
“Una città?” Ripeté lui.
“Si, una città fiera e fiorente.”
“Quale era il nome di quella città?” Domandò Icaro.
“Semifonte…” rispose lei quasi con un sospiro.
“E com’è perita?”
“A causa di una lunga e violenta guerra contro Firenze.” Rispose lei. “Una guerra che la condusse alla rovina. Vinta infatti dalle armate gigliate dei fiorenti, Semifonte fu rasata al suolo e su queste terre i vincitori imposero il veto assoluto di costruire. E come vedi non c’è nulla qui… nulla tranne che la piccola cappella di San Michele.”
Icaro ascoltò in silenzio quella storia.
Il silenzio che dominava intorno a loro sembrava solo scosso da quel mite sibilo di vento.
Un vento che pareva condurre sul suo alito i lamenti di quel luogo.
“Mio padre mi dice sempre” aggiunse Gaia “di ascoltare quando mi trovo qui. Per molti questo è un luogo maledetto, dimora di una città fantasma… ma se sai ascoltarlo esso ti saprà raccontare la vera storia di Semifonte.”
“Sei triste, gioia?” Chiese Icaro accorgendosi della malinconia che traspariva dal suo bellissimo sguardo.
“No…” rispose lei come destandosi “… sono qui con te… non posso essere triste.”
I due allora si unirono in un caldo bacio, dopo essersi sorrisi.
Passeggiarono poi nei dintorni, ammirando l’incanto del panorama che si apriva attorno a loro.
E quando furono stanchi, si riposarono all’ombra di un robusto albero.
“Sai che vi è un’antica leggenda legata a questo luogo?” Cominciò a dire lei.
“Una leggenda? Quale?” Chiese lui incuriosito.
“Si narra che poco prima della fine, alcuni tra gli abitanti di Semifonte siano riusciti ad uscire dalle mura assediate ed a portare fuori il tesoro della loro città.”
“Un tesoro? E dove si trova ora questo tesoro?” Chiese Icaro.
“Mio padre racconta di molte voci che giurano sia stato nascosto non lontano da qui.”
“Immagina trovarlo!” Esclamò lui. “Il tesoro di una città che fece tremare la grande Firenze, la Novella Atene! A cosa non si potrebbe ambire con un simile tesoro?”
“Non ne ho idea.” Rispose lei osservandolo.
“Io invece ne avrei di idee! Ed anche tante!” Esclamò lui. “Comprerei un feudo e ci vivrei come un gran signore! Avrei le migliori armi che mi renderebbero un invincibile cavaliere!”
Gaia lo ascoltava divertita.
Amava ascoltare i suoi sogni, i suoi desideri.
“E se la vita di palazzo cominciasse ad annoiarmi” continuò lui “allora partirei per mille e favolose avventure! Tanto grandi come la cavalleria mai ne ha conosciute!”
“Ed io?” Chiese lei. “Io non ci sono nei tuoi sogni?”
“Ma amore mio adorato…” rispose lui prendendola fra le braccia “… tu sei il mio sogno più grande… il mio vero ed unico tesoro.”
Trascorsero così tutto il giorno in quel luogo da molti ignorato e dimenticato.
E lì erano come un principe e la sua principessa.
Governavano sui colli addormentati ed i loro sogni potevano spaziare senza freni nell’infinito orizzonte che li circondava.
Ma una volta tornati a Barberino, l’incanto del pomeriggio svanì in un instante.
Il borgo infatti era ormai da tempo tartassato dagli scontri di due opposte e feroci fazioni: i Guelfi ed i Ghibellini.
I primi erano legati al papa, mentre i secondi erano fedelissimi della casa imperiale.
E proprio la notizia diffusasi da poco, della discesa dell’imperatore in Italia, aveva riacceso gli animi e l’astio fra le due parti.
Ovunque le strade erano luoghi pericolosi da evitare e ad ogni angolo scoppiavano risse e duelli.
L’odio non dava tregua, trasformando la cittadina in un posto dove era ormai diventato difficile non solo vivere, ma anche appena sopravvivere.
Quella notte Icaro non riuscì a prendere sonno.
Non erano la violenza e la paura a turbarlo, ma un singolare ed irrazionale pensiero.
Continuava infatti a pensare a quel luogo dimenticato, dove Gaia gli aveva parlato di Semifonte.
E davanti agli occhi tornava ad apparirgli la piccola cappella di San Michele Arcangelo.
http://www.comune.sp.it/export/sites/SPEZIAnet/img_old/itinerari/33.gif

(Continua...)

llamrei
29-07-2010, 20.12.39
E' un amore tenero e innocente fatto di sogni^_^ già mi appassiona:smile:

Guisgard
30-07-2010, 15.47.35
IL CAVALIERE DI SEMIFONTE

III

E mentre la notte trascorreva inquieta, Icaro fu destato da alcuni rumori.
Scese allora di corsa giù e vi trovò la sua vecchia nonna a fissare il portone.
“Cosa è stato?” Chiese lui.
“Non so…” rispose lei “… ho udito come dei passi e poi dei colpi. Provenivano dalla strada credo…”
“Forse sono scoppiati nuovi scontri…” disse Icaro.
“Che siano maledetti!” Esclamò la nonna. “Perché non ci lasciano in pace?”
Ad un tratto i loro discorsi furono interrotti da qualcuno che bussava alla porta.
“Chi è?” Chiese Icaro.
“Siamo amici…” rispose una voce da fuori.
“Non aprire, non conosco questa voce!” Disse la nonna.
“Che amici?” Chiese Icaro facendo segno alla nonna di non parlare. “I miei amici hanno tutti un nome! Il vostro qual è?”
“Sono Ubaldo de’Bardi…” rispose la voce da fuori “… ero amico di vostro nonno…”
“Non aprire!” Disse la nonna.
“Cosa volete a quest’ora?” Chiese Icaro.
“Sono con dei compagni…” rispose Ubaldo “… uno dei nostri è ferito. In nome del Cielo aiutateci!”
“Potrebbe essere una trappola.” Disse Icaro.
“Non lo è, vi giuro!” Aprite o per noi è la fine! Sul mio onore, vi invoco da cristiano!”
Icaro allora, sotto gli occhi spaventati della nonna, aprì la porta.
Un attimo dopo 5 uomini entrarono dentro richiudendo poi la porta dietro di loro.
“Dio vi benedica…” disse Ubaldo “… credevamo di essere ormai perduti.”
“Perché portate le vostre faide in casa mia?” Chiese Icaro. “Io, come mio nonno, non mi sono mai immischiato in queste assurde lotte. E voi invece stanotte proprio qui venite a bussare.”
“Perdonatemi, messere, ma se non avessimo bussato alla vostra porta, stanotte stessa avremmo varcato quella dell’Inferno!”
“Cosa volete qui?” Chiese Icaro. “Solo protezione?”
“No, messere.” Rispose Ubaldo “Non vi avremmo coinvolti solo per sfuggire ai nostri nemici.”
“E allora cosa cercate qui?”
“Il mio compagno Massimo…” indicò uno dei suoi Ubaldo “… è ferito. Ha bisogno di cure.”
“Portatelo in quella stanza.” Indicò Icaro. “Presto, prendete il necessario per poter curare quell’uomo.” Disse poi alla nonna.
Così, a quello sfortunato furono prestate le cristiane cure.
“Avete detto di non esservi mai immischiato negli scontri tra Guelfi e Ghibellini…” chiese Ubaldo ad Icaro, mentre questi lavava la ferita al suo compagno.
“Si, è vero.”
“E perché mai?” Domando Ubaldo. “Non è forse sangue quello che vi scorre nelle vene? Non siete forse voi un uomo come lo sono io o ciascuno dei miei compagni?”
“E’ curioso…”
“Cosa è curioso?” Chiese Ubaldo.
“Il metro che utilizzate per definire chi è uomo da chi invece non lo è.”
“Come fate a starvene qui, con le mani in mano, mentre tutti lottano per qualcosa?”
“E per cosa lottate voi invece?” Chiese Icaro. “Per l’imperatore? Per la Chiesa?”
“Nell’accoglierci, non ci avete fatto domande… non vi interessa sapere a quale fazione apparteniamo?”
“Non mi interessa.” Disse Icaro.
“Una vita senza ideali” sentenziò Ubaldo “non è degna di essere vissuta!”
“Li chiamate quindi ideali?”Chiese Icaro. “Così allora definite le risse e gli omicidi? Le liste di proscrizione e le confische? Per arrivare a cosa? Ai processi ed alle condanne?”
“Tutto ha un suo prezzo da pagare nella vita.”
“E per cosa poi?” Chiese Icaro. “Per finire così? Come questo sfortunato?” Indicò poi l’uomo che stava curando.
“Non vi comprendo…”
“Sono quelli come voi che rendono questo mondo la grande tragedia che è!” Disse Icaro.
“Allora perché ci avete aiutato?”
“Perché sono un cristiano.” Rispose Icaro. “L’impero e la Chiesa per me non sono nemici, ma solo due facce della mia Fede religiosa.”
Ubaldo lo fissò senza rispondere nulla, incuriosito ma anche affascinato dal giovane che gli stava davanti.
http://www.aboutrufus.com/TristanUndIsolde1.jpg

(Continua...)

Talia
30-07-2010, 15.57.31
Mi piace Icaro: è un uomo moderno nato nel secolo sbagliato! ;)

polgara
30-07-2010, 16.16.21
molto interessante...:neutral_think:

elisabeth
30-07-2010, 18.21.42
Un amore vero.....la fede e l'impero.......bella veramente bella questa storia.........la storia di tutte le epoche

cavaliere25
30-07-2010, 18.24.36
Ogni giorno che leggo questa bella storia mi emoziono sempre di piu come tutte le altre storie :smile:

Sibilla
31-07-2010, 23.27.24
Veramente bella questa storia .... ma potrà la saggezza non soccombere alla follia della violenza? C'è forse ancora speranza? :18015:

Guisgard
02-08-2010, 01.14.51
Sono lieto che questa storia abbia suscitato il vostro interesse :smile:

llamrei
02-08-2010, 10.52.30
Un uomo legato a degli ideali nobili...e se si chiedesse oggi, all'uomo moderno, quali siano gli ideali per cui vale la pena combattere...secondo voi..cosa risponderebbe? Icaro...avrei voluto incontrarlo...;)

Talia
02-08-2010, 17.16.48
@Llamrei
Temo, mia cara, che la risposta oggi potrebbe in molti casi risultare deludente! :rolleyes:
Già, Icaro è un personaggio insolito... persino per il suo tempo, a mio avviso! :smile:

Guisgard
02-08-2010, 19.24.54
IL CAVALIERE DI SEMIFONTE

IV

“Ecco…” disse Icaro stringendo le bende attorno al fianco del guelfo ferito “… all’inizio farà un po’ male, ma presto il dolore svanirà.”
Si asciugò la fronte sudata e poi, rivolgendosi ad Ubaldo, aggiunse:
“Quest’uomo ha bisogno di almeno 10 giorni di riposo.”
“Li avrà.” Sentenziò Ubaldo. “Vi sono debitore. E con me tutta la causa guelfa.”
“Sciocchezze, non mi dovete niente.”
“Sono un uomo d’onore io.”
“Non lo metto in dubbio, ma questo non cambia le cose.”
“Disprezzate dunque tanto la causa guelfa” disse Ubaldo “da rifiutare anche il solo pensiero di ritenermi vostro debitore?”
“Amico mio…” rispose Icaro, asciugandosi le mani “… la vostra causa, come quella dei ghibellini, mi è indifferente. Non vi conosco e non mi occupo di voi. Quindi, una stretta di mano tra noi sancirà il giusto epilogo a questa avventura notturna.”
“Fate come volete” disse Ubaldo, dando ordine ai suoi di aiutare il ferito ad alzarsi “ma mi avete aiutato ed io non posso dimenticarlo.”
“Cosa fate?” Chiese Icaro a quegli uomini. “Il ferito non può muoversi da qui, altrimenti rischierà un’emorragia!”
“Non possiamo restare qui…” rispose Ubaldo “… ci troverebbero subito!”
“Voi andate allora” disse il ragazzo “e tornerete a prendere il vostro compagno fra qualche giorno.”
“Non possiamo tenerlo qui!” Intervenne la nonna. “Se lo trovano in casa nostra sarà la fine per noi!”
“Vorreste abbandonare quest’uomo a morte certa?” Chiese alla nonna. “Non ditemi di si, perché non vi crederei.”
“Presto, Ubaldo…” intervenne uno dei suoi compagni “… non possiamo restare ancora qui.”
“Non uscite in strada dal portone, potrebbe essere pericoloso” Disse Icaro. “Sul retro della casa vi è un piccolo passaggio laterale… di là la via è più sicura.”
Così, i guelfi seguirono le indicazioni del giovane.
Ma prima di uscire dalla casa, Ubaldo si voltò e fissò Icaro.
“Un giorno mi sdebiterò.” Disse, per poi sparire con i suoi compagni nel buio della notte.
“Bontà Divina!” Esclamò la nonna. “Vivremo nel terrore fino a quando non verranno a riprendersi quest’uomo!”
“Non siate così preoccupata, nonna…” disse divertito Icaro “… che porta male!”
“Si, scherzaci pure sopra!” Rispose la nonna. “Tu non sai di cosa sono capaci gli uomini quando il demone della follia e della violenza si impossessa di loro!”
“E cosa dovrei fare?” Chiese ironico Icaro. “Chiamare un chierico per benedire la casa?”
“Tu non ti rendi conto!” Gridò la nonna. “Sei come tuo nonno! Anche lui credeva di potersi tenere fuori da queste cose… fino a quando una notte, uscito in strada per chiamare un medico…”
“Nonna, non fate così, vi prego…”
“Si…” sospirò piangendo la vecchia nonna “… fu colpa mia… se solo fossi riuscita a resistere fino al mattino… le strade sarebbero state più sicure…”
Non siate sciocca! Non è stata colpa vostra. Vi sentivate molto male quella notte e la febbre saliva sempre di più… ero piccolo, ma lo ricordo benissimo…”
“Odio quei maledetti!” Gridò con rabbia la nonna. “Li odio con tutta me stessa!”
“Ora calmatevi ed andate a letto.” Disse Icaro accarezzandole il volto.
“E tu cosa farai?”
“Resterò ancora un po’ accanto a quest’uomo.” Rispose il ragazzo. “Voglio solo accertarmi che stia bene… se passa la notte non correrà più alcun pericolo.”
“Buonanotte, figliolo.”
“Buonanotte, nonna.”
Ma prima di salire su, la nonna si voltò verso di lui.
“Tuo nonno sarebbe fiero di te.” Disse.
Icaro rispose con un sorriso.
Ma proprio in quel momento, si udirono dei passi confusi provenire da fuori.
Un attimo dopo, qualcuno bussò con vigore alla porta.
“Aprite, in nome dell’Imperatore!” Ordinò una voce da fuori.
“Oh Cielo!” Disse terrorizzata la nonna. “Chi è?”
“La morte…” rispose con un filo di voce Icaro “… in agguato sulla strada…”
Ed i suoi occhi furono attraversati da un inquieto bagliore.
http://fermi.univr.it/RM/iper/infomatio/immagini/Lessico.jpg

(Continua...)

Talia
02-08-2010, 19.41.29
:rolleyes: oddio, ma non si può stare tranquilli un'ora... e adesso? :confused_nervous_sh

llamrei
02-08-2010, 20.16.50
@Llamrei
Temo, mia cara, che la risposta oggi potrebbe in molti casi risultare deludente! :rolleyes:
Già, Icaro è un personaggio insolito... persino per il suo tempo, a mio avviso! :smile:

lo temo anche io mia cara amica...:confused_nervous_sh

Sibilla
02-08-2010, 21.50.26
Messere siete crudele... non potete lasciarmi con questa curiosità... passerò la notte pensando ai mille possibili sviluppi... :18015:

Guisgard
03-08-2010, 01.18.44
Il mio maestro mi diceva sempre: "i pensieri di una donna nella notte saranno il tuo tesoro più grande."
Riferirò alla musa le vostre parole, milady, invogliandola a continuare il suo racconto :smile:

Guisgard
03-08-2010, 02.57.27
Un uomo legato a degli ideali nobili...e se si chiedesse oggi, all'uomo moderno, quali siano gli ideali per cui vale la pena combattere...secondo voi..cosa risponderebbe? Icaro...avrei voluto incontrarlo...;)

Eh, milady, viviamo in una triste e sterile epoca, purtroppo... :sad_wall:

Guisgard
03-08-2010, 19.51.47
IL CAVALIERE DI SEMIFONTE

V

Aperta la porta, subito in casa entrarono diversi uomini armati.
“Cosa volete?” Chiese Icaro.
“Sono stati visti entrare in questa casa” prese a dire colui che sembrava essere il loro capo “alcuni nemici della causa imperiale.”
“Qui non ci sono faide o propositi belligeranti.”
“Dobbiamo ispezionare la casa.”
“Fate pure.” Disse Icaro.
Poi, accortosi del ferito sul letto, l’uomo chiese:
“E quello?”
“E’ un uomo ferito.”
“No, quello è un traditore” disse il ghibellino “e voi siete della sua stessa pasta!”
“Non mi interesso di politica.” Rispose Icaro. “Ho solo fatto il mio dovere di cristiano, aiutando un mio simile ferito.”
“No, voi avete peccato contro il Cielo e contro la vostra città, gaglioffo!” Gridò il ghibellino. “Uomini, portate via questi due traditori!”
“Non potete trasportare quell’uomo” urlò Icaro “o sarà la sua fine!”
“Ormai la sua sorte è segnata…” rispose il ghibellino “… come la vostra!”
“No, in nome del Cielo!” Intervenne la nonna in lacrime. “No, non potete portare via mio nipote! Non ha mai fatto niente di male a nessuno!”
“Sta zitta, vecchia...” intimò il ghibellino “... o farai la sua stessa fine!”
E quegli uomini portarono via Icaro ed il guelfo ferito, tra la disperazione della vecchia nonna.

Le prigioni hanno molti mali.
Ma forse il peggiore di tutti è il tempo che ti lasciano per pensare.
Ed i pensieri, prima o poi, finiscono per consumarti.
Nulla è peggiore che ricordare la gioia quando si è nella pena.
I ricordi, le sensazioni, l’eco di un passato ormai svanito allora ti assalgono.
Ti travolgono, come il mare tempestoso fa con il naufrago, scuotendolo in balia delle sue onde e della furia dei venti.
Ma la furia degli uomini è forse anche peggiore.
L’uomo non ha il dono della compassione e della misericordia per i suoi simili.
Egli allora si danna per questo.
Ed un’anima dannata non obbedisce più al bene, ma al male.
Icaro, rinchiuso in quella buia ed umida cella, vedeva salpare mille e più navi per quel mare che ora lo scuoteva e la devastava.
Quelle navi partivano per porti lontani, su isole sconosciute, come solo il futuro sa esserlo.
E su quelle navi vi erano i sogni ed i desideri di Icaro.
Tutto sembrava abbandonarlo pian piano.
In un rapido e fatale scorrere di una notte, la sua vita era cambiata.
Anzi, svanita.
Gli era stata portata via e con essa ogni speranza per il futuro.
Fu lasciato, insieme ad altri disperati, a marcire nell’umidità e nel dolore.
Aveva paura.
Paura di impazzire.
Si, perchè forse il loro scopo era quello di farlo impazzire.
Già due uomini in quella settimana si erano impiccati.
Si, ormai Icaro ne era certo, volevano fiaccarli nello spirito e nel cuore.
Qualcuno dei suoi sventurati compagni di dolore delirava un’assurda convinzione, simile in realtà più a una misera illusione, che le truppe guelfe di Napoli sarebbero giunte a liberarli.
“Re Carlo ci salverà!” diceva continuamente qualcuno in quella cella.
Non importava chi lo dicesse, ciò che contava era udirlo da parte degli altri.
Così, quasi a turno, ciascuno di quei miserabili pronunciava, ad intervalli ormai regolari, quell’augurio, che ben presto divenne solo un’ossessione.
Icaro allora decise di lasciarsi impazzire.
Si, pensava, i matti non soffrono.
Non comprendono più nulla, né ciò che distingue la vita dalla morte, né quello che separa il bene dal male.
E così, invocava ogni notte un demonio.
Il demone della follia.
Ma certe notti si svegliava di soprassalto ed un’irrazionale paura lo raggiungeva.
“Perché poi il demonio dovrebbe correre in mio soccorso?” Pensava. “Perchè dovrebbe giungere a sollevarmi dalle mie pene, quando il suo unico scopo è quello di tormentare gli uomini?”
Allora si convinse che i suoi carcerieri erano tutti demoni.
E mentre i giorni e le notti trascorrevano così, ad invocare la follia o la morte, viste entrambe come liberatrici da Icaro, giunse il giorno del giudizio.
Ma, purtroppo per Icaro, non era il Giudizio di Dio, ma solo quello degli uomini.
http://www.filmweb.no/bilder/multimedia/archive/00100/James_Franco_som_Tr_100181b.jpg

(Continua...)

Guisgard
04-08-2010, 19.38.07
IL CAVALIERE DI SEMIFONTE

VI

I disperati, come un gregge ormai disperso dagli scossoni della vita, senza più un pastore a guidarli, furono condotti nel palazzo di giustizia.
La grande Sala del Consiglio, luogo del fatale e temuto giudizio, era pronta ad accoglierli.
In catene e fiaccati nella sola forza che poteva ormai sorreggerli, la speranza, quegli uomini attendevano l’innaturale sorte decisa dai loro simili.
Il giudice allora cominciò a chiamare, uno per uno, quei condannati.
E ad ogni nome pronunciato da quel miserevole Minosse, seguiva poi l’inesorabile domanda:
“Come vi ritenete davanti a questa corte?”
E tutti, avviliti, stanchi e disillusi, rispondevano sempre allo stesso modo:
“Reo.”
Come una litania che sembrava scandire un fatale conto alla rovescia verso la fine, il giudice pose quella domanda a ciascuno dei prigionieri, ricevendo sempre la medesima risposta.
E presto giunse anche il turno di Icaro.
“Come vi ritenete davanti a questa corte?”
“Non reo, eccellenza!” Rispose di getto il giovane.
Subito nella sala si diffuse uno stupito mormorio.
“Per l’Amor del Cielo, chi è costui?” Chiese infastidito il giudice.
“Sono un uomo ingiustamente accusato” rispose Icaro “e condotto qui con la forza, eccellenza.”
“Se siete qui” replicò il giudice con indifferenza “è perché vi siete macchiato di un crimine gravissimo.”
“Non ho mai partecipato a faide o scontri e la politica non mi interessa.”
“Molti traditori” rispose il giudice osservando con attenzione quel giovane “si definiscono innocenti ed estranei ai fatti. Muoversi nel buio e nella menzogna è la loro indole. Questa corte quindi non si fa impressionare dai vostri proclami.”
“Ma eccellenza…” ribatté Icaro “… un uomo è innocente fino a quando non si macchia di un crimine ed io chiedo a questa corte di dimostrare la mia colpevolezza! Se così avvenisse, allora accetterei di buon grado qualsiasi condanna!”
“Per voi quindi” chiese il giudice con insofferenza “la vostra condotta non merita punizione?”
“Se essa ha violato le leggi merita la condanna del Cielo e degli uomini” rispose Icaro “ma in caso contrario nessuno può muovermi accuse!”
“Quindi ritenete nulle le prove che smascherano la vostra condotta?”
“Quali prove, eccellenza?” Chiese Icaro. “Non sono stato sottoposto a nessun processo.”
“Siete stato scoperto a tramare contro il vostro imperatore!”
“Affatto, eccellenza!” Rispose Icaro. “Sfido chiunque a provarlo!”
“Voi non siete più in grado di sfidare nessuno” urlò il giudice “e tanto meno a rubare altro tempo a questa corte!”
“Siete un giudice” rispose Icaro fissando l’uomo che gli stava davanti “non un boia. Eppure ne avete le sembianze…”
“Presto scoprirete” disse il giudice “la differenza che corre tra un giudice ed un boia, non temete!”
Si alzò in piedi ed aggiunse:
“Ma prima farò fino in fondo il mio compito e vi mostrerò le prove che vi condannano davanti alla vostra città… siete stato trovato a prestare aiuto ad un traditore della causa imperiale. Siete quindi suo complice e ne condividerete la sorte!”
“Il mio Dio” rispose con un filo di voce Icaro “mi ha insegnato ad avere compassione dei miei simili… ad amarli come amo me stesso… a dare la vita per loro, se necessario… sono un cristiano e non lascerei morire mai un uomo in mezzo ad una strada…”
“Parlate di Dio…” disse il giudice ritornando al suo posto “… ingrato compito è quello di un giudice… condannare altri uomini, in nome di un valore ed un ideale più grandi… questo impone il mio ruolo… e lo assolverò, per ingrato che possa essere…”
“A quale triste destino è destinata questa nostra città” rispose amaramente Icaro abbassando il capo “se permette a uomini come voi di amministrare la sua giustizia… che Dio possa avere pietà della sua sorte…”
“Studiati i fatti e le prove portate in questo processo…” cominciò a parlare a tutti il giudice “… questa corte condanna i prigionieri all’esilio perenne da questa città. I condannati sconteranno i tristi giorni che restano loro come schiavi presso le miniere di Re Giacomo d’Aragona. Possa Iddio Onnipotente avere pietà e misericordia delle vostre anime.”
A quelle parole, Icaro pianse amaramente, maledicendo se stesso e la sorte che l’aveva abbandonato.
Il terzo giorno da quella condanna, una nave partì dalle coste toscane alla volta della Spagna, portando con sé quel triste carico di miseria e dolore.
http://digilander.libero.it/amanteaninelmondo/hobby/img/smaria.jpg

(Continua...)

Talia
04-08-2010, 19.52.18
'Addio monti, sorgenti dall'acque ed elevati al cielo...'
:sad_cry_me:

llamrei
04-08-2010, 20.12.51
esilio?:eek: .........no...

Guisgard
05-08-2010, 02.39.12
'Addio monti, sorgenti dall'acque ed elevati al cielo...'
:sad_cry_me:

Citazione appropriata; speriamo che la Divina Provvidenza aiuti il nostro Icaro, come avvenne con Lucia ed il suo promesso sposo :smile:

Guisgard
05-08-2010, 20.10.47
IL CAVALIERE DI SEMIFONTE

VII

La nave aveva da poco preso il mare e le vele erano ormai ben tese sotto il vigore dei venti.
Nella stiva faceva caldo.
Tanto caldo.
Un caldo opprimente, ossessivo, sporco.
Il cattivo odore ed i topi rendevano quella prigione simile ad un riflesso dell’Ade.
Alcuni di quei prigionieri erano feriti, a causa degli scontri che li avevano condotti in quella situazione, e la cancrena o altre infezioni cominciavano già a mietere le prime vittime.
Forse non sarebbero giunti vivi in Spagna, cominciò a pensare qualcuno di quei condannati.
I cadaveri in decomposizione avrebbero appestato tutto quell’ingrato ambiente, rendendo ancora più insopportabili le sue pene.
Come un grottesco ed assurdo girone infernale, la stiva di quella nave li aveva accolti tutti, infliggendo loro supplizi e tormenti, come un’anticipazione di quell’Inferno a cui i loro simili li avevano condannati.
L’odore del sangue e della carne putrida attirava insetti e topi, dando a quello scenario l’immagine di una grande tomba galleggiante.
Vi era una piccola apertura, grande quanto il volto di un uomo, che dava la possibilità di guardare fuori.
Icaro da lì si affacciava e guardare la terra scomparire, pian piano, alle loro spalle.
Lo faceva continuamente.
Di tanto in tanto vi infilava la mano, come a voler saggiare l’aria libera che soffiava da fuori.
Ed a quell’avvilente situazione, si aggiunse anche una crisi di disperazione, quando il giovane vide un insetto poggiato sul bordo di quell’apertura.
Lo fissò con gli occhi spalancati e quando lo vide volare via libero, lanciò un grido lacerante, come se avesse voluto squartarsi il petto e lasciare la propria anima libera di andare via.
Ma nessuno colse quel grido.
Vi era già troppo dolore, troppa paura e troppo pianto in quella Babele, per raccogliere la disperazione di Icaro.
Ed intanto, da quell’apertura, la terra si allontanava sempre più, fino a sparire come un miraggio dissolto nel deserto della vita.
Era il suo mondo che svaniva.
I suoi sogni, i suoi desideri, le sue ambizioni, la sua felicità.
Tutto sembrava sfocare, come la foschia all’alba.
In un attimo qualcosa l’aveva scaraventato via dalla sua vita.
Tutto questo gli appariva come un incubo.
Un immenso incubo che sembrava non avere mai fine.
Ogni notte sognava la sua casa, la sua nonna, i suoi amici.
E sopratutto lei, Gaia, la gioia della sua vita.
I suoi occhi, il suo sorriso, il battito del suo cuore, era tutto ciò che lui aveva chiesto alla vita.
Non aveva neppure potuto dirle addio.
Guardarla un’ultima volta.
Quando ripensava a quel pomeriggio trascorso con lei, alla cappella di San Michele, allora sentiva di impazzire.
Quel pomeriggio, avvolto nell’eco di Semifonte, era stata l’ultima gioia che la vita gli aveva regalato.
Aveva salutato Gaia come ogni giorno ed invece quello erra stato li loro ultimo giorno.
Si, perché ormai Icaro sentiva la morte vicina.
Quella morte tanto invocata, quella liberazione tanto sognata.
“Almeno questo” pensava “la sorte non potrà negarmelo.”
E quando all’improvviso un boato si diffuse nell’aria, annunciando una forte tempesta, allora ad Icaro sembrò davvero che finalmente quella morte si stesse facendo annunciare.
Tutti cominciarono a gridare, sia l’equipaggio che i prigionieri.
Il mare in un momento si gonfiò e cominciò a scuotere con violenza la nave.
Il vento arrivò a soffiare così forte da spezzare uno degli alberi.
L’acqua picchiava con vigore sullo scafo, penetrando in ogni falla ed appesantendone l’interno.
In brevissimo tempo l’intero equipaggio fu costretto a gettare in mare l’acqua che si riversava continuamente sulla nave, trascurando ogni altra mansione in quella drammatica situazione.
La stiva dove si trovavano i prigionieri era ormai quasi tutta ricolma d’acqua.
“Moriremo tutti se non ci aiutano!” Gridò Icaro mentre cercava di dare una mano ai feriti. “Presto, lassù!” Gridava poi a chi era sul ponte. “Non potete farci morire qui sotto! Siamo uomini, non animali!”
Ma proprio in quel momento, una colossale onda si abbatté sulla nave, capovolgendola.
Allora la furia del mare riuscì finalmente a rompere il già danneggiato scheletro dell’imbarcazione, spezzando praticamente in due nave.
Un attimo dopo l’acqua giunse ovunque, portandosi via ogni cosa.
E mentre questa cieca furia del mare, come un castigo divino, si abbatteva su quegli sciagurati, in lontananza apparve una piccola isola.
E dal suo punto più alto, una misteriosa figura osservava quella drammatica scena, mentre il vento gonfiava il suo lungo ed austero mantello.
“Il Signore Dio disse ad Abramo…” cominciò a recitare quella figura con la sua anziana voce “… se ci fosse anche un solo giusto a Sodoma, Io la risparmierò…”
E la sua voce sembrò echeggiare nella furia del vento, come se volesse ammansirne l’ardore.
http://www.shakespeareinitaly.it/latempesta.JPG

(Continua...)

Sibilla
05-08-2010, 22.20.56
Bellissimo mio signore... una nuova opportunità... una nascita a nuova vita... un giusto!! ... affascinanti le prospettive che si aprono.... :smile_clap: :18015:

Guisgard
06-08-2010, 19.32.38
IL CAVALIERE DI SEMIFONTE

VIII

Le colline riempivano ed animavano quello scenario.
Avvolgevano e correvano in ogni direzione.
Per chilometri e chilometri non si vedeva altro, arrivando a disperdersi nella foschia che segnava l’infinito limite dello sterminato orizzonte.
I cipressi erano vigorosi e si lasciavano cullare dolcemente dal mite vento che soffiava sulla campagna.
Le stradine salivano e scendevano, come a voler disegnare le forme e le sagome di quell’incantato paesaggio.
E solo nel guardare tutto questo, Icaro sentiva dentro di sé una pace ed una tranquillità senza fine.
Quello era il suo mondo.
Era tutto ciò che chiedeva alla vita.
Vinto allora dalla felicità, per essere ritornato in quel suo mondo, si lanciò in una corsa per i campi.
Corse tanto, fino a che ebbe forza.
Ed alla fine, stremato, si lasciò cadere all’ombra di un grosso albero.
Restò così per diverso tempo, con il fiato rotto ma il cuore sereno.
Ad un tratto udì dei passi di cavalli.
Alzò il capo e scorse 5 cavalieri, dal fiero portamento e dal superbo passo.
Erano bardati con pesanti corazze e rivestiti di lucenti e preziose tuniche.
L’ultimo dei 5 portava con se un grosso stendardo.
Icaro fissò con attenzione quel simbolo, fino a quando ne riconobbe l’immagine.
Era il simbolo dei Ghibellini.
Guardò di nuovo i 5 cavalieri e si accorse che erano seguiti da un carro trainato da sei cavalli neri come la notte.
Il carro ricordava quelli utilizzati durante le epidemie di peste per raccogliere i cadaveri dalle case e dalle strade.
Il contenuto però era coperto da un grosso telo.
Guardando meglio quel telo, Icaro si accorse che attorno vi ronzavano mosche ed altri tipi di insetti.
In quel momento il vento soffiò con più vigore, sollevando una parte del telo.
Agli occhi di Icaro allora si mostrò il macabro contenuto di quel carro.
Una quantità spropositata di cadaveri, molti dei quali già imputriditi, si ammassavano su quel carro.
“Icaro!” Lo chiamò una voce alle sue spalle.
Il giovane si voltò e riconobbe la sua amata Gaia.
Era dall’altra parte della strada e lo salutava.
Icaro allora tentò di raggiungerla, ma più correva più lei sembrava irraggiungibile.
Alla fine, vinto dalla fatica si accasciò a terra.
Alzò il capo ma Gaia non c’era più.
“Presto, tutti sulla nave!” Gridò una voce in lontananza. “A Bisanzio non c’è più la lotta attorno alle sante icone!”
“Come stai, amore mio?”
Icaro si voltò e vide di nuovo Gaia.
Stavolta era accanto a lui, ma volgeva il volto dall’altra parte.
“Andiamo a casa, Gaia.” Le disse Icaro.
“Cosa ti è successo?” Chiese lei.
“Sono stanco, gioia mia.” Rispose lui. “Ti prego, andiamo a casa.”
Lei non rispose.
“Cosa c’è, Gaia?” Chiese Icaro. “Perché non mi rispondi? Gaia! Rispondimi! Ti prego, rispondimi!” Continuava ad urlare lui.
“Gaia!” E saltò su.
Ansimava e tutto gli girava intorno.
Alzò lo sguardo e riconobbe una sagoma accanto a sé.
“Come state?” Chiese
Era una donna.
“Avete avuto un incubo, immagino.” Aggiunse lei. “Ma ora siete al sicuro.”
Icaro la fissò per qualche istante, ma non riuscì a coglierne lo sguardo, né a riconoscerne il volto.
E l’unica cosa che riusciva ad intravedere erano i lunghi capelli che le scendevano sulle spalle e sul petto.
http://www.wearysloth.com/Gallery/ActorsK/54639.gif

(Continua...)

Sibilla
06-08-2010, 21.56.16
Mhh... chissà.... mhh...:18015:

Guisgard
07-08-2010, 03.05.46
Bellissimo mio signore... una nuova opportunità... una nascita a nuova vita... un giusto!! ... affascinanti le prospettive che si aprono.... :smile_clap: :18015:

Una nuova opportunità dite, milady?
Speriamo.
Speriamo sia davvero così.
Avere la possibilità di ricominciare, di poter tornare indietro, ripercorrere la stessa strada, stavolta con la forza di un cuore più saldo, è un grande dono.
Io non so cosa accadrà ad Icaro.
Non so nemmeno cosa cerca, nè in che cosa ormai crede.
Ma se qualcosa gli è rimasto, allora mi auguro per lui che possa aggrapparsi a quello e trovare la forza di continuare.
Il mio vecchio maestro mi ripeteva sempre che "gli uomini, anche se diversi fra loro, alla fine fanno sempre gli stessi sogni e solo conoscendo i sogni di un uomo si può davvero comprendere il suo cuore".
Allora cercherò di consultare i miei sogni di questa notte e chissà che non riesca a comprendere anche ll cuore di Icaro.

Sibilla
07-08-2010, 08.56.47
Una nuova opportunità dite, milady?
Speriamo.
Speriamo sia davvero così.
Avere la possibilità di ricominciare, di poter tornare indietro, ripercorrere la stessa strada, stavolta con la forza di un cuore più saldo, è un grande dono.
Io non so cosa accadrà ad Icaro.
Non so nemmeno cosa cerca, nè in che cosa ormai crede.
Ma se qualcosa gli è rimasto, allora mi auguro per lui che possa aggrapparsi a quello e trovare la forza di continuare.
Il mio vecchio maestro mi ripeteva sempre che "gli uomini, anche se diversi fra loro, alla fine fanno sempre gli stessi sogni e solo conoscendo i sogni di un uomo si può davvero comprendere il suo cuore".
Allora cercherò di consultare i miei sogni di questa notte e chissà che non riesca a comprendere anche ll cuore di Icaro.

Perdonatemi mio signore ma mi sono spiegata male... parlavo di un nuovo inizio non di poter tornare indietro... non credo si possa mai fare specie dopo simili esperienze... ma d'altra parte penso sia difficile perdere completamente i propri sogni ed ideali... rimane sempre qualcosa, magari piccolo piccolo, sul quale, se lo si vuole e forse aiutati, si può ricostruire... so che capita, nei momenti di disperazione, di non vedere ciò che è in noi ma è sempre lì comunque, come un piccolo seme pronto a germogliare...
Vi invidio molto mio signore, avete avuto un maestro molto saggio... è un dono prezioso e raro.... :18015:

Guisgard
07-08-2010, 13.12.51
Non scusatevi, milady.
Avevo ben compreso le vostre parole.
Le mie invece erano solo frutto di pensieri sorti nel cuore della notte.
Riguardo al mio maestro, si, dite il vero, egli è stato per me un dono del Cielo.

Talia
08-08-2010, 01.03.11
Ehh, mono male, via: almeno è vivo... :rolleyes:
Ma questa novella Nausicaa chi sarebbe?? :neutral_think:

(@Guisgard
...e dai con questi cipressi!! ;))

Guisgard
08-08-2010, 02.24.24
(@Guisgard
...e dai con questi cipressi!! ;))

Un giorno, milady, vi racconterò del mio quadro preferito e capirete ;)

Talia
08-08-2010, 03.20.27
:neutral_think: ...e amate anche le stelle, i cieli sconfinati, i girasoli, i campi di grano?
vabé, via, aspetterò! ;)

polgara
08-08-2010, 09.50.06
@Talia
Vi accorcio il tempi...Il quadro preferito di Guisgard è "L'isola dei morti" di Arnold Bocklin...da vero eroe romantico...Il famoso sturm und drang del romanticismo dell' '800.

@Guisgard
le nuove opportunità sono sempre un gran dono ;). Speriamo che presto continuerete la storia di Icaro.

llamrei
08-08-2010, 09.57.45
@Talia
Vi accorcio il tempi...Il quadro preferito di Guisgard è "L'isola dei morti" di Arnold Bocklin...da vero eroe romantico...Il famoso sturm und drang del romanticismo dell' '800.



Mi avete battuta sul tempo Polgara!! Conoscevo anche io la risposta;) e questa vostra è quella corretta:D


Icaro...

Talia
08-08-2010, 11.00.39
ah... mitologia e simbolismo... realtà ed immaginazione che si fondono e si compenetrano... già, probabilmente avrei dovuto immaginarlo! :D
E quale versione, se è lecito?

(@Guisgard
:laughing_lol1: ...ti smescherano senza alcuna pietà queste dame, eh!!)

Guisgard
09-08-2010, 02.09.32
http://www.theerrolflynnblog.com/Tina%20Gallery/don-juan-19481.jpg
DAME DI CAMELOT: "Prendete un altro pò di stufato, sir Guisgard! Ed anche questo pasticcio di carne e verdure vi piacerà! E non dimenticate il vostro vino preferito, sir! Come potete vedere... per noi non avete segreti!"
GUISGARD: "Mie signore... di questo passo il vostro cavaliere non riuscirà più a mantenersi in forma! Ed allora addio eroiche e cortesi gesta!"

Ok, torno serio... :smile_lol:

ah... mitologia e simbolismo... realtà ed immaginazione che si fondono e si compenetrano... già, probabilmente avrei dovuto immaginarlo! :D
E quale versione, se è lecito?


Milady, la versione che preferisco da sempre è quella del 1883 :smile:

llamrei
09-08-2010, 08.32.09
E non siete lieto di essere cosi tanto coccolato da tali "stupende" fanciulle?:D

Guisgard
09-08-2010, 19.08.10
Ovvio, milady ;)

Guisgard
09-08-2010, 20.46.22
IL CAVALIERE DI SEMIFONTE

IX

La stanza era avvolta in una mite e serena penombra.
Una candela, posta accanto al letto, diffondeva un lieve chiarore che rendeva più nitido il luogo che appariva attorno ad Icaro.
“Siete stato fortunato” disse la donna avvicinandosi leggermente ad Icaro, mostrando così più chiaramente i tratti del suo volto “a sopravvivere alla furia del mare.”
Era molto bella.
I lineamenti apparivano morbidi e dolci, la pelle tinta da un vivace rossore e delicatamente vellutata.
Gli occhi non erano molto grandi, ma avevano un taglio perfetto e deciso e donavano un’intensa espressività al suo sguardo.
La fioca luce della candela si rifletteva incerta in quegli occhi, donando loro riflessi indefiniti, di un verde attraversato da un luminoso chiarore, quasi a confondersi con uno scintillante alone dorato.
La bocca era piccola e ben fatta, né troppo sottile, né troppo carnosa, e le labbra sembravano vibrare delicate ad ogni sua parola.
“Ricordate la tempesta?” Chiese poi fissando Icaro negli occhi.
“La… la tempesta…” ripeté confuso Icaro.
“Si, non sono rare in questo periodo dell’anno, ma non ricordavo di averne vista una così forte.”
“Io…” accennò confuso il giovane.
“Non sforzatevi ora.” Disse lei. “Ora riposate. Vedrete che presto tutto vi sarà più chiaro, anche i ricordi.”
E detto questo, la misteriosa donna prese la candela con se e si diresse verso la porta della stanza.
“Dove… dove sono…?” Chiese Icaro.
“Al sicuro.” Rispose lei.
Un attimo dopo soffiò sulla candela ed il buio scese totale nella stanza.
Un momento dopo Icaro si riaddormentò.
Risognò quel mare tumultuoso.
Le lotte e le faide della sua città.
I verdi colli e i maestosi cipressi della sua terra.
Sognò i colori, i profumi ed i suoni della sua casa.
Sua nonna ed i suoi amici.
E sognò lei.
Gaia gli appariva come un incanto.
Ma era lontana.
Sembrava irraggiungibile e sfuggente.
Lui la chiamava, ma lei non si voltava.
Lui la rincorreva, ma senza raggiungerla mai.
Si svegliò di soprassalto.
La luce penetrava da alcune piccole finestre e rendeva ora più chiara quella stanza ed il suo interno.
Era arredata con gusto assai insolito.
Mobili dal taglio esotico e dai variopinti colori lo circondavano, mentre sfarzosi e folcloristici arazzi animavano le pareti.
Sui mobili apparivano vasellame, scrigni, ceri e bottiglie delle più varie e curiose forme.
E nell’aria si respirava un ammaliante e delicato profumo che Icaro non seppe riconoscere.
Mai infatti avevo sentito una simile essenza.
Provò allora ad alzarsi, ma sentì le forze non sostenerlo in quel suo proposito.
Il suo corpo era infatti indolenzito un po’dappertutto e la testa continua a girargli.
Ad un tratto udì dei rumori giungere da fuori.
Un attimo dopo la porta si aprì e di nuovo ricomparve ad Icaro quella misteriosa donna di prima.
Era accompagnata da due giovani ancelle dalla pelle come l’ebano che conducevano due vassoi d’argento, ricolmi di cibi e bevante di ogni genere.
La donna indicò alle ancelle di posare i vassoi su un grosso tavolo posto poco distante dal letto.
Obbedito alla loro padrona, dopo averla salutata con un delicato e devoto inchino, lasciarono la stanza.
“Vedo che avete ripreso conoscenza.” Cominciò a dire quella donna. “Ne sono lieta. E dopo aver mangiato qualcosa anche il colorito farà il suo ritorno sul vostro bel volto.”
Icaro la guardava in silenzio e rapito dalla sua bellezza.
Appariva, infatti, ancora più bella ora che il buio della notte aveva ceduto il posto alla luminosità del mattino.
http://www.stardustmovies.com/gallery_film/%28100609193213%29Troy_4.jpg

(Continua...)

Guisgard
10-08-2010, 20.23.40
IL CAVALIERE DI SEMIFONTE

X

La donna cominciò a riempire due piccoli calici con uno degli elisir portati dalle ancelle e si avvicinò al letto, porgendo ad Icaro quella colorata e profumata bevanda.
“Vedrete che questo vi desterà dai postumi di ciò che accade nei giorni scorsi.” Disse lei.
“Giorni scorsi?” Ripeté Icaro. “Ma da quanto sono qui?”
“Le mie ancelle vi hanno ritrovato sulla spiaggia tre giorni fa.” Rispose lei, assaporando l’elisir che aveva nel calice.
“Ho dormito per tre giorni interi?” Chiese lui stupito.
“Tre giorni e tre notti.”
Icaro si portò le mani sulla fronte massaggiandola.
“Siete stato fortunato a sopravvivere a quella tempesta.” Aggiunse lei. “Gli altri membri della nave sono tutti morti.”
“Tempesta?” Ripeté Icaro. “Si, ora ricordo… la tempesta, la nave…”
La donna lo ascoltava, continuando a sorseggiare dal suo calice.
“Che posto è questo?”
“Siete sul monte Miseno.” Rispose lei. “Sulle coste campane.”
“In Campania?” Domandò lui. “Quindi sono ancora in Italia…”
“Si… nell’antica Magna Grecia…”
“Chi siete voi?” Chiese Icaro. “E perché sono qui?”
“Vi hanno raccolto le mi ancelle.” Rispose lei. “Le onde vi hanno condotto su queste coste.”
“Chi siete voi?” Chiese di nuovo Icaro.
La donna sorrise.
“Potrei essere molte cose.”
Icaro la fissò con attenzione.
“Potrei essere ciò che pensate io sia…” continuò la donna “… o forse solo ciò che desiderate io possa essere… o magari sono solo un sogno, un’illusione…”
“Tutto questo luogo mi sembra un’illusione…” disse Icaro.
“Forse lo è…”
“Qual è il vostro vero nome?” Chiese lui. “E perché mi avete curato?”
“Avrei dovuto lasciarvi morire sulla spiaggia?”
“E perché no…” sussurrò Icaro “… ormai non mi stupisce più nulla…”
“Vi hanno fatto molto male, vero?” Chiese lei.
“Si…” rispose lui con il capo chino “… ormai è come se fossi morto…”
“Sciocchezze, siete vivo invece.” Disse lei. “Non disturbiamo il sonno dei morti.”
“E perché?” Chiese Icaro. “Dovrei temerne l’ira o la vendetta?”
La donna lo fissò sorridendo.
“Sono stati i vivi a farmi del male, non i morti.”
La donna si alzò e si affacciò ad una delle finestre.
“Oggi è una giornata meravigliosa.” Disse guardando fuori. “Rimettetevi presto o vi perderete le meraviglie di questa stagione.”
“Chi siete voi?” Le chiese di nuovo Icaro.
La donna gli avvicinò.
Aveva i lunghi capelli biondi tutti adagiati all’indietro, tenuti da un meraviglioso diadema alveolato, con pietre colorate e paste vitree di straordinario splendore.
E quel viso sembrava ancora più bello.
“Sono Raleria…” rispose lei “… e voi siete nel mio palazzo sul monte Miseno. Ed il vostro nome invece?”
“Mia signora…” rispose Icaro “… io non ho più un nome. L’onta e l’infamia lo hanno coperto. Vi farei un torto se lo rivelassi ora.”
“La giustizia degli uomini non è affar mio e non mi riguarda.” Disse lei. “Altrimenti anche io porterei danno e colpa sul mio nome.”
“Chi siete veramente?”
“Una donna.”
“Solo una donna?” Domandò di nuovo Icaro.
“Vi sembra poco?”
“No, ma mi sembrate una donna molto particolare.”
“Tutte le donne lo sono.”
“Non come voi, vi assicuro.”
“Eppure la creatura più vicina a Dio è una donna.” Disse lei.
“Verissimo.”
“Comprendete quindi che una donna è sempre un qualcosa di speciale.”
“Vivete qui da sola?” Chiese lui.
La donna sorrise.
“Perché mi fate questa domanda?”
“Ecco… per sapere di più di voi, immagino…” rispose Icaro vagamente imbarazzato.
“Riposate e riappacificatevi con voi stesso.” Disse lei. “Così che possiate finalmente rivelarmi il vostro nome.”
“Non sono stanco ora…”
“Credete?” Domandò Raleria, cominciando poi a soffiare dolcemente verso Icaro.
“Che strano… tutto d’un tratto… mi sento… ho… sonno…”
Ed il giovane naufrago cadde addormentato su quel morbido giaciglio.
http://www.teresaventrone.it/arte115_file/image001.jpg

(Continua...)

Sibilla
11-08-2010, 17.17.53
Molto bello Messere... il Monte Miseno e la sua leggenda... una misteriosa Dama che concede l'oblio... molto intrigante... :18015:

Guisgard
11-08-2010, 18.32.40
Vi ringrazio, milady.
Non so se conoscete le terre descritte in questo ultimo capitolo, ma esse appaiono come un mondo incantato da una classicheggiante ed immutabile bellezza.
E sono il degno scenario per avvolgere il favoloso palazzo di Raleria.

Sibilla
11-08-2010, 21.49.48
Si Messere conosco quelle terre anche se non bene come avrei voluto...
Come mi avete cosigliato riporto qui il commento al vostro racconto...

"Non sono completamente d'accordo con una tua frase...
_“Mia signora…” rispose Icaro “… io non ho più un nome. L’onta e l’infamia lo hanno coperto. Vi farei un torto se lo rivelassi ora.”_
Il suo nome è stato ingiustamente coperto d'onta e d'infamia quindi rimane un nome di cui andare fieri... "

Comunque nulla toglie alla bellezza della storia.... :18015:

Guisgard
12-08-2010, 02.31.23
"Non sono completamente d'accordo con una tua frase...
_“Mia signora…” rispose Icaro “… io non ho più un nome. L’onta e l’infamia lo hanno coperto. Vi farei un torto se lo rivelassi ora.”_
Il suo nome è stato ingiustamente coperto d'onta e d'infamia quindi rimane un nome di cui andare fieri... "


Si, è verissimo, milady :smile:
Icaro è stato colpito da un'ingiusta accusa e condannato pur senza avere colpa.
Chi lo ha accusato e screditato pubblicamente (perchè l'ingiustizia si fa forte nell'essere spesso gridata ad alta voce) non si è curato di ascoltare la sua versione dei fatti.
Tuttavia, il nostro eroe ben sa, ora che ne ha subito la furia, di quanto possa essere feroce l'ingiustizia umana.
E chi è stato tanto ingiusto ed inclemente verso di lui, non avrà certo remore a screditare chi, come Raleria in questo caso, possa dargli soccorso ed ospitalità.
Quindi, egli ora teme che la sua digrazia, per ingiusta che sia, possa recare danno anche a Raleria.
Icaro fa parte di quella categoria di uomini, ahimè sempre numerosa in ogni epoca, accusata e screditata dalla vigliaccheria e dalla malafede dei propri simili.
Ma uomini come lui, per fortuna, non perdono la nobiltà d'animo che li contraddistingue, rispetto alla miserevole indole dei propri calunniatori.

Guisgard
13-08-2010, 03.09.58
IL CAVALIERE DI SEMIFONTE

XI

Icaro si svegliò dolcemente e subito sentì il suo fisico rigenerato da quel sereno riposo.
Si alzò e coprendosi con una bianca e profumata camicia di seta adagiata sul suo letto uscì dalla stanza.
Attraverso un ampio corridoio illuminato da raffinate e sottili finestre che si aprivano lungo le pareti laterali, giunse su una magnifica terrazza animata dalle più incredibili e profumate varietà di fiori esistenti.
Molte delle quali sconosciute al giovane.
Appena lo videro, alcune ancelle si ritirarono ridendo in maniera fanciullesca.
“Non badate a loro…” disse una voce proveniente dall’altra parte della terrazza “… in fondo sono giovani ed ingenue… e non hanno mai visto un uomo da vicino.”
A parlare era Raleria, seduta su uno sfarzoso seggio, intenta a tessere una variopinta tela dal gusto orientale.
“Quindi non vi sono altri uomini qui?” Chiese Icaro avvicinandosi alla donna.
“Questo vi impaurisce?” Chiese lei.
“Affatto.” Rispose lui. “Perché dovrebbe?”
Il vento soffiava con mitezza, rendendo fresca e gradevole quella mattinata.
La vista da quel terrazzo era meravigliosa.
Lo sguardo poteva abbracciare una sterminata distesa blu che sembrava perdersi in un orizzonte senza fine.
Da lontano si intravedevano lunghi e sfocati promontori che scendevano a picco sul mare ed il cielo sembrava or ora volersi unire a quello straordinario scenario.
“Questo posto è un incanto.” Disse Icaro.
“Si, gli antichi greci lo ritenevano uno dei posti più belli al mondo.” Rispose Raleria, sempre intenta a tessere la sua tela.
“Monte di Miseno… non l’ho mai sentito nominare…”
“Di dove siete originario?” Chiese Raleria.
“Delle terre toscane.”
“Conosco quei luoghi… sono straordinariamente belli…”
“Si…” disse Icaro chinando il capo.
“Da lì era salpata la vostra nave?”
“Non era mia, milady.”
“Eravate a bordo di quella però.”
“Io non sono né un marinaio, né un mercante, mia signora.”
“Infatti non mi sembrate tipo per simili mestieri.”
“E non sono nemmeno un soldato.”
“Perché mi dite tutto questo?” Chiese Raleria, senza smettere di tessera la sua tela.
“Perché vi devo la vita e non voglio mentirvi o recarvi danno.”
“Recarmi danno?” Ripeté la donna. “Non vedo come potreste.”
“Celandovi la mia vera identità.”
“E questo potrebbe nuocermi?”
“Si…” rispose Icaro “… al vostro onore.”
“L’onore…” ripeté la donna “… è un concetto molto astratto ed individuale, non trovate?”
Icaro l’ascoltava in silenzio.
“Per un cavaliere attaccare un nemico disarmato” continuò a dire lei “è un’onta, un’azione da vigliacchi. Mentre invece per un samurai giapponese è possibile uccidere un uomo disarmato mozzandogli il capo con un colpo solo. Questo salva loro l’onore. Come vedete, ai due estremi del mondo l’onore assume significato e valore diversissimi.”
“Milady, chi siete veramente?” Chiese Icaro in qualche modo rapito dall’indole di quella donna.
“Parlavamo di voi, se non erro…”
“Si, scusatemi…” sussurrò Icaro col capo chino “… io sono… sono… un galeotto, un condannato, un esiliato dalla propria città…”
“Si, lo so.” Disse lei alzandosi in piedi ad ammirare la sua tela. “Non trovate che sia splendida?” Chiese mostrando al giovane quella tela.
“Lo sapevate già? Ma come?”
“Avevate ancora i segni delle catene sui polsi e sulle caviglie quando le mie ancelle vi hanno raccolto.”
Si avvicinò poi al bordo della terrazza e lasciò che il vento soffiasse tra i suoi biondi e morbidi capelli.
Poi si voltò verso Icaro e lo inebriò col suo incantevole e caldo sorriso, che per un momento offuscò la straordinaria bellezza del paesaggio circostante.
http://www.bananiele.it/corfu/corfu10.jpg

(Continua...)

Talia
13-08-2010, 11.03.24
Povero Icaro... sembra Ulisse sull'isola di Calipso. :smile:
Occorrerà anche a lui tanto tempo per partire? :rolleyes:

Guisgard
14-08-2010, 03.10.47
IL CAVALIERE DI SEMIFONTE

XII

Quella donna, i suoi occhi, il suo sorriso, la sua voce, i suoi modi.
Aveva qualcosa.
Un qualcosa di misterioso, che affascinava, attraeva.
Quella donna possedeva una sensualità sconosciuta ad Icaro.
Era così diversa da tutte le altre.
“Quella è l’antica Cuma…” indicò Raleria “… secondo la tradizione lì approdarono i primi navigatori greci che raggiunsero l’Italia. Prima ancora della nascita di Roma.”
Icaro ascoltava rapito quella donna e la sua melodiosa voce.
“Ma prima ancora” continuò lei “giunsero sull’isola d’Ischia. E’ quella che vedete laggiù.”
“E’ meravigliosa…” disse Icaro “… tutto questo luogo è magico.”
Poi, indicando un’isoletta che sorgeva proprio tra la costa ed Ischia, Chiese:
“E’ quella? Sembra una piccola striscia di terra in mezzo al mare.”
“Quella è l’isola di Procida.” Rispose Raleria. “E’ sede di pescatori, nulla più.”
“Vedo un isolotto tra quelle due isole…”
“Si, ma è disabitato.” Rispose quasi con indifferenza Raleria. “Non vi è nulla lì.”
“Avrà pure un nome quell’isolotto?”
“Vivara…” rispose quasi con fastidio Raleria.
E ritornò a sedersi, riprendendo a tessere la sua tela.
Icaro fu molto colpito da quell’atteggiamento della donna.
In un attimo sembrava aver mutato il suo umore.
La sua solarità si era di colpo offuscata.
“Ho detto qualcosa che non dovevo?” Chiese candidamente Icaro.
“Affatto.” Rispose di getto la donna. “Non vedo cosa avreste potuto dire di male.”
Icaro tornò a fissare il panorama.
“Mi sento meglio…” prese a dire il giovane “… ho voglia di camminare. Vorrei uscire dal palazzo e visitare un po’ questi luoghi. Vi dispiace?”
“E perché mai dovrebbe dispiacermi?” Chiese lei tornando a sorridere. “Del resto non sono Circe e voi non siete Ulisse.”
“Allora verreste con me a passeggiare?”
La donna lo fissò divertita.
“Un posto come questo è sprecato se contemplato da lontano, non trovate?”
“Massì…” rispose la donna “… perché no. Darò ordine alle mie ancelle di preparare la carrozza.”
“Ma no, perché?” Ribatté Icaro. “E’ una giornata meravigliosa in una natura incanta. L’assaporeremo camminando tra le scogliere fiorite ed i promontori verdeggianti.”
“Raramente esco senza la mia carrozza.”
“E di cosa avete paura?” Chiese Icaro. “Ora siete con me.” E rise con fare sicuro di se.
La donna gli sorrise.
“E sia…” rispose riponendo in una cesta la sua tela “… oggi mi farete da cavaliere.”
“Ne sarei onorato.”
“Ma è scortesia per un cavaliere” disse la donna “celare il proprio nome ad una dama.”
“Avete ragione” rispose Icaro “e benché per molti ora esso è sinonimo di tradimento e vergogna, non ve lo negherò… il mio nome è Icaro…”
“Un bellissimo nome.” Rispose lei sorridendo.
E poco dopo, i due lasciarono il palazzo.
Vi era una stradina, contornata da lussureggianti piante che sembravano racchiuderla come a proteggerla dal resto del mondo.
Quando l’ebbero imboccata, Icaro e Raleria si ritrovarono a scendere in una piccola ma boscosa insenatura che, attraverso un piccolo sentiero scavato nella roccia, permetteva di calarsi lungo i pendii del monte.
Giunsero così presso una piccola grotta che dava con la sua apertura sul golfo.
“Non credo potrò mai abituarmi allo splendore di questa terra.” Disse Icaro perdendosi ad ammirare lo scenario che li circondava.
Ma, ad un tratto qualcosa attirò la sua attenzione.
“Avete visto, laggiù?” Chiese indicando un punto lontano. “Verso quell’isolotto… Vivara! Guardate… non vedete nulla?”
“Nulla.” Rispose freddamente lei.
“Eppure… eppure mi è sembrato di vedere un riflesso proveniente da lì…”
“E’ stato solo frutto della vostra immaginazione.” Rispose la donna.
“Eppure sono sicuro di averlo visto…”
“Forse un’illusione dovuta al Sole.”
“Ed io giurerei di averlo visto davvero…”
“Quel luogo è disabitato da tempo. Il caldo vi ha giocato un brutto scherzo.” Lo interruppe lei. “Ora, vi prego, torniamo al palazzo… mi sento stanca…”
E i due ritornarono nella signorile dimora di Raleria.
Ma quella passeggiata aveva lasciato una strana inquietudine nel cuore di Icaro.
http://www.fenici.unibo.it/Doria1.jpg

(Continua...)

Talia
16-08-2010, 00.42.24
:neutral_think: sarò anche prevenuta, ma a me questa Raleria mica convince tanto... :rolleyes:

Guisgard
16-08-2010, 03.21.38
IL CAVALIERE DI SEMIFONTE

XIII

I giorni trascorrevano pigri e lenti, in quello straordinario scenario d’altri tempi.
Icaro oziava tra il palazzo, il suo sfarzo e lunghe passeggiate tra verdeggianti giardini traboccanti di agrumi e fiori di esotici e vivaci colori.
Quella nobiliare dimora aveva un’infinità di stanze che sembrava impossibile non solo visitarle tutte, ma anche solo contarle.
I grandi cortili erano animati da classicheggianti fontane che generavano giochi d’acqua di strabiliante effetto e da marmoree statue, raffiguranti personaggi dell’antica mitologia greco romana.
Icaro trascorreva così le sue lunghe giornate, abbandonandosi agli incanti di quel luogo e all’illusione di eterna serenità che sapeva emanare.
In breve gran parte dei suoi sogni di un tempo sembravano essere svaniti.
Pensava sempre più raramente a cosa avrebbe fatto domani o domani l’altro e non riusciva più ad immaginare la sua vita lontana da quel palazzo.
In certi momenti, quando si fermava a guardarsi dentro, si sentiva spento, apatico, come se le avversità della vita l’avessero fiaccato.
In altri momenti invece, quando si sentiva troppo stanco anche solo per pensare, tutto gli appariva superfluo.
Del resto, si diceva, qui aveva tutto.
Cibo, tranquillità, bellezza e sicurezza.
Raleria, per misteriosa ed enigmatica che appariva, era una splendida padrona di casa, colta ed affascinante, e spesso accadeva che i due trascorressero diverso tempo sul la grande terrazza a leggere e commentare opere classiche di cui Icaro ne ignorava da sempre l’esistenza.
Il giovane sentiva una strana attrazione per quella donna.
La sua bellezza appariva agli occhi di Icaro variegata in mille e più sfaccettature.
Era come se conoscesse quella donna da sempre.
E benché ne fosse molto attratto, mai si era abbandonato ad un complimento ambiguo o ad un effimero corteggiamento.
In realtà non conosceva neppure la stanza dove Raleria trascorreva la notte.
E si chiedeva spesso se quella bellissima donna avesse o meno rapporti con altri uomini.
Ma non diede mai sfogo a queste sue domande, che restarono sempre custodite nel suo cuore.
Trascorse così un intero anno.
Fino a quella mattina di Settembre.
Icaro era sulla terrazza a fissare l’orizzonte lontano, quando di nuovo, ad un anno di distanza, rivide quel riflesso sull’isolotto di Vivara.
In un primo momento ritenne quella cosa frutto di qualche gioco di luce, ma dopo alcuni istanti un secondo riflesso fu emanato dallo stesso punto.
“Forse vi è qualcosa in quel punto…” pensò “… forse una roccia di granito o quarzo, resa liscia e levigata dal Sole.”
Ma poi, fissando sempre quel punto dell’isolotto, si accorse che qualcosa stava prendendo fuoco.
Una leggera ma chiara colonna di fumo cominciò a sollevarsi, sospinta dal vento.
Icaro cercò di capire, ma l’isolotto era abbastanza distante per comprendere bene cosa stesse accadendo.
Restò allora a fissare quel fumo lontano per tutto il pomeriggio, fino a sera, quando finalmente quel fuoco si spense.
La sera a cena Icaro apparve silenzioso e visibilmente distratto.
“Cosa avete?” Chiese Raleria. “Forse la cena non è di vostro gradimento? Mi sembrava di ricordare che il pesce vi piacesse molto.”
“E’ squisito, mia signora…”
“Allora cosa vi angustia?” Domandò lei. “Forse la nostalgia per la vostra lontana terra?”
“Mi diceste, una volta…” prese a dire Icaro “… che l’isolotto di Vivara era disabitato…”
“Infatti.”
“Eppure oggi c’era qualcosa su quella terra.”
Raleria smise di mangiare e fece cenno ad una delle ancelle di portare via il suo piatto.
“La cosa ha qualche importanza per voi?” Chiese sorseggiando dal suo calice.
“Mi incuriosiva, tutto qui.”
“Si, è disabitata.” Aggiunse lei. “Però questo non impedisce a qualche pescatore o pirata di approdare di tanto in tanto. Lo trovate tanto strano?”
“Affatto. Sarà come dite.”
“Non vi piace più stare qui?” Chiese lei come vinta da una strana inquietudine.
Icaro la fissò.
“Al mondo c’è anche altro…” rispose.
“Certo” disse lei “e voi ne avete avuto prova. Siete fuggito dalla morte ed avete trovato qui la vita.”
“Milady, vorrei una barca per domani.”
“Perché mai?” Chiese lei stupita e vagamente preoccupata.
“Vorrei visitare Vivara.”
“Non è un posto sicuro.” Disse lei. “Come detto è frequentata anche dai pirati. Se volete, potremmo visitare Procida o Ischia, luoghi decisamente più ospitali e piacevoli.”
“Col vostro permesso, mia signora, vorrei visitare Vivara” Precisò con tono fermo Icaro. “E farlo da solo.”
“Perché mai questa assurda volontà?”
“Perché mi sento come se avessi dormito per un anno.” Rispose Icaro. “Voglio destarmi da quest’apatia.”
Raleria lo fissò con attenzione. E qualcosa di misterioso attraversò i suoi occhi.
http://4.bp.blogspot.com/_m4GIEmf-uWo/SwMIJwO7OOI/AAAAAAAABSk/_TYyiFBNmRU/s576/helentroy.jpg

(Continua...)

Guisgard
16-08-2010, 18.17.22
Povero Icaro... sembra Ulisse sull'isola di Calipso. :smile:
Occorrerà anche a lui tanto tempo per partire? :rolleyes:

Milady, se ci sarà una Penelope ad attenderlo, ogni eroe degno di questo nome ritornerà primo o poi a casa ;)
Vedremo se il nostro Icaro ci regalerà un ritorno degno dei mitici Nostoi greci :smile:

Talia
16-08-2010, 18.48.29
@Guisgard
E' per l'appunto quel 'prima o poi', sir, che mi turba! ;)
Comunque, aspetterò fiduciosa l'happy ending! :smile_lol:

Guisgard
16-08-2010, 19.01.40
Milady, da esperto conoscitore di materia eroica (modestamente... ;)) posso dire riguardo alle perplessità che avete espresso, che solitamente gli eroi sono di due tipi:

1) Alla Perseo, cioè fedeli ed innamoratissimi della propria donna.
2) Alla Teseo, cioè farfalloni e dannaioli incalliti e senza speranza.

Talia
17-08-2010, 00.44.55
:neutral_think: ...e il vostro Icaro a quale delle due categorie viene associato?
:rolleyes: No, via, scherzavo... era davvero una domanda retorica questa!! :D ;)
Ripeto... attenderò con ansia l'happy ending in quel di Toscana, anche se temo sia ancora lontano!! :smile:

Guisgard
17-08-2010, 15.20.20
Non è affatto una domanda retorica la vostra!
Vi dirò, solitamente gli eroi di cui amo narrare le gesta condividono in pieno i miei valori ed i miei ideali.
E un giorno, prometto, rivelerò a quale eroica categoria appartengono :smile:
Ora, perdonatemi, ma sono in partenza e devo ancora recarmi nella scuderia a dar da mangiare al mio fedele Pegaso... :smile_lol: ;)

Guisgard
25-08-2010, 19.46.42
IL CAVALIERE DI SEMIFONTE

XIV

“Mio caro giovane…” disse Raleria battendo le mani e chiamando le sue ancelle “… questa non è una prigione, né un limbo che vi tiene imprigionato… per quanto mi riguarda potete ripartire oggi stesso. Non mi dovete niente.”
“Vi devo la vita, invece.”
“Affatto.” Rispose lei, alzandosi ed uscendo in terrazza.
“Perdonatemi se vi ho offesa, mia signora.” Disse Icaro raggiungendola.
Lei chinò leggermente il capo, abbandonandosi per un momento al fresco e mite soffio del vento.
“Siete infelice qui… lo sento…” sospirò lei.
“Non ho più nulla da sognare o verso il quale sentire nostalgia, mia signora…”
“Mi chiamate continuamente mia signora…” disse lei malinconica “… eppure non credo che la nostra età sia troppo diversa…”
“Nulla io so di voi.”
“Conoscete il mio nome ed abitate la mia casa.”
“Basta un nome forse per comprendere l’animo di una persona?”
“Si… in un nome c’è scritto anche questo…”
“Raleria…” sussurrò Icaro “… chi siete veramente?”
“Potrei essere tante cose… ma soprattutto una donna…”
“Come può una donna vivere qui, da sola, come se fosse la regina di un mondo incantato?”
“Una regina è tale se non ha accanto un re?” Chiese lei.
“Non credo esista al mondo qualcuno che non brami esservi accanto.”
“L’amore è un’arma a doppio taglio… me l’ha insegnato la vita…”
“Io non conosco nulla della vostra vita.”
“Mio padre era un gran signore e la mia stirpe discendeva dall’antico Esarcato bizantino che resse gran parte di questo paese dopo la guerra greca gotica.” Cominciò a dire Raleria.
Icaro ascoltava con attenzione quella ragazza che sembrava, forse per la prima volta, abbandonare quella sua maschera eterea ed incantata.
“Da secoli i miei discendenti abitano queste terre. Io sono l’ultima della mia dinastia… e vivo rinchiusa in questa prigione a causa di un antico voto…”
“Che voto?” Chiese Icaro.
“Domani potrete partire per Vivara.” Disse all’improvviso lei, cambiando repentinamente discorso. “Ho già dato ordine di preparare per voi una barca. Ora scusatemi, ho da fare.”
E si ritirò.
Icaro allora restò da solo in terrazza a fissare l’isolotto di Vivara, con una strana ansia nel cuore.
La notte trascorse lunga e vagamente inquieta.
Icaro nel letto era preda di una strana ansia.
Continuava a pensare alle parole di Raleria, ai suoi occhi, al tremore della sua voce.
Poco dopo l’alba, si alzò ed attese sulla terrazza che Raleria giungesse, come ogni mattina, per fare colazione insieme.
Ma la donna non arrivò.
Lo raggiunse invece un’ancella.
“La vostra barca è pronta, mio signore.” Disse questa.
“Dov’è milady?” chiese lui.
“E’ uscita presto stamani.”
Icaro allora raggiunse il piccolo molo del palazzo posto ai piedi del monte Miseno e prese posto sulla barca.
“Salute, mio signore!” Si presentò un buffo ometto di mezz’età. “Sono Gastone, il barcaiolo. Al vostro servizio!”
“Bene, Gastone… partiamo verso Vivara.” Ordinò Icaro.
“Per mille fulmini!” Esclamò il barcaiolo. “Cosa ci andate a fare su quello scoglio abbandonato, se è lecito chiederlo, mio signore?”
“Voglio vederne il territorio.”
“Ah, capisco…” disse Gastone “… siete uno studioso, o uno di quei filosofi. E sia, partiamo.”
Così la piccola imbarcazione prese il mare.
Dolcemente il tenero ondeggiare dell’acqua, quasi cullandola, spinse verso Vivara la barca di Gastone.
Grandi nuvole scure però solcavano lontane l’orizzonte, sospinte da un vento che pian piano, da mite alito divenne sempre più intenso.
“Sembra voglia minacciare burrasca.” Disse Icaro fissando l’orizzonte.
“Si, ma è ancora lontana.” Rispose Gastone. “E poi è sempre così…”
“Sempre così cosa?” Chiese Icaro.
“E’ sempre così quando qualcuno accenna ad avvicinarsi a quel posto.”
“Vivara?”
“Si, quello strano isolotto dimenticato da tutti.” Rispose Gastone. “Anche se talvolta, come voi ora, qualcuno sembra ricordarsi della sua esistenza.”
E pian piano la barca si avvicinò alle coste di Vivara.
Come un grande scoglio ricoperto da una lussureggiante e selvaggia vegetazione, l’isolotto cominciò a mostrare sempre più nitidamente le sue forme.
Le nuvole intanto avevano coperto quasi tutto il cielo, mentre un inquieto vento soffiava tra le austere rocce di quello sperduto isolotto, generando un sibilo simile ad un sordo lamento.
http://www.copia-di-arte.com/kunst/arnold_boecklin/toteninsel_ii_.jpg

(Continua...)

Guisgard
26-08-2010, 20.26.47
IL CAVALIERE DI SEMIFONTE

XV

Vivara era battuta dal vento che continuava a gonfiare le grosse e scure nuvole, che da Occidente si affacciavano minacciose su un mondo che appariva, al loro passaggio, debole ed indifeso.
In lontananza sordi boati già annunciavano l’imminente tempesta.
“Per tutti i diavoli del Creato!” Eslamò Gastone. “Avrei giurato che la burrasca fosse molto più lontana e più debole! Invece sembra che le folgori abbiano una gran voglia di abbattersi sul mondo sottostante!”
“Tranquillo, amico mio…” intervenne Icaro “… mi lascerai qui e passerai a riprendermi quando la burrasca te lo permetterà.”
“E cosa farete da solo qui, mio signore?” Chiese stupito Gastone. “Io non ci lascerei nemmeno il demonio su questo scoglio! Forse anche l’Altissimo ha abbandonato questo luogo!”
Icaro saltò giù dalla piccola barca e si incamminò verso le rocce che frastagliavano i pendii dell’isolotto.
“Appena la furia della tempesta si sarà esaurita” prese a dire Icaro “tu tornerai a riprendimi.”
E, arrampicatosi sugli scogli, già resi schiumosi dal vigore delle onde, svanì tra l’inquieta vegetazione di Vivara.
Il vento soffiava con un vigore quasi sconosciuto al giovane.
Eppure lui ben conosceva la foga del vento quando, battendo sui verdeggianti colli del suo Chianti, arrivava a piegare i fieri cipressi che come fedeli e secolari vassalli si chinavano al suo passaggio.
Ma quel vento gli appariva diverso.
Forse soffiava da un mondo lontano.
Un mondo situato al di là di quell’orizzonte che a molti suoi simili appariva come una prigione.
Ma ora anche Icaro sentiva l’ossessione di quella prigione.
Una prigione da cui cercava in tutti i modi di fuggire, senza però trovare mai il varco che gli permettesse di lasciare quel mondo di pene, miserie ed ingiustizia.
Ma cosa cercava Icaro su quell’isolotto?
Un luogo desolato, abbandonato e forse maledetto.
La sua caratteristica forma di mezzaluna rendeva facile al vento penetrare tra i suoi pendi e le sue scogliere, per poi però restare intrappolato, echeggiando sul suo stesso austero ed indomabile soffio.
E cosi era anche per Icaro.
Come il vento, infatti, il giovane era stato attratto da quell’enigmatica sporgenza sul mare, restando però di fatto rinchiuso nelle sue sbarre di pietra e vento.
La tempesta avanzava e si faceva annunciare da boati e lampi che cominciavano ad illuminare un cielo divenuto in breve scurissimo.
Cercò allora un rifugio.
L’isolotto però non presentava costruzioni, nemmeno ruderi che testimoniassero un passato, anche lontano, di vita, né rifugi naturali.
Intanto il vento aumentava e sembrava voler flagellare quel luogo dimenticato, mentre gli alberi come spaventati da quella primordiale forza parevano sul punto di essere spazzati via.
Per un brevissimo momento un’accecante bagliore accese l’oscuro cielo, seguito da un devastante boato che terminò con una folgore che si abbatté su una rientranza alle pendici della vetta di Vivara.
Ed in quell’attimo ad Icaro sembrò di aver visto qualcosa.
Qualcosa celato tra la fitta e selvaggia vegetazione, resosi visibile per un infinitesimale attimo.
Un infinitesimale attimo che però non sfuggì ad Icaro.
Il giovane allora cominciò ad avanzare verso quel punto, che pure distava abbastanza da dove si trovava ora.
Inoltre il vento soffiava in senso contrario, quasi ad ostacolare il suo cammino.
Sordi lamenti sorgevano tra quella impaurita flora che sembrava come impazzita per l’arrivo imminente di una collera troppo grande ed inevitabile.
E con la forza della disperazione, Icaro aprendosi un varco tra il folto fogliame, riuscì a raggiungere alla fine quella cosa mostratasi nel bagliore della tempesta.
Era una piccola rientranza del pendio, circondata da sterpi e rovi che crescevano su rocce lisce e lucenti, tanto da riflettersi sotto i bagliori della burrasca.
Icaro, per ripararsi dalla fitta pioggia che aveva iniziato a cadere con forza, entrò nella grotta.
Subito notò qualcosa, di inaspettato.
Un lieve bagliore, tremante ed incerto, che proveniva dal fondo della grotta.
Il giovane, vinto l’iniziale timore, si avvicinò verso quella debole luce.
Sul fondo la grotta girava a gomito, dando poi verso un ampio varco naturale, simile ad una grande sala scavata nelle viscere di quell’isola.
E qui riconobbe la sagoma di un uomo, intento a scrivere, che gli dava le spalle, seduto ad un rozzo tavolo di duro legno.
http://www.morpheusweb.it/html/varie/about/img/quadri/tempesta.jpg

(Continua...)

polgara
28-08-2010, 19.26.43
woow intrigante!!! :smile:
mi raccomando continuate per favore! :smile_wave_lady:

Sibilla
29-08-2010, 22.13.20
Già,molto intrigante... Un'eremita per sua scelta? Un recluso per volontà altrui?... Grazie messere ora so dove vagheranno i miei sogni questa notte... Però vi aggiungerò almeno un piccolo pensiero per l'amore passato che il nostro Icaro sembra così facilmente aver dimenticato... :18015:

cavaliere25
29-08-2010, 23.19.58
questa storia è molto bella mi congratulo con il mio fidato e buon amico Guisgard che ce la proposta e messa qui a disposizione di tutti piu va avanti questa storia piu mi affascina :smile_clap:

Guisgard
30-08-2010, 03.56.13
Però vi aggiungerò almeno un piccolo pensiero per l'amore passato che il nostro Icaro sembra così facilmente aver dimenticato... :18015:

Lo pensate davvero, milady?
Credete davvero che quell'amore possa dissolversi come tutte le altre cose perdute da Icaro?
Il tormento per ciò che si crede perduto divora il senno e spesso danna l'anima, mia signora.
Ed io che, nel raccontare questa storia, ho conosciuto Icaro posso ben dire che nemmeno l'incanto senza tempo delle terre puteolane, con la loro bellezza e magia, può affievolire ciò che il nostro eroe si porta nel cuore, milady :smile:

Sibilla
30-08-2010, 09.59.04
Lo pensate davvero, milady?
Credete davvero che quell'amore possa dissolversi come tutte le altre cose perdute da Icaro?
Il tormento per ciò che si crede perduto divora il senno e spesso danna l'anima, mia signora.
Ed io che, nel raccontare questa storia, ho conosciuto Icaro posso ben dire che nemmeno l'incanto senza tempo delle terre puteolane, con la loro bellezza e magia, può affievolire ciò che il nostro eroe si porta nel cuore, milady :smile:

Messere non credo che un amore come lo intendo io possa dissolversi nel nulla... Ma proprio perchè lo intendo come totale dedizione mi pare assai strano che in un anno non una volta il pensiero di Icaro si sia volto verso la sua amata.... o almeno che il ricordo di lei non sia comparso nei suoi pensieri... devo arguire che qualche strana malia lo abbia soggiogato?
Comunque sia mi avete regalato uno splendido sogno e di questo vi ringrazio di cuore messere...:18015:

Guisgard
30-08-2010, 18.15.38
Milady, il pensiero ed il ricordo di Gaia sono sempre con Icaro.
Leggete con attenzione e non avrete dubbi in merito :smile:
Quanto all'amore, il sottoscritto ne conosce uno soltanto: è eterno, immutabile e capace delle più grandi meraviglie.
E gli eroi di cui amo raccontare le gesta lo conoscono bene :smile:

Guisgard
31-08-2010, 20.45.21
IL CAVALIERE DI SEMIFONTE

XVI

Icaro osservava quell’anziana figura curva al suo rudimentale scrittoio.
Sembrava assorto a tal punto da ciò che faceva, da non accorgersi del mondo circostante.
Icaro lo osservò per diversi istanti, senza far scorgere la sua presenza.
Mai, il giovane, si sarebbe aspettato che qualcuno potesse vivere su quell’isolotto, ritenuto da tutti disabitato ed inospitale.
E da come appariva quella grotta dovevano essere ormai diversi anni che quell’uomo l’aveva scelta come sua dimora.
Le pareti di pietra erano annerite dal fumo delle torce e delle candele.
Grossi e rudimentali mobili, scavati nel legno, erano disposti tutt’intorno i muri di quell’ambiente e dato il numero e la forma erano sicuramente serviti anni per realizzarli e portarli in quella grotta.
Inoltre teste di diversi animali impagliati si affacciavano attorno alla debole luce che illuminava quel posto.
“Archimede pare sia morto così…” cominciò a dire all’improvviso quel l’uomo senza voltarsi verso Icaro “… intento nei suoi scritti, mentre un soldato romano lo trafisse incurante di chi aveva davanti. Tutto questo durante la presa di Siracusa da parte dei romani.”
Icaro restò sorpreso e non capiva se quell’uomo si stesse riferendo a lui o semplicemente ragionava ad alta voce.
Nell’incertezza il giovane restò in silenzio.
“Ma io non sono Archimede” aggiunse quell’uomo voltandosi verso Icaro “e voi, evidentemente, non siete un soldato.”
Icaro restò stupito a fissarlo.
“Un soldato sa scivolare alle spalle del suo nemico” continuò quell’uomo ritornando ad occuparsi dei suoi scritti “senza farsi scoprire. Rallegratevi, amico mio, non conoscete l’arte di intimorire i vostri simili.”
“Ecco io…” tentò di dire Icaro.
“L’amore per il prossimo…” soggiunse il vecchio “… superba regola di vita cristiana… ma ho trascorso la vita tra i miei simili e non li ho amati per niente… forse non sono un vero cristiano.”
“E’ vero, non sono un soldato e non so combattere, purtroppo…” disse Icaro.
“Combattere?” Ripeté il vecchio. “E per cosa? Cosa val tanto la pena di combattere?”
“Si combatte per tutto in questo mondo…” rispose Icaro “… per amore, per potere…”
“E voi per cosa vorreste combattere?”
“Per odio!”
“Ne vale la pena?”
“Certo…” rispose Icaro “… l’odio ha la stessa forza dell’amore… ed io ne ho tanto dentro.”
“L’odio vi consumerà, amico mio.”
“Forse è l’unica cosa che mi tiene ancora in vita, invece.”
“Nulla che si alimenta d’odio può definirsi vivo.” Sentenziò il vecchio.
“Io sono cristiano ed attendo le promesse del Signore.”
“E credete Lui soddisferà il vostro odio?” Chiese il vecchio.
“Ha promesso giustizia ed io solo quella chiedo.”
“La giustizia di Dio o quella degli uomini?”
“Conosco già quella degli uomini” rispose Icaro con un ghigno “e so già di cosa è capace.”
“E credete invece di saper riconoscere quella di Dio?”
“Certo… ed io solo quella invoco!”
“Capisco.”
“Nelle Beatitudini…” disse Icaro “… il Signore forse non loda chi ha sete di giustizia? E non promette loro di dissetarli?”
“Cosa vi hanno fatto di così grave, amico mio?” Chiese il vecchio senza smettere di occuparsi dei suoi scritti.
“Mi hanno tolto tutto.” Rispose Icaro. “L’affetto dei miei cari, la gioia della mia terra e l’amore della mia donna.”
“Nella vita” disse il vecchio “ciò che è veramente nostro nessuno può portarcelo via, credetemi.”
Icaro ascoltava in silenzio.
“Se possedevate davvero tutte quelle cose” aggiunse il vecchio “allora non le avete perse.”
“Non è così…” ribatté Icaro “… mi sono state portate via con inumana ferocia!”
“I vostri cari potrebbero forse amarvi meno, pur ritenendovi un lestofante?” Domandò il vecchio. “O forse la vostra terra vi rinnegherà per questo, negando i vostri natali?”
“No…”
“Ecco, mio buon amico.” Sentenziò il vecchio. “Allora non avete perso niente di quelle cose. Il vostro nome nessuno potrà portarvelo via e con esso neppure i vostri natali potranno mai essere cancellati.”
“Avevo anche una donna…” sussurrò Icaro “… che amavo più della mia stessa vita… e che continuo ad amare tutt’ora…”
“L’amore, quello vero, non è soggetto al tempo, né alla lontananza.” Rispose il vecchio.
“Ora nella mia città, il mio nome sarà coperto d’infamia… cosa penserà ella di me?”
“Se ella vi amava davvero allora ha conosciuto il vostro cuore… e sa bene se in esso alberga il bene o il male.”
E detto questo, il vecchio ripose con cura in uno scrigno ciò che aveva scritto e si alzò dal suo grezzo scrittoio.
“Chi siete voi?” Chiese Icaro.
Il vecchio si voltò e lo fissò con attenzione, come se volesse scrutare ogni angolo del cuore di quel giovane, mentre in lontananza si udivano i sordi boati della tempesta ormai giunta.
http://ia.media-imdb.com/images/M/MV5BNzUwNjk2MTM3MV5BMl5BanBnXkFtZTYwODI1MDM3._V1._ SX485_SY606_.jpg

(Continua...)

Talia
01-09-2010, 01.29.58
Interessante incontro, direi... :neutral_think: Interessante davvero!
:smile:

Guisgard
02-09-2010, 03.46.31
IL CAVALIERE DI SEMIFONTE

XVII

I lunghi capelli bianchi avvolgevano e contornavano il rugoso volto che aspro ed impenetrabile, nonostante il tempo, non nascondeva più di tanto una fierezza ed una nobiltà austera e purissima.
L’espressione gravosa si lasciava tuttavia quasi svelare da uno sguardo che il tempo pareva aver ammansito.
Il blu dei suoi occhi appariva mite ma non spento e la barba incolta, anch’essa bianchissima, donava serenità e pacatezza a quell’antico ritratto di misteriosa umanità.
Di corporatura ben più robusta di quella di Icaro, la leggera curvatura delle spalle non celava quella tempra sicuramente vigorosa e forte in una lontana giovinezza.
“Chi sono?” Ripeté il vecchio. “Già, chi sono, mi chiedete… ebbene sono un uomo non diverso da voi.”
“Come fate a dirlo?” Chiese icaro. “Di me non sapete nulla.”
“Ognuno di noi ha un proprio passato.”
“Ma ciò non ci rende simili.”
“Il passato genera spesso ricordi e rimpianti…” disse il vecchio “… come il presente vede fiorire angosce e timori.”
“Vi sembro dunque inquieto?” Domandò Icaro.
“Lo siete, mio giovane amico…”
“Come fate a dirlo?”
“Gli occhi… i vostri occhi…”
“Cos’hanno i miei occhi?”
“Sono tumultuosi ed indomiti…” rispose il vecchio “… proprio come quel mare che, distruggendo la vostra barca, vi spine quaggiù.”
Icaro restò profondamente turbato da quelle parole.
“Come sapete voi queste cose?” Chiese.
“Solo uno straniero verrebbe su quest’isola… e l’unico straniero non può che essere colui che il mare risparmiò un anno fa, durante una furiosa tempesta.”
“Ditemi… chi siete?”
“A voi forse interessa chi fui… immagino… ebbene mi chiamavo Roberto d’Afraburgo e fui cavaliere sotto il re di Napoli Carlo d’Angiò.”
“Un cavaliere…” sospirò Icaro “… siete un cavaliere…”
“Lo fui, ragazzo mio. Lo fui, in un passato lontano.”
“Come io fui un uomo libero e felice, in quello stesso lontano passato…”
“E’ un peccato rimpiangere il passato alla vostra età…” disse Roberto “… un peccato…”
“Ormai non ho più nulla, se non ricordi e rimpianti.”
Il vecchio gli sorrise e lo invitò a sedersi alla sua tavola.
Mangiarono a sazietà e bevvero del buon vino.
Il resto della serata lo trascorsero accanto al fuoco.
Icaro raccontò al vecchio cavaliere la sua vita, compresi i nefasti accadimenti che lo condussero alla rovina.
Ed ogni parola fu accompagnata da amare lacrime.
Il vecchio ascoltò tutto il suo racconto e consolò il suo giovane ospite.
“Il Buon Dio non abbandona mai nessuno…” disse “… e nulla accade per caso in questo mondo.”
“Perché io ho perduto la mia libertà e la mia felicità?” Chiese Icaro in lacrime. “Perché a me?”
“Amico mio…” rispose Ruggero “… non ho le risposte a ciò che mi chiedete… e nessuno a questo mondo credo le abbia…”
“Ora vivo in un luogo splendido, che pare un’anticipazione del Paradiso…” riprese a dire Icaro “… ma la magia del mare non riesce a farmi dimenticare l’incanto delle mie verdi colline, l’austera regalità dei cipressi e l’infinito cielo che illumina la mia terra natia…”
“Nessuna terra potrebbe offuscare il ricordo di quella che ci ha dato i natali.”
“Eppure io vivo oggi in un incanto senza fine, grazie alla nobile generosità di un’aristocratica dama…”
“Di chi parlate?” Chiese Roberto.
“Di Lady Raleria…” rispose Icaro “… la nobildonna che mi ha accolto nel suo splendido palazzo sul monte Miseno.”
Roberto sorrise lievemente.
“Conoscete forse quella donna?” Domandò Icaro.
“Si e molto bene…” rispose Roberto “… anch’ella, come voi, sembra voler fuggire le gioie che questo mondo può ancora dare…”
E versò dell’altro vino nelle loro coppe ormai vuote.
http://www.mediasoft.it/dante/graphics/pur01.jpg

(Continua...)

Sibilla
02-09-2010, 10.15.11
Messere, questa volta mi avete affascinata.... è bellissimo... mi inchino a voi... :18015:

Guisgard
02-09-2010, 19.15.11
Troppo gentile, milady, come sempre.
Riferirò alla musa :smile:

Morrigan
02-09-2010, 20.17.54
Non vi inganni, messere, il mio silenzio su questa storia...
se non ho ancora scritto, è stato soltanto perchè sto prendendo tempo per leggere questa narrazione con la calma e l'attenzione che essa merita!

Tuttavia una affermazione posso già farla: dopo aver tanto apprezzato la versatilità della vostra penna nel gdr, sir Guisgard, non mi aspettavo niente di meno da questo racconto! Ed al punto in cui sono giunta posso dire che le mie aspettative sono state più che soddisfatte! :smile_clap:

Mi affretto adesso a completare questa lettura, per poter commentare il racconto anch'io insieme alle altre dame e agli altri cavalieri! :smile:

Guisgard
02-09-2010, 20.51.00
Sono lunsigato dalle vostre parole, milady!
Spero che il continuo di questo racconta possa esser degno del vostro giudizio.
Attenderò sempre con ansia i vostri commenti, amica mia :smile:

polgara
09-09-2010, 18.56.17
Un altro racconto interrotto? Peccato...

Guisgard
09-09-2010, 18.58.18
Milady, io non interrompo mai definitivamente i miei racconti: attendo solo il ritorno della mia musa, senza la quale sono perduto :smile:
Le avventure di Icaro ritorneranno molto presto :smile_lol:

Sibilla
09-09-2010, 18.59.57
Un altro racconto interrotto? Peccato...

Mi associo milady... le muse spesso latitano e a noi non resta che pazientare... :18015:

Morrigan
10-09-2010, 01.22.16
Finalmente ho avuto il tempo di leggere ogni capitolo con calma, dunque, come promesso, ecco la mia risposta :smile:

Prego, messere, mettetevi comodo... come dite? Se è una cosa lunga? Be' mi sono dovuta mettere al passo con gli altri fedeli lettori dunque... sì, sedete comodamente e sorseggiate la vostra bevanda... io ho buttato giù qua e la una serie di osservazioni... come direbbe Cyrano, ve le lancio ciuffo per ciuffo senza farne un mazzo! :p


I


Icaro e Gaia… nomen omen? Mi auguro che la sua fine sia diversa da quella del suo più famoso predecessore, ma devo ammettere che il solo leggerne il nome me l’ha fatto immaginare come un uomo il cui spirito possiede delle ali, tese e spiegate nell’atto di spiccare il volo.

“Lei lo fissava senza dire nulla, affascinata com’era dalla passione e dai sogni del suo amato.”

"I suoi sogni in piena luce
Fanno evaporare i soli…"


III

“E’ curioso…”
“Cosa è curioso?” Chiese Ubaldo.
“Il metro che utilizzate per definire chi è uomo da chi invece non lo è.”

E già… ci sarebbe proprio da discorrere su questo punto… quale sia il metro per distinguere chi è uomo da chi non lo è… quale sia il metro del mondo, il metro condiviso da tutti perché è più facile muoversi in una società popolata di etichette e corrette definizioni… oppure… oppure scegliere di essere liberi, rispondendo esclusivamente alla propria coscienza e alla forma che abbiamo dato al nostro ideale.


V

“Nulla è peggiore che ricordare la gioia quando si è nella pena.
I ricordi, le sensazioni, l’eco di un passato ormai svanito allora ti assalgono.
Ti travolgono, come il mare tempestoso fa con il naufrago, scuotendolo in balia delle sue onde e della furia dei venti.
Ma la furia degli uomini è forse anche peggiore.”

Eppure, mio signore, il nostro Icaro dovrebbe ricordare, nei vagabondaggi del suo pensiero, di quale fosse l’ultimo dono lasciato dagli dei sul fondo del vaso di Pandora…

“L’uomo non ha il dono della compassione e della misericordia per i suoi simili.”

Quanto è dura questa frase, ed insieme quanto è vera! Lo sapevano i latini, homo homini lupus… ed è triste pensare che, pur essendo quasi pari a dei all’interno del piano della creazione, siamo al contempo la specie che ha saputo elaborare le peggiori forme di tortura e perpetrare le più basse forme di ingiustizia contro i propri simili.

“Il demone della follia”
Di tutti i demoni, il più seducente… il decreto divino condanna inesorabilmente coloro che scelgono di abbracciare la morte… il dubbio amletico ferma la mano dell’uomo sulle soglie di quel mondo che non conosciamo… allora il demone della follia comincia a danzare… il consolante sonno della mente, il silenzio dell’oblio, anestetizzante come la morte in mare.


VII

Non posso citare nulla, perché dovrei, ad onor del vero, citare tutto… una poesia… un intero poema della disperazione, dei sogni infranti e dei sogni rubati, l’anima che vola via ed insieme la vita, la vita che non si vuole mai abbandonare… possente, infine, il clima biblico della fine… l’orrore del Leviatano, poi la mano di Dio… tu che abiti al riparo del Signore e che dimori alla sua ombra, dì al Signore “Mio rifugio, mia roccia in cui confido…”


X

Nausicaa? Uhmmm… a primo acchitto, per la prossimità geografica e per la pericolosità intrinseca che emana questa donna mi balena più in mente il nome di una certa Circe…


XI

““Per un cavaliere attaccare un nemico disarmato” continuò a dire lei “è un’onta, un’azione da vigliacchi. Mentre invece per un samurai giapponese è possibile uccidere un uomo disarmato mozzandogli il capo con un colpo solo. Questo salva loro l’onore. Come vedete, ai due estremi del mondo l’onore assume significato e valore diversissimi.”

Mi spiegherete un giorno della vostra passione per l’Oriente? E quanta consapevolezza avete dell’affilata Spada Taia?


XII

“Quella donna, i suoi occhi, il suo sorriso, la sua voce, i suoi modi.
Aveva qualcosa.
Un qualcosa di misterioso, che affascinava, attraeva.
Quella donna possedeva una sensualità sconosciuta ad Icaro.
Era così diversa da tutte le altre.”

Uhmmm… non vorrei essere nei panni di Icaro… esistono alle volte seduzioni che vanno oltre ogni nostra fantasia, accordi inaspettati di anime che entrano in risonanza, al di là della ragionevolezza e della costanza delle nostre intime scelte…


XIII

“In certi momenti, quando si fermava a guardarsi dentro, si sentiva spento, apatico, come se le avversità della vita l’avessero fiaccato.
In altri momenti invece, quando si sentiva troppo stanco anche solo per pensare, tutto gli appariva superfluo.”

"Recentemente, sebbene io non ne conosca il perché, ho perso ogni gusto per il divertimenti, ho smesso l’esercizio – il mondo intero mi appare sterile e vuoto. Questo splendido baldacchino che noi chiamiamo cielo – il maestoso tetto decorato di raggio di sole dorati – perché per me non è niente più che aria densa di esalazioni?"

““Non vi piace più stare qui?” Chiese lei come vinta da una strana inquietudine.
Icaro la fissò.
“Al mondo c’è anche altro…” rispose.”

Eccolo, è lui… Ulisse!... “Venite, amici, che non è tardi per scoprire un mondo nuovo…”


XIV

““Che voto?” Chiese Icaro.”

:neutral_think: Già… che voto? :confused:


XV

Tutto il pathos di questo arrivo è stato un climax ascendente perfetto, la giusta guida per condurci, al culmine dell’emozione, a scoprire, insieme ad Icaro, la sorprendente immagine finale. Lavoro magnifico. :smile_clap:



XVI

“Archimede pare sia morto così…” cominciò a dire all’improvviso quel l’uomo senza voltarsi verso Icaro “… intento nei suoi scritti, mentre un soldato romano lo trafisse incurante di chi aveva davanti. Tutto questo durante la presa di Siracusa da parte dei romani.”
“Ma io non sono Archimede” aggiunse quell’uomo voltandosi verso Icaro “e voi, evidentemente, non siete un soldato.”
“Un soldato sa scivolare alle spalle del suo nemico”


Che uomo interessante… sono già rapita!


XVII

Dall’immagine che avete scelto, sembrate suggerire che il nostro indomito viaggiatore e novello Dante abbia alfine trovato il suo Virgilio…

… signore, vengo al dunque e concluso, dopo tante parole: questo racconto si apre come un fiore, disvelando piano piano le suggestioni di antichi segreti e di nuove speranze. Quando la Musa busserà di nuovo alla vostra porta, vi prego di accoglierla con la grazia che merita, e di avere la bontà di continuare insieme a noi questo viaggio. :smile_wave_lady:

Guisgard
10-09-2010, 03.39.10
Ah, però!
Milady, avete radiografato praticamente l'intera vicenda!!! :smile_lol:
Che dire?
Vi ringrazio dell'attenta analisi, per nulla scontata o banale.
A questo punto non mi resta che girare il tutto alla musa e sono sicuro che non ci farà attendere troppo per il seguito delle avventure del nostro Icaro.

PS: La mia passione per l'Oriente?
E' come quella per la classicità greco romana e per il medioevo :smile:
Quanto alla Spada Taia, milady, il cammino alla conoscenza ed alla perfezione è molto lungo!
Comunque, prometto, che un giorno vi parlerò della mia grande passione per l'Oriente ;)

Morrigan
10-09-2010, 04.42.02
Be', ve lo avevo promesso, e come avete avuto modo di apprezzare fin'ora, mantengo sempre la parola data... il che dovrebbe rendere voi molto accorto nel farmi delle promesse a vostra volta... e nella vostra ultima risposta io ne leggo ben due, di promesse!:p

Guisgard
10-09-2010, 20.40.26
Milady, come ben sapete, un vero cavaliere mantiene sempre le promesse fatte ;)